Mario Alexis Portella, Ethiopian and Eritrean Monasticism. The Spiritual and Cultural Heritage of Two Nations, Brendam Pringle- Editor

di Irma Taddia

Il lavoro di Mario Akexis Portella si caratterizza per due aspetti significativi. Da un lato è una ricerca di vasta erudizione, frutto di numerose letture ed estremamente dotta, come si può vedere dalla bibliografia e dalle numerosissime note e citazioni di largo interesse. Dall’altro il volume può essere accessibile ad un vasto pubblico, non solo agli studiosi, in quanto lineare, chiaro, esplicativo.

Gli argomenti trattati sono numerosi e spaziano in un arco temporale estremamente lungo, delineando le caratteristiche di una civiltà e una cultura secolare, per molti aspetti unica in Africa in quanto dotata di numerose fonti scritte, arrivando fino alla contemporaneità. Si tratta di focalizzare gli aspetti più originali e significativi della società etiopica e, fenomeno abbastanza raro nella letteratura, abbinarla e confrontarla alla storia dell’Eritrea. Di solito Etiopia ed Eritrea sono separate nella trattazione storica; è raro trovare studiosi che abbiano competenze per entrambe le aree e soprattutto nella storiografia moderna e contemporanea queste tematiche vengono esaminate unilateralmente.

Un merito dell’autore è certamente quello di aver trattato ampiamente una civiltà come quella etiopico-eritrea considerata una parte integrante di un più vasto contesto culturale nel Corno d’Africa e più in generale nell’Africa sub-Sahariana. Troppo spesso la storiografia di queste aree è stata priva di una prospettiva d’insieme e l’approccio utilizzato in questo settore di studi è estremamente specialistico. Inoltre, i cultori cultori di queste materie vengono considerati un caso a parte a livello di ricerca. Il lavoro di Alexis Portella si presenta quindi singolare, anche per le tematiche analizzate. Identità, stato, potere e religione sono i temi classici trattati nella prima parte del volume con aspetti nuovi e fonti rare, in un’indagine che offre molti spunti per ulteriori ricerche in merito.

Lo spazio temporale ricopre un vasto periodo, dalle origini del cristianesimo, con l’emergere di uno stato cristiano – il più antico a livello della storia mondiale – fino ai nostri giorni. Vengono discusse e affrontate criticamente varie tematiche, evidenziando il grande interesse che presenta l’antica civiltà axumita, la sua eredità storica, come anche le molteplici contraddizioni dell’età moderna. Molti temi attraggono gli studiosi e li vorrei sottolineare. Uno degli aspetti più interessanti che emerge nel volume riguarda il ruolo femminile nel monachesimo etiopico, un tema certamente meno conosciuto ed esplorato, che viene analizzato non solo all’interno della chiesa ortodossa monofisita, ma che comprende anche l’attività peculiare delle monache cattoliche.

Mi limito in questa nota a considerare alcuni capitoli che ritengo possano interessare maggiormente i lettori per alcuni aspetti innovativi, fra cui in primo luogo il XII, “Catholic Monasticism in Eritrea and Ethiopia” (pp. 144-154). La storiografia su questo tema in particolare ha la caratteristica di essere estremamente specializzata, di lettura complessa per i non addetti ai lavori in quanto basata su testi rari, antichi e lingue come il ge’ez (l’etiopico antico) riservate ad una lettura limitata. Un elemento che colpisce subito l’osservatore è il largo spazio concesso agli sviluppi di un monachesimo locale, all’evoluzione interna alla società etiopico-eritrea, agli aspetti religiosi sviluppatisi in loco, piuttosto che a quelli importati dall’esterno. Una visione di un nuovo tipo di monasticismo composto da elementi locali con proprie norme, all’interno di una comunità innovativa e dotata di un’autonomia liturgica.

Altro tema interessante è il ruolo femminile analizzato in due dimensioni diverse; si vedano i capitoli VII, “Female Monasticism. Structure and Spirituality”, (pp. 94-108) e XIII, “Contemporary Holy Men and Holy Women” (pp.154-166). Si sottolineano in questo contesto il ruolo svolto da alcune donne etiopiche nel’età moderna e il martirio di religiosi oppostisi alla conquista italiana durante il fascismo e il genocidio operato da Graziani dopo l’attentato alla sua persona nel febbraio del 1937. Vengono presi in considerazione anche i martiri durante il primo periodo del DERG, il governo militare che depose nel 1974 Haile Selassie, l’ultimo imperatore d’Etiopia. La lettura di queste parti è scorrevole, precisa e offre ulteriori spunti di ricerca, attraverso una possible comparazione con altre aree dell’Africa sub-sahariana. Ancora una volta in questo lavoro l’Etiopia- Eritrea non vengono isolate nella ricerca, come ho osservato in precedenza.

Un altro capitolo che vorrei sottolineare per l’importanza e la vastità degli argomenti trattati è il XIV “ The Ecumenical and Political Dialogue Between the Ethiopian and Eritrean Tewahdo Orthodox Churches and the Church of Rome, (pp. 167- 207). In questo contesto storico complesso si evidenziano in particolare le differenze teologiche, le origini della separazione da Roma, la cesura del dialogo e l’emergere di una chiesa etiopica rappresentante un nazionalismo religioso specifico. All’interno di questo periodo si collocano nell’età moderna, soprattutto dalla seconda metà del 1800, il ruolo del colonialismo italiano e la diplomazia ecumenico-religiosa di alcuni importanti missionari come il Cardinale Guglielmo Massaia. Il suo approccio al paese, soprattutto nelle zone Oromo, viene considerato sia all’interno del ruolo svolto a livello religioso sia nelle vaste implicazioni politiche che derivarono dai numerosi interventi e prese di posizione anche all’interno della sfera sociale.

Molte sono le contraddizioni e le difficoltà incontrate dalla chiesa ortodossa e vengono discusse in modo critico nelle conclusioni. In particolare la separazione fra chiesa e stato avvenuta sia in Etiopia sia in Eritrea non ha comportato necessariamente la promozione di una libertà religiosa per i suoi membri. La chiesa non ha mai avuto una larga autonomia ed è stata in varie occasioni sottoposta ad una serie di restrizioni. In Eritrea queste limitazioni sono avvenute anche nella chiesa cattolica, soprattutto di recente; in ogni caso le interferenze del governo nella sfera religiosa una caratteristica di lungo periodo. Il dialogo dei fedeli per l’unità dei cristiani e per la libertà delle varie espressioni religiose ha un cammino ancora lungo e controverso nell’unica nazione africana (considerando insieme Etiopia ed Eritrea) in cui il cristianesimo e la chiesa non siano state importate dall’esterno.

Un’appendice documentaria e una vasta bibliografia che segnala fonti primarie – soprattutto documenti ufficiali della chiesa – e numerose fonti a stampa concludono il volume (pp. 220-253). Un lavoro solido, che aiuterà anche gli studenti, non solo gli studiosi del Corno d’Africa, una prospettiva d’insieme che apprezziamo ampiamente sia per il lavoro analitico compiuto dall’autore sia per l’esposizione sintetica di molte tematiche complesse.