Il comitato internazionale della Croce Rossa e le sfide del biennio 1945-1946

Francesca Somenzari

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) nasce a metà dell’Ottocento con il preciso scopo di tutelare ed assistere le vittime dei conflitti. Nel corso di un secolo e mezzo la sua attività è mutata, come anche sono cambiati gli stessi strumenti giuridici a cui tale organizzazione ha fatto via via riferimento. Il Cicr è stato un attore fondamentale nel contesto sia della Prima guerra mondiale sia della Seconda, portando aiuto ai prigionieri di tutte le nazionalità. Nonostante il passato di grande impegno e la presenza su tutti i fronti bellici, gli studiosi che si sono avvicinati alla storia del Comitato Internazionale sono tuttavia ancora pochi.

Caroline Moorehead, scrittrice e giornalista1, in Dunant’s Dream: War, Switzerland and the History of the Red Cross (1999) ha ricostruito la parabola storica di questa organizzazione dalla sua nascita fino ad oggi. La domanda più ricorrente all’interno della sua opera è: il Cicr ha rispettato il progetto iniziale di Henry Dunant, suo fondatore, e cioè che “il dovere del Cicr è di sapere e di esprimere l’intera verità, di rivelare questa verità in tutta la sua bontà o cattiveria, di guardare in faccia i fatti e di condannare ogni tipo di avvenimento odioso”? (Moorehead 1999, 43). La tesi della Moorehead è che il Comitato si è tirato indietro da questo compito, e non ha vigilato attentamente sul rispetto delle Convenzioni internazionali. Il più grande esempio di questa condotta è rappresentato dal fatto che il Cicr avrebbe tenuto il silenzio sulla realtà dei lager nazisti a danno degli Ebrei.

Fino all’autunno del 1944 non vi era alcun riferimento ai campi di concentramento nell’International Committee Review. Il bollettino continuava a riportare, mese dopo mese, le attività di tutte le organizzazioni della Croce Rossa, il lavoro di soccorso, le missioni dei delegati, le violazioni delle Convenzioni di Ginevra, gli incontri internazionali, le condizioni in cui i prigionieri di guerra erano tenuti, gli sviluppi delle nuove tecniche sia mediche sia militari […]. Era come se i campi e gli orrori all’interno di essi non avessero alcuna importanza nella guerra del Comitato Internazionale (Moorehead 1999, 411).

Il Comitato conosce molto bene la situazione di questi campi già dai primi anni Trenta in quanto riceve continuamente lettere dalle chiese e dagli enti laici, telefonate e appelli da singoli individui (Moorehead 1999, 414).

Nel settembre del 1942 più di venti membri del Comitato si dimostrano a favore di una dichiarazione pubblica; questo però è motivo di grande imbarazzo per le alte gerarchie, che indicono per il giorno 14 ottobre una riunione straordinaria: la maggioranza vota per il silenzio (Moorehead 1999, 420). Caroline Moorehead scrive, ma non giustifica, che la difesa stessa della Confederazione Elvetica dipende da questa scelta.

Stefano Picciaredda (2003), in Diplomazia umanitaria, ripercorre la storia del Comitato, cercando di analizzare sia le mancanze sia le grandi difficoltà di questa organizzazione. Il Secondo conflitto infatti mette il Cicr davanti a situazioni inedite e di grande complessità, che il Comitato non sa gestire. Ciò indebolisce e mette in discussione l’intera opera dell’organizzazione. L’autore sottolinea che spesso le denunce pubbliche nuociono alle stesse vittime. In alcuni casi, quindi, il silenzio è doloroso, ma necessario. L’analisi di Picciaredda non è rivolta specificamente alla situazione dei lager nazisti e degli Ebrei, ma si riferisce all’intera attività del Cicr.

L’opera di François Bugnino (2003), The International Committee of the Red Cross and the Protection of War Victims, è più attuale e esce in un momento molto critico per il Comitato, che nella primavera 2004, è al centro dell’attenzione mondiale, per via della pubblicazione, non consentita, dei suoi rapporti relativi al trattamento dei prigionieri in Iraq messo in atto dalle “Coalition forces”. In questo frangente l’opera della Croce Rossa Internazionale perde di credibilità.

