Origini e sviluppi delle emittenti radiotelevisive private in Sardegna negli anni Settanta e Ottanta

di Andrea Corda

Abstract

L’obiettivo del saggio è descrivere la nascita e gli sviluppi delle emittenti radiotelevisive private in Sardegna negli anni Settanta e Ottanta. Verranno analizzate le principali peculiarità del settore radiotelevisivo, descrivendo in particolare i casi di “Radiolina” e “Videolina”, le prime emittenti isolane che riuscirono a rompere il monopolio pubblico della “Rai” nel 1975. Nel saggio verrà messo in rilievo soprattutto il ruolo assunto dall’informazione giornalistica nei palinsesti radiotelevisivi, il fenomeno del giornalismo d’esportazione e la concentrazione delle stazioni radiotelevisive messa in atto dall’editore Nicola Grauso.

Abstract english

Origins and developments of private radio and television stations in Sardinia in the Seventies and Eighties

The aim of this essay is to describe the birth of commercial broadcasters in Sardinia in the Seventies and Eighties. It will be explored the main peculiarities of the broadcasting sector, especially describing the cases of “Radiolina” and “Videolina”, which were the first issuers in the island which managed to break the monopoly of “Rai” in 1975. In this essay it will be highlighted the role played by information in the television programme schedules, the phenomenon of journalism export and the concentration of radio and television stations implemented by the publisher Nicola Grauso.

Il tramonto del monopolio “Rai”

A metà degli anni Settanta in Sardegna si registrò l’avvento delle prime radio e televisioni private, in linea con quanto si stava verificando nel panorama nazionale. Invero, si trattava della maturazione di un percorso cominciato già qualche tempo prima, esattamente nel 1972, quando nel settore dei mass media si era formato un movimento di opinione politico, sindacale, professionale e culturale, che si poneva l’obiettivo di riformare il servizio pubblico radiofonico e televisivo della “Rai”1, dotandolo di maggiore autonomia dalla politica e di pluralismo.

Lo scrittore Pier Paolo Pasolini, nel dicembre 1973, sulle colonne del “Corriere della Sera”, esprimendo il suo rifiuto per la cultura e la civiltà di massa, aveva lanciato Una sfida ai dirigenti della televisione2 al fine di sottrarre il controllo di questo mezzo di comunicazione all’influsso del governo. In questo quadro aveva preso corpo anche l’ipotesi di privatizzazione avanzata da Eugenio Scalfari, direttore del settimanale “L’Espresso”, ed esposta nell’articolo E ora, libertà d’antenna3! Il ragionamento di Scalfari era il seguente: la “Rai” risultava asservita al monopolio della Democrazia cristiana; gli altri partiti politici, in particolare socialisti e comunisti, erano esclusi dalla gestione del mezzo radiotelevisivo. In assenza di un reale pluralismo, il monopolio pubblico equivaleva, di fatto, a un monopolio politico. Al contrario, osservava Scalfari, «un regime di libera concorrenza fra radiotelevisione pubblica e canali commerciali privati, presenterebbe sicuri vantaggi. Personalmente sono convinto che la sinistra debba impegnarsi a fondo in questa battaglia nella quale ha molto da guadagnare e, nella situazione presente, nulla da perdere»4.

Anche la principale firma del “Corriere della Sera”, Indro Montanelli, con un fondo in prima pagina, denunciò la pesante lottizzazione partitica in seno alla “Rai”5. Nel frattempo, il monopolio televisivo fu infranto da alcune sperimentazioni private “illegali” via cavo come quelle di “Telediffusione italiana” (“TeleNapoli”) nel 1966 e, soprattutto, di “Telebiella” nel 1971 (Esposito 2010). Dalla fine degli anni Sessanta, in alcune regioni dell’Italia settentrionale era inoltre possibile ricevere il segnale a colori di tre reti televisive straniere che trasmettevano in lingua italiana: “TeleMontecarlo”, “TSI” (“Televisione della Svizzera Italiana”) e “Tv Koper-Capodistria”.

La situazione venne regolarizzata nel luglio 1974, quando furono depositate le sentenze n. 225 e n. 226 della Corte costituzionale, che posero le basi per una rifondazione del servizio pubblico, riconoscendo ai privati il diritto di diffondere programmi esteri e consentendo l’esercizio della tv via cavo – ma non via etere – in ambito locale. Sentenze che Montanelli, appena trasferitosi dal “Corriere della Sera” a “Il Giornale Nuovo” da lui stesso fondato, commentò favorevolmente con un titolo forte: Una bomba6.

Poco dopo, il 14 aprile 1975, fu approvata la legge n. 103, che riformava la “Rai”, prevedendo la riserva statale della diffusione dei programmi su scala nazionale7. L’aspetto più importante era rappresentato dal passaggio della società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo dal controllo del governo a quello del Parlamento, e dalla nascita di una concorrenza interna tra reti e testate giornalistiche televisive e radiofoniche. Il pluralismo all’interno della “Rai” fu favorito anche dalla costituzione di una terza rete pubblica in grado di garantire le istanze locali, soddisfare le esigenze di decentramento e partecipazione delle associazioni dei cittadini. Secondo il legislatore, la presenza di più reti e di più telegiornali, cui nel 1979 si sarebbero affiancate venti testate regionali, avrebbe garantito di per sé la pluralità e la concorrenza dei punti di vista.

La “Rai” fu però, di fatto, “lottizzata” dai partiti politici, che fecero di essa un vero e proprio “terreno di conquista”. Come affermava amaramente Alberto Sensini, «dal controllo parlamentare sul monopolio radiotelevisivo si è passati di colpo alla “lottizzazione selvaggia”, e cioè alla ripartizione minuziosa dei “posti” più rilevanti del vertice aziendale»8. Questi aspetti sono stati confermati anche da recenti studi (Piazzoni 2014; Guazzaloca 2011; Monteleone 2003; Chiarenza 2002).

Nel 1976, una nuova sentenza emanata dalla Corte costituzionale, la n. 202, ebbe una portata rivoluzionaria, consentendo ai privati la trasmissione via etere, purché questa non superasse l’ambito locale. Lo scenario, dunque, risultò profondamente modificato rispetto agli anni precedenti: all’emittente pubblica si affiancò una pletora di emittenti private locali. Tuttavia, la mancata definizione dei limiti del “livello locale” sarebbe stata occasione di ulteriori, ripetuti interventi dei pretori di tutta Italia, che cercarono di arginare il proliferare di antenne. L’assenza di norme regolamentari spinse una pluralità di piccole imprese commerciali ad affollare le poche frequenze disponibili, occupando spesso anche quelle già utilizzate da altre tv. Si assisteva ad una vera e propria anarchia televisiva.

L’emergere di nuove realtà radiofoniche e televisive locali significava la presenza di pubblici, identità e gusti sempre più eterogenei, fino ad arrivare a una vera e propria segmentazione delle diverse platee di spettatori, come dimostrano alcuni studi (Gozzini 2011; Monteleone 2003; Ortoleva 1995; Simonelli 1990). Il risultato fu la riscoperta, da parte di molte comunità, di una propria appartenenza al territorio e alla propria cultura.

Se la televisione pubblica aveva favorito, a partire dal 1954, l’unificazione linguistica del paese, contribuendo anche alla riduzione dei tassi di analfabetismo, le radiotelevisioni private sembravano invece poter valorizzare le peculiarità linguistiche di piccole aree territoriali. Ciò veniva peraltro confermato dalla presenza frequente di trasmissioni in dialetto, un elemento che caratterizzava anche la programmazione delle emittenti sarde.

“Radiolina” dà il via alla stagione dei “cento fiori” nell’isola

Le nuove imprese radiotelevisive avviate nell’isola si inscrivevano in un ambiente contrassegnato da gravi difficoltà economiche: i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, il 14 gennaio 1975, intervenendo in diretta su “Radio Cagliari”, lanciarono l’allarme sulla disoccupazione dilagante nell’isola, esprimendo la volontà di rilanciare la “vertenza Sardegna”. Il 6 marzo 1975 il Consiglio regionale approvò a maggioranza un ordine del giorno sull’attuazione della legge n. 268 del 1974 per il rifinanziamento del cosiddetto Piano di rinascita economica e sociale della Sardegna, del quale si apriva una seconda fase (dopo quella cominciata nel 1962 con la legge n. 5889 e terminata nello stesso 1974), con l’obiettivo di recuperare le forze economiche e sociali delle zone interne, attraverso la trasformazione della pastorizia nomade in attività di allevamento stanziale, lo sfruttamento delle risorse e delle forze economiche locali.

