Gli opifici di Calci all’impianto del “Leopoldino”: il GIS applicato all’Archeologia Industriale

di Massimiliano Grava

Abstract

Il recente affermarsi dei software GIS nelle discipline umanistiche ha consentito a specifici ambiti della ricerca, in particolar modo a quei settori che si contraddistinguono per ricerche di carattere quantitativo, di compiere un balzo di qualità nello studio delle vicende indagate. Particolarmente appropriato è l’impiego di questi applicativi in ambiti quali l’Archeologia Industriale, caratterizzata per lo studio, tra l’altro, della distribuzione di oggetti/reperti manifatturieri e industriali sul territorio. I geodatabase sono infatti strumenti che facilitano la ricerca interna alla fonte (sincronica), ma anche e soprattutto quella diacronica tra le metafonti prodotte e i dati vettoriali elaborati dagli enti pubblici.

Abstract english

Calci’s factories at the emergence of the “Leopoldino” Land registry: the GIS (Geographic Information System) software applied to industrial archaeology

The recent establishment in the use of GIS software in humanistic disciplines has allowed great improvements in specific areas of research. This software is especially useful when applied to industrial archaeology, a field of study characterized by, among other things, the analysis of the distribution of manufacturing and industrial items in a chosen territory.

Area di studio

Il caso studio che qui presentiamo è un indagine sugli opifici manifatturieri censiti alla data d’attivazione del Catasto Generale della Toscana nel territorio del comune di Calci, municipio che si trova nell’area settentrionale della Provincia di Pisa (Fig. 1)1.

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Fig. 1 Area oggetto di studio. Elaborazione propria (fonte dati: Istat)

 Il Leopoldino è un catasto geometrico particellare ottocentesco realizzato impiegando principi geodetici agrimensori notevolmente innovativi per l’epoca in cui fu eseguito (Biagioli 1975, 26; 2002; Conti 1966). La realizzazione di questo catasto, iniziata nel 1819, fu ultimata con l’attivazione avvenuta nel 18352. Il Granducato, nella circostanza, fu suddiviso in 242 comunità e ogni comunità fu a sua volta frazionata in un numero variabile di sezioni (Nocco 1996, 45-46). Il reddito d’imposta era espresso in lire (moneta di conto) e in fiorino (moneta effettiva), mentre la scala di misura impiegata per la realizzazione dei fogli mappali variava tra 1:1250, per i centri abitati, e 1:5000 per le campagne. Per ciascuna comunità fu inoltre realizzata, anche se spesso non si conserva, una mappa denominata Quadro d’unione, un rilievo in un unico foglio dell’intero territorio comunitativo in scala variabile tra 1:20000 e 1:30000 in cui erano disegnati elementi antropici e naturali e le dimensioni e le forme delle sezioni comunitative ((Per poter utilizzare la stessa proporzione su tutto il territorio fu di fatto necessario suddividere le sezioni in un numero variabile di fogli mappali.)).

Calci, dalla data d’impianto del Catasto e sino al 1867, forma parte del territorio della Comunità di Pisa, per poi, con la promulgazione del Regio Decreto di Vittorio Emanuele I, trasformarsi in comune autonomo. Con un’estensione di poco più di 25 chilometri quadrati (quasi tutti montani), e ben 10 frazioni (Castelmaggiore, Colle, La Corte, La Gabella, La Pieve, Montemagno (1884), Pontegrande, Rezzano, Tre Colli e Villa), Calci risulta essere all’impianto del Leopoldino una delle aree maggiormente industrializzate della Toscana occidentale. Se di fatti mettiamo in relazione il dato sugli opifici presenti alla data d’impianto del catasto con quello di popolazione ed estensione del territorio emerge come Calci sia un vero e proprio indotto industriale in cui si concentra un numero di opifici idraulici elevato rispetto ad estensione – poco meno di 2000 ettari – e numero di abitanti; 3566 alla data del 1833 (Repetti 1833; Caciagli 1997). Suddividendo infatti questo numero di residenti per quello degli opifici idraulici risulta che a Calci c’era in media un opificio ogni 19,6 abitanti, mentre nel resto della Provincia Pisana il rapporto era di 1 ogni 1973 persone (Repetti 1833; Manetti 1985; Cascella 1997; Panduri 2001).