Bugnion ripercorre la storia del Comitato dal 1859, battaglia di Solferino, al 1945, bombardamento di Hiroshima, esamina i compiti attribuiti al Comitato da parte delle Convenzioni di Ginevra nella tutela delle vittime di guerra e analizza i rapporti del Cicr con la stessa Confederazione Elvetica. Ciò che si propone Bugnion è di far emergere le sfide inedite davanti alle quali si trova questa organizzazione umanitaria. Queste ultime sono di tipo interno e cioè le risorse finanziarie, e di tipo esterno, ovvero la natura medesima della guerra, che è diversa in ogni momento storico.

Fino ad oggi, tuttavia, l’opera del Comitato non è mai stata esaminata in relazione alla condizione dei prigionieri degli anni 1945-1947 in mano alleata. La Moorehead si è confrontata solo con un piccolissimo segmento di questi anni, ma non ha esaurito questo panorama così articolato ed esteso. Dopo la capitolazione, infatti, il Comitato, a parte l’attività a favore dei Displaced Persons (Dps), si è dedicato quasi esclusivamente ai prigionieri delle potenze dell’Asse, soprattutto tedeschi. Ma in che cosa è consistita esattamente l’azione umanitaria del Cicr? Qual è stato il ruolo del Comitato nella complicata vicenda dei prigionieri tedeschi nell’immediato dopoguerra? E che posizione ha adottato davanti alla questione dei Rheinwiesenlager, cioè i campi istituiti nella primavera del 1945 lungo la riva sinistra del Reno? Questo saggio si propone di analizzare, servendosi della documentazione ginevrina del Cicr, il trattamento dei prigionieri tedeschi detenuti dall’esercito americano in Germania a partire dalla capitolazione e di rispondere ai quesiti posti sopra.

Le visite dei campi

Durante il Secondo conflitto, il Comitato procede alla visita dei prigionieri nei campi. L’ispezione dei campi rappresenta un aspetto fondamentale dell’opera di questa organizzazione2.

La visita consente infatti di verificare le condizioni a cui sono sottoposti i prigionieri, di tenere sotto controllo l’applicazione e l’osservanza dei testi convenzionali, di mettere a conoscenza gli stati coinvolti nella guerra sulla situazione dei propri connazionali, di rendere meno difficile le condizioni detentive dei prigionieri, accertando le loro necessità.

Il Cicr è l’unica organizzazione in grado di perlustrare contemporaneamente i campi di prigionia presso due potenze nemiche e di avere informazioni atte a istituire un raffronto tra le condizioni dei prigionieri detenuti dai diversi stati, ma è anche la sola istituzione che può motivare, in favore dei prigionieri, un’azione fondata sul principio di reciprocità.

Le potenze che hanno sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 19293 non mettono in discussione il diritto dei delegati del Cicr di visitare i campi; in linea teorica nessun limite viene a restringere l’azione del Comitato. Di fatto la realtà della guerra dimostra il contrario: pressioni e richieste, certificati di ingresso e autorizzazioni restano spesso i soli mezzi di accesso ai campi4.

Per quanto riguarda le modalità della visita nei campi, il Comitato ha l’obbligo di avvertire in anticipo le autorità detentive sul suo arrivo. Questo, ovviamente, comporta un rischio molto preciso: che il campo venga preparato e migliorato, impedendo così agli ispettori di cogliere la situazione reale. Comunque, anche la visita organizzata porta con sé aspetti positivi: i delegati possono parlare con il comandante responsabile del campo, con i medici, i cappellani e con il rappresentante scelto dai prigionieri. I delegati in questo modo riescono ad avere liste degli “ospiti” del campo che non hanno contatti con la propria famiglia, denunce di maltrattamenti subite nei campi, elenchi di oggetti utili… Si tratta quindi di richieste di vario genere che necessitano di più giorni per essere preparate. L’annuncio della visita ha lo scopo di informare tutti i prigionieri, e di consentire la comunicazione tra questi e i delegati. Lo strumento del colloquio privato, senza testimoni, serve agli ispettori per acquisire una reale percezione della situazione nel campo.

La visita non ha una durata precisa: può essere di qualche ora come anche di più giorni a seconda del numero dei prigionieri e della grandezza dei campi.

 

L’organizzazione dei campi in mano statunitense: i permanent camps

Anche nel periodo successivo alla capitolazione, il Cicr continua a portare avanti la sua missione di soccorso. Il ritmo di visita nei campi della zona di occupazione statunitense nel 1945 è assai ristretto, mentre nel 1946 aumenta fortemente. Oggetto di ispezione sono sia i campi che raccolgono i soldati della Wehrmacht sia quelli con le Ss e i prigionieri politici. Spesso può capitare che queste categorie siano insieme negli stessi campi.

