di Fabio Caffarena, Graziano Mamone
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Un archivio tra storia e memoria
La comparsa della memoria e della soggettività nella narrazione storica è strettamente correlata alla scelta e alla raccolta delle fonti in grado di farle risaltare in tutta la loro complessità. La forte relazione tra eventi e memoria che emerge dalle storie conservate nell’Alsp sembra assumere il ritmo di una fisarmonica capace di modularsi in maniera variabile – ora incalzante ed impetuosa, ora placida e riflessiva – a seconda della portata del vissuto. Attraverso le testimonianze scritte ed orali della gente comune è possibile penetrare gli eventi storici che hanno coinvolto uomini, donne, ma anche bambini, partendo da un punto di osservazione privilegiato: dall’interno e dal basso. L’Alsp ha nel tempo modificato il proprio primario intento genetico, legato alla dimensione “popolare”, estendendo la ricerca alla gente comune in senso più ampio, agli individui in genere, senza preclusioni di “classe”. Pur non perdendo la vocazione alla storia della quotidianità (seppur extra-ordinaria come nel caso, per esempio, della vita di trincea nella Grande guerra), l’archivio ha evidenziato un rapporto in continua ridefinizione con la documentazione che via via andava acquisendo. Lo scopo ultimo non è infatti trattare la scrittura come fine del discorso scientifico, all’interno degli steccati dei processi di scolarizzazione e delle pratiche di alfabetizzazione, bensì come tramite per la rappresentazione della mentalità degli individui.
Si tratta di una prospettiva storiografica basata su frammenti deboli, su fonti fragili esposte ad un forte rischio di dispersione, tuttavia in grado di fornire risposte non trascurabili. Tali testimonianze rappresentano una straordinaria risorsa da indagare: esse comunicano su più frequenze, perché veicolano concetti registrati su più piani. A livello superficiale esprimono esigenze meramente comunicative; ad un livello medio sono portavoce di contenuti metalinguistici, stati d’animo celati (o rivelati) dalla scrittura; infine, ad un livello profondo, sono specchi della società che ha prodotto quelle stesse storie.
In Italia le testimonianze scritte della gente comune sono diventate oggetto d’interesse e di studio sistematico a partire dalla metà degli anni Ottanta del Novecento, quando si è iniziato a considerare e ripensare la storia, in particolare la storia contemporanea, prendendo in esame anche il ruolo svolto dalle classi sociali cosiddette subalterne. Lo testimoniano i numerosi lavori che ormai da una trentina d’anni affrontano i grandi eventi attraverso le storie minime, i vissuti soggettivi dei protagonisti, per mettere in luce le sfumature ed evidenziare lo scarto che si determina tra dimensione collettiva e percorsi individuali. Uno scarto che lascia intravedere il confine irregolare tra storia e memoria.
La massa di testi disponibili rappresenta una fonte quantitativamente e qualitativamente rilevante, che attesta il bisogno di comunicare, di rinsaldare i legami sociali e culturali incrinati dagli eventi-separatori della modernità. Basti pensare agli oltre due miliardi e mezzo di missive scritte in Italia durante la Grande guerra dai soldati, molti dei quali semianalfabeti, al miliardo e mezzo ricevute al fronte dall’interno del Paese e all’incalcolabile numero di diari e memorie compilate durante il conflitto, senza considerare il mare di carta lasciato dagli emigranti.
Per cercare di far riaffiorare il flusso carsico di testimonianze popolari, rimasto a lungo negli abissi della dimensione familiare, negli anni Ottanta del Novecento sono sorti in Italia i primi centri di raccolta di egodocumenti, con il preciso intento di preservare la memoria labile delle classi popolari attraverso una capillare lavoro di scavo e di recupero sul territorio.
Tra i principali – oltre all’Archivio della Scrittura Popolare di Trento (Asp) e l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (Adn) – l’Archivio Ligure della Scrittura Popolare di Genova (Alsp), un centro di ricerca e documentazione/laboratorio didattico del Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia dell’Università di Genova istituito nel 1986 da Antonio Gibelli e dal suo gruppo di lavoro con lo scopo di raccogliere, catalogare e studiare le testimonianze di gente comune, in particolare epistolari, diari e memorie di emigranti, soldati e prigionieri.
