Profumi ed essenze tra consumi e passioni di ieri e di oggi

Martina Bonvecchi

Abstract

L’articolo presenta un excursus storico attraverso i passaggi più significativi della storia del profumo e della profumeria: da dono gradito agli dei ad accessorio modaiolo che ha accompagnato eventi storici e rivoluzioni sociali. Trovano così adeguata contestualizzazione le circostanze della sua nascita, passando attraverso le scoperte scientifiche, ma anche attraverso l’evoluzione dei suoi usi e dei suoi consumatori.

Abstract english

This essay presents an historical excursus through the most significant passages of perfumery history: from gods’ gift to a fashionable accessory accompanying historical events and social revolutions. It contextualizes the circumstances of its origin, describes scientific discoveries and the evolution of its use and users.

L’arte profumiera nell’Ottocento

Poiché il profumo era fratello del respiro. Con esso penetrava negli uomini, ad esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore, e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’amore dall’odio. Colui che domina gli odori, domina i cuori degli uomini (Suskind).

Queste parole di P. Suskind (1985) descrivono, in modo incisivo, il fascino e il potere che il profumo da secoli pratica sull’animo umano. L’uomo, infatti, da, quasi sette millenni è attratto da questo prodotto particolare, la cui storia ha accompagnato quella della società nelle sue vicende storiche, politiche, sociali ed economiche. La parola “profumo” deriva dal latino “per-fumum”, “attraverso il fumo”, il quale, derivando dalla combustione di piante odorose, presso la maggior parte dei culti religiosi del passato, assumeva il compito di omaggiare gli dei assicurandosene la benevolenza, un prodotto, per cui, fortemente legato alla vita religiosa della società e ai rituali che si accompagnavano ad essa (cfr. www.accademiadelprofumo.it). Tuttavia, grazie al suo potere seduttivo, il profumo entra rapidamente a far parte della quotidianità degli individui, in particolare delle caste più abbienti, diventando un prodotto usato anche nell’igiene personale. Nonostante fosse già conosciuto in epoche molto antiche, dovremo però aspettare l’Ottocento per riscontrare i primi importanti risvolti nell’uso del profumo presso la società. Durante questo secolo, a causa dei loro costi ancora elevati, i prodotti di bellezza sono esclusivo appannaggio delle classi agiate. Al di fuori di queste, qualsiasi persona comune dimostrasse un interesse verso di essi veniva accusata di essere viziosa, così il profumo si rivela uno spartiacque tra le diverse classi sociali, che non tiene conto solo del suo uso, ma anche dell’intensità della fragranza. Infatti, mentre la figura della cortigiana, avvezza ad una vita di lussuria e depravazione, adorava profumarsi con essenze forti con una funzione afrodisiaca, al contrario, le giovani donne, di buona famiglia, preferivano profumi delicati, mai eccessivi o troppo intensi, come quelli floreali, che diventano simbolo di purezza del corpo e dello spirito (Munier 2006).

La Francia, principale polo produttivo in questi secoli, sarà la culla di importanti nomi della storia della profumeria, tra questi spicca sicuramente quello di Pierre-François-Pascal Guerlain, giovane chimico che inaugura la sua prima boutique a Parigi nel 1828. Divenne in poco tempo un abile profumiere, molto esperto nella pratica della personalizzazione e desideroso di diffondere l’idea di profumo come opera d’arte da offrire ad una clientela il più possibile ampia. La sua bottega diventa presto una vera maison e il primo grande successo fu opera del figlio Aimé, suo collaboratore: il profumo Jicky datato 1889.

Tuttavia, quest’ultimo impiegò diverso tempo per affermarsi sul mercato, essendo uno dei primi profumi realizzati con molecole di sintesi. Infatti, sin dall’inizio del secolo, gli scienziati stavano lavorando per cercare di isolare dalle piante naturali le molecole odorose, allo scopo di poter creare, con queste, nuovi profumi non esistenti in natura. Nasce così, ad opera di Woeler nel 1828, la chimica organica, che consente di ottenere prodotti chimici ottimi che possono subentrare a quelli organici (Rossi 2004).

Non solo la Francia, ma anche l’Italia darà il suo contributo alla storia della profumeria: nella seconda metà dell’Ottocento nasce La Casa di Profumo Paglieri. In realtà la famiglia era attiva nel campo della profumeria già all’inizio del secolo, presso Alessandria, una piccola città del Piemonte. I prodotti più graditi dall’affezionata clientela del luogo erano le ciprie, le creme e ovviamente i profumi. Il successo arrivò nel Primo dopoguerra, con il talco Felce Azzurra, del 1926 e tutt’ora in commercio, che divenne un marchio applicato poi a creme, profumi e ciprie. Per quanto riguarda i profumi Paglieri, questi cercavano ogni volta di seguire le tendenze del momento e i gusti della clientela; e, senza azzardi, si distinguevano sempre per la loro raffinatezza. Nel corso dei decenni l’azienda seppe superare crisi e periodi difficili, fino ad arrivare ad oggi, confermandosi una delle profumerie più antiche d’Italia (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

