di Tito Menzani
Le celebrazioni per i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia hanno catalizzato l’attenzione di studiosi, appassionati e semplici cittadini su molti temi storiografici. Alcuni appaiono assolutamente delle novità rispetto al dibattito recente, altri, invece, insistono su questioni “classiche”, ma non per questo esaurite o non più degne di essere riprese.
Il volume Sul Risorgimento, curato da Enrico Mannari, rientra pienamente in quest’ultima categoria, dato che ripropone un accostamento tra il pensiero liberale di Piero Gobetti e quello marxista di Antonio Gramsci a proposito della costruzione dell’Unità e dell’identità nazionale.
Mannari – docente di Comunicazione organizzativa presso l’Università di Firenze e direttore scientifico della Fondazione Memorie Cooperative – si è a lungo occupato di storia del movimento operaio, del pensiero politico e dell’impresa cooperativa, ed appare quindi uno studioso più che titolato per gestire e illustrare una questione storiografica tutt’altro che semplice e banale.
Gobetti e Gramsci sono definiti due “irregolari” della storiografia, ossia due studiosi più spostati sul versante della politica e delle scienze sociali che su quello della storia propriamente detta, ma i cui scritti sul Risorgimento hanno avuto il potere di condizionare una vasta messe di studi successivi. In un certo senso, è come se entrambi avessero fornito una linea interpretativa che è stata poi utilizzata dagli storici di professione delle generazioni successive, per inquadrare temi e problemi dell’epopea nazionale ottocentesca.
Questa operazione editoriale, quindi, affonda le radici in una “vecchia” questione, per dire qualcosa di “nuovo”, ossia per rileggere dei testi classici nella cornice – ben affrescata da Mannari nella prefazione – del dibattito ad essi successivo, fino al contesto delle celebrazioni del centocinquantesimo. Ecco, quindi, che nella bella veste grafica delle Mind Edizioni sono riproposte – ad uso e consumo delle giovani generazioni, ma non solo – le pagine scritte da Gobetti in Risorgimento senza eroi ed altri scritti, e da Gramsci nei Quaderni dal carcere, una delle opere del Novecento italiano più tradotte al mondo.
Ma come fa giustamente notare Mannari, si tratta di scritti “più noti che conosciuti”, ed ora fruibili in questo nuovo contesto editoriale anche da tutti coloro che ne hanno sempre sentito parlare ma che non si sono mai cimentati nella lettura.