Gianfranco Teotino, Michele Uva. La Ripartenza. Analisi e proposte per restituire competitività all’industria del calcio in Italia Bologna, Il Mulino, 2010, pp. 319

di Francesco Zanibellis

Il Mulino, casa editrice che spesso negli anni si è occupata di sport, nel 2010 ha pubblicato questo volume del giornalista Gianfranco Teotino e del dirigente sportivo Michele Uva intitolato a La ripartenza. Analisi e proposte per restituire competitivitò all’industria del calcio in Italia. Differenti i percorsi formativi degli autori: Gianfranco Teotino è stato per sei anni il responsabile per lo sport del “Corriere della Sera”, vicedirettore del “Mattino di Napoli”, direttore editoriale de “l’Unità” e fondatore del settimanale “Rigore”. È anche opinionista in trasmissioni radiofoniche e televisive ed ha creato alcuni siti internet sportivi. È stato infine direttore di “SherpaTv”. Michele Uva ha ricoperto importanti incarichi presso organizzazioni sportive e governative sia nazionali che internazionali. Ha iniziato come dirigente nel volley a Bologna, Treviso e Matera vincendo 13 titoli. È stato poi presidente della Lega Femminile di pallavolo. Nel calcio è stato direttore generale del Parma vincendo Coppa Italia, Coppa Uefa e Supercoppa Italiana. Inoltre sempre nel mondo del calcio Uva è stato vicepresidente della Lazio. È stato anche dirigente nel basket dove ha svolto per due anni il ruolo di direttore generale della Lottomatica Roma. È docente all’Università di Tor Vergata e attualmente lavora per la Figc in qualità di responsabile della candidatura italiana per i Campionati Europei del 2016. Il volume è stato commissionato dalla Arel (Agenzia di ricerche e legislazione), formata da parlamentari, studiosi, dirigenti e imprenditori che si occupa di analizzare i principali temi economici e istituzionali sia come presupposto per un lavoro legislativo sia per approfondire alcune questioni decisive per lo sviluppo della società italiana . Il volume evidenzia le problematiche del calcio italiano prendendo in considerazione gli aspetti economici e giuridici e tralasciando quelli tecnici ed agonistici. Vi è un largo uso di tabelle con dati numerici grazie ai quali gli autori riescono a supportare le loro tesi mettendo a confronto la situazione della Serie A Italiana con quella degli altri principali campionati europei (Francia, Germania, Spagna e Inghilterra).

Tra i problemi riscontrati nel calcio italiano c’è la più bassa crescita di fatturato negli ultimi 10 anni rispetto agli altri campionati e una perdita operativa pari a oltre 4 miliardi negli ultimi otto anni resa meno evidente dal sistema delle plusvalenze. Inoltre la Serie A è il campionato che dipende di più dagli incassi derivanti dai diritti televisivi (63%) e che incassa meno dagli stadi (13%). In Italia infatti non si investe nella ristrutturazione degli stadi che sono impianti ormai vecchi, fatiscenti e non adatti alle famiglie. Nessun club italiano eccetto la Juventus è proprietario di uno stadio. In conseguenza di questo emerge che gli stadi italiani hanno il minor tasso di occupazione in Europa e i club sono così impossibilitati a diversificare le fonti di ricavo. Inoltre i mancati interventi di ristrutturazione degli impianti hanno portato negli ultimi 10 anni ad una drastica diminuzione degli spettatori medi per gara (unico caso in Europa). Riguardo ai diritti televisivi, gli autori evidenziano come nella spartizione siano state palesemente favorite le grandi squadre con l’aumento del “gap” nei confronti delle piccole anche se con l’introduzione della vendita collettiva dalla stagione 2010/2011 la situazione è molto migliorata. Il calcio italiano non ha poi sviluppato adeguate strategie di marketing: infatti anche i ricavi provenienti dagli sponsor e dal merchandising sono molto inferiori rispetto alla Germania che in questo campo è il paese leader (43% contro il 24% di ricavi italiano). Inoltre lo scandalo di Calciopoli del 2006 ha provocato una grande perdita di credibilità da parte del calcio italiano sia a livello di immagine che di introiti economici.

