Le città (non più) invisibili: Modelli e Itinerari culturali nelle guide di Pompei ed Ercolano di Carlo Bonucci (1799-1870)

di Rossella Iovinella

Abstract

La comunicazione si propone l’obiettivo di rintracciare il cambiamento in atto nella guidistica relativa ai siti campani di maggior interesse archeologico tra la metà degli anni Venti e la metà degli anni Trenta dell’Ottocento, sotto la spinta delle nuove istanze dettate dall’emergente mercato “turistico”. Il fenomeno sarà indagato attraverso il caso particolare di due guide: Pompei descritta, edita per la prima volta nel 1824, e Le Due Sicilie: Ercolano, pubblicata nel 1835, entrambe opere dell’antichista napoletano Carlo Bonucci (1799-1870), architetto direttore degli scavi a Pompei dal 1828 al 1849, e degli scavi a Ercolano dal 1827 al 1835. L’azione combinata di fattori “esterni”, di ordine culturale lato sensu, e fattori “interni”, riconducibili alle fasi della vita e della carriera di Bonucci, spiega il passaggio da un’impostazione del “prodotto guida” in senso poetico-letterario ad una nuova impostazione, più tecnica, che mira ad una ricostruzione storico-archeologica puntuale.

Abstract english

The purpose of this research is to investigate the changes which occurred in the production of guide-books on Campania’s most important archeological sites between the second and the third decade of the eighteenth century because of new instances deriving from the emerging “tourist” market. This process will be investigated through the case-study of two works: Pompei descritta, published for the first time in 1824, and Le Due Sicilie: Ercolano, published in 1835, both written by the Neapolitan scholar Carlo Bonucci (1799-1870), director of the excavations of Pompeii from 1828 to 1848, and of Herculaneum from 1827 to 1835. The action of “external” factors, due to the scientific paradigms which took place in the above mentioned period, and “internal” ones, related to Bonucci’s life and career, explains the transition from a kind of guide-book characterized by a literary formulation to a new, more technical, formulation, which sets out to offer a careful historical-archaeological examination of the evidences taken into account.

Questo contributo è stato presentato alla V Riunione scientifica della Società Italiana di Scienze del Turismo (Sistur), che si è svolta presso l’Università di Bologna, Campus di Rimini, nei giorni 29 e 30 novembre 2013, nella sessione tematica Itinerari culturali e turismo.

L’“epocalità” segnata dalla riscoperta delle “città sepolte” Pompei ed Ercolano e dalle alterne vicende della lunga stagione degli scavi in situ a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento si tradusse sul piano culturale in un accresciuto interesse generale per l’antico e, sul piano editoriale, in un deciso incremento della domanda e dell’offerta di guide specifiche. Esse rispondevano al delicato compito di veicolare l’esistenza dei siti archeologici anche al di fuori del Regno delle Due Sicilie e in Europa, consacrandoli al grande pubblico e attirando masse consistenti di viaggiatori: a Napoli, già da tempo affermatasi come tappa imprescindibile per uomini di cultura e antiquari, si vennero così ad affiancare queste nuove realtà, tanto più attraenti in quanto solo in parte disvelate. Contestualmente, le guide dovevano dirigere il massiccio flusso di visitatori, promuovendo una conoscenza mirata delle città archeologiche attraverso itinerari potenzialmente percorribili.

La modalità con cui viene inteso e centrato questo secondo obiettivo rappresenta il discrimine tra guide in cui prevale l’idea di offrire un itinerario reale, proponendo cioè una selezione dei luoghi da visitare e dell’ordine con cui farlo, e guide in cui invece l’idea dell’itinerario non vuole soddisfare necessariamente un’esigenza del lettore/visitatore, ma è funzionale alla struttura della guida stessa: segnalando i suoi spostamenti nel cammino attraverso la città, ma senza esplicitamente suggerire un percorso, l’autore la descrive nelle sue varie parti. Più che una connotazione reale, quindi, l’itinerario ne assume una paesaggistica, culturale: del percorso, infatti, più che le tappe contano le soste, i momenti in cui l’autore si ferma rapito a contemplare la magnificenza dello spettacolo che gli si mostra davanti agli occhi.

La presente comunicazione si propone di rintracciare, per seguirne quindi lo sviluppo nel tempo, questa particolare idea di itinerario culturale nelle guide che l’antichista napoletano Carlo Bonucci (1799-1870)1 dedicò ai due siti archeologici di Pompei ed Ercolano: Pompei descritta, la cui editio princeps si data al 1824, e Le Due Sicilie: Ercolano, pubblicata nel 1835. Non a caso, infatti, nell’ambito della vasta produzione di guide di B. sulle città campane2, questi lavori rappresentano i due capolinea di un processo di evoluzione piuttosto evidente, all’insorgere del quale contribuirono fattori concomitanti, “interni” ed “esterni”. In particolare, proprio lo snodo tra gli anni Venti e gli anni Trenta dell’Ottocento – ovvero l’arco temporale compreso tra le due pubblicazioni – con la “grande ripresa” nel 1827 degli scavi ad Ercolano, alla cui direzione B. fu preposto, segnò una svolta notevole, in generale, nel modo di intendere la proposta al pubblico di un sito di interesse archeologico: si richiedeva un prodotto sempre più qualificato, caratterizzato da lucidità d’indagine, in cui l’urgenza del dato tecnico fosse più avvertita, prioritaria rispetto a tutto il resto.