I campi permanenti5 sono formati da baracche dotate di cucina, refettorio, dispensa, granaio, magazzini, lavanderie. I prigionieri a volte dormono su materassi di paglia, ma anche per terra.

La razione alimentare quotidiana è scarsa: nel 1945 raggiunge più o meno le ottocento calorie; nel 1946 a volte supera anche le mille. I prigionieri che lavorano hanno diritto ad un supplemento, che permette loro di arrivare anche a duemila calorie. Tutte le diete, però, presentano la mancanza di sostanze grasse, frutta e legumi. Questo si traduce in uno stato costante di indebolimento fisico e una maggiore esposizione alle malattie. Anche se spesso le relazioni dei delegati sulle tabelle nutritive dei campi sono positive, è fondamentale sottolineare che “il prigioniero post-capitolazione” ha sofferto davvero la fame nel 1945; la situazione è migliorata quando i campi hanno iniziato a svuotarsi a partire da metà 1946. Nella primavera-estate del 1945, infatti, i prigionieri speravano spesso in un aiuto esterno al campo da parte dei civili.

Il pasto è consumato o in mensa o nei dormitori, a seconda dei campi.

La situazione igienica è migliore di quella alimentare: i prigionieri hanno diritto ad una doccia settimanale. Nei bagni sono presenti i lavandini e il sistema delle latrine è disinfettato con regolarità. L’esercito statunitense infatti ha considerato l’igiene una priorità: questo ha impedito il diffondersi di contagi nella zona.

Una volta al mese all’interno dei campi vengono distribuite lamette, sapone, shampoo.

Il rifornimento di vestiario presenta invece grandi difficoltà e le calzature sono spesso presenti in scarsissime quantità. Né il Comitato Internazionale né le altre organizzazioni umanitarie riescono a soddisfare la continua richiesta di abiti.

Il sistema medico-sanitario è molto efficiente, soprattutto a partire dal 1946: ogni campo ha il suo ambulatorio, che tratta i casi leggeri. I malati gravi sono mandati negli ospedali più organizzati, che dispongono di più reparti e che hanno dispositivi moderni per le radiografie. In genere sono presenti anche i dentisti, che praticano otturazioni ed estrazioni. Le medicine sono presenti in quantità sufficienti, ma il materiale per le protesi manca, perché costosissimo ed introvabile nella Germania degli anni 1945-1946. Questo determina, di conseguenza, un numero altissimo di amputati e mutilati all’interno dei campi. Le malattie più diffuse sono la bronchite, la dissenteria, l’epatite, l’enterite, la tubercolosi, la sifilide, la scabbia, il tifo. A queste si aggiungono i disturbi reumatici, le difficoltà respiratorie e la bronchite.

Spesso i campi sono organizzati in gruppi di lavoro che operano all’interno e all’esterno: i prigionieri sono impiegati come sarti, artigiani, calzolai, scavatori, operai, carpentieri, imbianchini, idraulici, taglialegna. Non mancano, anche se vietati dalla Convenzione del 1929, i lavori pericolosi, come il disinnesco delle mine. L’orario lavorativo è di otto ore al giorno e la paga ammonta a otto centesimi di marco, che sono accreditati di mese in mese sul conto dei prigionieri. Il lavoro è molto importante nella vita dei prigionieri, che spesso si offrono addirittura volontari per rompere la monotonia delle lunghe giornate.

Nei campi più organizzati ci sono anche possibilità di svago nel tempo libero. I prigionieri seguono corsi di lingua, dattilografia, matematica, disegno, letteratura, teatro… In genere sono i prigionieri stessi che si propongono come insegnanti per i propri compagni. A volte vi sono anche corsi preparatori alla maturità. I corsi di musica sono i più seguiti e spesso alla fine della frequentazione, i prigionieri organizzano veri e propri concerti.

Lo sport ha inoltre un grande peso: è facile trovare un campo da calcio all’interno dei campi.

Nel settore del tempo libero il Comitato Internazionale della Croce Rossa svolge un ruolo importante con i suoi convogli: libri, giornali e strumenti vengono distribuiti in grandi quantità ai campi.