Una panoramica sul Novecento

Le scoperte scientifiche dell’Ottocento, in materia di chimica organica, permetteranno al settore della profumeria un grande sviluppo nel corso del Novecento: i gusti raffinati e delicati della società borghese vengono abbandonati, dimostrando un sempre maggiore interesse verso le fragranze di sintesi, considerate espressioni artistiche uniche nel loro genere. Queste, se aggiunte alle composizioni naturali, sanno renderle sorprendenti. Sarà l’Esposizione Universale del 1900, a Parigi, a sancire questo successo con la nascita della profumeria moderna: nuovi profumi a prezzi più accessibili e di conseguenza un numero più ampio di consumatori (cfr. www.accademiadelprofumo.it). Inoltre, questa rivoluzione del settore rese la clientela ancora più esigente: non si richiedevano più fragranze armoniose e delicate, ma bensì basate sul contrasto delle note olfattive, le quali non dovevano più rappresentare l’appartenenza sociale o la purezza di spirito, ma piuttosto farsi rappresentanti di un rinnovato gusto sociale, soprattutto femminile (Munier 2006). È un periodo di grande fermento e ottimismo, passato alla storia con il nome di Belle époque. Tutto si adegua ad una società sempre più dinamica, che desidera godere dei benefici del progresso e che ama divertirsi al cabaret o andare in gita in automobile (Maugeri, Paffumi 2005).

Uno scenario che fa da sfondo al sodalizio che l’universo del profumo stringe in questi anni con la moda. Un rapporto di reciproca attrazione ed interesse inaugurato da uno dei più grandi sarti della storia: Paul Poiret. La sua moda rivoluzionò la concezione della figura femminile, che dopo anni di costrizioni ed eccessi vestimentari, veniva ora ricoperta da abiti di chiara ispirazione orientale, tradizionalmente più morbidi e leggeri (Maugeri, Paffumi 2005). Sulla scia del successo delle collezioni, nel 1903 Poiret inaugura la sua maison a Parigi e già nel 1911 l’apertura della divisione dedicata ai profumi, con un proprio marchio, Parfums de Rosine, in omaggio a sua figlia (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Poiret).Sarà sempre Poiret a coniare, per primo, la dicitura di “couturier-profumiere”, che spinse molti nuovi nomi della moda a intraprendere la strada della profumeria (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

L’ottimismo del primo decennio fu presto smorzato dallo scoppio della Prima guerra mondiale, che segnò una battuta d’arresto per tutta l’economia. Lo sforzo bellico, a cui si era chiamati, rendeva socialmente inaccettabile ogni lusso, tra cui anche il profumo. Occorreva sostenere la propria nazione e se gli uomini erano impegnati a combattere, le donne sostituirono i loro mariti nelle fabbriche e negli uffici e lentamente cominciarono ad emanciparsi dal ruolo esclusivamente domestico. In questo clima generale di tensione e paura, la giovane stilista Gabrielle Chanel accoglie l’appello delle donne in favore di una moda che si adegui alle loro rinnovate esigenze lavorative e di libertà e crea, nel 1916, una moda per tutti i giorni, fatta di abiti semplici e sobri ma sempre femminili, indumenti pratici realizzati grazie all’uso di materiali leggeri e poveri, come il jersey, che li rendono anche economici (Maugeri, Paffumi 2005). Ma Chanel vuole dar loro anche un profumo che le rappresenti al meglio: ispirandosi al successo di Poiret, per la sua prima creazione profumata si affida al naso di Ernest Beaux, ex profumiere dello zar di Russia (Rossi 2004), al quale si rivolge con le seguenti parole:

 

Voglio donare alle donne un profumo artificiale, intenso come può esserlo un abito, cioè costruito. Non voglio un profumo naturale dall’odore di rose o di mughetto, desidero che sia composto (Coco Chanel).

Beaux trovò l’ispirazione nel 1920: di ritorno da una campagna militare oltre il Circolo Polare, volle ricreare nel suo laboratorio i profumi lì assaporati e realizzò cinque diverse composizioni da proporre a Chanel. Lasciandosi guidare dal suo naso, la stilista scelse l’ultima, la numero 5: il 5 maggio 1921 venne lanciato l’ormai mitico Chanel n. 5. La stessa Coco lo descrisse così: “È un profumo da donna dall’odore di donna”.

Mitico anche il flacone, dall’estetica quasi minimale: una boccetta quadrangolare di vetro trasparente, come il grande tappo, e, sul davanti, una banalissima etichetta bianca con su scritto, in caratteri cubitali e neri, il nome del profumo. Ma la vera rivoluzione introdotta da questa fragranza sintetica riguarda più l’aspetto tecnico, essendo il primo profumo ad introdurre l’uso degli “aldeidi”, detti anche “fissatori”: composti di sintesi che hanno la capacità di fissare a lungo il profumo sulla pelle garantendone la persistenza (Rossi 2004).

Oltre a Chanel n. 5, nello stesso periodo nacquero una serie di profumi divenuti storici. La maison Guerlain, nata nel secolo passato, si lascia ammaliare anch’essa dall’oriente e dalle sue suggestioni esotiche e romantiche e, proprio ispirandosi ad una struggente storia d’amore, Jacques Guerlain, nel 1925, crea Shalimar. È un profumo sensuale e dolce che decreta la nascita di un accordo di note olfattive che diventerà tratto distintivo dei profumi della maison, quello tra la vaniglia e la fava tonka. Anche il flacone risultò un perfetto accordo tra l’estetica orientale e il gusto della maison, conquistando il premio all’Exposition des Arts Décoratifs et Industriels di Parigi (Rossi 2004).