L’Archivio si distingue da altre istituzioni simili per le sue finalità eminentemente scientifiche: gli studenti dell’ateneo genovese hanno qui la possibilità di svolgere un percorso propedeutico-laboratoriale rivolto all’utilizzo diretto delle fonti documentali: in questo modo i partecipanti sono attivamente coinvolti nell’acquisizione e nello studio di nuove testimonianze, sulle quali, non di rado, discutono successivamente la tesi di laurea.
Attraverso gli studenti e il rapporto con studiosi attivi sul territorio è possibile ramificare la ricerca in modo capillare su un territorio ampio, ben oltre i confini regionali, e di penetrare nei circuiti delle relazioni interpersonali per far emergere nuovi testi. Infatti un aspetto che distingue l’Alsp è che non riceve semplicemente i documenti, ma va direttamente a scovarli tramite i suoi ricercatori per salvarli dalla dispersione, dalla distruzione e dall’oblio ai quali sono naturalmente esposti. I primi luoghi dove cercare questi documenti sono le case private, sedi naturali e spesso involontarie di archivi di famiglia, magari dimenticati nei cassetti. Si tratta di un’indagine ben diversa da quella effettuabile presso archivi pubblici o archivi di grandi istituzioni: in questo caso la ricerca deve spesso avvalersi di mediatori, talvolta associazioni che possono segnalare persone alle quali è utile rivolgersi.
Un canale di recupero è rappresentato dal circuito filatelico, all’interno del quale vengono smembrati interi epistolari in singoli pezzi o in lotti in base al loro valore commerciale, eliminando quelle parti che ne sono del tutto prive. In questo modo un corpus documentario compatto e leggibile, appartenente alla stessa persona o alla stessa famiglia, rischia di frammentarsi in molti pezzi: come fonte storica è così compromesso, distrutto. Stabilendo contatti e sensibilizzando i filatelici è possibile ottenere la segnalazione preventiva degli epistolari disponibili, la donazione degli scarti, la riproduzione digitale dei pezzi più preziosi.
Simile al caso dei filatelici è quello degli antiquari, che in seguito alla scomparsa di qualche vecchio proprietario acquistano in blocco il contenuto di case comprendente mobili, oggetti, carte. Solo una parte di questo materiale viene poi venduto, il resto (tra cui spesso documentazione privata) è eliminato oppure conservato per curiosità: è il caso di un antiquario che vive in montagna, al confine tra Liguria ed Emilia-Romagna, che nei suoi depositi ha accumulato un immenso materiale, specialmente di natura epistolare, relativo a tali attività girovaghe diffuse in quell’area, migliaia di carte che l’Alsp ha avuto la possibilità di riprodurre e studiare.
La ricerca può condurre infine nei posti più impensati, addirittura nei depositi di rifiuti, dove è capitato di ritrovare una grande quantità di lettere, atti notarili e ricevute: l’occasione per disfarsene può essere un riordino domestico, pratica spesso letale per gli archivi, ma soprattutto l’affievolimento dei vincoli sentimentali che, con il passare delle generazioni, legano le persone alle carte. Si tratta di un’operazione di storia ecologica, di recupero porta a porta di testimonianze altrimenti destinate alla dispersione, nella consapevolezza che una storia, di per sé in apparenza simile a tante altre e poco significativa, sia invece una tessera importante di vissuto collettivo e possa un giorno diventare semplicemente una storia in comune, patrimonio di tutti.