In questo contesto c’era anche chi, con coraggio e incoscienza, si “inventavaˮ imprenditore radiofonico, scommettendo denari su un’impresa che, all’epoca, poteva apparire folle e azzardata. I fondatori delle emittenti locali miravano a trarre guadagni dalle risorse pubblicitarie e vedevano, quindi, nelle nuove imprese radiofoniche, e poi in quelle televisive, non tanto un hobby, quanto una possibile risposta o, perlomeno, una parziale soluzione alla crisi economica e sociale che attanagliava l’isola. Alcune di queste nuove emittenti, pur avvalendosi inizialmente del contributo di collaboratori gratuiti e volontari, con il passare degli anni diventarono aziende vere e proprie, in grado di creare anche nuovi posti di lavoro e generare utili economici.

In linea di massima, però, il sistema radiofonico privato della Sardegna si caratterizzò per una conduzione volontaristica e artigianale che, solo in rare eccezioni (ad esempio “Radiolina”, “Radio Sintony International” e “Radio Internazionale”), fu in grado di evolvere in una dimensione d’impresa. Diverse radio private locali rimasero sul mercato senza slanci, e soltanto per pochi anni, dovendo poi cessare le attività per mancanza di mezzi economici. Rispetto alla radio pubblica, le emittenti private smettevano i panni del cerimoniere ufficiale per vestire quelli del vicino di casa e dell’amico.

Al modello di informazione e trasmissione unidirezionale le stazioni private ne contrapponevano uno di tipo bidirezionale, basato sul contatto diretto tra conduttore radiofonico e ascoltatori: attraverso lo strumento del telefono si dava l’opportunità al pubblico di intervenire in diretta, anche semplicemente per fare delle dediche musicali (Dark 2009; Monteleone 2003).

Si trattava di iniziative locali in cui trionfava la provincia e da cui erano perlopiù assenti le grandi forze politiche. Di solito le radio trasmettevano in modulazione di frequenza. In pochi anni, però, tutte le frequenze disponibili furono occupate da decine di radio private e non era quindi raro il caso di stazioni che si trovavano ad operare contemporaneamente sulla stessa onda elettromagnetica. L’orografia della Sardegna rendeva inoltre complicata una copertura totale del territorio con il segnale radio.

In linea generale, occorre fare una distinzione tra le emittenti “libereˮ e quelle “commercialiˮ. Le prime avevano l’obiettivo di impegnarsi politicamente per dar voce ai problemi sociali provenienti dal basso, dalle cosiddette “comunitàˮ. Le seconde, invece, cercavano uno sbocco commerciale attraverso forme di pubblicità circoscritte localmente, addirittura di quartiere. Il modello di radiodiffusioni prevalente in Sardegna riuniva in sé caratteristiche di entrambe le versioni e potrebbe essere definito “commerciale-informativoˮ. Tali emittenti, infatti, guadagnavano esclusivamente tramite le inserzioni pubblicitarie, ponendosi nello stesso tempo al servizio della comunità locale di riferimento.

Le prime radio private sarde iniziarono le loro attività nel 1975: “Radiolina”, “Radio Rama Sound”, “Radio Brasilia”, “La Voce Sarda Radio”, “Radio Iglesias”, “Radio Emme”, “Radio Gamma 102”, “Radio Oristano”, “Radio trasmissioni oristanesi (Rto)”, “Radio Centrale” e “Radio Nord Ovest”. Fino alla sentenza n. 202 del luglio 1976, come detto, le trasmissioni via etere erano però illegali, per cui alcune radio locali, definite “radio pirata”, furono condannate dai magistrati e dovettero subire inizialmente un sequestro delle apparecchiature, per poi essere eventualmente assolte, godendo così del dissequestro. Iniziò il boom delle radio private e la stagione dei “cento fioriˮ: nell’ottobre 1976 si contavano dieci emittenti radiofoniche situate a Cagliari e provincia. Prendeva corpo quel pluralismo prezioso e spontaneo, determinato dalla proliferazione dei soggetti in campo.

Ad affermarsi tra tutte le radio locali fu principalmente “Radiolina”, che si pose come antesignana in Sardegna nella lotta contro il monopolio della “Rai”. L’atto costitutivo dell’emittente, la cui dicitura completa era “Radiolina Broadcasting Cagliari S.r.l.” risale al 4 agosto 1975, ma in realtà le trasmissioni erano già cominciate il 19 giugno in un appartamento di viale Colombo a Quartu SantʼElena. Ad agosto la radio si trasferì a Cagliari, nel quartiere Castello, situato nel punto più alto della città, un luogo ideale per sistemare le antenne. I fondatori erano due studenti universitari, rispettivamente di ventisei e ventitré anni, Nicola Grauso e Michele Rossetti, i quali non avevano all’attivo alcuna precedente esperienza a livello imprenditoriale.

La società “Radiolina Broadcasting Cagliari S.r.l.” (che in questa sede verrà indicata, per brevità, semplicemente come “Radiolina”) era a responsabilità limitata e aveva come oggetto «l’allestimento e la gestione di una stazione per la diffusione via cavo, e comunque con ogni mezzo tecnico possibile e lecito, di programmi di ogni genere, nonché la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, il noleggio ed il commercio di attrezzature radio-televisive»10. Il capitale sociale era di 100.000 lire, con Nicola Grauso che deteneva una quota pari al 60% del totale, mentre la restante parte (40%) era controllata da Michele Rossetti11. A Livorno, i due editori avevano acquisito, a basso prezzo, le attrezzature per trasmettere, costituite da residuati elettronici dell’esercito americano12.

L’emittente, nelle sue fasi iniziali, trasmetteva clandestinamente e viveva in un clima quasi “carbonaroˮ. L’Escopost (ufficio del ministero delle Poste e delle telecomunicazioni delegato alla vigilanza sulle radiofrequenze) compì un’ispezione nella sede di “Radiolina” e denunciò i promotori dell’iniziativa. Poco dopo, nell’agosto 1975, il pretore di Cagliari, Ubaldo Crispo, diede ragione a Grauso e Rossetti, sentenziando l’illegittimità del monopolio della “Rai”. In seguito, però, la sentenza assolutoria venne impugnata dalla Procura della Repubblica e “Radiolina” fu nuovamente in attesa di giudizio13.

Una serie di vicissitudini che, ad ogni modo, non decretarono quasi mai il sequestro degli impianti dell’emittente cagliaritana, la quale rimase “in silenzioˮ soltanto per tre giorni nel luglio 1975, per poi riprendere regolarmente le trasmissioni. Era però evidente che, in assenza di una sentenza decretante la libertà d’antenna, le radio private sarde erano costrette a vivere in un clima d’incertezza.

L’emittente si iscrisse nel 1975 al registro della stampa e cominciò a diffondere i primi notiziari sotto la direzione di Gian Giacomo Nieddu. Lo sport fu affidato a Patrizio Mulas che, grazie a un accredito stampa per il quotidiano “Stadio”, trasmise via telefono dall’Olimpico di Roma la radiocronaca della partita di calcio tra Lazio e Cagliari. Inoltre, qualche mese prima, l’11 novembre 1975, Cesare Corda, in diretta dal Palalido di Milano, aveva commentato il match pugilistico tra Udella e Martin. Le rubriche quotidiane erano curate da Francesco Atzeni, Ivano Conca, Martine Frey, Giacomo Serreli, Sandro Angioni, Erminio Saviola e Sergio Licheri. I tecnici erano Roberto Demartis, Alessandro Sollai, Gianluigi Degortes e Sandro Marceddu.

“Radiolina” fece quindi da apripista nel settore radiofonico privato sardo, dove di lì a poco si sarebbero succedute numerose simili iniziative. Nel novembre 1975 cominciò le trasmissioni “Radio 24 Ore”, fondata da Gian Giacomo Nieddu, avente come principali collaboratori Giacomo Serreli, Bruno Corda, Valerio Vargiu e Roberto Demartis14. Il 4 luglio 1976 esordì, trasmettendo dal quartiere Castello di Cagliari, la principale rivale di “Radiolina” in termini di ascolti e di ricavi pubblicitari, “Radio Sintony International”, fondata dai giovani Augusto Schivo e Achille Loi che, soprattutto nelle prime fasi, dimostrarono la loro polivalenza, svolgendo contemporaneamente diversi ruoli, da disc jockey a tecnici, da programmisti a raccoglitori della pubblicità. Nello stesso anno comparvero “Radio Uta Libera”, “Radio Sassari Centrale”, “Radio Delta”, “Radio 101”, “Tele Radio Alghero”, “Radio Bosa”, “Radio Nord Ovest”.