Sul finire degli anni Venti un altro grande nome della moda entra nel settore della profumeria: Jeanne Lanvin. Debutta nel 1908, a Parigi, con le sue prime collezioni di abiti per bambini e già l’anno successivo crea la sua prima collezione da donna. Anche per lei si presenta presto il desiderio di debuttare nel settore della profumeria: nel 1925 lancia My sin, seguito poco dopo da Arpege, del 1927, il cui nome fu scelto dalla figlia, piccola virtuosa del pianoforte. Stilista influenzata dallo stile Art decò, affida il disegno del flacone nero, divenuto celebre, ad Armand Rateau e decorato da Paul Iribe (Maugeri, Paffumi 2005).

Gli anni Venti si concludono con la caduta della borsa di New York, del 1929, e, con la pesantissima crisi economica che ne conseguì, la disoccupazione dilagante toccò tutte le classi sociali. Queste condizioni favorirono la nascita, in diversi paesi europei, di dittature nazionalsocialiste, viste come possibili vie di fuga dalla crisi (Maugeri, Paffumi 2005). Una situazione drammatica che investe il mondo intero e che non lascia spazio, né tanto meno denaro, alle frivolezze. Moda e profumeria devono adeguarsi al clima generale. Eppure gli stilisti e le maisons del profumo cercano di non perdersi d’animo, come Jean Patou che lancia sul mercato Joy: un profumo che vuole essere un inno alla speranza e alla gioia di vivere in un momento così difficile.

Gli anni Trenta del Novecento vedono lo scoppio della Seconda guerra mondiale che si protrae fino alla metà degli anni Quaranta. Fu un evento che sconvolse il mondo portando ad una devastazione mai vista prima: oltre alle ingenti perdite umane, andarono distrutte città e gran parte dei loro distretti industriali. Superato questo tragico momento, la società vive un periodo di privazioni durissimo, in cui tutte le risorse devono essere sfruttate al meglio per evitare ogni forma di spreco e spingere l’economia ad una quanto più rapida ripresa. Quando ormai la guerra è alle spalle, la profumeria festeggia il ritorno della pace accogliendo nuovi protagonisti del settore. Una di questi sarà Nina Ricci, giovanissima stilista di talento di Torino, che in pochi anni arriverà al successo internazionale, proponendo una moda romantica e femminile. Con l’aiuto di suo figlio, nel 1945 inaugura il reparto della maison dedicato ai profumi e nel 1948 il primo best seller firmato dalla stilista: Air du Temps (Rossi 2004).

Negli anni Cinquanta arriva finalmente la ripresa tanto sperata: il boom economico coinvolge tutte le classi sociali e il benessere è ora alla portata di tutte le tasche, il cosiddetto “consumismo” coinvolge la maggior parte dei settori produttivi ed industriali, tra cui anche quello della profumeria. Il profumo smette i panni di accessorio delle grandi occasioni e di classico articolo da regalo, per vestire quelli di prodotto quotidiano, pensato per tutte le donne, per renderle più belle ed affascinanti ogni momento, ogni giorno. Principale sostenitrice e promotrice di questa nuova visione del profumo sarà Estée Lauder, considerata la madre della profumeria americana. Estée Lauder conquisterà il pubblico femminile con la fragranza Youth Dew: un’essenza speziata che richiama alle mente mondi orientali e il cui profumo intenso ed inebriante lo resero celebre come il profumo della femme fatale (Rossi 2004).

Negli anni Sessanta la società è investita da forti cambiamenti sociali, economici e politici. I giovani sono tra i primi risentirne e a dare importanti segnali di trasformazione: si scagliano contro il sistema sociale, fatto di scelte e regole non condivise e si esprimono aggregandosi in gruppi subculturali, come gli hippy, i rockers e i teddy-boy. All’interno di essi i giovani protestano con il loro stile di vita e con le loro mode, sono affascinati dall’oriente e dall’India, con le sue filosofie zen e i suoi paradisi artificiali (Maugeri, Paffumi 2005). La profumeria risponde dando spazio alle essenze che provengono da questi paesi come il patchouli, il sandalo e il musc (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

In questi anni la profumeria compie un altro significativo passo avanti nel rapporto con il consumatore, lanciandosi alla conquista di nuove categorie, come quella degli uomini, con i primi prodotti pensati appositamente per loro (Rossi 2004). Uno dei primi sarà Eau Sauvage, creato nel 1966, per Christian Dior, da uno dei più famosi nasi al mondo: Edmond Roudnitska (cfr. www.accademiadelprofumo.it). A sua volta il pubblico degli uomini risponderà con interesse e lo eleggerà uno dei profumi più amati e tutt’oggi un classico tra i più venduti e apprezzati (Rossi 2004). Il decennio si conclude per il settore del profumo con l’affermazione di marchi come Cacharel, Puig e Shiseido (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

Nel corso degli anni Settanta e Ottanta la profumeria continua a seguire la società nelle sue evoluzioni e nei suoi cambiamenti come nei decenni precedenti, ora però può beneficiare di nuove strategie di commercializzazione “Made in Usa”. Per ciò che riguarda le nuove tendenze del settore, la profumeria segue la moda e propone essenze che parlano di femminismo, sensualità, neo-romanticismo e ritorno alla natura. Vista la grande complessità sociale, sono molto apprezzate le profumazioni complesse e forti che si fanno ricordare. La moda e la profumeria continuano a lavorare parallelamente anche grazie al successo di nuovi nomi del fashion, che si dedicano al mondo dei profumi: Gucci, Krizia e Trussardi solo per citarne alcuni. Il reparto uomo continua a suscitare interesse e le maisons propongono, a questo consumatore sempre più curato, una gamma di prodotti sempre più ampia, fornendogli finalmente la possibilità di dissociare il profumo dal dopobarba. Non solo quella italiana, ma anche la profumeria francese continua a sfornare successi internazionali: Opium di Yves Saint Laurent ne è un esempio. Lanciato nel 1977, è ancora un profumo molto apprezzato e continuamente rinnovato dalla maison (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