Fonti e metafonti

La cartografia numerica digitale di riferimento impiegata come base per la vettorializzazione poligonale dell’informazione estratta dalle fonti archivistiche, è stata la Carta Tecnica Regionale Toscana 1:10000 (GaussBoaga 1940, fuso OVEST)3. La scelta di questa scala, ne esistono vari “tagli”, è stata condizionata dal fatto che la cartografia storica della Regione Toscana è stata referenziata, nell’ambito del progetto CASTORE, usando questo formato4. CTR che è stata ulteriormente utilizzata per la georeferenziazione di quei fogli e sviluppi mappali che non erano presenti nella cartografia storica regionale e che sono stati ritrovati presso l’archivio storico comunale di Calci.

Una volta caricati in ArcGIS la CTR e i fogli mappali georeferenziati – tutti file in formato raster –, si sono individuati è “battuti” un poligono per ogni particella catastale individuata nelle fonti archivistiche. In sintesi, quel che si fatto, è stato caricare su ArcGIS i file raster della cartografia storica per poi disegnare su questa base in forma poligonale tutte le particelle precedentemente individuate sui fogli mappali, associandole in un secondo momento alle rispettive informazioni alfanumeriche presenti nelle Tavole indicative e nei Campioni dei proprietari ((La vettorializzazione in forma poligonale ha consentito di verificare l’estensione dichiarata nel catasto con l’effettiva area delle particelle calcolata automaticamente da ArcGIS.)). Una volta selezionato in questa banca dati geografica la sola informazione relativa a opifici e strutture ad essi annessi, abbiamo quindi creato un nuovo shapefile, passaggio propedeutico alle successive fasi d’importazione dati nella tabella di attributi.

A partire da qui, si sono dunque incrociate le carte di pendenza e inclinazione elaborate utilizzando le curve di livello toscane –DTM (Digital Terrain Modeling)–, con il nostro file vettoriale, ottenendo indicazioni molto interessanti sull’ubicazione di queste strutture rispetto a fattori orografici5. Per trasferire il dato relativo a pendenza, inclinazione ed esposizione del terreno dal DTM raster al dato vettoriale si è dovuto trasformare lo shapefile poligonale in formato puntuale. Questi punti, creati con un algoritmo da ArcGIS, sono stati automaticamente ubicati dal programma al centro del poligono in precedenza vettorializzato sulle mappe del leopoldino.

Conclusa l’implementazione dei dati e trasformati i poligoni in punti grazie all’estensione ET Geo Wizards, abbiamo estratto dai DTM raster creati in precedenza – utilizzando lo strumento Exctract Values to Points – i valori che ci interessavano (esposizione, altitudine e gradi di pendenza). Una volta importati questi dati nella tabella di attributi il nuovo shapefile puntuale ricavato è diventato dunque interrogabile con una classica query anche per quei valori.

Terminate queste operazioni si è infine caricato il modello TIN – creato utilizzando lo shapefile poligonale originario con l’estensione 3D Analyst –, nell’applicativo ArcScene, creando così una vista dinamica in cui si sono sovrapposti al modello TIN di elevazione altimetrica lo shapefile poligonale e le ortofoto (Fig. 2).