Nel marzo 1976 nacque “Sassari Radio Nord Sera”, supplemento via etere del periodico “Sassari Sera”, fondato nel 1960 da Pino Careddu. A Oristano, sempre nel 1976, nacque “Radiofonia”, la cui esperienza durò solo sino al 1982, anno in cui nel capoluogo della quarta provincia sarda iniziò le trasmissioni “Radio Bu”, stazione costituita dall’artista oristanese Benito Urgu insieme ai fratelli Filippo e Antonio Martinez, reduce il primo dall’esperienza a “Rto” e il secondo da quella a “Radio Centrale” (Petretto 2005, 67). “Radio Bu” ebbe, però, vita breve: nel 1988 Urgu e i fratelli Martinez uscirono dalla società che, da quel momento in poi, sarebbe passata attraverso varie mani, in un mutamento continuo che non giovò alla solidità dell’emittente.

Il mondo radiofonico in Sardegna – conformemente al quadro nazionale – fu caratterizzato in quegli anni da una continua evoluzione: un universo che ben si adattava al concetto di modernità liquida (Bauman 2002), un magma nel quale si susseguivano repentini cambiamenti. I dati elencati in precedenza testimoniano come il settore radiofonico fosse stato fertile e vivace in tutti gli anni Settanta. Nel 1977 furono lanciate sul mercato “Radio Dimensione”, “Radio Pirri International”, “Radio Studio Liberty 77”, “Radio Ogliastra”, “Radio Super Sound”, “Radio Gong”, “Radiofonia”, “Radio Emme 77”, “Radio Golfo degli angeli”, “Radio Nuoro Centrale” e l’emittente d’ispirazione cattolica “Radio Barbagia”. Nel 1978 cominciarono le trasmissioni di “Radio Alter”, “Radio Arzachena Stereo”, “Radio Città Futura”, “Radio Zero”, “Prima Radio Buggerru” e, nel 1979, “Radio Smarry Boy”, “Radio Dandy”, “Radio Macomer Centrale” e “Radio Vita Nuova”, emittente a carattere religioso con sede a Porto Torres. Nel 1980 toccò a “Radio-Flash”, emittente collegata al quotidiano di area comunista “Paese Sera”.

Per molti conduttori e collaboratori lʼattività radiofonica era inframmezzata da vari lavori extra. La radio, in quell’epoca, non era considerata un mestiere, ma un semplice hobby. La maggior parte delle iniziative si basava sul volontariato e il “fai da teˮ era imperante: volontari, familiari e gruppi di amici provavano a gestire sedi di trasmissione, spesso senza alcun modello organizzativo. Nelle piccole emittenti private non era prevista neppure una divisione di ruoli.

La radio si caratterizzava principalmente come mezzo di intrattenimento musicale. La musica era l’elemento unificante le varie esperienze radiofoniche, mentre l’informazione, soprattutto nelle prime fasi, rivestiva un ruolo marginale, essendo considerata dagli editori un peso, ossia tempo sottratto ai comunicati commerciali. Per tale motivo, in molte emittenti l’informazione si ridusse alla diffusione di notizie già pubblicate la mattina dai quotidiani, o arrivate in redazione attraverso i comunicati stampa. I mezzi impegnati furono insufficienti al bisogno informativo degli ascoltatori e l’attività giornalistica era inizialmente intesa come un complemento minore dei dominanti spazi musicali. Uno scenario che si sarebbe modificato poco tempo dopo, segnatamente nel corso degli anni Ottanta, quando i principali editori radiofonici sardi capirono l’importanza dell’informazione giornalistica come funzione di radicamento nel territorio. Le radio private divennero allora una frontiera per tanti giovani che si avvicinavano al giornalismo.

 

Dalla radio alla televisione, da “Radiolina” a “Videolina”

Il successo ottenuto da “Radiolina” – in primis sotto il profilo dell’incidenza nella struttura sociale cagliaritana – incoraggiò i due promotori, Grauso e Rossetti, a fare il grande salto dalla radio alla televisione. Così, nel mese di agosto 1975, in un periodo in cui l’emittenza televisiva locale, trainata dall’esperienza delle radio commerciali, muoveva i suoi primi passi, nacque “Videolina”, la prima tv privata via etere della Sardegna.

Nella maggior parte dei casi le radio private fecero da battistrada all’avvento delle televisioni private: era piuttosto comune che un editore decidesse di aprire una radio e, in seguito, una televisione facente parte dello stesso gruppo. Raramente invece accadeva il contrario, in altre parole che nascesse prima la televisione e poi la radio. Dall’esperienza di “Radiolina”, creata appena due mesi prima, sorse appunto “Videolina”. Se “Radiolina” voleva essere “una piccola radio”, “Videolina”, che da “Radiolina” traeva il nome per trasposizione, non voleva essere altro che “una piccola televisione”. E in effetti “Videolina”, in origine, era davvero una piccola televisione, caratterizzata dallo spontaneismo e dallʼentusiasmo di chi partecipava a quell’esperienza e, naturalmente, dalla pochezza dei mezzi tecnici disponibili. Del resto, l’improvvisazione, la sciatteria e la mancanza di professionalità erano dati comuni alle varie televisioni che stavano sorgendo in quel periodo anche nelle altre regioni d’Italia, dove si assisteva a un «protagonismo senza qualità», come lo avrebbe definito Giorgio Bocca15, o a una «frenesia di mediocrità locali»16, come scrisse Michele Serra su “l’Unità”. Tuttavia, gli ascoltatori vedevano nelle tv locali la possibilità di evadere dalla cupezza degli “anni di piomboˮ e dallʼeccesso di notizie di politica che caratterizzavano il servizio pubblico.

“Videolina” rappresentava uno dei soggetti storici tra le televisioni locali italiane. “Nata quando era difficile nascereˮ fu uno dei suoi slogan pubblicitari. Nel 1975 arrivò in Sardegna un trasmettitore tv, un videoregistratore e una telecamera, con qualche film registrato da una televisione privata di Livorno, con cui Grauso era in contatto tramite l’editore Paolo Romani17. Le risorse economiche iniziali erano abbastanza limitate, ma l’editore sardo, in caso di necessità, avrebbe potuto contare sul supporto familiare, poiché il padre, Mario Grauso, era uno stimato e importante grossista di formaggi. In seguito, “Videolina” beneficiò anche dell’appoggio offerto da alcuni imprenditori locali operanti nel settore delle insegne luminose e del mobile-arredamento. Si autodefiniva televisione privata “liberaˮ, perché si poneva l’obiettivo di “affrancareˮ gli ascoltatori dal monopolio della “Rai”, considerato ormai anacronistico.

La primissima sede di “Videolina” era un piccolo appartamento nel centro di Cagliari, in vico Duomo, dove i fondatori dell’emittente presero in affitto alcune stanze che un’anziana padrona di casa solitamente concedeva a giovani studentesse. Nella stessa casa aveva sede anche “Radiolina”. Successivamente la redazione fu trasferita in via Martini. La tv cominciò le sue trasmissioni il 6 settembre 1975, alle ore 21.30, con un cartone animato a colori intitolato West and soda18. In poche settimane la nuova tv sarda crebbe in notorietà, sorprendendo gli stessi promotori. I primi introiti arrivarono dalla pubblicità, nonostante questa fosse trasmessa in maniera approssimativa e pressappochista: un proiettore mostrava la diapositiva su un piccolo schermo cinematografico e una telecamera mandava in onda la scritta pubblicitaria19. Nelle fasi iniziali, i dipendenti della televisione privata cagliaritana erano mossi dalla dedizione assoluta alla causa comune, vale a dire andare in onda.

Nel periodo in cui le tv private via etere trasmettevano abusivamente (fino al luglio 1976), vale a dire in assenza di un’autorizzazione, di una legge o di una sentenza ad hoc della Corte costituzionale, la preoccupazione del personale era soprattutto quella di garantire la sopravvivenza dell’emittente, mentre la cura dei particolari legati ai contenuti del palinsesto era secondaria. Questo scenario mutò concretamente sul finire degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta, quando “Videolina” cominciò la sua espansione, trasformandosi in una grande azienda con un centro di produzione – nella nuova sede di viale Marconi, inaugurata nel 1985 – dove lavoravano molti di coloro che, all’inizio dell’avventura, in due camere e una cucina, avevano sfidato il monopolio della “Rai”.

Dopo l’avventurismo degli inizi, cominciò ad affermarsi un consenso nei confronti della nuova televisione e arrivarono i primi risultati: il favore dell’opinione pubblica cagliaritana e, soprattutto, degli investitori pubblicitari. La parte preponderante della programmazione era costituita dall’informazione locale sotto forma di telegiornali, ma si annoveravano anche film, telefilm, trasmissioni di intrattenimento, varietà e cartoni animati.