Il riflusso della società degli anni Settanta provoca, nel decennio successivo, una particolare ossessione verso la ricerca della felicità nella sfera professionale. Negli anni Ottanta una carriera di successo e ricca di soddisfazioni economiche è l’obiettivo per cui giovani uomini e donne lottano fianco a fianco. Si parla così di yuppismo e gli yuppies sono questi giovani rampanti per i quali tutto quello che conta è il successo e il denaro. Ma far parte di questa categoria sociale significa anche una particolare passione per il lusso e per le griffe: macchina costosa e abiti firmati sono alla base della propria immagine (cfr. www.accademiadelprofumo.it), mentre la moda del periodo esalta la sensualità femminile, esasperando il nesso fra sesso, potere e denaro. Questo nesso è efficacemente rappresentato anche dalla profumeria, che propone essenze inebrianti che rendono il corpo attraente e desiderabile. Le donne, in concorrenza professionale con gli uomini, vogliono ora indossare anche i loro profumi intensi e coinvolgenti, decretando il successo di fragranze come Paris di Yves Saint Laurent e Poison di Dior. Ma non solo. In questi anni conoscono la fama marchi come Artisan Parfumeur, Kenzo, Cartier e anche la storica maison Burberry, nata negli anni Cinquanta, si lancia nella profumeria (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

La caduta del muro di Berlino chiude questo decennio e ne inaugura uno nuovo, caratterizzato dal fenomeno della globalizzazione. L’infittirsi delle interazioni su scala mondiale favorisce la convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo, nei quali tutto ciò che proviene dagli Stati Uniti continua a fare tendenza, dai film, al cibo dei fast food, alle innovazioni tecnologiche, dando un forte contributo all’uniformazione dei modelli. Ma la crisi economica è dietro l’angolo e il suo avvento spegne ogni tendenza legata al lusso degli anni Ottanta. Il tutto è accompagnato da una rinnovata coscienza sociale, più attenta alla natura e all’ecologia (Maugeri, Paffumi 2005). Si risveglia così anche una certa spiritualità che fa esplodere il successo delle pratiche e delle filosofie orientali, quasi come reazione agli eccessi passati. In profumeria le essenze si fanno più fresche e leggere, i profumi si ispirano all’acqua e agli elementi naturali come la terra, il fuoco e l’aria (cfr. www.accademiadelprofumo.it). Profumo e moda continuano ad essere un connubio vincente e ne è una prova lo straordinario successo che riscuote lo stilista americano Calvin Klein: propone una moda minimalista ed esteticamente rigorosa, che interpreta l’atmosfera sociale di crisi e precarietà del momento e contemporaneamente il creativo si propone anche nella profumeria con Ck one. Uno dei primi profumi unisex, adatto per lui e per lei, estremamente giovanile, il cui flacone semplicissimo, in perfetto accordo con il suo stile minimalista, contornato da schiere di giovani, diventa un’immagine che popola le città di mezzo mondo, attraverso una massiccia compagna pubblicitaria. Il successo sarà tale che “Vogue” decreta la nascita della tendenza dell’androgino e dell’unisex (Rossi 2004).

L’avvicinarsi della fine del decennio sembra risvegliare la società dal torpore della recessione e la moda dall’eccessivo rigore minimalista. Si inaugura così un nuovo momento d’oro per il fashion, fatto di abiti e collezioni che esprimono il desiderio di un ritorno all’opulenza e al lusso (Maugeri, Paffumi 2005). La risposta della profumeria non si fa attendere, con il successo di marchi già affermati come Lancôme e Thierry Mugler che lanciano sul mercato due fragranze tutt’ora di successo come Trésor e Angel (cfr. www.accademiadelprofumo.it).

I consumatori

L’interesse dell’uomo verso questo prodotto particolare si è nel corso della storia sempre più intensificato, fino ad arrivare all’epoca contemporanea, in cui il profumo è ormai compagno insostituibile della nostra quotidianità. Nel panorama europeo, l’Italia si distingue come Paese di estimatori in questo settore: secondo dati della rivista on-line Kosmetica (2008) il nostro mercato nazionale è il quarto per dimensione in Europa e continua a far registrare segnali positivi anche in tempi di crisi, eleggendo così il profumo a bene irrinunciabile per il consumatore medio. Il quotidiano “Repubblica” ce lo conferma riportando i dati del settore nel 2010: in Italia le cifre parlano di un giro di affari che per la profumeria si aggira intorno agli 897 milioni di euro, con una spesa procapite di circa 152 euro, contro una media di 124 euro, confermandosi un settore in continuo fermento. Un forte contributo è dato dalle consumatrici donne, da sempre le più attente alle pratiche di bellezza e cura del corpo, ma si sottolinea anche un sempre maggior contributo degli uomini. La recessione economica porta ad eliminare beni considerati superflui, ma per il profumo si fa uno strappo alla regola, essendo ormai vissuto come un piccolo lusso personale a cui tutti possono accedere (Laurenzi 2010).