Fig. 2 Elaborazione di un modello 3D con l’applicativo ArcScene. Elaborazione propria

Fig. 2 Elaborazione di un modello 3D con l’applicativo ArcScene. Elaborazione propria

 Analisi dei dati

Gli opifici censiti in quest’area sono complessivamente centosettantadue: ottantadue metati, ottantadue mulini e frantoi e tre fattorie o ville a uso colonico6. Cinque invece il numero di annessi legati all’attività di questi opifici, suddivisi tra gore (2), conserve d’acqua (1) e buche e piaggioni per la conservazione del grano (2). Assenti invece fornaci e cave, attività pur presenti in territori confinati con Calci e che in questa zona saranno insediati solo in epoche successive.

Le tre fattorie, censite qui nel complesso degli opifici, sappiamo essere il perno centrale del sistema mezzadrile. Dove aveva luogo l’amministrazione dei poderi per conto del proprietario, ma anche il fulcro in cui si svolgevano quelle attività comuni che non potevano essere effettuate nelle case coloniche poderali. Gli annessi censiti, un numero piuttosto contenuto, sono invece installazioni – al pari di una ruota idraulica –, fondamentali per il funzionamento delle strutture produttive. Computati quindi nella banca dati, ma non considerati nella loro distribuzione spaziale e nella valenza economica, come invece è stato fatto per metati e opifici idraulici.

Nelle pagine che seguono abbiamo quindi incrociato i nostri dati (metafonti), con quelli della cartografia numerica regionale nel tentativo di capire come e quanto i fattori geomorfologici e spaziali abbiano influenzato le dinamiche insediative degli opifici della valle.

I Metati nel Comune di Calci siti a un’altezza compresa tra i 547 e i 728 metri sono cinque, mentre la concentrazione di questa classe di opifici, settantacinque su un totale di ottantadue, si trova tra i 182 e 546 metri. Mulini e frantoi si trovano invece prevalentemente in fasce altimetriche molto più basse rispetto a quelle in cui si trovano i metati. Un solo mulino a Calci si trova infatti nella fascia altimetrica compresa tra 273 e 343 metri, due frantoi e tredici mulini sono invece situati a tra i 182 e 272 metri, mentre dieci mulini e due frantoi si trovano ad altezze incluse tra 92 e 181 metri.

Nella fascia tra 0 e 91 metri troviamo la maggior concentrazione di opifici idraulici: quarantotto mulini e cinque frantoi. Le strutture produttive al cui interno erano presenti nel contempo macine da cereali e da olive sono complessivamente cinque, e si concentrano, a esclusione di un caso, nella fascia altimetrica più bassa. Per quindici opifici conosciamo anche il numero di palmenti: 48. Informazione che ci permette di ipotizzare che ha Calci ogni opificio aveva un numero medio di due macine. Sempre grazie a questo incrocio di dati si è visto che i metati si concentrano su terreni con inclinazioni comprese tra i 17,7 e 23,5 gradi, mentre i mulini sono invece edificati su terreni con pendenze tra i 23,6 e i 27,7 ed i frantoi su terreni con pendenze tra i 17,7 e 23,5 gradi. La superficie media dei metati è compresa tra i dieci e i quaranta metri quadrati, mentre quelle di mulini e frantoi sono mediamente comprese tra 45 e 200 metri. L’esposizione si è visto essere generalmente verso sud, sud-est, fattore ovviamente connesso all’esposizione del versante del complesso montuoso in cui è sito Calci.