L’evoluzione dell’Alsp da centro di raccolta e studio delle testimonianze scritte di gente comune a presidio culturale e piattaforma digitale per la diffusione del proprio patrimonio documentario è altamente indicativa della trasformazione del ruolo rivestito dalla memoria nella società moderna. Il mondo informatizzato, connotato dall’iperconnessione virtuale degli individui e dagli accessi altrettanto virtuali ai contenitori culturali, tra cui gli archivi, sta imponendo nuove modalità di fruizione dei documenti per certi aspetti contrapposti al concetto di archivio cartaceo legato al vincolo, all’interconnessione fisica fra i documenti. La dimensione digitale determina anche un’inevitabile riformulazione e smaterializzazione del rapporto tra soggettività e memoria non mediato più da un supporto fisico. Quali testi si conserveranno negli archivi di scrittura del futuro? Attraverso mail, brevi “tweet” o “post” immessi in rete il vissuto soggettivo diventa oggetto di condivisione pubblica, memoria personale che si impone per immediatezza e fruibilità, prestandosi tuttavia ad un processo – quasi paradossale – di dispersione a causa della fragile e “volatile” natura delle comunicazioni informatiche, soprattutto di quelle veicolate tramite i social network.
L’archivio come rete culturale
La diffusa – e tenace – attività dell’Alsp nel 2001 ha indotto la Direzione generale per gli archivi ad inserire l’Archivio nel primo rapporto sugli archivi storici delle università italiane, nell’ambito del progetto Studium 2000 relativo alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio documentario degli atenei. Nel 2004 il centro ha ottenuto un finanziamento dal ministero per i Beni e le Attività culturali per la schedatura delle testimonianze della Prima guerra mondiale ai sensi della Legge 78 del 7 marzo 2001 riguardante la tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale. Dal 2005 partecipa al progetto Michael (Multilingual Inventory of Cultural Heritage in Europe), una piattaforma on line sul patrimonio culturale digitale europeo. A questo proposito, dal 2008 l’Alsp fa parte del progetto European Memories, finalizzato alla costituzione di un archivio multilinguistico digitale delle memorie dei cittadini europei, progetto orientato allo sviluppo delle competenze sociali e civiche e alla conservazione della memoria relativa alle diverse culture e tradizioni che compongono l’Europa.
Il gruppo di ricerca dell’Alsp si è così impegnato, pur tra notevoli ristrettezze di risorse e di personale, in un progetto di digitalizzazione dell’intero patrimonio documentale che sta evidenziando le potenzialità dell’archiviazione elettronica, ma anche limiti legati all’immaterialità di un archivio che pone problemi di sicurezza, conservazione e accessibilità. Ad oggi il fondo emigrazione è stato quasi interamente riprodotto, grazie anche al particolare interesse internazionale, che ha visto moltiplicarsi iniziative riguardanti gli archivi digitali sul tema, tra cui un progetto di condivisione dei testi di scrittura popolare prodotti dai migranti promosso dall’Immigration History Research Center dell’University of Minnesota.
In considerazione del cospicuo patrimonio documentale accumulato sia in originale che in copia digitale e degli standard di conservazione e accesso garantiti, nel 2010 l’Alsp ha ottenuto tramite la Soprintendenza Archivistica per la Liguria il riconoscimento di “interesse storico particolarmente importante” da parte del ministero per i Beni e le Attività culturali – Direzione generale per i Beni culturali della Liguria, ai sensi del Decreto Legislativo 42/2004. Si è trattato di un riconoscimento importante che, oltre a garantire i donatori sulla tutela del patrimonio documentario, permette di gestire in un contesto normativo chiaro le sempre più frequenti richieste di partecipazione dell’Alsp a importanti manifestazioni nazionali e internazionali attraverso il prestito di documenti, mettendo anche a disposizione competenze didattiche e laboratoriali: è il caso del ruolo svolto dal 2010 in tutte le edizioni di Storia in Piazza svolte a Genova, con le lezioni del Cantiere dello storico.
In particolare, per quanto riguarda i prestiti, basti pensare ai documenti esposti nel 2008 alla mostra Da Baroni a Piacentini presso la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria; a quelli forniti dal 2009 al Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (MEI) istituito dal ministero degli Affari esteri presso il complesso monumentale del Vittoriano di Roma; al MUMA – Museo del mare di Genova per la mostra MemoriaEmigrazione; alla mostra Fare gli italiani organizzata nel 2011-2012 nelle Officine Grandi Riparazioni di Torino per i 150 anni dell’Unità d’Italia, cui l’Alsp ha collaborato in modo rilevante per l’allestimento dell’isola espositiva dedicata alla Grande guerra; alla mostra Culturacibo esposta ancora al Vittoriano nel 2013.