Gli italiani hanno un rapporto di empatia molto forte con l’infinito universo degli odori e dei profumi, e questo ci viene confermato anche da un’indagine effettuata dalla Spf & Associati per la Procter & Gamble. La ricerca ha coinvolto un campione di 600 persone e, in base ai risultati emersi, questi si possono suddividere in quattro categorie: gli esteti, i disinvolti, i fobici e gli igienisti (Rossi 2004). Il gruppo degli esteti è risultato il più numeroso, 30% circa, ed è composto da coloro che hanno un rapporto positivo con gli odori, vissuti come fonte di piacere, amano essere circondati da effluvi gradevoli e di conseguenza sono intolleranti verso tutti quelli considerati fastidiosi e cattivi. Sono generalmente appassionati di essenze, soprattutto per la persona e per la casa, tutto intorno a loro dovrebbe essere profumato e per questo l’odore di un ambiente, di una persona o cosa è un importante elemento di valutazione. I disinvolti rappresentano il 26,2% e si tratta di consumatori molto giovani, che vedono gli odori come un elemento naturale del mondo in cui vivono, dimostrandosi molto tolleranti verso quelli considerati sgradevoli. Amano l’aspetto edonistico dei profumi, ma sono anche consapevoli del loro aspetto animale. I fobici sono il 22% e sono coloro che vivono in modo negativo il mondo degli odori, visti come qualcosa da eliminare. L’etichetta scelta per questa categoria di persone è dovuta proprio alla loro fobia verso gli odori, anche verso quelli che normalmente non definiremmo cattivi. Quest’ultimi sono collegati ad un’idea di contaminazione e di invasione, se gli odori in generale sono soggetti da demonizzare, i profumi sono invece visti come armi letali con cui combatterli. L’ultima categoria è quella degli igienisti che sono il 21%. Il profumo, o comunque l’odore, specialmente di una persona, è per loro un importante metro di giudizio e sono i consumatori che più di tutti si preoccupano di ciò che pensano gli altri del proprio odore e di quello della propria casa. Il profumo è assunto come mezzo di comunicazione tacito con gli altri. Amano circondarsi di odori familiari e intimi e ripudiano l’aspetto animalesco del profumo. Concludendo i consumatori italiani vivono una relazione molto coinvolgente con il mondo dei profumi e degli odori, sia in positivo che in negativo, e ogni individuo li vive in modo molto personale.

Questo dimostra il fatto che, in un settore come la profumeria, la figura del consumatore è centrale, perché nel momento della scelta e dell’acquisto del prodotto profumo è spinto e guidato da una serie di sensazioni, emozioni e percezioni assolutamente intime.

Come abbiamo visto l’approccio che quest’ultimo ha con il mondo del profumo si è modificato nel corso dei decenni e ha fatto importanti passi avanti nel corso del XX e del XXI secolo. Infatti, fino alla metà del Novecento, il profumo era un prodotto relegato alla sfera del bagno e della toeletta, quindi visto come un prodotto propedeutico alla pulizia del corpo. Una visione prettamente maschile, ma condivisa anche dal mondo femminile, che in più attribuiva l’uso del profumo alle occasioni ritenute importanti o particolari (cfr. www.accademiadelprofumo.it). Solo nel corso dei decenni successivi il profumo entra a far parte della quotidianità del consumatore. Le donne si dimostrano le più interessate a questo genere di prodotto e fino agli anni Ottanta saranno le principali consumatrici. Solo in questo periodo l’uomo si avvicina con più decisione alla profumeria, considerando le fragranze non più come prodotti esclusivamente femminili che possono mettere in discussione la propria mascolinità. Così il maschio latino abbandona progressivamente l’immagine rude e poco curata, per abbracciare un nuovo ideale di virilità, che viene esaltata proprio attraverso una maggiore attenzione verso il proprio corpo e la propria immagine (Laurenzi 1988). Profumarsi vuol dire volersi bene, investire nel migliorarsi ottenendone una notevole autogratificazione. Infatti per la società contemporanea il buon odore è sinonimo di pulizia e dona una sensazione di rassicurazione, di sicurezza, tanto che oggi l’essere adeguatamente curati nell’immagine è percepito quasi come un bisogno sociale: essere puliti e profumati significa avere rispetto per sé, ma soprattutto per gli altri, con cui automaticamente si stringono più facilmente rapporti e relazioni (Laurenzi 1988). Il profumo assume la funzione di biglietto da visita odoroso.

Di fronte a queste rinnovate esigenze sociali, la profumeria ha risposto incentivando la gamma di prodotti offerti, al fine di soddisfare tutti i diversi bisogni. Ma questo settore deve anche fare i conti con un consumatore che è sempre più informato e quindi sempre più consapevole. La pubblicità non lo incanta più come in passato, le immagini patinate e gli slogan accattivanti hanno ormai poca influenza. Ora si guarda l’etichetta, le composizioni e le materie utilizzate, la qualità del prodotto. Inoltre la vasta proposta del settore rende il consumatore volubile e infedele. Infatti l’era del profumo che una volta scelto ci accompagna tutta la vita è finita. Il consumatore contemporaneo ha bisogno di soddisfare esigenze molteplici e molteplici devono essere i prodotti a sua disposizione. Così si moltiplicano le bocchette sulle mensole del proprio bagno, ciascuna scelta per un’occasione diversa e quella da indossare in quel momento dipende dall’umore, dagli impegni della giornata, dal tipo di incontri che ci attendono e, ovviamente, anche dal vestito da indossare. Proprio come quest’ultimo, al profumo si richiede di cadere a pennello, deve rispecchiare la propria personalità e deve far sentire bene e a proprio agio chi lo indossa (Paparatti 2008).

