Angelo Varni commenta: Giovanni Greco, Autoritratto di un brigante onesto. Nella bottega della lettura, della parola, della scrittura, Bologna, Persiani, 2020.

Angelo Varni commenta:

Giovanni Greco, Autoritratto di un brigante onesto. Nella bottega della lettura, della parola, della scrittura, Bologna, Persiani, 2020.

C’è in questo curioso libretto di Giovanni Greco il ritmo gioioso di un’antica giostra con i suoi cavallucci e le risate gioiose dei bambini sulle loro groppe di legno colorato ed insieme il passo incerto e meditato del viandante che sente avvicinarsi la meta senza per altro intravederla.

Un andare e venire di sentimenti, di ricordi, di riflessioni, che accompagnano lo sguardo su e dentro di sé di questo professore di storia contemporanea dalle radici nel sud della piccola borghesia composta ed ordinata nei suoi domestici rituali di sempre; poi trapiantato in un inedito mondo padano presto scoperto e fatto proprio senza che mai si rompesse il filo dei collegamenti con un’origine portata nel cuore più che nelle concrete scelte di vita.

Ne esce un ritratto composito e sovente contraddittorio, tra permanenza rivendicata del “fanciullino” che alberga in noi e ansia di conoscenze di sé e dell’altro, quasi a riempire di significati profondi e corposi quel bisogno di “stupirsi” che rappresenta il desiderio dominante dell’eterno bambino.

E allora letture onnivore da sempre spasmodicamente divorate; dialoghi afferrati attraverso le parole e pure i silenzi suoi e degli interlocutori in una dimensione empatica di ascolto; ricerca “cocciuta” di una propria fisionomia che completasse finalmente, alle soglie della vecchiaia sanzionata dalla “pensione”, quell’immagine – forse un po’ enfatizzata in una sorta di compiaciuta birbanteria – di eterno scugnizzo insofferente di regole ritenute ingiuste; e soprattutto scritture alternate ad altre scritture in un “ozio affaccendato” che, però, fosse propedeutico all’agire; finale constatazione di proporsi in un Autoritratto , che non fosse un “panorama del passato”, ma anche “un programma per il futuro”, convinto di non poter ancora rispondere alla domanda “chi sono e chi sono stato” ; certo, però, come confessa nel suo congedo al lettore, di aver vissuto “sempre con grande intensità, facendo cose che mi dovevano far battere il cuore”, sperando che questo battito generoso fosse avvertito pure da quanti gli hanno voluto bene, poiché – ne è saggiamente convinto – “se si sogna da soli spesso è solo un sogno; se si sogna insieme forse è la realtà che comincia”.