Un altro problema che si pone in evidenza è l’enorme incidenza del costo del lavoro nei bilanci delle squadre; ciò è stato dovuto negli anni alle enormi somme elargite ai calciatori e ai loro procuratori. Dal punto di vista giuridico il professionismo sportivo in Italia è regolato ancora da una legge del 1981 che non risulta essere più adeguata ai tempi attuali in cui il calcio rappresenta soprattutto un business e che non tiene conto dell’ampiezza del professionismo sportivo. Inoltre gli autori sostengono che vada migliorato il sistema dei controlli sia preventivi che sanzionatori. Il volume non si limita però solo alla critica ma propone soluzioni concrete al calcio italiano per ridurre il ritardo con gli altri campionati europei. Per quanto riguarda la legge sul professionismo sportivo del 1981 viene proposto di riformarla cercando di rendere più incisivi i vincoli dei contratti di allenatori, giocatori e di altri operatori del settore per evitare la loro arbitraria rescissione.

Sugli stadi gli autori ritengono che occorra incentivare le società ad avere il proprio stadio di proprietà mediante lo snellimento delle pratiche burocratiche, l’approvazione di una nuova legge per sostenere la candidatura italiana agli Europei del 2016 in grado di garantire i fondi per i nuovi stadi, l’abbattimento delle barriere come già è stato fatto in alcuni stadi e la formazione professionale degli steward.

Per quanto riguarda il marketing, Teotino e Uva suggeriscono una maggiore attenzione su questo settore tramite ad esempio ricerche di mercato tra i tifosi, la creazione di uffici reclami, il miglioramento dei siti delle società, la vendita collettiva delle pubblicità sul modello inglese ed infine l’approvazione di una nuova legge sulla tutela dei marchi per evitare facili contraffazioni. Sul piano finanziario, onde prevenire le pesanti perdite degli ultimi anni, gli autori propongono l’istituzione del cosiddetto “salary cap” in cui la somma degli stipendi di tecnici e giocatori non dovrebbe superare il 60% del valore della produzione della stagione precedente. Altra proposta è la creazione di un “tetto” massimo del numero dei componenti delle rose che dovrebbe essere di 25 giocatori di cui almeno 8 “home-grown” sul modello inglese ossia tesserati per una squadra italiana per 3 stagioni consecutive o per 36 mesi prima del compimento dei 21 anni. Inoltre si suggerisce di rivedere la normativa che regola l’attività dei procuratori. Teotino e Uva propongono anche una riforma dei campionati diminuendo il numero di società professionistiche, rivedendo il meccanismo delle promozioni e delle retrocessioni ed infine ampliando l’uso dei playoff per eventi televisivi in modo da reperire maggiori risorse.

All’interno del volume si invoca anche una maggiore autonomia della Lega Calcio che si dovrebbe porre obiettivi per migliorare il marchio della Serie A dotato sempre di molto ‘appeal’ all’estero. Una proposta interessante è la creazione di un’“Authority del Calcio” totalmente indipendente composta dai presidenti di Coni, Federcalcio, Antritrust, Consob e dal Sottosegretario allo Sport incaricata di sostituire la Covisoc come organo di controllo. Molto importante è anche l’idea di riformare la governance delle società consentendo ad esempio a dei rappresentanti delle tifoserie e delle amministrazioni locali di entrare nei consigli di amministrazione. Il modello di governance suggerito è quello appunto con un consiglio di amministrazione che dovrebbe delegare i principali poteri esecutivi all’amministratore delegato e con un collegio sindacale con funzioni di controllo. Per garantire una maggiore trasparenza gli autori suggeriscono che gli Statuti delle società debbano prevedere l’obbligo di pubblicazione dei bilanci sui siti internet delle stesse. Teotino e Uva sottolineano infine la forte esigenza per il calcio italiano di formare nuovi quadri dirigenziali mediante l’organizzazione di corsi di laurea e master che permetterebbero alle società di avere disponibilità di figure professionali altamente qualificate.

Il calcio in Italia è molto più di un semplice sport, è qualcosa di più, si può dire che rappresenta una parte importante della cultura e della società italiana. La recente perdita di competitività del nostro calcio evidenziata in particolare nelle deludenti prestazioni delle squadre italiane nelle coppe europee ha fatto nascere molti dibattiti sui mass media. Come spesso accade in Italia molto sono state le critiche fini a se stesse su questo calo di competitività ma questo volume, come già evidenziato, ha il grande pregio di proporre soluzioni concrete ed attuabili nel breve-medio periodo per riportare il calcio italiano ai livelli di standard qualitativi che merita grazie al suo glorioso passato. Un libro dunque che si sposta in maniera significativa rispetto ai tradizionali metodi di indagine storiografica, ma che può senza dubbio risultare utile anche allo storico – oltre che all’operatore ed al lettore interessato – per capire come la gloriosa storia del calcio italiano, che ha rappresentato un elemento caratterizzante la trasformazione della nostra società, sia oggi profondamente mutato.