La storia dell’informazione giornalistica su “Videolina” cominciò il 3 luglio 197620 alle ore 21 con la prima edizione del “TGS” (“TeleGiornaleSardo”), diretto dal giornalista pubblicista Patrizio Mulas (già collaboratore di “Radiolina”), cui era subentrato nello stesso anno Lucio Spiga. La redazione era composta da Sandro Angioni, Giacomo Serreli, Gian Giacomo Nieddu, Maurizio Olivari, Cesare Corda, Paolo Latini, Erminio Saviola, Franco Congiu, Giorgio Ferrari, Carlo Sanna e Mario Carboni. A settembre arrivò anche Andrea Frailis, seguito da Carlo Cabula e Giosi Moccia. Andrea Frailis fu il primo collaboratore a essere assunto come praticante a “Videolina”, nonché il primo in Italia a diventare giornalista professionista – nel gennaio 1982 – dopo aver svolto il praticantato di diciotto mesi in una televisione privata.

Il vero avanzamento dal punto di vista giornalistico si compì nell’aprile 1978, quando approdarono al “TGS” due giovani giornalisti professionisti, Francesco Birocchi e Andrea Coco, entrambi reduci da un’esperienza nel settore della carta stampata a “Tuttoquotidiano”. Birocchi e Coco furono i primi giornalisti professionisti a essere assunti da “Videolina” a tempo pieno e con regolare contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico21. Come racconta Francesco Birocchi, il quale sarebbe stato direttore del telegiornale dal dicembre 1979 al marzo 198322, «la restante parte della redazione era invece composta da giovani collaboratori non regolarmente assunti e che svolgevano altri lavori paralleli. Anche i primi direttori del telegiornale, Patrizio Mulas e, in seguito, Lucio Spiga, erano semplici pubblicisti e non professionisti, che si dedicavano a tale lavoro in forma non esclusiva. Mulas era, infatti, un dermatologo, mentre Spiga era impiegato alla direzione regionale della Sip (Società idroelettrica piemontese)»23.

La tv sarda mandava in onda dibattiti politici, trasmissioni sportive, spettacoli di intrattenimento e, dal 1° maggio 1976, introdusse nel palinsesto la telecronaca in diretta della processione di Sant’Efisio. Il telegiornale di “Videolina” – sotto la gestione editoriale Grauso e la direzione Mulas, Spiga, e poi Birocchi – si dichiarava libero, indipendente, “neutraleˮ, equidistante dal punto di vista politico e mirava a dare spazio e visibilità a tutti. Sotto questo profilo, il notiziario locale raggiunse standard di qualità elevati e fu latore di un nuovo modo di fare informazione, alternativo rispetto al modello del “Tg 3” regionale della “Rai”, il quale veniva considerato un’espressione del potere.

Già all’alba degli anni Ottanta, sulle analisi di “Videolina” facevano assegnamento per i loro servizi anche gli inviati di televisioni nazionali come “Rai” e “Fininvest”. Un’innovazione importante nel panorama giornalistico fu la trasmissione in diretta televisiva delle sedute del Consiglio comunale di Cagliari, che consentì per la prima volta ai cittadini di vedere e ascoltare le voci di chi amministrava la loro città. Inizialmente si trattava di un telegiornale “cagliari-centricoˮ, con notizie relative quasi esclusivamente al capoluogo e al suo hinterland, ma nel giro di pochi mesi il notiziario riuscì a dar voce alle richieste delle popolazioni sparse in tutti i principali territori dell’isola, assumendo quindi una dimensione regionale.

Dal 1983 venivano realizzate tre edizioni giornaliere del “TGS”: alle ore 14,00 alle 20,20 e alle 23,20. Nel 1987 le edizioni sarebbero state quattro al giorno: alle ore 14,00, alle 18, alle 20,20 e alle 23,40. Una significativa novità risale al 1988, quando “Videolina” mandò in onda, in maniera reiterata, un telegiornale identico ogni mezz’ora, con possibilità di eventuali aggiornamenti e sviluppi delle notizie. I telespettatori abbandonarono così l’abitudine dell’ascolto del telegiornale in determinate ore prefissate. L’informazione era diventata l’elemento centrale della programmazione. E il telegiornale di “Videolina” fu indubbiamente una delle espressioni giornalistiche professionalmente più rilevanti degli anni Settanta e Ottanta.

La moltiplicazione delle antenne televisive

Se “Videolina” fu cronologicamente la prima televisione sarda via etere, “Tvc 4 Mori Telecagliari” anticipò tutte le emittenti concorrenti isolane nelle trasmissioni via cavo. Essa era nata nel 1973 come ditta individuale per iniziativa di Aldo Elsio Bristot, un imprenditore altoatesino. Non divenne mai una tv vera e propria su ampia scala e rimase sul mercato per pochi anni, giacché le sue trasmissioni cessarono il 31 dicembre 198124. Si può affermare, per induzione, che “Tvc 4 Mori Telecagliari” fosse una televisione artigianale, quasi “fatta in casaˮ. Nella visura camerale si legge che tale tv si iscrisse nel registro ditte della Camera di Commercio di Cagliari soltanto il 6 marzo 197925, pur avendo iniziato le trasmissioni regolari il 1° marzo 1976. “Tvc 4 Mori Telecagliari” aveva utenti nelle zone del Campidano, della Trexenta e del Sulcis.

Nel 1975 cominciò, ad opera di Benito Castangia, l’esperienza di un’altra emittente che trasmetteva via cavo, “Tele Obiettivo Sardegna”, la prima televisione privata sorta nella città di Sassari. La testata giornalistica, diretta da Cesare Castangia, fratello di Benito, era stata depositata nella cancelleria del Tribunale di Sassari già nel marzo 1975, ma le trasmissioni cominciarono nel settembre 1976. La diffusione era limitata al capoluogo turritano e ai paesi limitrofi. L’emittente trasmetteva in diretta, in bianco e nero, poi, dal 1977, a colori. La programmazione contemplava anche un telegiornale innovativo e all’avanguardia nel settore, con tre diversi conduttori-speakers che si avvicendavano nel corso della stessa edizione (il primo leggeva le notizie di cronaca, il secondo quelle di politica e il terzo quelle di varietà, sport e spettacoli)26. Il telegiornale suscitò grande attenzione anche da parte dei politici sassaresi, costantemente intervistati e ospitati nei notiziari di approfondimento. Tuttavia, “Tele Obiettivo Sardegna” ebbe vita effimera e cessò le trasmissioni per insufficienza di risorse economiche sul finire del 1982.

Le antenne private radio-tv, insieme alla nascita, nel 1979, della rete regionale della “Rai”, “Rai Tre”, rappresentarono elementi di novità in un settore dell’informazione che già annoverava la presenza di tre quotidiani regionali (“L’Unione Sarda”, “La Nuova Sardegna” e “Tuttoquotidiano”27), la testata giornalistica radiofonica del Gazzettino Sardo di “Radio Cagliari”, gli uffici di corrispondenza di importanti quotidiani nazionali, numerose riviste periodiche, le redazioni locali di due agenzie giornalistiche nazionali come “Agi” e “Ansa” e quelle isolane “Note e notizie”, “Sardegna Informazioni”, “Sardapress” e “Sess”.

Da un’analisi dei dati riguardanti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti della Sardegna, si nota che nel 1975 i professionisti erano ottantatré, tutti di sesso maschile28, mentre 316 erano i pubblicisti (di cui soltanto sette donne)29. La nascita delle emittenti private contribuì a incrementare la “femminilizzazioneˮ della professione: nelle redazioni delle tv locali sarde si sarebbero formate, nel corso dei decenni, giovani giornaliste diventate poi professioniste, come per esempio Maria Luisa Busi, Alessandra Sallemi, Fiorella Ferruzzi, Vera Coppa, Alessandra Balletto, Veronica Baldaccini, Simona De Francisci, Teresa Piredda, Stefania De Michele, Virginia Devoto, Roberta Ebau, Roberta Dore, Incoronata Boccia, Ilaria Mura, Egidiangela Sechi, Cristiana Aime e Nicoletta Pisano.

Nel 1976, sulla base dell’esperienza di “Radio Oristano” nacque “Tele Radio Oristano” e, nello stesso anno, a Sassari entrò in funzione “Etere Tv”. Fondata dal giornalista Salvatore Russo e conosciuta anche come “Tele Etere”, proponeva un Tg locale, programmi sportivi, quiz e qualche spettacolo dialettale30. Nel mese di agosto 1977 fu la volta di “Tvs” (“Radio televisione della Sardegna”), chiamata in precedenza “Tele Sarda Sulcis”31, che poteva contare su un’elevata autoproduzione di programmi (63%)32.

Sempre nel 1977, Mario Savigni e Giuseppe Papandrea furono i promotori di “Canale 48 Sardegna” – un’emittente attiva da aprile 1977 fino al settembre 1993 nel nord della regione – il cui segnale raggiungeva i comuni di Calangianus, Tempio, Aggius, Luras e Santa Teresa di Gallura. Quasi tutti i programmi erano autoprodotti e si caratterizzavano per la presenza di un telegiornale, di quiz e giochi sponsorizzati in diretta, rubriche di politica, programmi di educazione musicale, partite di calcio di squadre sarde e non solo.