Oltre all’aspetto dello svago, ogni campo deve soddisfare anche i bisogni religiosi dei prigionieri, ospitando un cappellano cattolico e uno protestante. Il Lagerpfarrer è una figura di riferimento importante all’interno del campo, sia per i prigionieri animati da un forte credo sia per quelli meno devoti: il servizio divino e le attività ad esso connesse soddisfano il bisogno spirituale dei primi, mentre rappresentano una forma di distrazione per i secondi. In un primo momento il servizio religioso si tiene in baracche abitate dagli stessi prigionieri. Con l’andar del tempo, se si instaura un buon rapporto tra le autorità del campo e i prigionieri, l’amministrazione del lager concede, in alcuni casi, il permesso di edificare una vera e propria chiesa. Sono gli stessi prigionieri che, mattone su mattone, contribuiscono alla sua costruzione.

La corrispondenza è uno degli aspetti più difficili nella Germania dell’immediato dopoguerra: dopo un iniziale periodo di interruzione il sistema delle comunicazioni riprende il suo corso nelle zone di occupazione occidentali, mentre nella zona sovietica rimane ancora sospeso. Quindi i prigionieri che hanno i parenti all’Est vanno incontro ad un lungo periodo di completa assenza di notizie. Per coloro che hanno le famiglie nelle zone britannica, statunitense e francese la situazione è leggermente migliore, ma anche per questi spesso la mancanza di comunicazione è un problema sentito, a causa della dispersione degli stessi nuclei familiari e della distruzione delle case in quasi tutte le città tedesche.

Il morale nei campi, nonostante l’organizzazione del tempo libero, resta comunque molto basso, a causa dell’incertezza sul proprio destino e a causa della lontananza dai propri cari. A questo si aggiunge il fatto che il sistema di sorveglianza è affidato, praticamente in tutta la zona statunitense, ad un personale di nazionalità polacca, che abusa spesso della propria posizione per maltrattare fisicamente i prigionieri. La scelta statunitense in questo senso non è certo casuale.

Il caso dei campi sulla riva sinistra del Reno: i transient camps

Per svolgere la sua attività di soccorso nella Germania dell’immediato dopoguerra, il Comitato, nel luglio 1945, assegna a ciascuna zona una specifica delegazione. Il personale addetto, però, è numericamente molto limitato in tutti i settori di occupazione, e quello statunitense non fa eccezione:

Bisognerà quindi creare una delegazione centrale a Francoforte, una delegazione presso i Britannici, una presso i Francesi, una a Monaco e una a Salisburgo per l’Austria. Utilizzeremo meno delegati possibili, pochi ma buoni6.

Questa almeno è la premessa, ma di lì a un mese esplode un caso, riguardante le autorità statunitensi e francesi, che allarma il Comitato:

La regione è stata occupata dai francesi il 10 luglio 1945. Da questo momento in poi si sono verificati diversi incidenti che hanno avuto le loro ripercussioni sui prigionieri di guerra. I campi di questa regione sono sotto il controllo e il comando del gen. Billot […]. Una parte dei campi gestiti dagli Americani sulla riva sinistra del Reno è stata chiusa (Sinzig, Remagen, Andernach). Noi non sappiamo cosa è stato dei prigionieri di questi campi-transito. Tuttavia, una parte cospicua di questi sono stati in parte liberati e in parte trasferiti a Heilbronn […]7.

I campi sulla riva sinistra del Reno sotto il controllo americano, già noti per la loro pessima organizzazione, sono stati smantellati. Il Comitato Internazionale, però, ora è costretto a confrontarsi con la situazione del campo di Diez, gestito dall’esercito francese. Il testo prosegue:

In seguito ad una comunicazione urgente da parte del vescovo di Limburg […], sono dovuto intervenire8 presso il colonnello Gottraux, capo del campo A 19 Diez. Il messaggio inviato dal vescovo di Limburg si esprimeva così: Vogliate intervenire con urgenza; quotidianamente messaggi lanciati dal recinto dicono: “Aiutateci, moriamo di fame”. […] Il colonnello Gottraux riconosceva che il periodo dal 1° al 14 luglio era stato il più critico (di tutti). In quel momento gli Americani si ritiravano dalla regione e, per quel che riguarda il campo in questione, (gli Americani) dovevano lasciarlo con i prigionieri e viveri per sei giorni. In realtà hanno lasciato viveri solo per tre giorni, cosa che ha obbligato l’intendenza francese, che non era preparata a rifornire subito il campo, a dare l’ordine di far sopravvivere il campo per sei giorni con questa magra sussistenza […]. Un altro fatto che ha aggravato la situazione è l’invio, da parte degli Americani, in questo campo di tutti i malati degli ospedali della Turingia […]. Noi abbiamo suggerito la liberazione come rimedio alla mancanza di nutrimento. Ad ogni modo, la questione dell’aiuto generale ai prigionieri di guerra in mano francese, ci pare una necessità urgente. Il medico francese riconosce che il periodo dal 1° al 15 luglio ha visto un aumento dei morti nel campo, soprattutto a causa dell’edema da fame9.