L’insorgere di queste nuove istanze, sotto la spinta anche di un mercato “turistico” sempre più esigente, si riflette nella produzione di B., accompagnandosi, come si verificherà, ad una personale maturazione dell’autore, e finendo col modificare sensibilmente il modello di itinerario culturale proposto in origine. Dal “descrittivismo” degli esordi esso si avvierà in direzione di una ricostruzione storicoarcheologica puntualissima.

L’analisi dei due lavori chiarirà meglio questi processi.

Pompei descritta fu la guida che effettivamente consacrò l’esordio di B. nell’ambiente accademico napoletano; il progetto editoriale fu affidato alla stamperia di Silvestro Gargiulo e previde la pubblicazione, in fasi successive, di tre parti dell’opera, secondo un coordinamento generale piuttosto funzionale. La prima parte è occupata da un’introduzione di tipo ricognitivo sulla Campania e sul Vesuvio cui fa seguito l’inizio dell’escursione di Pompei, che B. immagina avvenuta il 30 marzo 1824, a partire dalla via dei Sepolcri, all’epoca l’unica via di accesso agli scavi; si passa quindi alla descrizione della sequela dei mausolei monumentali via via rinvenuti lungo il percorso3, fino all’ingresso della città. Alla parte seconda è affidata la descrizione sensu stricto di Pompei, a partire dalle mura esterne e le fortificazioni per dare quindi avvio all’analisi delle singole magioni4. La parte terza è strutturata come un insieme di saggi su alcuni aspetti particolari – culturali, architettonici, di storia dell’arte, di quotidianità spicciola – di Pompei e dei pompeiani, affondi con cui l’autore si proponeva di allargare la prospettiva dell’opera5.

La strutturazione ponderata e netta, e l’impostazione generale della guida, che in presenza del dato antichistico si mostra incline al retorico, prodiga di rievocazioni dal sapore mitico e classicheggiante, offrono spiegazione, rispettivamente, del riconoscimento all’opera di una “completezza” di cui fino a quel momento si avvertiva la mancanza6, e di una piacevole “leggerezza” nel tono espositivo7.

La ricezione della guida fu quindi nel complesso positiva in ambito partenopeo e francese, come dimostra anche il seguito della sua vicenda editoriale, con altre tre edizioni italiane ufficiali accertate a Napoli – nel 1826 e 1827, presso i torchi di Raffaele Miranda e nel 1837 (Pompei descritta con figure), in fascicoli, questa volta presso la tipografia del Guttemberg –  (( L’edizione del 1837 è indicata dallo stesso B. come sesta edizione italiana dell’opera; della quarta edizione italiana, sine data, dà notizia Laurentino García y García (1998, 220), precisando che si trattò della prima edizione “ad essere pubblicata in fascicoli” e che la pubblicazione si arrestò appena dopo il primo di essi (impossibile da reperire). Nessuna notizia invece della quinta edizione. )) nonché due edizioni in lingua francese, nel 1828 (Pompéi décrite par Charles Bonucci; ou précis historique des excavations depuis l’année 1748 jusqu’a nos jours. Traduction de la troisième édition italienne par C. J) e nel 1830 (Pompéi décrite. Seconde traduction de la troisième édit. ital. par C. J.) – entrambe traduzioni dell’edizione, riveduta e ampliata, del 1827.

L’editio princeps e, anche se già in misura minore, le altre due edizioni degli anni Venti si segnalano per uno sperimentalismo talvolta ingenuo nei toni e un lirismo traboccante, che incornicia e pervade le sezioni, risultando del tutto alieno alla sensibilità del lettore di oggi; esso si comprende infatti solo se inquadrato nell’ottica del gusto predominante dell’epoca, per trattazioni di questo genere, cui B. si adegua in toto, rispettandone tutti i crismi. L’urgenza del dato archeologico e la puntualità della ricostruzione storica – pur avvertiti da B. e pur presenti – sono così inseriti in un contesto narrativo in cui prevale il patetismo, nonché un deciso compiacimento nelle descrizioni pittoriche, in cui B. si profonde in più occasioni8. La letteraria agilità del tono e la ridondanza di certe descrizioni, pur depurate dagli eccessi e dosate in misura via via minore nel corso delle varie edizioni, restano comunque la cifra distintiva dell’opera, che Marcello Gigante non a caso ebbe a definire “non immune da poetici ardori”9.

B. indica, come visto, una data precisa per l’inizio della sua escursione a Pompei10, di cui segnala inoltre le tappe ad ogni passaggio. Ne riporto, a titolo d’esempio, solo i primissimi luoghi:

Ripieno il cuore di tali luttuose rimembranze, incominciai a discendere la montagna; ritornai a Resina; e giunsi rapidamente per la via traversale del cancello al borgo Augusto Felice” (Bonucci 1824 I, 18)11.

Entrato appena nel borgo Augusto Felice, ed innoltrandomi ancora per pochi passi, mi ritrovai in un sito, donde ad un sol colpo d’occhio veder poteasi tutto il tratto della strada antica finora scoverta, e delle tombe, che vagamente la fregiano in doppia fila, fino alla grand’entrata della Città” (Bonucci 1824 I, 20).

Dopo di aver così lanciato un rapido sguardo sulla bella strada de’ sepolcri, mi rivolsi immediatamente alla nobile abitazione, che incontrasi la prima ponendo piede nel pago Augusto Felice (Bonucci 1824 I, 24).

Io giungeva frattanto sotto la porta Ercolanea. La Città intera si dispiegava a’ miei sguardi (Bonucci 1824 I, 59)12.