Appurato, grazie all’esame della stima dei beni effettuata dai tecnici del catasto, il fatto che gli opifici idraulici erano strutture produttive di maggior valore rispetto ai seccatoi per le castagne, si è esaminata la proprietà di mulini e frantoi per capire le percentuali di dominio delle varie classi sociali. Da questa analisi emerge che queste manifatture erano generalmente multiproprietà appartenenti a nobili (in genere legati tra loro da vincoli di sangue), seguiti da una piuttosto diffusa borghesia e da religiosi. Attestate anche proprietà amministrate per conto dell’Ordine di Santo Stefano (2) e un paio di opifici intestati a professionisti (medici e avvocati). Le officine erano generalmente associate a corti o resedi, ed in trenta casi facevano parte di un complesso architettonico in cui era presente anche una casa. Mulini e frantoi in uno stesso complesso sono invece soltanto cinque, l’area infatti dei Monti Pisani in cui era presente il maggior numero di manifatture per la lavorazione dell’olio era quella del confinante Comune di Buti, mentre Calci era specializzata nella produzione di farine. La proprietà dei metati presenta molte analogie con quella vista in precedenza per gli opifici idraulici. Si distingue anche qui un consistente dominio dei nobili che possiedono ampi appezzamenti coltivati a castagni all’interno dei quali si trovano uno o più seccatoi. Presente anche una nuova borghesia (Bonafalce, Pellegrini, Tonini e Ribecai) che alla data d’impianto del catasto risulta possedere molti di questi beni e che negli anni successivi acquisiranno il titolo di Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano (Casini 1986).

Conclusioni

Grazie al recupero dei fogli catastali mancanti in CASTORE presso l’amministrazione comunale di Calci, e l’ottimo stato di conservazione di Tavole indicative e Campioni dei Proprietari conservati all’Archivio di Stato di Pisa, siamo riusciti ad assegnare le correte coordinate geografiche al 98,7% delle strutture produttive presenti sul territorio calcesano alla data del 1817. L’incrocio di questa nostra metafonte con elementi geomorfologici estratti dalla cartografia numerica regionale ha evidenziato come queste manifatture fossero distribuite in aree geografiche e altimetriche molto diverse tra loro (Figg. 3 e 4).

Fig. 3 Carta distributiva degli opifici di Calci alla data d’impianto del catasto. Elaborazione propria

Fig. 3 Carta distributiva degli opifici di Calci alla data d’impianto del catasto. Elaborazione propria

Fig. 4 Carta della densità degli opifici. In colore nero mulini e frantoi, in marrone i metati. Nelle aree puntiformi di colore più marcato si registra una più consistente presenza di opifici. Elaborazione propria

Fig. 4 Carta della densità degli opifici. In colore nero mulini e frantoi, in marrone i metati. Nelle aree puntiformi di colore più marcato si registra una più consistente presenza di opifici. Elaborazione propria

I metati si trovavano, tranne pochi isolati casi, in mezzo a castagneti lontani dai centri abitati, mulini e frantoi erano invece ubicati a ridosso dei principali corsi d’acqua a quote altimetriche molto più basse, mentre le tre fattorie erano dislocate in aree pianeggianti.

Questa edificazione dei metati in aree decentrate era evidentemente legata a due fattori facilmente deducibili: in primo luogo le castagne prodotte localmente erano sufficienti alle necessità dell’industria molitoria locale, al punto che non vi era alcuna necessità di costruire queste strutture in prossimità di vie di comunicazione, e in secondo luogo questa dislocazione era probabilmente legata al pesante inquinamento dell’aria causata dai fumi prodotti da queste fabbriche. Mulini e frantoi erano invece costruiti a ridosso dei corsi d’acqua a isoline comprese tra 0 e 91 metri sul livello del mare, e questo comprensibilmente per captare maggiori e più veloci quantitativi di acqua. Elemento nevralgico del sistema calcesano era dunque quello delle canalizzazioni – Aldio o Gora – fossati in pietra che portavano acqua alle ruote idrauliche e che le riportavano nel corso d’acqua principale dopo aver fatto muovere le pesanti ruote idrauliche.

Un’industria bipolare che pone dunque in evidenza le non comuni capacità manifatturiere del territorio calcesano, luogo di produzione di prodotti farinacei nobili provenienti da territori pianeggianti e di oli di discreta qualità, ma anche un’area in ci si lavoravano di grossi quantitativi di farine destinate alla confezione di un pane povero.