La situazione si aggrava, quando Jean-Pierre Pradervand della Croce Rossa Francese, decide, nel settembre 1945, di lanciare una pubblica denuncia sulle preoccupanti condizioni nei campi di prigionia lungo il Reno. A questo punto il Cicr intensifica il suo ritmo di visita; la zona statunitense è al centro delle attenzioni generali del Comitato, dal momento che le autorità francesi accusano quelle americane di disfarsi dei prigionieri moribondi, cedendoli come manodopera. Questo sarebbe un espediente dell’esercito americano per non registrare i decessi nei propri campi (Cochet 1998).

É molto importante che le visite dei campi siano ora portate a fondo, gli Americani ci domandano, a ragione, di giustificare la nostra presenza nella loro zona di occupazione. Il risultato della conferenza tenuta ieri, venerdì 28 settembre all’Usfet, in presenza dei generali Lewis, Smith, Dillon e di Pradervand, ci indicano chiaramente che la nostra attività, in questo campo, dev’essere portata all’estremo […]10.

Dopo qualche giorno, aumenta anche il numero dei membri della delegazione assegnata al settore americano. La questione sembra della massima urgenza:

Abbiamo il compito di confermarvi il nostro messaggio telefonico del 2 ottobre 1945, riguardo all’invio urgente nella zona americana di nuovi delegati con l’incarico di visitare i campi. In effetti è assolutamente indispensabile che tutti i campi situati in questa zona siano visitati al più presto; poiché in questo momento abbiamo solo due delegati dotati delle autorizzazioni necessarie, abbiamo richiesto i permessi per le seguenti persone: signor Eric Mayer; signor Paul Wyss; signor Pierre Colombo; signor Hans Denner; signor Hans Bickel. Noi ci permettiamo di ribadire l’urgenza che c’è nell’inviarci il personale richiesto. Come abbiamo avuto modo di dirvi per telefono, avremmo ancora bisogno di almeno due delegati per la visita dei campi, per permetterci di fronteggiare la nuova situazione. Inoltre vi saremmo grati se inviaste alla nostra delegazione altri due delegati, che parlino perfettamente inglese e tedesco […]11.

D’ora in avanti si assiste ad un forte aumento del ritmo di visita: se tra maggio e settembre le visite interessano solo quattro campi12, da ottobre a dicembre arrivano a venti e nell’arco di tutto il 1946 oltrepassano il centinaio. Si può dire proprio che la denuncia di Pradervand abbia determinato un totale stravolgimento dell’iniziale ritmo di visita. Tuttavia, a dispetto dell’allarme suscitato, da ottobre in avanti i delegati non hanno riscontrato casi di grave maltrattamento o incuria nei campi statunitensi. É possibile che l’azione estesa del Cicr sia servita da monito alle autorità, che hanno evitato il ripetersi di situazioni analoghe nei propri campi. A questo si aggiunge ancora il fatto che il Comitato si è mosso in ritardo: quando la situazione di questi campi viene resa pubblica, le autorità statunitensi hanno già chiuso i propri recinti sul Reno e quel che resta è stato ceduto ai Francesi. L’intervento delle delegazioni del CIicr è tardivo, e se permette di appurare le responsabilità francesi, lascia invece insoluti gli interrogativi pendenti sulle autorità statunitensi.

Un’ulteriore domanda che non trova risposta è: perché il Comitato, che ha ispezionato i campi temporanei di Heilbronn nel maggio 1945 (e cioè prima dello scandalo di Pradervand) riscontrandovi condizioni di vita di grande difficoltà13, non ha deciso di intervenire prima?

Il biennio 1945-1946

Nel biennio 1945-1946 i delegati ispezionano le seguenti tipologie di campi: Labour Detachments; POWs Camps (indicati anche come PWE, e cioè Prisoners of War Enclosures); SS camps; DEFs14 Camps; PWTE (Prisoners of War Transient Enclosures). Military Hospitals Camps.