Nel luglio-agosto 1978 a Cagliari entrò in attività “Tele Radio Sardegna” (“Trs”), che si indirizzava a un pubblico vario e trasmetteva programmi di impegno culturale oltreché di svago, realizzando una sinergia con “Radio Sintony International”. L’area di diffusione della televisione spaziava da Cagliari a Oristano e copriva, seppur parzialmente, le province di Sassari e Nuoro33. Nel 1978 a Olbia, Francesco Cassitta, imprenditore operante nel settore dei trasporti, costituì “Tele Olbia” e “Teleregione”, ma ben presto si rese conto che i costi di gestione di due televisioni erano eccessivamente elevati e decise così di concentrare le risorse soltanto su “Tele Olbia”, cedendo “Teleregione” allʼeditore Gianni Iervolino34.

“Teleregione” deteneva una copertura di segnale che inizialmente arrivava fino all’intera provincia olbiese, per poi raggiungere, negli anni Ottanta, quasi tutta la Sardegna35. L’emittente proponeva un telegiornale diretto dal pubblicista Pierfranco Zanchetta, rubriche di approfondimento e sport. Il direttore responsabile era Domenicangelo Columbano. Dal 1984, dopo avere aderito alla syndication “Cinquestelle”, “Teleregione” assunse la denominazione di “Cinquestelle Sardegna. Il nome originario, “Teleregione”, non fu cancellato, ma andò a costituire la seconda rete del gruppo.

Sempre nel nord Sardegna, a Sassari, nel 1978 – come segmento di “Radio Finsar” – nacque “Radio Tele Finsar” (“Rtf”) (poi semplicemente “Tele Finsar”), la cui proprietà era detenuta dalla famiglia Bozzo che, pochi anni dopo, nel 1981, avrebbe fondato il quotidiano “L’Isola”. “Radio Tele Finsar” poté operare in un mercato quasi completamente “vergine”, giacché le televisioni sarde più importanti, prima fra tutte “Videolina”, non erano ancora visibili nel Sassarese. Il telegiornale fu diretto inizialmente da Antonio Delitala e poi da Gibi Puggioni, il quale proveniva da “Tele Obiettivo Sardegna” e sarebbe poi diventato caposervizio della redazione di Sassari di “Videolina”. Il telegiornale di “Rtf” fu una “palestra” per alcuni giovani che si affermarono negli anni successivi nella carta stampata (si pensi a Francesco Pinna, che diventò caporedattore centrale del quotidiano “La Nuova Sardegna”, a Rita Fiori, vice caporedattrice della “Nuova Sardegna” e a Vannalisa Manca, approdata anche lei al quotidiano sassarese).

Nel 1978 a Olbia nacque “TeleCanale35”36 e, a Cagliari, il 12 dicembre 1978, Gianni Onorato fondò “La Voce Sarda Tv”, la cui storia era simile a quella di “Videolina”: anche in questo caso l’emittente radiofonica, nata nel 1975, aveva aperto la strada alla televisione. La nuova televisione, “La Voce Sarda Tv” puntò molto sull’informazione con una redazione formata nel corso degli anni da Giacomo Serreli37, Ovidio Fioretti, Ottavio Olita, Gianfranco Giorgini, Aniello (noto Lello) Caravano, Nando Mura, Sandra Agnesa, Mario Faticoni, Alfredo Franchini, Pietro Stagno e, successivamente, Paolo Matta. Sotto la direzione di Antonio Costantino, nel 1982 “La Voce Sarda Tv” fu la prima emittente in Sardegna a trasmettere un telegiornale in diretta nella fascia oraria della mattina, con una prima edizione alle ore 7 e una seconda alle ore 11.30. Nel 1985 “La Voce Sarda Tv” venne rilevata da Nicola Grauso, finendo nell’orbita dell’ex concorrente “Videolina”, per poi affiliarsi per breve tempo al circuito “Rete A del gruppo editoriale Peruzzo.

Il 17 dicembre 1979, nel nord Sardegna, in Gallura, precisamente a Cannigione, entrò in funzione una nuova emittente televisiva, “Tcs” (“Telecomunicazioni Sarde S.r.l.”), fondata dall’imprenditore romano Cesare Peruzzi, il quale lʼanno prima, nel dicembre 1978, aveva costituito una radio privata, “Radio Internazionale”38, con sede a Olbia. La produzione locale di “Tcs” era affidata a un telegiornale condotto da Antonello Lai. Dal 1981 l’emittente trasmise i programmi della syndication “Jolly” e, dal 1982, entrò a far parte del network nazionale “Italia1”. Nel 1981 fu mandato in onda il programma Mille Maglie show, condotto da Claudio Lippi. Nel 1982 “Tcs” tornò autonoma, per poi essere rilevata nel 1983 da Nicola Grauso. La società fu intestata a Olivia Grauso – sorella di Nicola – e al marito, Inigo Cocco. La sede societaria, il 27 ottobre 1983, fu trasferita da Cannigione a Cagliari, in Viale Trieste 124. Dal 1984 “Tcs” collaborò con “Euro Tv”, il 30 aprile 1985 mutò la sua denominazione da “Telecomunicazioni Sarde S.r.l.” a “Telecostasmeralda S.r.l.” e nel 1987 entrò a far parte del network “Italia7”.

Nel dicembre 1979 esordì “Tele Isola Nuoro”, che si occupava preminentemente della realtà della Barbagia e proponeva un Tg locale in tre edizioni, curate da Giovanni Piga, Francesco Merchi e Gianni Picca. L’area di diffusione comprendeva Nuoro e le zone limitrofe39.

Nel 1980 cominciò le trasmissioni “Tele Gallura”, con area di diffusione limitata a Olbia e alla Gallura40. Il 14 maggio dello stesso anno fu fondata “Tele Video Sardegna”41, che trasmetteva a Olbia e dintorni, mentre nel settembre-ottobre 1980 debuttò “Tele Riviera Corallo”, la quale propagava il segnale su Alghero e zone limitrofe. Nel gennaio 1981 approdò in Sardegna anche “Canale 5”, visibile a Cagliari e nel medio Campidano, mentre a Sassari cominciarono le diffusioni di “Tele Giovane”42.

Nel 1982 l’Associazione della Stampa sarda stimava nell’isola la presenza di ben diciassette televisioni locali: “Videolina”, “Tele Isola”, “Odeon Tv”, “La Voce Sarda Tv”, “Tele Obiettivo Sardegna”, “Tele Etere”, “Canale 5”, “Tcs Telecostasmeralda”, “Bibisi”, “Tv Zero”, “Telefinsar”, “Radio tele Oristano”, “Tele radio Iglesias”, “Telesarda Sulcis”, “Radio tele Olbia”, “Telecosta”, “Radio Tele Gallura”43. Nel 1982 i proprietari di “Rto” (“Radio tele Oristano”) aprirono anche “Oristano Tv” (“OrTv”).

Il 6 aprile 1982 a Cagliari sorse una società a responsabilità limitata denominata “Odeon Tv”, televisione locale omonima della syndication nazionale. Il capitale sociale di partenza era di 20.000.000 di lire44. Si trattava di un’emittente fondata da Marco Loi, già editore di “RadioEmme”, e Antonio Tocco. La sede si trovava in piazza Michelangelo 14. Dal 6 aprile 1982 divenne presidente della società Amedeo Masala, vicepresidente Bruno Fara, mentre i soci consiglieri erano Sergio Onnis, Antonio Tocco e Marco Loi45. Nel 1986 “Odeon Tv” fu ceduta agli imprenditori Gianni Onorato (già editore della “Voce Sarda Radio” e della “Voce Sarda Tv”) e a Giovanni Fodde (proprietario di una concessionaria di automobili). Il capitale sociale fu equamente ripartito tra i due azionisti, Fodde e Onorato, detentori di una quota di 49.500.000 lire ciascuno46. Il direttore della televisione era Antonio Costantino (proveniente da “La Voce Sarda Tv”), il quale sarebbe poi approdato a “Videolina” e, in seguito, a “Sardegna Uno”. Il nuovo palinsesto proponeva un telegiornale in tre edizioni quotidiane47. L’attività di “Odeon Tv” cessò il 7 dicembre 1988 a seguito del fallimento della società medesima48.