Malgrado simili interventi ricorrano con regolarità, l’itinerario descritto non è etichettabile come reale, un percorso che l’autore suggerisce al moderno visitatore della città antica; ciò non perché esso non si configuri come fattibile e praticabile, tanto più che anzi, per buona parte, risulta sovrapponibile ad un itinerario dal connotato decisamente più pragmatico qual è quello presente nella guida Viaggio a Pompei, Pesto e di ritorno ad Ercolano ed a Pozzuoli dell’abate Domenico Romanelli (1756-1819)13. Semplicemente, non rientra nelle intenzioni dell’autore dispensare consigli pratici ai fruitori della guida; l’idea stessa di descrivere la città percorrendola – ormai divenuta canonica, una sorta di topos a cui neppure B. si sottrae – è adottata in maniera blanda, attraverso una sorta di rifunzionalizzazione: le cursorie indicazioni relative al percorso rappresentano niente più che dei semplici nessi, funzionali all’autore solo come labile filo conduttore. In ciò B. differisce dal modo comune di intendere il genere “guida” agli inizi dell’Ottocento, secondo le modalità previste dal “viaggio di diporto”, che precede l’avvento del turismo vero e proprio; il viaggiatore necessitava di indicazioni pratiche per orientarsi nella città da visitare e di itinerari che gli consentissero di ottimizzare i tempi, nei pochi giorni a disposizione (Berrino 2011).

Per limitarci, ad esempio, al caso della guida di Romanelli, in cui l’autore compiva il suo viaggio in compagnia di una dama e del loro cicerone Filoteta, la cronaca sulle fasi della traversata si rivela estremamente puntuale e funzionale all’autore per fornire a chi legge istruzioni precise e dettagliate non solo sulla Pompei monumentale e “classica”, quant’anche sui parametri e sulle condizioni che un’effettiva visita a Pompei comportava; ciò avviene, in particolare, nei termini della tempistica quantitativa (quanto occorra per visitare quel determinato monumento) e qualitativa (se sia meglio affrontare certi passaggi nella città di mattina, o nel pomeriggio) che la visita richiede, oltre che nei termini dell’opportunità o meno di certe opzioni14.

Il seguente passo, che riporto a titolo esemplificativo, condensa le varie tipologie di indicazioni:

Il forestiero osservando, che già erano le tre dopo mezzogiorno: noi potremo, egli disse, rimettere per domani il proseguimento del nostro viaggio, seppur vi piace. A me pare, che le ricerche da farsi a questo teatro, ed agli altri pubblici edifizji che sieguono appresso, richieggano tempo, e riflessione. Per oggi l’ora è digià avanzata […]. Fummo tutti dello stesso parere, e senza più trattenerci ci ritirammo (Romanelli 1811, 128).

Del resto, nella prefazione alla seconda edizione dell’opera, Romanelli motiva esplicitamente la scelta del “tema” del viaggio su cui tessere la trama della propria guida, opzione di cui già si era servito sei anni prima:

Sia vero, o finto il viaggio, era questo un mezzo di render viva ed animata la contemplazione di queste diseppellite città, di scorrerne con diletto, e profitto i preziosi avanzi, e di dar campo a’ viaggiatori, che vi sono introdotti, di domandare, di rispondere, di analizzare, e di trattenersi (Romanelli 1817, 7).

Nel lavoro di B. l’attenzione è invece esclusivamente rivolta all’analisi del suo particolare sentimento di letteraria devozione di fronte alla rovina classica di turno e all’esaltazione del dato paesaggistico; secondo le dinamiche del lirismo di cui sopra si diceva, non emerge una necessità altra da quella di un continuo richiamo ai sensi nel lettore: più che potenziale visitatore, infatti, il fruitore di quest’opera è un lettore, che B. rende in grado, attraverso il filtro dei suoi occhi e della sua sensibilità, di immedesimarsi nell’aura antica della città. In questo senso, del viaggio di diporto B. coglie soprattutto l’aspetto “romantico”: esso, infatti,

ha un suo profilo ben distinto: recepisce inedite modulazioni emotive dalla cultura romantica […]. Specchio del livello culturale più modesto dei nuovi viaggiatori, gli itinerari si semplificano e alternano momenti di conoscenza ad altri di evasione e di emozione (Berrino 2011, 14).

Come si diceva in apertura, del percorso, più che le tappe, contano infatti le soste, i momenti in cui l’autore si ferma rapito a contemplare lo spettacolo di ambienti antichi dissepolti che riprendono vita, ripopolati dall’intervento della sua immaginazione di classicista; è esattamente in queste occasioni che si può cogliere lo spirito più autentico della guida così come negli intenti del suo autore. Di seguito, due coppie di esempi tra i più significativi tratti, rispettivamente, dalla prima e dalla seconda parte della guida:

(all’ingresso della città)

Questi sepolcri innalzati su de’ superbi piedistalli son circondati da fiori, e d’arbusti ognor verdeggianti. Colà intere famiglie riposano unite, come se vivessero tuttora presso i loro focolari. La madre vi giace accanto del padre; e i figli, secondo la loro età, dopo la madre. […] Ricolmo l’animo di queste immagini, io mi credei rivivere in que’ giorni, in cui respiravano coloro, de’ quali visitava l’eterne dimore. Mi immaginai di assistere alle feste de’ morti, che con tanta pompa, con tante offerte, e con tante lagrime si celebravano ne’ sobborghi delle antiche città il 19 del mese di Febbrajo (Bonucci 1824 I, 21).

(sul sedile di Mamia)

Su questo ameno sedile, Cicerone venne forse a riposarsi più volte. Qui pianse la sua cara Tullia, e recitò a’ suoi amici le più belle pagine de’ trattati, ch’Egli compose in Pompei […]. E tutto l’orgoglio di Colui che, al dir di Seneca, fu il solo Genio, che il popolo Romano ebbe pari al suo impero, e tutte le rimembranze dell’Oratore, del Console e del Padre della Patria dovettero sovente attenuarsi e svanire appiè di queste dimore (Bonucci 1824 I, 54 s.)15.