Ovviamente la differenza tra i consumi maschili e femminili è ancora evidente e, da un’indagine di “Kosmetica” del 2008, emerge che mentre le donne utilizzano giornalmente dai 20 ai 25 prodotti tra profumeria e cosmetica, l’uomo scende tra i 5 e i 6 prodotti al giorno. Senza contare il cosiddetto “consumo clandestino”, praticato sempre dagli uomini, che sembrano provare ancora imbarazzo nell’esternare questa maggiore attenzione verso il proprio corpo, prendendo così in prestito i prodotti acquistati da mogli, fidanzate o sorelle (Laurenzi 2004). Mentre gli uomini non si sentono ancora a proprio agio nel ruolo di clienti della profumeria, le donne al contrario vivono questi luoghi come spazi in cui possono liberamente dedicarsi a loro stesse. Neanche la crisi le ha fermate e piuttosto preferiscono acquistare meno capi d’abbigliamento e accessori alla moda, ma non rinunciano al profumo. Questo, infatti, è sempre più collegato ad un concetto di benessere psicofisico, per cui la ricerca e la scelta della fragranza è un momento di piacere e relax, coinvolgente a livello sensoriale.

Ma donne e uomini non sono gli unici consumatori. Negli ultimi anni i target si sono moltiplicati e ora le maisons devono tenere conto della fascia dei giovani, dei bambini e degli anziani. I primi sono la categoria più interessata al prodotto griffato e alle ultime novità, il loro profumo deve essere rigorosamente firmato da un marchio noto, di conseguenza la pubblicità fa su di loro molta presa e per tutti questi motivi sono anche i consumatori più volubili, essendo coloro che seguono con più assiduità le mode del momento (cfr. www.columbusit.com). Una categoria estremamente particolare è quella dei bambini, per cui il profumo non è tanto un gioco, come si potrebbe pensare, ma un rito che va rispettato soprattutto nelle occasioni per loro speciali, come feste o compleanni, seguendo così le orme dei loro genitori (“Corriere della sera” 1993). Il debutto della profumeria in questa fascia del mercato non è stato dei migliori. I primi profumi erano pensati con un occhio di riguardo alla pelle sensibile e delicata dei bambini, per cui risultavano estremamente volatili e sparivano dopo poco tempo dall’applicazione. È stata la maison Guerlain, nel 1994, a creare il primo vero profumo per i più piccoli: Petit Guerlain, con tanto di note di testa, di cuore e di fondo, come quello degli adulti (Fiorentino1994).

Dai bambini, passando attraverso i teenagers e gli adulti, fino alla categoria degli anziani, a cui la profumeria ha deciso di dedicarsi considerando la speranza di vita sempre più lunga. Anche in questa fascia le principali consumatrici sono donne e in generale i prodotti più richiesti sono quelli antietà, che le aiutano a sentirsi ancora giovani e attive. Le profumazioni fresche e giovanili sono le preferite, abbattendo il tabù dell’età. Si tratta quindi di una clientela molto ampia e segmentata, che recentemente si è ulteriormente allargata, sconfinando nel regno animale. Infatti, per accontentare i veri fanatici della profumeria, per i quali tutto intorno a loro deve profumare, c’è chi ha anche pensato al primo vero profumo per i fedeli amici dell’uomo: i cani. Si chiama Oh my dog ed è stato lanciato sul mercato, nel 2000, dal marchio Dog Generation e, a differenza di quanto si possa pensare, non si trova sugli scaffali anonimi dei negozi per animali, ma nelle vere profumerie, trattandosi di una vera eau de toilette pensata più per far piacere ai padroni che ai loro cani (Porqueddu 2000).

La cultura del profumo oggi

A confronto con molteplici tipologie di consumatori con specifiche esigenze, il nuovo obiettivo delle aziende non riguarda più esclusivamente il prodotto, ma anche tutto ciò che concerne il servizio al cliente e il punto vendita. Questi sono aspetti che oggi influenzano particolarmente i comportamenti d’acquisto e per cui devono essere curati con attenzione. Proprio per definire al meglio la figura del consumatore contemporaneo del settore profumeria, la società di ricerca e marketing PLUS srl di Perugia ha svolto nel 2004 un’indagine, sottoponendo un campione di 655 intervistati ad un questionario. Questo ha permesso di tracciare il profilo dei clienti di tre note insegne distributive che operano in Italia: Douglas, L’Orchidea e Sephora.

Riassumendo i risultati, è emerso che generalmente queste insegne e i loro grandi punti vendita attirano una clientele giovane, collocabile tra i 19 e i 35 anni (48,70%), a cui si aggiunge una buona fetta di clienti tra i 36 e i 55 anni (33,59%). Si tratta per lo più di consumatrici donne, oltre l’80% del campione, anche se gli uomini sono una categoria in continuo aumento. Una buona percentuale di clientela fa registrare un tasso d’istruzione medio e medio-alto, con un alto numero di diplomati (45,50%) e un buon numero di laureati (22,60%). Per quanto riguarda gli aspetti che influenzano i comportamenti d’acquisto, tra i più importanti viene annoverata la location del punto vendita: infatti i consumatori preferiscono avere i propri negozi di fiducia il più possibile vicino ai luoghi di residenza o dell’attività lavorativa (58,32% degli intervistati si servono vicino) e le tre insegne protagoniste dell’indagine hanno individuato questo punto strategico. Tale aspetto influisce notevolmente sulla frequenza di visita di questi spazi commerciali, agevolando la fidelizzazione: più della metà dei consumatori (62,60%) vi si reca almeno una volta al mese e una buona fetta (22,75%) una volta ogni tre mesi. Per ciò che riguarda i prodotti maggiormente acquistati ci sono in primis i profumi, seguiti dai prodotti del make up e in ultimo i prodotti per la cura del corpo, come le creme, per l’igiene personale e per la cura dei capelli. Questo dimostra che si tratta di punti vendita estremamente forniti e proprio il vasto assortimento è uno dei motivi delle frequentazioni della clientela. Si aggiunge poi il fattore convenienza, seguito dal personale di vendita e le offerte promozionali. Proprio riguardo al servizio queste tre insegne si dimostrano particolarmente forti: quasi la totalità del campione intervistato (92,67%) si dichiara molto soddisfatto.