Si tratta di un numero di visite che varia notevolmente tra il primo ed il secondo anno. Le ragioni di questo diverso ritmo, oltre a quanto è già stato detto, è anche dovuto alla scarsità di mezzi e di ispettori di cui dispone inizialmente il Comitato Internazionale.

É fondamentale specificare, fin dall’inizio, che i delegati non hanno visitato, né nel 1945 né nel 1946, tutti i duecento campi presenti nella zona di occupazione statunitense15, ma solo una parte. D’altronde è la potenza occupante ad accordare i permessi di visita; il Comitato deve generalmente limitare la sua azione ai campi accordati.

Andiamo ora ad analizzare nel dettaglio i campi ispezionati. Per l’anno 1946, in molti casi, i campi sono stati ispezionati anche più volte nell’arco di pochi mesi (i numeri a fianco alle località si riferiscono al numero delle ispezioni).

Labour Detachments

1945 1946
Mannheim Roth
Frankfort/Main Kelsterbach (2)
  Frankfort/Main
  Zeilsheim (2)
  Mainz-Kastel
  Giessen-Wiesegg (2)
  Dotzheim
  Bebra
  Weddenwarden

I Labour Detachments sono campi di lavoro, dove vengono mandati i prigionieri in buone condizioni fisiche per assolvere a lavori in genere di assistenza alle truppe o, in taluni casi, di ricostruzione. Le condizioni all’interno di questi campi sono generalmente buone, dato che la potenza detentrice ha un ritorno in termini economici. I prigionieri inoltre sono anche ben forniti di vestiario, disponendo di tute da lavoro e di calzature resistenti. In questo panorama complessivamente positivo, esistono delle eccezioni rappresentate dai campi-lavoro di Francoforte e Mainz-Kastel, dove i prigionieri si lamentano per le dure e cattive condizioni, peggiorate anche da un regime di disciplina molto rigido.

Pow Camps- PWE16

1945 1946
Korbach Reichenhall
Dachau Bishofwiesen
Landshut Hof (2)
Burgau Weiden
Schnuttenbach Sulzbach
Erding Bamberg (3)
  Ochsenfurth
  Trostberg
  Fuerth (2)
  Fuerth-Stein
  Nuerberg (2)
  Wuerzburg (2)
  Oberdachstaetten (2)
  Neu Ulm
  Karlsfeld (2)
  Memmingen
  Kaufberen (2)
  Regensburg
  Giebelstadt (2)
  Hohenbrunn (2)
  Bruck
  Dachau
  Frankfurt
  Zeilsheim

I POW Camps sono campi permanenti, dove vengono raccolti sia prigionieri che lavorano sia prigionieri che non lavorano, come invalidi e mutilati. La differenza sostanziale tra questi campi e quelli precedentemente analizzati sta nel fatto che mentre i secondi nascono nelle dirette vicinanze di miniere o zone soggette allo sminamento, i primi hanno il semplice scopo di raccogliere i prigionieri, senza specifiche finalità lavorative. Questo, ovviamente, non significa che nei POW Camps i prigionieri non lavorino, ma semplicemente svolgono mansioni dirette al mantenimento interno dei campi.

Nel 1945 sono tutti ben organizzati, ad eccezione di Landshut, mentre nel 1946 la situazione si presenta più disomogenea, dato l’aumento numerico dei campi: Trostberg, Fuert, Fuert-Stein, Giebelstadt e Kaufbeuren presentano problemi di sovraffollamento e cattiva gestione interna.

 

SS Camps

1945 1946
Goeggingen Flossenburg
Bobingen Lohr
Auerbach Platting
  Bad Aibling
  Altenstadt
  Burgau
  Dachau (2)
  Zuffenhausen
  Babenhausen (2)
  Ziegenhain
  Frankfort/Main
  Auerbach
  Karsfeld
  Roth (2)
  Regensburg

Questa tipologia di campi è stata istituita allo scopo preciso di isolare gli elementi più pericolosi dal resto degli altri prigionieri. In genere le Ss sono considerate “irrecuperabili” da un punto di visto ideologico-dottrinale, laddove per gli altri comuni prigionieri è previsto spesso un periodo rieducativo, che prevede lezioni di storia e democrazia. Gli elementi di riconoscimento delle Ss sono, nella maggioranza dei casi, i tatuaggi sulle braccia.

Nel 1945 il Comitato ha accesso a soli tre campi di Ss, nel 1946 ad una quindicina. Se nel primo anno la gestione di questi campi presenta numerose inefficienze, nel 1946 la situazione  tende ad un sensibile miglioramento, con punte di eccellenza a Zuffenhausen, Lohr e Platting: qui vengono addirittura organizzati concerti e partite di calcio. Si può dire che nel 1946, in molti casi, il trattamento delle Ss è stato molto simile a quello accordato agli altri prigionieri.