All’inizio degli anni Ottanta il panorama delle televisioni private sarde si arricchì per la nascita di una nuova emittente, “Sardegna Uno”, che sarebbe diventata nel corso degli anni la principale concorrente di “Videolina”. L’atto costitutivo della società è datato 22 dicembre 198249. La proprietà della nuova televisione sarda era detenuta dal medico e proprietario di diverse cliniche private cagliaritane, Paolo Ragazzo, e dai suoi figli50. Nonostante la costituzione societaria fosse avvenuta a dicembre 1982, l’attività vera e propria della televisione cominciò soltanto nel 1984 con la sottoscrizione di un aumento di capitale sociale fino a un totale di 500.000.000 di lire. Il bilancio al 31 dicembre1983 si chiuse in pareggio, con un attivo e un passivo di 503.500.000 lire51. Nel corso dell’esercizio 1984 furono completati gli impianti di trasmissione e la rete di ponti per tutta la provincia di Cagliari. L’idea di creare una televisione, “Sardegna Uno”, era stata proposta a Paolo Ragazzo dall’avvocato Antonio Ballero. Ragazzo affidò la supervisione dei contenuti giornalistici a Piercarlo Carta, già direttore delle testate cartacee “Tuttoquotidiano” e “L’Altro Giornale”.

Nel 1986 “Sardegna Uno” acquistò un ramo di azienda di “TeleSardinia”, emittente televisiva privata presieduta dal costruttore Sergio Zuncheddu, il quale il 31 luglio 1986 sarebbe entrato proprio a far parte del Consiglio di Amministrazione di “Sardegna Uno S.r.l.” con l’incarico di consigliere, insieme a Sergio Vacca, che andò invece a ricoprire la carica di presidente del Consiglio di Amministrazione52. Dal 1986 “Sardegna Uno” poté contare anche su una squadra di tecnici e giornalisti provenienti da “Videolina”, tra cui Michele Rossetti, che ne era stato fondatore, Sandro Angioni, Giacomo Serreli (poi rientrato a “Videolina”), Nicola Scano, Fiorella Ferruzzi, Angelo Caredda, Gigi Perra e Sandro Crisponi53. Dai nomi dei giornalisti fin qui elencati si può facilmente notare la loro frequente migrazione da una televisione all’altra: un elemento questo che caratterizzò il telegiornalismo sardo fin dalle origini54.

Nel 1987 l’azienda televisiva della famiglia Ragazzo trasformò la sua natura giuridica da S.r.l. in S.p.A., denominandosi “Sardegna Uno S.p.A.”, con un capitale sociale di 3.000.000.000 di lire55. Lʼemittente, dopo aver trasmesso per alcuni anni (dal 1984 al 1986) in via sperimentale, cominciò dal 1987 a diffondere programmi con regolarità, diventando così un’impresa vera e propria nel settore televisivo, in grado di competere con “Videolina”. Il direttore generale dellʼemittente era Lorenzo Lorenti (noto Cionci), già capo area sud della compagnia aerea Alisarda. Il fiore all’occhiello della programmazione era rappresentato dal telegiornale, che fece il suo debutto il 7 gennaio 1987, sotto la direzione di Sandro Angioni. Prima di quella data, infatti, l’emittente, la cui sede iniziale era in via Veneto a Cagliari, trasmetteva soltanto un mini telegiornale condotto da Alessandra Sallemi, senza alcun servizio video. Si trattava, quindi, di un telegiornale quasi del tutto identico ad un radiogiornale. L’unica differenza era data dalla possibilità per gli spettatori di osservare la conduttrice mentre era intenta a leggere le notizie56. Dal 1987 erano previste sei edizioni quotidiane del giornale, di cui tre integrali e tre flash.

La definitiva affermazione di “Videolina” e la concentrazione delle emittenti messa in atto dal gruppo Grauso

Già dal 1979 lo spirito pionieristico di “Videolina” dei primi tempi non esisteva più. Al suo posto era sorta un’azienda vera e propria, il cui segnale raggiungeva l’80% della popolazione sarda. Proprio in quegli anni maturò negli editori e nei collaboratori dell’emittente la consapevolezza di una possibile crescita e del passaggio dalla dimensione “avventurieraˮ a quella imprenditoriale. I lavoratori della tv cagliaritana si diedero una sempre più marcata professionalità: migliorò la qualità dei programmi che, oltre all’informazione, incentrata su problematiche locali, comprendevano rubriche di approfondimento, servizi sportivi, film e spettacoli d’intrattenimento. Il nuovo palinsesto era interamente a colori.

Subentrò il tempo dell’organizzazione professionale, il miglioramento indispensabile per sopravvivere in un mondo nel quale regole rigide si sostituirono al far west iniziale. Se agli esordi la programmazione di “Videolina” cominciava alle otto di sera e finiva alle due del mattino, ed era in pratica gestita da un gruppo di amici che si ritrovavano solo nel tardo pomeriggio, in seguito aumentarono le ore di programmazione, che partivano fin dalla tarda mattinata, alle ore tredici. Si fece forte quindi l’esigenza di un impegno del personale ventiquattro ore su ventiquattro e la necessità di avere tecnici dell’alta frequenza, del controllo del segnale e di personale amministrativo.

In quel periodo si cominciò a manifestare interesse per “Videolina” anche a livello nazionale, con i grandi gruppi editoriali pronti a rilevarne le frequenze o a proporre alla tv accordi di syndication e affiliazioni varie. Inoltre, si registrava l’attenzione delle grandi concessionarie di pubblicità. Per gli editori di “Videolina” il dilemma era se fare di essa una vera televisione a dimensione esclusivamente regionale, oppure una semplice “coloniaˮ dei grandi network televisivi. “Videolina” era diventata un’azienda vera e propria, in grado di creare un legame con i sardi. Non a caso, nel suo logo, inizialmente si definiva “La televisione sardaˮ e, successivamente, in uno slogan più articolato, “la tv fatta da Sardi, per i Sardi, e con i Sardiˮ57.

Un aspetto che contribuì a consolidare la crescita dell’emittente fu la scelta di non trasformarsi in ripetitore dei grandi network nazionali che erano sbarcati in Sardegna nei primi anni Ottanta. Si trattava di una prospettiva che era stata, invece, sposata, all’epoca, da altre tv locali, le quali poterono, in questo modo, far fronte a diversi problemi, in primo luogo a quello dei costi, associandosi ai grandi gruppi televisivi. Questo fu per esempio il caso di un’emittente come “Tcs”, associatasi a “Euro Tv”, e in seguito di “Sardegna Uno”, affiliatasi a “Odeon Tv”.

Le allettanti offerte di acquisto pervenute a “Videolina” da parte dei grandi circuiti nazionali furono respinte. La prima televisione via etere sarda preferì, soprattutto nelle fasi iniziali, restare radicata nel territorio e gli spettatori apprezzarono proprio la spiccata caratterizzazione locale dei servizi che venivano mandati in onda. L’adesione a un circuito nazionale avrebbe invece fatto di “Videolina” un puro e semplice ripetitore di programmi preconfezionati a Milano o a Roma58 e avrebbe significato soprattutto ridurre, se non abolire, i telegiornali locali, i servizi giornalistici e culturali dedicati ai problemi sardi, licenziando molti giornalisti e tecnici e riducendo il personale a due o tre operatori, impegnati soltanto in compiti di routine, come per esempio premere i tasti di un videoregistratore per trasmettere nastri provenienti dal Continente.

La scelta compiuta, alla lunga, si rivelò vincente59. Ecco perché, allo slogan “Nata quando era difficile nascereˮ, ne fece seguito un altro: “Se ti annoia il continente, Videolina…oppure nienteˮ60. Questa decisione implicò però la costruzione di nuovi studi di produzione, l’acquisto di apparecchiature e l’aumento del numero dei collaboratori.

Il 1985 fu l’anno del decennale di “Videolina”: l’emittente allargò la propria area di copertura con altri ripetitori e mandò in onda una lunga diretta della visita nell’isola di Papa Giovanni Paolo II. Nello stesso anno Nicola Grauso rilevò l’emittente “Video Nord” di Sassari e acquistò dall’avvocato Giuliano Salvadori del Prato il quotidiano “L’Unione Sarda”, diventando così il principale editore operante in Sardegna. “Videolina” fu resa celebre anche dalla presenza sul proprio canale del giornalista Maurizio Costanzo che, dal 1982, condusse il programma Dopo cena. Il giornalista romano ebbe, grazie alla televisione sarda, l’opportunità di riprendere a lavorare, dopo un fermo di attività di circa un anno dovuto allo scandalo che lo aveva visto coinvolto come appartenente alla lista della loggia segreta P2.

Grauso non solo rifiutò le offerte di acquisto dell’emittente da parte di alcuni editori nazionali, tra cui Silvio Berlusconi, ma anzi consolidò ulteriormente il suo gruppo editoriale acquistando altre radio e televisioni locali. In analogia con quanto stava avvenendo nella Penisola, anche in Sardegna si formò un network in grado di controllare contemporaneamente diverse emittenti radiofoniche e televisive locali. Il gruppo Grauso negli anni Ottanta deteneva la proprietà delle televisioni locali “Videolina”, “Telecostasmeralda”, “Bibisi”, “La Voce Sarda Tv”, “Video Nord-Quarta Rete”, “Video Music”, “Rete A” e delle radio “Radiolina“, “La Voce Sarda Radio” e “Radio internazionale”61.