Infine, in vista del centenario della Grande guerra, nel luglio 2013 l’archivio – identificato come centro di eccellenza riguardo l’acquisizione, la conservazione e l’analisi delle testimonianze di scrittura popolare prodotte durante il conflitto – ha stipulato un protocollo d’intesa con la struttura di missione per la commemorazione del Centenario della Prima guerra mondiale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
L’archivio in cifre
Attualmente l’Alsp conserva 348 unità archivistiche schedate che costituiscono un patrimonio documentale complessivo di circa 60.000 documenti, depositati in originale (104 unità – 29,9%) e/o riprodotti elettronicamente (244 unità – 70,1%). Le testimonianze più antiche possedute dall’Archivio risalgono alla prima metà dell’Ottocento, le più recenti agli anni Duemila.
Gli epistolari costituiscono il 60,3% dei testi, sono inoltre presenti memorie (12,9%), diari (12,6%) e testi di altra natura (14,2% poesie, romanzi autobiografici, documenti). Ad essi si aggiungono 6.536 fotografie, materiali riguardanti la guerra di Libia (1911-1912) e la Repubblica Sociale (1943-1945), oltre a una decina di epistolari e una memoria di tema amoroso – in tutto 650 carte scritte fra il 1880 e il 1966 – che al di là delle singole vicende sentimentali sono in grado di evidenziare le dinamiche ed i rapporti di genere e le relazioni familiari tra Otto e Novecento. Un cospicuo materiale “miscellaneo” completa il patrimonio dell’Alsp, tra cui oltre 200 interessanti manifesti elettorali risalenti al decennio 1943-1953 utilizzabili efficacemente anche per scopi didattici.
Particolarmente rilevante la sezione d’archivio dedicata ai quaderni, in tutto oltre un migliaio, e ad alcuni registri scolastici compilati tra la fine dell’Ottocento e gli anni Ottanta del Novecento. Si tratta di documenti risalenti soprattutto al periodo fascista, confluiti nell’Alsp seguendo vari percorsi, senza subire i processi di selezione delle collezioni, ma costituendo per alcuni aspetti un vero fondo archivistico. Se infatti il lavoro di scavo sul territorio e negli archivi familiari svolto dai ricercatori Alsp permette di inserire il quaderno tra le fonti per la storia della soggettività, la possibilità acquisita istituzionalmente dall’Alsp, tramite un accordo di collaborazione con la Soprintendenza Archivistica per la Liguria, di accedere agli archivi scolastici locali e di acquisirne parte dei documenti altrimenti eliminati, consente di tessere una fitta maglia di riferimenti intorno al documento-quaderno che, sfuggendo alla serialità delle carte ufficiali, diventa una tessera indispensabile dell’articolato mosaico di fonti (registri, diari di insegnanti, elaborati, carteggi, libri, pagelle, fotografie) utili per lo studio delle scritture infantili e delle istituzioni scolastiche. Il fondo scuola raccoglie anche una biblioteca tematica di testi scolastici, in gran parte del periodo fascista, utilizzabili come fonti primarie.
Gli eventi-separatori del Novecento, migrazioni e guerre, sono quelli maggiormente rappresentati: le testimonianze epistolari e diaristiche di migranti, in tutto circa 3.200 documenti che coprono il periodo 1847-1980, consentono di sondare il fenomeno in profondità, mettendo in luce le strategie familiari e/o comunitarie alla base della scelta di lasciare la propria terra e affrontare viaggi che sono sì fisici – ma anche mentali poiché capaci di ridefinire la propria identità. Si tratta di scritture estremamente interessanti, in grado di mettere in discussione la dinamica esclusivamente pauperistica dell’emigrazione di massa fra Otto e Novecento, al di là dei fattori espulsivi (dalla patria) e attrattivi (verso i paesi d’accoglienza).