(a proposito delle pitture della casa delle Vestali)

L’ombra delle amabili abitatrici di questa dimora perdoneranno ad un oscuro viaggiatore il desio di prostrarsi sulle orme de’ loro passi, e di bruciare qualche grano d’incenso sull’ara de’ loro penati. Ecco la stanza da letto: ma io taccio. Quei quadri incantevoli indicano pur troppo non potersi meglio descrivere, che col silenzio. Le ingenue amiche di Citera, le nude Grazie, nell’atto d’incominciare una placida danza, sembrano presedere tuttora a questo asilo della voluttà e del mistero. […] la dama giunge nella toeletta; accompagniamola. […]. Degli specchi di Brindisi, l’oglio di rose della Persia, le lunghe trecce delle Vergini galle, il rosso di cinabro in vasetti di cristallo, delle collane di rubini alternati di perle, e profumi Ateniesi, e pomate, e cosmetici d’ogni sorta, tutto è profuso per ornar la leggiadra pompejana (Bonucci 1824 II, 10 s.)16.

(sul tempio di Venere)

Io mi fermai lungamente in questo tempio. Sparsi qualche foglia di mirto su’ gradini del santuario, e mi assisi nel luogo dove due giovani amanti aveano offerto alla più amabile delle Dee una coppia di passere e di colombe. Aprii un libro e lessi – Era Eumero, che scriveva ad Egeria dal tempio di Cipro (Bonucci 1824 II, 30).

Di questo modello culturale descrittivo e incline al lirico proposto nella guida su Pompei non resta quasi traccia nella guida Le Due Sicilie. Ercolano del 1835 e, in generale, nelle produzioni di B. degli anni Trenta, che registrano la maturazione di una maniera più rigorosa e tecnica di intendere la descrizione di un’area di interesse storico-archeologico17. Questo nuovo carattere rende la guida su Ercolano uno dei lavori di B. in assoluto più riusciti dal punto di vista scientifico18.

In linea con il clima di vivo entusiasmo suscitato dalla decisione del re Francesco I di riaprire i cantieri di scavo ad Ercolano – che B. fu chiamato a dirigere in qualità di architetto direttore nel 182719 – e con la crescente attenzione dal pubblico rivolta al sito ercolanese20, si fa prevalente la necessità di rendere le informazioni fruibili e di facile accesso per il lettore, ma soprattutto di fornire un quadro esauriente sullo stato e sui progressi degli scavi. La ripartizione della guida rimane comunque in tre diverse sezioni, sul modello di Pompei descritta: dopo un Cenno storico iniziale, segue la ricognizione sugli scavi sotto Carlo III (Scavamenti del re Carlo III di Borbone)21, quindi il resoconto della situazione tra gli anni 1828 e 1835 (Nuovi scavamenti d’Ercolano. Dal 1828 al 1835)22, secondo uno schema complessivo invero piuttosto efficace23.

Tavola colorata presente nell'edizione di Pompei descritta del 1837 riproducente un affresco pompeiano che ha per soggetto Meleagro

Tavola colorata presente nell’edizione di Pompei descritta del 1837 riproducente un affresco pompeiano che ha per soggetto Meleagro

Scompare, nel frattempo, l’idea dell’itinerario come occasione e filo conduttore della periegesi – che ancora resisteva nella parte della guida di Romanelli destinata ad Ercolano24 – mentre subentrano nuovi criteri: B. non immagina di camminare per le strade di Ercolano ma la osserva piuttosto dall’alto, dalla sua nuova prospettiva privilegiata di direttore degli scavi. Il lavoro che ne risulta è così concepito piuttosto come una guida illustrata, con un prestigioso corredo iconografico di trentacinque tavole (molte delle quali colorate a mano) a cura dello stesso B.25, di cui, con ordine, l’autore/architettodirettore fornisce una dettagliatissima delucidazione. I titoli dei singoli paragrafi posti in successione, infatti, recano l’indicazione della tavola cui fanno riferimento, così da presupporre che il lettore accompagni la lettura della descrizione con un continuo confronto della carta. Sotto il profilo contenutistico, emergono – soprattutto nella sezione terza – una competenza tecnica e una maniera di gestire l’informazione archeologica di cui le edizioni degli anni Venti di Pompei descritta erano decisamente carenti; specialmente per la compilazione delle rassegne di oggetti e affreschi di rilievo, B. riprende in mano carte e relazioni redatte negli anni immediatamente precedenti e pubblicate sul “Bullettino dell’instituto di corrispondenza archeologica”, periodico cui egli collaborò sin dalla fondazione, con il primo numero nell’aprile del 1829. È così che intere parti di suoi vecchi rapporti di scavo confluiscono all’interno della guida, innalzandone il livello tecnico26.

Nella misura in cui si fa più avvertito il senso di responsabilità nei confronti della comunità di storici e archeologi in merito alla questione della divulgazione delle potenzialità del sito ercolanese27, così notevole è anche l’insorgere di nuove problematiche, finora assenti, come la sua preoccupazione per la tutela e la conservazione in situ di strutture di per sé fragilissime e caduche in legno carbonizzato.