La concentrazione traeva stimolo dalla necessità di realizzare, in sede regionale, un gruppo solido, capace di far fronte alla concorrenza dei circuiti nazionali e, nello stesso tempo, di contenere i costi di produzione. “Videolina” diventò così la televisione capofila del gruppo, assumendo il carattere di una società di servizi che, oltre a curare il suo palinsesto, forniva alle consociate produzioni televisive e radiofoniche, spot pubblicitari, la manutenzione della rete di alta e bassa frequenza (dai ripetitori alle telecamere, dalla regia alle apparecchiature da studio), l’uso di un centro di elaborazione dati e servizi di marketing. In tal modo “Videolina” rappresentava la società “madreˮ, che sottraeva le tv “figlieˮ alla concorrenza nazionale.

Si può, infatti, ipotizzare che se Grauso non avesse attuato questa concentrazione, “Videolina” e le altre emittenti isolane sarebbero state rilevate dai grandi gruppi editoriali della Penisola o, perlomeno, sarebbero state costrette a cedere loro le frequenze.

Il ruolo centrale dell’informazione giornalistica televisiva privata e il fenomeno del giornalismo di “esportazione”

Quasi tutte le emittenti sarde proponevano un numero di trasmissioni originali autoprodotte, di solito commisurato alla dimensione dell’azienda televisiva. Quelle maggiori, di norma, realizzavano un numero di ore di autoproduzione superiore rispetto alle aziende più piccole. Nella produzione locale spiccavano soprattutto i settori dell’informazione, dello sport, dell’intrattenimento e del varietà. All’interno del genere informazione, il telegiornale ricopriva un’importanza notevole nelle strategie aziendali e nelle aspettative del pubblico. In concreto, il notiziario era il principale prodotto in grado di contribuire alla costruzione dell’identità di una tv locale, ossia il tratto distintivo che differenziava l’emittente rispetto ai circuiti nazionali e la caratterizzava nei confronti del proprio territorio (Barca, Novella 1996).

I telegiornali locali, dopo un inizio in sordina in cui erano considerati dagli editori tempo sottratto ai comunicati pubblicitari, negli anni Ottanta articolarono la struttura del palinsesto delle principali tv sarde, scandendo l’inizio e la fine delle diverse fasce di programmazione. Tuttavia, inizialmente, la maggior parte delle televisioni puntò in misura insufficiente sull’informazione, affidandola a un numero esiguo di giovani collaboratori, che di solito non erano iscritti all’Ordine dei giornalisti. Lʼidea di realizzare notiziari di qualità, con il supporto di servizi video a corredo delle notizie, era una chimera, giacché agli albori le emittenti presentavano un’informazione sotto forma di mini radio-telegiornali, quasi del tutto sprovvisti di filmati.

Dopo pochi anni questa tendenza fu completamente ribaltata: i telegiornali divennero il vero punto di forza dell’offerta delle emittenti locali e l’informazione risultò, di conseguenza, lo spazio più richiesto e di maggior valore per gli inserzionisti pubblicitari. Il ruolo dell’informazione giornalistica divenne cruciale: le principali televisioni sarde – soprattutto «Videolina», «Sardegna Uno», «Tcs» e «Teleregione-Cinquestelle Sardegna» – si erano trasformate in vere e proprie aziende con diffusione capillare su scala regionale, in grado di realizzare telegiornali ricchi di servizi, obiettivi, poco “politicizzatiˮ e affidati a giornalisti professionisti.

I notiziari trasmessi dalle piccole televisioni rimasero invece privi di immagini, di servizi (spesso le tv non avevano neppure una troupe) e venivano curati da un solo redattore che raccoglieva le notizie e le leggeva.

In generale, le tv locali sarde, in particolar modo “Videolina” e “Sardegna Uno”, espressero giornalisti di qualità, molti dei quali avrebbero alimentato, nel corso dei decenni, quel fenomeno tipicamente meridionale noto come giornalismo di “esportazioneˮ. Queste emittenti fecero, infatti, da trampolino di lancio per conduttori affermatisi in seguito in emittenti nazionali e internazionali: Maria Luisa Busi passò da “Videolina” e “Sardegna Uno” alla “Rai”, Giorgio Porrà da “Videolina” a “Telepiù” e in seguito a “Sky”, Cesare Corda da “Videolina” e “Sardegna Uno” a “Mediaset”, Pier Luigi Zanata da “Videolina” all'”Ansa”, Fiorella Ferruzzi da “Videolina” e “Sardegna Uno” a “Rai” e “Mediaset”.

Bibliografia

Biografia

Andrea Corda è nato a Carbonia (CA) nel 1981. Si è laureato in Scienze della comunicazione all’Università “La Sapienza” di Roma nel dicembre 2005. Nel 2011 ha pubblicato il libro La formazione al giornalismo. Dal praticantato alle scuole, Cuec, Cagliari. Nel 2015 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Storia moderna e contemporanea presso l’Università degli Studi di Cagliari. Email: andrea.corda10@gmail.com

Biography

Andrea Corda was born in Carbonia (CA) in 1981. In December 2005 he graduated in Communication Sciences at “La Sapienza” University in Rome. In 2011 he published the book La formazione al giornalismo. Dal praticantato alle scuole, Cuec, Cagliari. In 2015 he obtained his PhD in Modern and Contemporary History at the University of Cagliari.

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Verbale di deposito del bilancio di “Sardegna Uno S.r.l.” al 31 dicembre1983 e degli atti relativi, in Archivio del Tribunale Civile e Penale di Cagliari, sezione commerciale.

Visura camerale storica “Sardegna Uno S.p.A.”, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro impresa “Sardegna Uno S.p.A.”.

Visura camerale storica “Tvc 4 Mori Telecagliari”, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Tvc 4 Mori Telecagliari”.

Fonti orali

Dichiarazione rilasciata allʼautore da Ivano Conca, a Cagliari, in data 6 novembre 2013.

Dichiarazione rilasciata allʼautore da Gibi Puggioni, in data 26 gennaio 2014.

Dichiarazione rilasciata all’autore da Francesco Birocchi, a Cagliari, in data 6 febbraio 2014.

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Siti consigliati

www.radiolina.it (Radiolina)

www.videolina.it (Videolina)

www.sardegna1.tv (Sardegna Uno)

www.5stellesardegna.it (5 Stelle Sardegna)

www.odg.sardegna.it (Ordine dei giornalisti della Sardegna)

1 Con la convenzione tra lo Stato e la Radio audizioni Italia («Rai») ‒ approvata con decreto legge del 26 gennaio 1952, n. 180 ‒ vennero concessi in esclusiva alla «Rai», fino al 15 dicembre 1972, i servizi di radioaudizioni circolari, di televisione circolare e di telediffusione su filo.

2 P. P. Pasolini, Una sfida ai dirigenti della televisione, in “Corriere della Sera, 9 dicembre 1973.

3 E. Scalfari, E ora, libertà d’antenna!, in “L’Espresso”, 23 gennaio 1972.

4 Ibidem.

5 I. Montanelli, Il monopolio Tv, in “Corriere della Sera”, 4 febbraio 1972.

6 I. Montanelli, Una bomba, in “Il Giornale Nuovo”, 11 luglio 1974.

7 Cfr. la legge n. 103 del 14 aprile 1975, Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.

8 A. Sensini, Lottizzazione selvaggia, in “Corriere della Sera, 17 maggio 1975. Nello stesso numero del giornale di via Solferino si trova anche un altro interessante articolo paradigmatico della “lottizzazione” della radiotelevisione pubblica: Un telegiornale a me, un giornale radio a te.

9 La prima fase del Piano di Rinascita non aveva, infatti, raggiunto i risultati attesi in termini di occupazione e di incremento del reddito regionale.

10 Atto costitutivo della società a responsabilità limitata “Radiolina Broadcasting Cagliari S.r.l. – Rbc”, 4 agosto 1975, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Radiolina Broadcasting Cagliari S.r.l. – Rbc”, repertorio n. 8284, raccolta n. 3878.

11 Ibidem.

12 Cfr. U. Brunetti, L’imprenditore amoroso, in “Prima Comunicazione”, n. 281, gennaio 1999.

13 Cfr. “Radiolina”: di nuovo in attesa di giudizio, in “Tuttoquotidiano”, 29 agosto 1975.

14 “Radio 24 Ore” chiuderà nel 1981.