In virtù di una clientela sempre più esigente, in quanto sempre più informata e attenta ai propri acquisti, per le aziende del settore è di primaria importanza la formazione del personale di vendita, che può trasformarsi in potente mezzo di fidelizzazione del cliente. Quest’ultimo richiede cortesia e professionalità, che comporta anche un’adeguata conoscenza dei prodotti e delle novità, saper ascoltare il visitatore e non dimostrarsi mai invadenti. Infatti una piccola fetta di consumatori ammette di essersi ritrovato di fronte personale di vendita troppo pressante, quasi assillante, dichiarandosi infastidito dalla sua costante presenza (Pastorelli 2008). Dunque il successo di queste grandi superfici di vendita è la sensazione di libertà che regalano al cliente, che non si sente inibito nei suoi comportamenti e vive questi momenti come attimi di relax dedicati a se stesso. Nonostante ciò il nostro Paese non è ancora completamente dominato dalla grande distribuzione, la quale negli ultimissimi anni sta conoscendo la concorrenza di punti vendita particolari come le farmacie e le erboristerie.

Inoltre, le risposte delle donne associano il profumo al concetto di femminilità e di seduzione, nelle risposte degli uomini invece questo è collegato ad un’idea di cura di sé, che va oltre il concetto di igiene e pulizia (Pastorelli 2008). Trattandosi di appassionati del profumo, la domanda successiva verte sul momento in cui questo prodotto è entrato nella loro esistenza e in che modo. In moltissime risposte compare la parola “sempre”, come se il profumo fosse nato con loro, un aspetto della loro esistenza che li accompagna dalla nascita. Ad ogni modo, nel resto delle risposte, anche se si cita un momento preciso, questo è sempre molto lontano nel tempo e il più delle volte si tratta di episodi legati all’infanzia, del cui ricordo è rimasto intatto l’odore, come l’acqua di colonia della mamma o il talco della nonna. C’è infine una minoranza che ha riportato, invece, il racconto di momenti precisi legati all’adolescenza e oltre in cui la passione è scattata grazie al regalo proprio di un profumo (Pastorelli 2008). Pastorelli prosegue ponendo domande più personali: “cosa cerchi in un profumo?”. Le risposte pervenute si possono dividere in due gruppi: quelle che dichiarano di ricercare aspetti specifici e tecnici, come la persistenza, la freschezza, l’intensità o la leggerezza, e un secondo gruppo che dichiara di ricercare la capacità di rappresentare la propria personalità e di saperla trasmettere. Il profumo ha quindi il potere di parlarci dell’altro, di raccontarci di lui e, nella successiva domanda, l’esperta vuole indagare proprio questo aspetto: “Cosa ti dice, cosa ti racconta un profumo?”. Una buona parte degli intervistati parla di “ricordi”, quindi della capacità di un profumo di riportare la mente a momenti del passato per la maggior parte piacevoli, a luoghi o viaggi. Per altri invece un profumo racconta della persona che lo indossa, come se rappresentasse la sua firma olfattiva. Dalle domande personali l’esperta passa ad indagare il legame tra il profumo e la casa. Profumare i propri spazi abitativi significa non solo creare un ambiente piacevole da vivere, ma anche dare una nuova vita agli oggetti, fornendo loro una dimensione conviviale ed accogliente, aspetto molto importante se teniamo in considerazione di quanta poca poesia e di quanto poco calore ci sia nello stile di vita che ci impone la società attuale. La domanda posta è stata la seguente: “Cosa è il profumo della casa?” La maggior parte delle risposte lo hanno collegato all’idea di pulito e ordine, mentre un altro campione parla invece di “marca olfattiva” della casa, proprio come avviene per le persone. Marca olfattiva è da intendere come quell’insieme di odori, profumi che automaticamente il soggetto riconduce alla propria casa, che lo accoglie di ritorno da un viaggio o dopo una lunga assenza e lo fa sentire al sicuro nel proprio nido. In ultimo, alcune risposte, parlano di profumo della casa come essenza che nasce a sua volta dai profumi di chi la abita, dalle tante scie olfattive lasciate da chi vi vive.