Le nuove esigenze del mercato turistico italiano degli anni Trenta dell’Ottocento erano, difatti, nel senso di prodotti editoriali dotati di grande chiarezza espositiva e caratterizzati da un’indagine lucida, condotta razionalmente, disadorna e priva di fronzoli. Con la fondazione a Roma, nel 1829, dell’Instituto di corrispondenza archeologica da parte dell’archeologo tedesco Eduard Gerhard (1795-1867), cominciava a prender piede in Italia una maniera differente di intendere gli studi storici e archeologici, volti verso una dimensione di maggior rigore scientifico28. Questi nuovi sviluppi ebbero notevoli ripercussioni sulla produzione di guide, incidendo positivamente sulla qualità scientifica delle nuove pubblicazioni degli anni Trenta, come la guida su Ercolano di B. dimostra. La categoria sociale dei viaggiatori diretti a Pompei ed Ercolano desiderava un prodotto qualificato tecnicamente, grazie a cui potesse venire a conoscenza e prendere parte, per quanto possibile, delle effettive problematiche dei siti archeologici. Dietro la maturazione e lo sviluppo del modello e itinerario culturale proposto da B. è possibile intravedere quindi più fattori concomitanti, “interni” – relativi soprattutto al suo ingresso, a partire dal 1827, nel giro delle soprintendenze, e ad una competenza tecnica acquisita “sul campo” giorno dopo giorno – ed “esterni”, derivanti dalla diffusione della nuova concezione dell’archeologia come disciplina dotata di un suo proprio statuto scientifico e, conseguentemente, dalle nuove istanze del mercato turistico, sempre più interessato a penetrare le complicate questioni e i risvolti delle attività di scavo.

Biografia

Rossella Iovinella. Nata a Caserta nel 1987, laureata alla magistrale in “Filologia, letterature e civiltà del mondo antico” all’università degli studi di Napoli “Federico II” con una tesi in Papirologia Ercolanese, attualmente dottoranda in Storia presso la stessa università al secondo anno.

Biography

Rossella Iovinella, was born in Caserta in 1987, graduated in “Classical Philology” at the University “Federico II” of Naples with a thesis in Herculanensis Papyrology, now PhD student in History at the same university, enrolled in the second year.

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  1. D’ora in avanti, B. Per un’analisi dettagliata della vita e della carriera del personaggio rimando ai lavori di Venditti 1970, Scatozza Höricht 1991; si veda anche il volumetto Titoli e requisiti. []
  2. La guidistica di B. si snoda in realtà lungo un arco temporale di più di vent’anni, inaugurando la sua carriera scientifica nel 1820 con il volumetto Napoli descritta e accompagnandola fino al 1845, con il suo contributo alla stesura della monumentale guida Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze, in due volumi, scritta in occasione del VII Congresso degli scienziati italiani a Napoli e finanziata dal re Ferdinando II. Essa vide il coinvolgimento di alcuni degli esponenti più autorevoli della vita accademica partenopea, tra cui, oltre a B., Bernardo Quaranta, Stanislao D’Aloe, Cesare Dalbono, Raffaele D’Ambra, Giambattista Ajello. Una seconda guida su Napoli (Napoli e contorni) fu da B. scritta in collaborazione con l’avvocato Carmine Modestino, nel 1825; una guida del Real Museo Borbonico risale invece al 1827 (Guida pel Real Museo Borbonico) e conobbe due traduzioni francesi, l’una nel 1831 e l’altra nel 1837, mentre, ancora, una guida di B. su Castellammare di Stabia (Le Due Sicilie. Stabia, oggi Castell’a mare) fu pubblicata nel 1834. []
  3. Nell’ordine: Sepolcri della famiglia Arria, Tomba di Nevoleja, Avelli della gente Nisticidia, Cenotafio di Calvenzio, Tomba di Q. Ampliato, Sepolcreto della seconda Tyche, Sepolcro di Servilia, Osterie di campagna, Recinto per le pire. Sepolcreto etrusco, Villa detta di Cicerone, Sepolcreto creduto de’ comici pompejani, Tomba di Porcio. []
  4. Nell’ordine: Casa del triclinio, Albergo pubblico d’Albino, Casa detta delle Vestali, Casa del chirurgo, Casa del Narciso, Domicilio del giudice Giulio Polibio, Osteria di Fortunata, Abitazione detta dell’edile Pansa, Terme pubbliche, Tempio della Fortuna, Foro civile, Erario pubblico detto il Tempio di Giove, Tempio di Venere, Basilica, Casa di Championet, Monumento d’Eumachia, Tempio di Romolo, Luogo pel Decurionato, Panteon (sic), Isola intorno al Panteon, Casa della pescatrice, Strada de’ Teatri, Casa delle Grazie, Vico de’ 12 Dei, Foro triangolare, e monumenti Etruschi, Casa scoverta innanzi all’Imperadore Giuseppe III, Tempio d’Iside. []
  5. Si susseguono, nell’ordine, le seguenti sezioni: Cenno storico, Oggetti minuti – Iscrizioni, Belle arti – Architettura, Scultura, Pittura.  []
  6. Quello di offrire per la prima volta un resoconto completo sull’antica Pompei era, del resto, l’obiettivo che B. si era preposto e che aveva annunciato nella prefazione al lettore: “Son già molti anni, da che manchiamo in Italia d’un’esatta descrizione di Pompei. Le opere di maggior riguardo pubblicate da’ letterati […] non possono darcene, che un’idea mediocre ed incompleta […]; risulta chiaramente, che un’opera completa sopra Pompei è tuttora il desiderio di tutt’i letterati dell’Europa. Questa considerazione mi ha incoraggiato ad intraprendere il presente lavoro. Sia qualunque il suo esito, io avrò pienamente soddisfatto al mio scopo, se potrà servire, almen pel momento, a riempiere la lacuna, che forma una macchia all’onor letterario del nostro paese”. []
  7. In diversi fogli periodici napoletani dell’epoca questi aspetti furono considerati i meriti principali della guida; così, ad esempio, ne “Il Sebeto” 31 marzo 1824, 7: “Il Sig. Bonucci è stato il primo che or ci offre una descrizione completa di quella rediviva Città; il suo lavoro rapido, esatto, e pieno di scelta, e sobria erudizione, c’impone a tutta possa farne motto, e recarci sull’analisi di quest’opera per tanti titoli interessantissima”, e ancora: “La maniera con cui l’autore ha saputo rendere interessante ad ogni classe di persone la descrizione di questa città tanto amata da Cicerone merita i più vivi encomj. Un tal modo di scrivere, bisogna confessarlo, è raro a’ dì nostri fra gli artisti, e gli antiquarj.