DEFs Camps

1945 1946
Allendorf Darmstadt
  Babenhausen
  Heilbronn
  Regensburg
  Hersfeld
  Frankfort
  Zeilsheim
  Marburg

Se da un punto di vista teorico i DEFs non beneficiano dei normali diritti dei prigionieri, nei fatti l’esercito statunitense si è sforzato di trattare il meglio possibile questa categoria. Questo discorso vale in particolar modo per il 1946; nell’anno precedente i delegati hanno infatti visitato un solo DEFs Camp, Allendorf, giudicato completamente disorganizzato e inadatto ad ospitare prigionieri.

Pwte (Prisoners of War Transient Enclosures)

1945 1946
Heilbronn C. 2  
Heilbronn C. 1  
Heilbronn C. 3 (2)  

Si tratta di una categoria di campi presente solo nel 1945, dal momento che i Pwte sono campi di prima raccolta, temporanei, dove deve essere accertata l’identità dei prigionieri per una successiva selezione e spedizione in altri luoghi. É in assoluto la prima tipologia di campi che è stata istituita dall’esercito statunitense in Germania. A Heilbronn i delegati visitano tre Pwte (C1,C2,C3); il terzo è ispezionato due volte, a distanza di cinque mesi. I giudizi riportati sono assolutamente negativi, dal momento che questi campi presentano uno stato di disorganizzazione pressoché totale. Il comunicato di Eisenhower del 17 aprile 1945, d’altronde, si presenta molto categorico nei suoi dettami:

I campi temporanei stabiliti in Germania ai fini della custodia dei prigionieri nemici saranno organizzati in modo tale da fornire le cure e il sostentamento più adeguati possibili nel caso si verifichino situazioni di emergenza, tenendo in considerazione le norme della Convenzione di Ginevra17.

Il comunicato infatti specifica che solo in casi di estrema gravità verranno fornite cure e sostentamento. Come è stato già detto, quello che stupisce è che il Comitato non si sia attivato subito per migliorare la sorte di questi campi.

Military Hospitals Camps

1945 1946
  Werneck (2)
  Fuerth (5)
  Bruckberg
  Erlagen (4)
  Herrshing (3)
  Garmisch (3)
  Dachau (2)
  Ludwingsburg
  Schweikelberg
  Augsburg
  Frankfort/Main
  Amberg
  Königstein (2)
  Mannheim
  Göppingen

I campi-ospedale sono stati organizzati in modo sistematico solo nel 1946. Si tratta di strutture che raccolgono quei prigionieri in gravi condizioni di salute, che non possono essere curati e assistiti nel reparto medico dei loro campi di provenienza. Qui l’esercito statunitense ha dato prova di grande efficienza e competenza professionale; ogni campo-ospedale è infatti diviso in specifici reparti. L’ottimo servizio ospedaliero statunitense ha impedito la diffusione di malattie in generale e nello specifico di quelle veneree, che nella Germania del dopoguerra sono molto diffuse sia tra la popolazione sia tra i soldati.

Il giudizio dei delegati è in generale ottimo, ad eccezione del campo-ospedale di Mannheim.

Conclusioni

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa è oggi la principale organizzazione di soccorso per i prigionieri di tutto il mondo. La sua attività umanitaria è preziosissima sia negli scenari di guerra sia in quelle situazioni che richiedono una delicata mediazione.

Nei decenni il Cicr ha assistito ad un ampliamento dei suoi poteri e delle sue prerogative. La revisione della Convenzione del 1929 o meglio la sua sostituzione con la Convenzione più aggiornata del 194918 sono stati momenti significativi per questa istituzione, che ha potuto acquistare maggiore consapevolezza di se stessa e della propria autorità.