Concludiamo sottolineando come il vero valore aggiunto che si riesce a ottenere impiegando questi applicativi nelle discipline storiche sia quello di poter gestire immense quantità di dati spazialmente riferiti. Questi programmi, utilizzando le enormi capacità di calcolo degli odierni micro processori dei personal computer, computano immense quantità d’informazioni, risparmiando così al ricercatore parecchie ore – in molti casi anni – di elaborazione manuale dei dati. Una funzione, quella quantistica computazionale dei dati, svolta da tempo dagli studiosi di storia, che oggi però, grazie a questi nuovi strumenti, subisce un’accelerazione mai conosciuta sino a questo momento. Composizione e distribuzione, ovvero la struttura spaziale dei dati, consentono al ricercatore, da un lato, di interpretare meglio la realtà che questi analizza, mentre dall’altro, di relazionare questi suoi dati con quelli prodotti dalla digitalizzazione della realtà territoriale odierna. Frutto primo dell’uso di tali nuove tecniche analitiche, è quindi una cartografia numerica digitale generata non come prodotto finale di sintesi semplificativa del lavoro dello storico –la classica carta geografica del passato – quanto piuttosto un oggetto digitale dinamicamente derivato dalle query effettuate sulla banca dati geografica.

Per citare questo testo attenersi alle seguenti indicazioni: Massimiliano Grava, Gli opifici di Calci all’impianto del “Leopoldino”: il GIS applicato all’Archeologia Industriale, in “Storia e Futuro”, Rubriche: Didattica, n. 30, novembre 2012.

Biografia

Biografia Massimiliano Grava. Laureato all’Università di Pisa in Storia Moderna ha conseguito un Ph.D. in Storia e Informatica a presso l’Università di Bologna e un secondo Ph.D. in Storia all’Universitat de Girona (Spain). Dal 2006 collabora con l’IRTA Leonardo e dal 2009 con il CRHR (Centre de Recerca d’Història Rural) di Girona. Nella sua attività di ricerca si occupa dell’elaborazione di fonti storiche con applicativi GIS e della relativa pubblicazione online con WebGIS. Tra le attività recenti si segnala la vettorializzazione di tutta la Comunità di Pisa all’impianto del Leopoldino. http://k.udg.edu/pmapper/map_default.phtml

Biography

Massimiliano Grava graduated in Modern History at the University of Pisa; he holds a Ph.D. in History and Computer Studies, obtained at the University of Bologna, and another Ph.D. in History from the University of Girona. He cooperates with IRTA Leonardo and the CRHR (Centre de Recerca d’Història Rural) in Girona. He recently vectorized the whole city of Pisa for the Leopoldino Land registry (http://k.udg.edu/pmapper/map_default.phtml)

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  1. Questo catasto è anche denominato anche Leopoldino, Ferdinandeo-Leopoldino, Catasto Toscano o nuovo catasto. []
  2. Archivio Storico di Firenze, Segreteria di gabinetto Appendice, 244. G. Inghirami e L. De’ Ricci, Relazione finale al granduca della deputazione sopra il catasto (30 set. 1834). []
  3. Da qui impiegheremo l’acronimo CTR. []
  4. La Regione Toscana, grazie a un accordo stipulato con gli Archivi Storici delle diverse provincie che formano il territorio regionale (2006), ha realizzato un WebGIS dedicato alla cartografia storica in cui sono visibili on line oltre 12.000 mappe georeferenziate. http://web.rete.toscana.it/castoreapp/ [Accesso il 15 gennaio 2011]. []
  5. La creazione del DTM è avvenuta trasformando con l’estensione “3D Analyst” le curve di livello in un TIN (Triangulated Irregular Network) quindi, ottenuto il TIN, grazie allo strumento “Surface Analysis”, – estensione “Spatial Analyst” –, si sono ottenuti i vari DEM. []
  6. Spesso il termine Metato nelle fonti si alterna con quello di Seccatoio. In entrambi i casi si fa comunque riferimento a edifici, generalmente costruiti in mezzo a castagneti, impiegati per far seccare le castagne. []