    È questo il motivo per cui il culto pubblico ha ricevuta l’opera del giovine Bonucci colla massima soddisfazione, ed è perciò che l’intera edizione della sua prima parte fu esaurita in poche settimane” (“Il Sebeto” 20 settembre 1824, 55). Si legge ancora, ne “Il Galiani” 20 giugno 1824, 92: “È questo il titolo di un’operetta la più completa in questo genere, e che innesta alla più erudità critica le grazie più incantevoli della locuzione”. Testimonia inoltre della “promozione” della guida e della ricezione positiva che se ne ebbe anche presso un pubblico non specialistico la sua presenza nella sezione Annunzii tipografici in un foglio espressamente destinato alle “signore dame” come l’“Utile passatempo” (n. 7, 1824, 62). L’annuncio è accompagnato dalle seguenti considerazioni: “Questa pregevole operetta […] par che supplito abbia a qualche vuoto di precedenti scrittori. La maniera inoltre, con cui è scritta, ne rende piacevole la lettura, ed annunzia nel giovane autore cultura di spirito, e felicità d’ingegno”. []

  8. Se ne darà esempio più avanti. []
  9. Così egli si esprime nella premessa al volume La cultura classica a Napoli nell’Ottocento. Molto efficace e concisa anche, nello stesso volume, la valutazione di Lucia Amalia Scatozza Höricht (1991, 170), che ben coglie il rapporto tra le due “anime” della guida: “Non ostanti la precisione e la dovizia delle notizie profuse, lo stile della guida […] dell’architetto napoletano è fortemente poetico e sottostà al sentimento letterario verso le rovine classiche, che divengono l’occasione per meditazioni fantastiche e poetiche digressioni”.  []
  10. “Io partii da questa Capitale alla volta di Pompei la notte de’ 30 marzo 1824. Giunto a Resina, volli alquanto fermarmi, e salir la montagna nella direzione del Salvatore” (Bonucci 1824 I, 11). Il corsivo è del testo. []
  11. Il corsivo è del testo.  []
  12. Il corsivo è del testo.  []
  13. Pubblicata per la prima volta a Napoli nel 1811 presso Perger, nel 1817 la guida era arrivata alla sua seconda edizione per conto della tipografia di Angelo Trani. B. stesso se ne era servito come principale modello; la annovera infatti, nella prefazione al lettore, tra le fonti adoperate, presentandola come “la miglior guida, che abbiamo, se non fosse talvolta troppo erudita” (Bonucci 1824 I, 6). Il percorso seguito nelle due guide grossomodo coincide, poiché anche nel lavoro di Romanelli si parte dal borgo Augusto Felice per poi dirigersi prima al sepolcreto pubblico della città, quindi alla porta d’ingresso; di qui si dà l’avvio all’analisi dei singoli edifici e delle abitazioni di maggior rilievo archeologico. Sulla puntualità della guida di Romanelli, cfr. anche Iezzi 1984. []
  14. La guida di Romanelli si riallaccia così al filone divulgativo inaugurato nel 1800 con l’Itinerario italiano, per cui con il termine “guida” “non si intende più un’opera erudita ma uno strumento agevole” (Berrino 2011, 29). La prima edizione dell’Itinerario italiano proponeva itinerari pratici “fornendo la numerazione delle poste, la distanza in miglia tra una località e l’altra, il tempo che richiede ciascun viaggio, la natura dei paesi, la qualità delle strade, il carattere delle diverse popolazioni, i nomi e la qualità degli alberghi” (ibidem). Il confronto con la produzione guidistica di inizio Ottocento sui Campi Flegrei conferma questa tendenza generale; nella prefazione della guida di Pasquale Panvini (1818, VII), si legge: “Ma il maggior vantaggio, che mi lusingo aver offerto ai forestieri, che viaggeranno per le antichità, e curiosità naturali, che incontransi nell’intorno di Pozzuoli, si è di averli diretti per le più spedite vie, acciò che non perdano molti giorni in andirivieni. A tale oggetto ho disposto quest’operetta in forma di viaggio da eseguirsi comodamente in tre giornate con veder tutto, senza perder tempo inutilmente”. Riguardo quest’ultimo aspetto, rimando alle considerazioni di Di Liello 2002. []
  15. Sedendo sulla panca semicircolare del sepolcro della sacerdotessa Mamia, nel marzo 1787, Goethe scrisse che essa era posto meraviglioso, fatto per elevare il pensiero (Iezzi 1984). []
  16. Il passo è un esempio del gusto di B. per le descrizioni pittoriche; si tratta peraltro di un caso piuttosto particolare poiché l’eccesso lirico è tale da rischiare di inficiare la comprensione del testo o da renderla ambigua, al punto che B. si trova poi a dover precisare in nota: “Le pitture, che fregiano la stanza della toeletta di quest’abitazione rappresentano appunto ciò ch’io qui descrivo”.  []
  17. Anche la guida su Castellamare di Stabia (Le Due Sicilie. Stabia, oggi Castell’a mare), pubblicata nel 1834, appariva già orientata in questa nuova direzione. Indagando la questione nell’ambito di una prospettiva più ampia, in effetti, per questi anni si potrebbe parlare di una sorta di “seconda stagione” nella formulazione delle guide messe a disposizione dall’imprenditoria italiana, tale per cui, se già all’inizio del secolo si trattava di prodotti ricchi di “itinerari completi di indicazioni pratiche per visitare paesi e città”, esse vengono ora “rinnovate negli anni Trenta e rese ancora più precise” (Berrino 2011, 15). []