Le scritture della Grande guerra (1914-1918) costituiscono il nucleo tematico più cospicuo. Si tratta di oltre 14.600 documenti prodotti soprattutto in trincea da soldati, sottufficiali e ufficiali. La natura dei documenti è eterogenea: in gran parte epistolari scambiati dai combattenti con i familiari, ma non mancano diari e memorie autobiografiche. Completano il fondo alcune collezioni fotografiche. Di particolare interesse un ricettario scritto nel 1918 da due giovani tenenti nel campo di concentramento tedesco di Cellelager.
Per quanto riguarda il Secondo conflitto mondiale sono disponibili circa 5.500 carte prodotte da soldati, sottufficiali e ufficiali che tra il 1940 ed il 1945 scambiano missive con i familiari, oppure affidavano i propri pensieri alle pagine di diari e memorie autobiografiche. A differenza delle testimonianze relative alla Prima guerra mondiale, tali testi rivelano i caratteri di un conflitto totale, che coinvolge militari e civili nella stessa misura, soprattutto quando le città italiane cominciarono ad essere bombardate dagli Alleati. Completano il fondo alcune collezioni fotografiche oltre ad altri documenti miscellanei (stampati, quotidiani, pubblicistica varia, ecc.).
Talvolta i documenti non sono nascosti nelle case o nelle botteghe degli antiquari, ma sono esposti nelle strade o nelle piazze: l’evento cronologicamente più recente di cui l’Alsp conserva traccia attraverso le scritture della gente comune è il G8 di Genova de 2001. Sono agende, disegni e circa 1000 messaggi scritti su sacchetti del pane, pacchetti di sigarette, tovaglioli di carta, biglietti del treno, collage, oggetti simbolici, ritagli di giornale commentati. Dal 20 luglio 2001 al 2005 la cancellata genovese di piazza Alimonda è diventata luogo di memoria collettiva, spazio dove i fatti che portarono all’uccisione di Carlo Giuliani sono rimasti impigliati a lungo, come su una specie di altare laico. Persone di ogni età e condizione, la maggioranza delle quali non ha mai conosciuto Carlo, hanno sentito il bisogno di lasciare una traccia del loro passaggio e delle emozioni sperimentate: messaggi di madri e diari di adolescenti, incoraggiamenti alla resistenza, pensieri di scoramento e di commozione, riflessioni di ex-militanti e genitori che aggiungono poche righe in calce al disegno di un bambino, ma anche santini di padre Pio, cd musicali, cartoline spedite a Carlo in “piazza Carlo Giuliani ragazzo” e consegnate dal postino sulla cancellata. Anche questa è un’autobiografia: autobiografia collettiva dove la gente parla di sé, dei propri sentimenti verso il ragazzo scomparso, della propria ribellione contro le ingiustizie e le violenze.
Per i numerosi studiosi che frequentemente consultano i materiali custoditi, sono disponibili vari strumenti di ricerca cartacei e digitali (inventari, cataloghi, elenchi, rassegne bibliografiche) accessibili parzialmente anche in rete, nei quali sono inseriti i dati ed i riferimenti relativi ai documenti, con indicazioni sulla schedatura, la disposizione fisica all’interno dell’archivio, eventuali tesi di laurea e pubblicazioni ad essi dedicate.
L’Archivio dispone inoltre di una biblioteca tematica con circa 700 volumi, costantemente aggiornata, e di una sezione tesi di laurea in continua espansione che raccoglie ormai più di 250 ricerche sui temi delle testimonianze popolari.
Biografia
Fabio Caffarena insegna Storia contemporanea e Fonti audiovisive per la ricerca storica presso l’Università di Genova. È direttore dell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare di Genova e ispettore onorario della Soprintendenza Archivistica per la Liguria.
Graziano Mamone è dottorando di ricerca in Storia – Scuola Società, Culture, Territorio e Cultore della Materia in Storia Contemporanea presso l’Università di Genova. Collabora con l’Archivio Ligure della Scrittura Popolare di Genova, di cui ha recentemente curato la revisione e l’aggiornamento dell’inventario.
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