F. Fasce, E. Bini, B. Gaudenzi, Comprare per credere. La pubblicità in Italia dalla Belle Èpoque a oggi, Roma, Carocci, 2016.

di Federico Chiaricati

Abituati alla onnipresenza di immagini e messaggi pubblicitari su ogni media (televisione, carta stampata, internet ecc.) spesso non ci chiediamo quali siano state le dinamiche storiche, economiche e culturali che, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, hanno caratterizzato la pubblicità italiana.

Il volume copre varie fasi dell’evoluzione del messaggio pubblicitario, sia nella sua realizzazione, sia nelle sue relazioni con i nuovi mass media che progressivamente si sono imposti al pubblico di massa.

I quattro capitoli si occupano di altrettanti snodi della storia italiana; partendo dalla centralità del manifesto come mezzo per la promozione di prodotti di consumo e nella realizzazione di immagini di propaganda per supportare lo sforzo bellico italiano nella Grande Guerra, si passa al periodo fascista, durante il quale si può assistere al rapido sviluppo della pubblicità a stampa e radiofonica con una presenza molto forte da parte del Minculpop. Terminata l’esperienza fascista, è con le difficili fasi della ricostruzione postbellica che prendono piede le dinamiche per la realizzazione della cosiddetta “Repubblica dei consumi”. In questo arco di tempo, insieme ai media già presenti durante l’epoca fascista, si impone la televisione che inaugura un nuovo modo di fare pubblicità, attraverso “Carosello”, programma che porta nelle case di tutti gli italiani i prodotti del miracolo economico in un contesto però mediato dalla presenza di una Democrazia Cristiana che intendeva la televisione come strumento per educare le masse ai valori morali cattolici. Nonostante queste tendenze, però, i messaggi pubblicitari sono modificati e modificano a loro volta la società, per questo con la crescita della “questione giovanile” che esploderà negli anni Sessanta, la pubblicità non avrebbe più considerato i giovani come futuri consumatori, ma come gruppi a sé stanti ai quali dedicare specifiche immagini e linguaggi. L’ultimo capitolo è invece dedicato al periodo che parte dagli anni Settanta e arriva fino ad oggi, durante il quale la crisi economica, l’affermazione delle televisioni private, la crescente importanza del brand e la recentissima “rivoluzione informatica” hanno contribuito a complicare uno scenario molto frammentato.

Il volume, però, si concentra non solo su come la pubblicità viene fatta, ma anche sulla storia di chi crea il messaggio, sottolineando la vitalità delle agenzie, le frizioni (in particolare a partire dagli anni Venti) tra la corrente degli “artisti” e quella dei “tecnici” e mettendo in luce una rete transnazionale di professionisti del settore. Gli scambi culturali e tecnici nello spazio Nordatlantico furono, infatti, da subito molto intensi e fondamentali per l’evoluzione non solo del mercato pubblicitario ma anche per la società italiana nel suo insieme.

Da questa prospettiva l’Italia si trova quindi inserita in una storia che travalica i confini nazionali, dove la mobilità delle persone e delle idee si lega in un secondo momento anche alla diffusione delle merci pubblicizzate e la loro ricezione sociale e culturale, in altre parole nel modo con cui poi queste merci verranno consumate.

In ultimo, un’attenzione particolare è dedicata alle relazioni tra le pratiche comunicative pubblicitarie e gli sforzi politici e governativi, come in occasione delle due guerre mondiali, ma anche nella diffusione di messaggi di promozione sociale, come le Pubblicità Progresso.

L’approccio interdisciplinare che hanno voluto dare gli autori ha permesso di poter allargare e incrociare lo sguardo indagatore su vari aspetti, economici, sociali, culturali, mettendo in primo piano le profonde relazioni sia tra il messaggio e chi lo riceve, sia tra il messaggio e chi lo crea. Le fonti archivistiche utilizzate, infatti, sono varie e coprono queste prospettive collegandole: si tratta, tra i numerosi fondi, degli archivi delle agenzie McCann Erickson e JWT, le carte del Minculpop, l’Archivio Villani, i registri delle concessionarie nelle Camere di Commercio e archivi di imprese nazionali ed estere.

Troppo recenti per essere storicizzate, le dinamiche dei cambiamenti sociali avvenute (e ancora in corso) con l’avvento del web 2.0 potranno però forse trovare, attraverso questo approccio, una futura sistemazione.