  18. Di tale avviso fu, ad esempio, Amedeo Maiuri (1958, 360): “Si può […] affermare che il Bonucci […] con la pubblicazione del 1835, segnò il primo passo verso lo scavo sistematico e integrale di Pompei e di Ercolano, verso quella che diventerà, dopo poco meno di un secolo, la razionale e metodica tecnica dello scavo nelle città sepolte dal Vesuvio”. Il giudizio positivo è stato confermato in tempi relativamente recenti da Scatozza Höricht (1991, 171): “Di maggiore interesse è il prezioso opuscolo su Ercolano […]. Fondamentali sono il capitolo dedicato al Teatro e quello dedicato alla Villa dei Papiri […], della quale sono descritte con sorprendente accuratezza le architetture e idealmente riunite le suppellettili […]. Tale opera resta il risultato più significativo di questo genere di scritti del Bonucci e modello nella sua struttura per altri analoghi lavori su Ercolano dei secoli successivi, come la celebre opera di Ch. Waldstein e L. Shoobridge”. Cfr. anche Scafati, Zappella 1984.  []
  19. Il periodo della direzione bonucciana proseguì fino al 1855, salvo interruzioni e avvicendamenti con altri dirigenti e permise di mettere in luce due isolati di case, fra cui il peristilio della Casa d’Argo, per il quale si resero necessari anche operazioni di restauro ad opera dello stesso architetto direttore; altri interventi di restauro furono da B. eseguiti per la Casa di Aristide.  []
  20. L’inaugurazione della seconda stagione di scavi, il 1° gennaio 1828, doveva aver luogo in un clima solenne e di grande ufficialità, che venne tuttavia ostacolato dal maltempo: “Resina 9 del 1828. A’ due del corrente, giorno memorabile pel nostro paese, per l’archeologia e per le arti, ebbe principio la grande impresa che restituirà all’esistenza ed al giorno la leggiadra Ercolano. Torrenti di pioggia avevano fin dall’alba impedito che i distinti personaggi stranieri e nazionali che vi erano accorsi vi potessero esser presenti” (Ruggiero 1885, 537). In proposito, rimando anche a Scatozza Höricht 1991. []
  21. La descrizione prevede, nell’ordine, i seguenti paragrafi: Basilica, Tempj, Altri monumenti publici, e mercato de’ commestibili, Tombe, Edifizi privati. Case, e ville [in cui uno spazio esclusivo è destinato alla trattazione della Villa detta dell’Aristide, o de’ Papiri, il “più magnifico e vasto edifizio privato, che ci sia pervenuto dall’antichità” (Bonucci 1835a, 29)], Riepilogo delle scavazioni d’Ercolano.  []
  22. La descrizione prevede la disamina approfondita della Magione d’Argo (Pianta del pian terreno della Casa d’Argo; Pianta del secondo piano della Casa d’Argo; Veduta del boschetto della Casa d’Argo; Prospetto della Casa medesima) e delle restanti abitazioni tra cui l’Albergo pubblico, nonché una minuta catalogazione di tutti gli oggetti e gli affreschi rinvenuti in Ercolano (Galleria delle pitture sull’intonaco; Galleria delle statue, e de’ bassirilievi di marno; Galleria de’ bronzi; Collezione de’ vetri; Gabinetto di oggetti preziosi, e di commestibili; Galleria de’ bronzi minuti; Officina de’ papiri). []
  23. La divisione della trattazione delle fasi operative degli scavi in due parti risultava particolarmente felice e “netta” poiché la ripresa delle esplorazioni archeologiche coincise con l’applicazione di un procedimento diverso: non più per mezzo di cunicoli sotterranei, come era avvenuto nel secolo precedente, ma con il nuovo sistema di scavo a cielo aperto (Scatozza Höricht 1991; in proposito si vedano anche Maiuri 1958 e Ruggiero 1885). Il passaggio alla nuova tecnica di scavo segnò una svolta epocale, poiché il tema era stato già dibattuto in passato, in particolare con la proposta dell’architetto Karl Weber (1712-1764) di scavare il teatro ercolanese all’aperto, ma senza che si approdasse ad alcun risultato pratico: “Vivace fu la discussione tra eruditi e viaggiatori se fosse possibile scoprire a cielo aperto le case di Ercolano, ma su questi tagliò corto Ferdinando Galiani, giudicando eccessive le difficoltà e la spesa dovuta all’alta profondità, alla durezza dei materiali vulcanici e alla presenza, su parte del sito, del sovrastante abitato di Resina […]. Tuttavia, Karl Weber sottopose nel 1760 a Tanucci un dettagliato progetto di scavo a cielo aperto di 1/3 del teatro di Ercolano: iniziativa approvata dal Winckelmann e dal Piaggio e, con qualche riserva, dagli architetti di corte Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli (cui fu sottoposta), ma fortemente avversata dall’Alcubierre per la spesa occorrente, tanto che non se ne fece nulla” (Pagano 2006, 17).  []