15 G. Bocca, Hip, hip, Carrà, in “L’Espresso”, 11 marzo 1983.

16 M. Serra, L’Italia nel cortile, in “l’Unità”, 10 dicembre 1979.

17 Paolo Romani, nel 1974, insieme a Marco Taradash, aveva dato vita a “TVL Radiotelevisione libera”.

18 Cfr. Oggi l’inizio dell’attività di “Videolina”, in “L’Unione Sarda”, 6 settembre 1975.

19 Tali dettagli sono stati rivelati all’autore da Ivano Conca, a Cagliari, in data 6 novembre 2013.

20 La valorizzazione dei notiziari da parte di “Videolina” era avvenuta ben diciassette anni prima dell’approvazione della legge n. 422 del 1993, che prevedeva, a decorrere dal 30 novembre 1993, l’obbligo di trasmettere telegiornali locali. Cfr. legge 27 ottobre 1993, n. 422, Norme in materia di provvidenze alle imprese radiofoniche e televisive.

21 Questo particolare è stato rivelato da Francesco Birocchi in una dichiarazione rilasciata all’autore, a Cagliari, in data 6 febbraio 2014.

22 Successivamente Birocchi si sarebbe trasferito nella redazione del «Tg3 Sardegna».

23 Dichiarazione rilasciata all’autore da Francesco Birocchi, a Cagliari, in data 6 febbraio 2014.

24 Le informazioni succitate sono ricavate dalla visura camerale storica “Tvc 4 Mori Telecagliari”, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Tvc 4 Mori Telecagliari”.

25 Ibidem.

26 G. Dessì, Sassari, Intervista a Benito Castangia, editore Regione Autonoma della Sardegna, 7 novembre 2008, http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=194174.

27Tuttoquotidiano”, però, avrebbe cessato le pubblicazioni prematuramente nel novembre 1978.

28 Cfr. Associazione della Stampa sarda, (a cura di), “Almanacco della Sardegna 1975″, Cagliari, s.n., 1975, pp. 305-313.

29 Ivi, pp. 314-345.

30 Tali informazioni sono state comunicate all’autore da Gibi Puggioni, in data 26 gennaio 2014.

31 L’emittente poteva contare su un’area di diffusione che copriva tutta la provincia di Cagliari.

32 Cfr. Piccola guida delle emittenti sarde, in “La Nuova Sardegna”, 5 aprile 1981.

33 Ibidem.

34 Cfr. su questi aspetti A. Pirina, Francesco Cassitta: “Ecco come è nata la tv fatta in casa”, in “La Nuova Sardegna”, 16 gennaio 2013,

http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2013/01/16/OL_24_03.html.

35 Cfr. Piccola guida delle emittenti sarde, in “La Nuova Sardegna”, 5 aprile 1981.

36 Per tali dettagli si fa riferimento all’articolo Piccola guida delle emittenti sarde, in “La Nuova Sardegna”, 5 aprile 1981.

37 Giacomo Serreli proveniva da “Videolina”. Egli rimase soltanto per qualche mese a “La Voce Sarda Tv“, per poi fare ritorno a “Videolina”.

38 All’inizio degli anni Ottanta, Peruzzi cedette l’emittente radiofonica a Nicola Grauso, cui subentrò nel 1984 Gianni Iervolino. Sulle vicende di “Radio Internazionale” si veda A. Pirina, La voce della Costa Smeralda: “Un’avventura lunga trent’anni”, in “La Nuova Sardegna”, 23 dicembre 2008,

http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2008/12/23/SZ3PO_SZ301.html.

39 Cfr. Piccola guida delle emittenti sarde, in “La Nuova Sardegna”, 5 aprile 1981.

40 Ibidem.

41 Il riferimento è desunto dalla Piccola guida delle emittenti sarde, in “La Nuova Sardegna”, 5 aprile 1981.

42 Ibidem.

43 L’elenco delle televisioni riportato è ricavato da Associazione della Stampa sarda, (a cura di) “Almanacco della Sardegna 1982. Contratto dei giornalisti, Cagliari, s.n., 1982, p. 128.

44 Cfr. Atto costitutivo “Odeon Tv S.r.l.” del 6 aprile 1982, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Odeon Tv S.r.l..

45 Per queste informazioni si rimanda al verbale di assemblea “Odeon Tv S.r.l.” del 6 aprile 1982, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Odeon Tv S.r.l..

46 Cfr. verbale di assemblea straordinaria “Odeon Tv S.r.l.” del 23 dicembre 1986, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Odeon Tv S.r.l..

47 I principali slogan di “Odeon Tv” erano:L‘informazione a casa tuaˮ e “I fatti della tua Regioneˮ, come si evince dalla pubblicità presente nella pubblicazione annuale dell’Associazione della Stampa sarda, (a cura di), “Almanacco della Sardegna 1986, Cagliari, s.n., 1986, p. 183.

48 Cfr. “Fallimento Odeon Tv S.r.l.ˮ, 7 dicembre 1988, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Odeon Tv S.r.l.”.

49 Atto costitutivo “Sardegna Uno S.r.l.”, 22 dicembre 1982, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Sardegna Uno S.r.l.”, repertorio n. 239099, raccolta n. 46683.

50 I figli di Paolo Ragazzo erano Riccardo, Carolina e Valentina, rispettivamente di ventitré, ventuno e venti anni. Si trattava di una società a responsabilità limitata (“Sardegna Uno S.r.l.”) con sede legale a Cagliari, in viale Fra Ignazio 54. Dall’atto costitutivo si rileva che il capitale sociale era di 20.000.000 di lire, sottoscritto e suddiviso nelle seguenti quote: Paolo Ragazzo 11.000.000 di lire, mentre i figli Riccardo, Carolina e Valentina detenevano 3.000.000 di lire cadauno. Per i primi tre anni fu nominato come amministratore unico della società Riccardo Ragazzo, con ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria. Cfr. Atto costitutivo “Sardegna Uno S.r.l.”, 22 dicembre 1982, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Sardegna Uno S.rl.”, repertorio n. 239099, raccolta n. 46683.

51 Verbale di deposito del bilancio di “Sardegna Uno S.r.l.” al 31 dicembre1983 e degli atti relativi, in Archivio del Tribunale Civile e Penale di Cagliari, sezione commerciale.

52 Si veda l’atto depositato da “Sardegna Uno S.r.l.” al Tribunale Civile e Penale di Cagliari, sezione commerciale in data 28 ottobre 1986, repertorio n. 74390.

53 Cfr. M. Aresti, A tutta birra! Sardegna Uno, la televisione cagliaritana che si è conquistata un posto di tutto rilievo nell’audience regionale, in “Almanacco di Cagliari 1993”, Cagliari, Fossataro, 1993.

54 La frequente migrazione da un’emittente all’altra caratterizzava anche i giornalisti radiofonici e non soltanto quelli televisivi.

55 Cfr. visura camerale storica “Sardegna Uno S.p.A.”, in Archivio storico Camera di Commercio di Cagliari, Registro Impresa “Sardegna Uno S.p.A.”.

56 Ciò trova conferma in una testimonianza fornita all’autore da Alessandra Sallemi, in data 17 aprile 2015.

57 Per questi aspetti si vedano le pagine pubblicitarie di “Videolina” presenti in Associazione della Stampa sarda, (a cura di), “Almanacco della Sardegna 1984, Cagliari, s.n., 1984.

58 Cfr. su questi dettagli A. Zuccarelli, La televisione sarda per antonomasia. Il notevole successo di Videolina che, in sette anni, è diventata una delle prime cinque emittenti locali d’Italia, in “Almanacco di Cagliari 1983″, Cagliari, Fossataro, 1983.

59 Soltanto nel 1987 “Videolina” e “Tcs”, entrambe gestite da Grauso, avrebbero aderito al circuito “Italia7” gestito dalla “Fininvest”, di cui facevano parte importanti emittenti di altre regioni, come per esempio “Telecity Piemonte”, “TelePadova”, “TVR Voxson” di Roma, “Telecolor” in Sicilia, “Sesta Rete” in Emilia Romagna, “Telenorba in Puglia”. Per questi elementi si fa riferimento a una dichiarazione rilasciata all’autore da Ivano Conca, a Cagliari, in data 6 novembre 2013.

60 Per questo slogan pubblicitario si veda Associazione della Stampa sarda, (a cura di), “Almanacco della Sardegna 1981. La riforma dell’editoria, Cagliari, s.n., 1981, p. 8.

61 Sulla concentrazione delle televisioni locali si rimanda a R. Franceschi, “Net-workˮ in sardo. Terremoto nel settore dell’emittenza privata in Sardegna: a “Videolinaˮ e “Radiolinaˮ si sono affiancate altre sette stazioni televisive e radiofoniche, in “Almanacco di Cagliari 1985″, Cagliari, Fossataro, 1985.