Anche nel 1945 il Cicr ha svolto una funzione fondamentale nel frangente bellico e post-bellico, cercando di proteggere i prigionieri degli uni e degli altri, senza distinzione di nazionalità o ideologia. La Seconda guerra mondiale è stata per il Comitato un grande banco di prova, che ha messo in seria difficoltà questa istituzione; nell’immediato dopo-guerra esso ha assistito, però, ad una completa obsolescenza dei suoi metodi e delle stesse regole a lui imposte dai testi convenzionali. Tale inadeguatezza è stata una chiara conseguenza degli assetti che si sono venuti a determinare con la caduta del Terzo Reich e la resa incondizionata della Germania, che ha messo il Comitato davanti ad una situazione nuova. In una parola, il Comitato che opera in Germania nell’immediato dopo-guerra è un’entità debole, senza potere contrattuale, relegato in ruoli per certi versi angusti. Le potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale hanno in alcuni casi gestito la situazione dei propri prigionieri in piena libertà, dettando propri tempi e proprie condizioni. L’autonomia rivendicata dalle potenze occupanti non si è tradotta, in tutti i casi, in una cattiva gestione dei propri prigionieri, ma ha ridotto inevitabilmente il controllo e l’intervento delle organizzazioni umanitarie. Nel caso specifico dei campi sul Reno, non è facile stabilire se sono state le autorità statunitensi a non concedere tutti i permessi di visita, o se è stato il Comitato a non richiederli, sottovalutando quindi la grave situazione creatasi.

Bibliografia

Böhme K.

1973                In amerikanisher Hand. Europa. Monaco, Gieseking, Bielefeld.

Bugnion F.

2003                The International Committee of the Red Cross and the Protection of War Victims, Ginevra, International Committee of the Red Cross.

Cochet F.

1998                Soldats sans armes. La captivité de guerre, une approche culturelle, Paris.

Moorehead C.

1999                Dunant’s Dream: War, Switzerland and the History of the Red Cross, New York, Carroll and Graf.

Picciaredda S.

2003                Diplomazia umanitaria. La Croce Rossa nella Seconda guerra mondiale. Bologna, Il Mulino.

  1. La speciale deroga di cui la scrittrice ha potuto beneficiare le ha consentito un accesso senza precedenti alla documentazione del Cicr. []
  2. Cfr. Revue Internationale de la Croix-Rouge, 1948, pp. 167-177, vol. I, archivio del Cicr, Ginevra. []
  3. Le Convenzioni di Ginevra sono una serie di trattati sottoscritti per la maggior parte a Ginevra; nel loro complesso costituiscono un corpo giuridico di diritto internazionale, noto anche sotto i nomi di diritto di Ginevra, diritto delle vittime di guerra e diritto internazionale umanitario. La Convenzione del 1929 sul trattamento dei prigionieri di guerra è stata il riferimento giuridico della Seconda Guerra Mondiale. []
  4. Il ritmo di visita del Cicr, comunque, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale aumenta considerevolmente, passando da 524 a più di 11 000.  []
  5. I dati relativi ai campi, con descrizioni dettagliate, si possono trovare nell’Archivio del Cicr, Service des camps, zone U.S.- Allemagne (1945-1946).  []
  6. Archivio del Cicr, G 3/ 26 h, documento del 4 luglio 1945. []
  7. Archivio del Cicr, G 3/26 h, documento del 13 agosto 1945. []
  8. É un delegato del Cicr che riferisce quanto accaduto. []
  9. Archivio del Cicr, G 3/26 h, documento del 13 agosto 1945. []
  10. Archivio del Cicr, G3/ 26 h, documento datato 29 settembre 1945. []
  11. Archivio del Cicr, G3/ 26 h, documento datato 10 ottobre 1945. []
  12. Nello specifico Heilbronn C.1, C.2, C.3 e Emmering. []
  13. Vedi rapporti di visita sui campi di Heilbronn C.1, C.2, C.3 in archivio del Cicr, Service des camps, zone U.S.- Allemagne, 1945. []
  14. Sta per Disarmed Enemy Forces. []
  15. Per il numero esatto dei campi all’interno della zona statunitense in Germania rimando a Böhme, Kurt (1973). []
  16. P.W.E. sta per Prisoners of War Camp ed è sinonimo di Pow Camp. []
  17. BA Koblenz, RG 260/OMGUS (Office of Military Government for Germany/ Allied Control Authority, Office of Records and Archives- Z 45 F – Z 46), POW Camps location 3/ 176- 1/ 11; documento del 17 aprile 1945. []
  18. La Convenzione del 1949 sostituisce il corpo giuridico preesistente in materia; si tratta di un testo molto articolato che si divide in quattro parti: la prima e la seconda si propongono di migliorare le condizioni dei feriti, dei malati e dei naufraghi; la terza si concentra nello specifico sul trattamento dei prigionieri di guerra e la quarta riguarda la protezione dei civili in tempo di guerra. []