  24. Romanelli conferma il modulo dell’itinerario attraverso la città al seguito di un cicerone per quest’ultima parte: “Un uom vecchio, ed assai pratico di questi luoghi, che diceva di aver preseduto per lungo tempo agli ultimi scavi, ci accompagnò gentilmente per tutte le parti del teatro, e ci diede finanche un saggio di tutti i preziosi oggetti, che vi furono trovati […] Indi ci menò per tutte le parti ancora esposte di questo grandioso teatro (quantunque ebbimo della molta pena a condurvi la dama) che avea, per quanto ci disse, nell’inferior emiciclo 142 palmi di diametro” (Romanelli 1811, 233).  []
  25. In realtà, il numero delle tavole “varia da un esemplare all’altro” (García y García 1998, 220). Difatti, la copia della guida da me consultata alla Società nazionale di storia patria di Napoli comprende in tutto ventotto tavole, tutte in bianco e nero, mentre un altro esemplare, reperibile alla biblioteca della facoltà di ingegneria dell’Università degli studi di Napoli Federico II, ne presenta soltanto ventuno. Tuttavia, esistono copie meglio conservate e più complete, come si apprende dallo stesso García y García: “Ho consultato la copia conservata nella Biblioteca dell’Istituto Naz. di archeologia e storia dell’arte, Roma, con sole 33 tavv., mentre d’accordo con Brunet la copia del British Museum ne contiene 39!”. Piuttosto curiosa quest’ultima precisazione che, tuttavia, non ho avuto modo di verificare personalmente. []
  26. Il confronto di alcune parti non lascia dubbi in proposito; si veda, ad esempio, il presente rapporto di B. sul periodico dell’Istituto (Bonucci 1834, 148): “Si sono scoperti due appartamenti inferiori della magione di Argo; questi sembrano fossero destinati alle cucine, ai bagni, alle dimore degli schiavi, ed agli officj più ordinarj della famiglia. Vi si osserva una piccola cappella quasi oscura con altare e con nicchia contenente una statuetta di Venere in terra cotta. Alcuni canali facean sgorgare rampolli d’acqua da pertutto: de’ cancelletti di ferro cingeano le logge aperte verso il mare; e le sale più vaste, ricche de’ più bei quadri e de’ più bei marmi, compivano questo monumento privato, il quale quantunque non peranche intieramente scoperto, supera in grandezza e sontuosità i più famosi di Pompei. Un quadretto esprimente lo stesso tema del noto gruppo del toro farnese, si restituì alla luce quasi nello stesso tempo, che se ne scopriva un altro simile in Pompei. Tutti tre indicano, con qualche differenza, il momento in cui Dirce è perdonata dall’offesa Antiope; ed è sciolta dalle funi, che l’avvolgevano alle corna del furioso animale”; B. lo rimaneggia leggermente nella guida (Bonucci 1835a, 39): “In questi ultimi tempi , (nel 1834, e 1835) si stanno scovrendo i piani inferiori, che sembrano destinati alla cucina, ai bagni, alla dimora degli schiavi, ed agli offici più ordinari della famiglia. Vi si osserva una picciola cappella, che prende il lume dall’alto, con altare, e con nicchia contenente una statuetta di Venere in creta cotta. Qualche stanzino assai nobile, forse un venereo, è a suoi lati. – Alcuni canali faceano sgorgare getti d’acqua in abbondanza; dei cancelletti di ferro cingeano le logge aperte verso il mare; e alcune sale spaziose e ricche di pitture, e di marmi compivano questo superbo edifizio da questo lato. Dei quadretti esprimenti Dirce legata alle corna d’un Toro furioso, nell’atto che vien perdonata dall’offesa Antiope”. Vengono quindi aggiunti nuovi particolari, sulle nuove scoperte fatte nel frattempo. Casi analoghi emergono dai confronti tra Bonucci 1829, 68 e 196 con Bonucci 1835a, 40; Bonucci 1830, 121 e 180 rispettivamente con Bonucci 1835a, 38 e 36; Bonucci 1831, 27 s. e Bonucci 1832, 12 con Bonucci 1835a, 43; infine tra Bonucci 1835b, 129 s. e Bonucci 1835a, 44 [per quest’ultimo caso García y García (1998, 220): “L’articolo è firmato da un ignoto A. C., ma a p. 127 si dice espressamente che le notizie sono del Bonucci”; difatti, il confronto con il luogo corrispondente della guida lo conferma: B. ripete esattamente le stesse parole del suo precedente intervento]. Più volte si ritrovano condensati in un’unica pagina della guida interventi che erano invece disseminati in parti diverse in uno stesso numero del “Bullettino”. []
  27. In non poche occasioni B. addita i rinvii e le deficienze che hanno impedito una più rapida conoscenza di Ercolano presso la comunità scientifica; particolarmente avvertite e condivise dovevano risultare, all’epoca, le critiche rivolte alle lungaggini del Baiardi nell’illustrazione delle antichità di Ercolano (Bonucci 1835a, 12 s.), nonché alla Real Accademia ercolanese, per il ritardo nella pubblicazione dei volumi promessi sulle sculture e gli edifici pubblici e privati della città (Bonucci 1835a, 13 e 24).  []
  28. A questo nuovo clima culturale B. prese parte attiva collaborando proficuamente con Gerhard – con cui strinse un rapporto personale, oltre che professionale – e trasmettendo regolarmente al periodico dell’Istituto, come visto, puntuali relazioni sullo stato degli scavi nei vari siti di interesse in Campania. []