Le domande poste successivamente vogliono indagare l’aspetto pratico e tecnico della profumazione della casa: “Profumi la tua casa/i tuoi spazi privati?” Come ci si aspettava, la quasi totalità degli intervistati (32 su 42) ha risposto positivamente, solo 8 persone saltuariamente e 2 hanno dato risposta negativa. Emerge dunque che, per il campione di consumatori presi in considerazione, profumare i propri spazi privati è molto importante e alla domanda su quali siano gli ambienti che si preferisce deodorare le stanze in cima alla classifica sono il salotto, il bagno e la camera da letto. C’è poi chi ha dichiarato di dedicarsi alla deodorazione di tutte le parti della casa, e in fondo alla lista ci sono cucina, sala da pranzo e studio. Il profumo nelle varie parti della casa assolve ad una funzione di distinzione e separazione degli ambienti aperti al pubblico e deputati alla sua accoglienza, da quelli di esclusivo utilizzo dei suoi abitanti. Non a caso il salotto rientra nella prima categoria di ambienti, mentre il bagno e la camera da letto nella seconda. Tra le tecniche di deodorazione più utilizzate, dagli intervistati, in primis ci sono i sacchetti profumati per armadi, le candele e il pot pourri, e all’ultimo posto i diffusori elettrici, sintomo che i metodi tradizionali sono ancora i più apprezzati, oltre a prevedere l’utilizzo di accessori che sono anche gradevoli alla vista e decorano la casa, incentivando l’aspetto di convivialità ed accoglienza. Inoltre deodorare gli armadi riflette il desiderio di crearsi uno spazio ancora più intimo e personale, a cui solo noi possiamo accedere e che contiene i nostri abiti, gli accessori e una serie di oggetti che, come il profumo, ci rappresentano da vicino. A questo punto l’esperta vuole raccogliere informazioni sul momento dell’acquisto del profumo, a patire dal luogo. Le risposte ricevute indicano diverse tipologie di negozi a cui il campione si rivolge: in testa ci sono le profumerie, seguite dal grande magazzino e a pari merito la profumeria selettiva e il negozio specializzato, invece agli ultimi posti troviamo farmacia, erboristeria e Internet. Alcuni degli intervistati, infine, dichiarano di rivolgersi a punti vendita diversi a seconda del tipo di profumo da acquistare, se quello per sé o per la casa. Da notare è che, nonostante le ultime tendenze in fatto di distribuzione privilegiano le catene di insegne internazionali, una parte del campione afferma di rivolgersi ancora alla profumeria selettiva, cioè negozi che propongono una gamma selezionata di prodotti e considerati, dagli esperti del settore, i luoghi che più di tutti possono contribuire a far nascere in noi la passione verso il mondo del profumo. Infatti, normalmente è qui che si possono trovare dei profumi di un certo spessore e qualità, da intenditori, lontani dalle mode del momento e dalla logica del marchio.

Il questionario si sposta poi verso il servizio: “Quando acquisti un profumo preferisci farti assistere o scegliere da sola/o?”, 34 su 42 persone preferiscono fare da sola/o, solo 7 vogliono essere assistiti. C’è anche chi ha ammesso di assumere atteggiamenti diversi in base al tipo di negozio in cui ci si reca: di solito nelle profumerie selettive è preferibile l’aiuto del personale di vendita, essendo di fronte a prodotti più particolari e ricercati, mentre si preferisce fare da sé negli altri tipi di negozi. La successiva domanda verte sul tipo di prodotto che si ricerca, se si preferisce uno pubblicizzato e conosciuto o diverso dagli altri, che si distingua: su 42 intervistati, 20 hanno risposto che la scelta dipende da quello che piace in quel momento, seguono 17 persone che preferiscono i prodotti diversi e particolari, solo 4 quelli pubblicizzati e una sola persona sceglie entrambi. Di conseguenza Ornella Pastorelli ha chiesto loro quanti siano influenzati dalla comunicazione che accompagna il lancio dei prodotti e quasi a pari merito le risposte si sono divise tra “Per nulla” con 18 mail e “Poco” con 17 risposte, ci sono ben 4 che dichiarano di esserlo molto e 3 abbastanza. La scarsa influenza che il primo campione di persone dimostra al messaggio pubblicitario, dipende in parte dall’affezione che le stesse persone hanno ammesso verso prodotti già conosciuti e provati, che piacciono loro e che difficilmente sono disposti a cambiare. L’intervista si concentra infine verso il punto vendita e i pareri che i consumatori hanno a riguardo: “Come dovrebbe essere la profumeria ideale?”. Una prima parte delle risposte ricevute si concentra sull’aspetto della dimensione del negozio e, mentre alcuni preferirebbero degli spazi ridotti, la maggior parte li vorrebbero ampi e accoglienti. Questo desiderio è direttamente collegato a quello di potersi muovere liberamente al loro interno e di poter testare i prodotti senza inibizioni.

Inevitabilmente, la successiva ed ultima domanda dell’indagine riguarda il servizio vendita e quali siano le aspettative dei diversi consumatori a riguardo. Gli aggettivi più frequentemente utilizzati sono stati “gentile”, “competente” e “non assillante”, parole che sottintendono un certo fastidio nel caso in cui ci si trovi di fronte a personale troppo pressante ed invadente, ma sono questi stessi consumatori che, qualora avessero bisogno di assistenza, richiedono personale esperto, informato e professionale, meglio ancora se anch’esso appassionato di profumeria (Pastorelli 2008).

Oggi, specialmente per il consumatore contemporaneo, i profumi, le essenze e gli odori sono aspetti della propria vita sempre più legati alla sfera intima, alle proprie emozioni, alla propria sfera degli affetti. Di conseguenza si caricano di valenze positive e per cui l’uomo desidera sempre di più che essi siano presenti nel suo quotidiano, attraverso il profumo personale, per la casa, per l’ufficio, ecc. Attraverso studi e indagini svolte da aziende e società di ricerca, è stato possibile raggiungere lo scopo di delineare i tratti distintivi del cliente della profumeria, dando voce a chi oggi vive da vicino e con spiccato interesse o passione questo mondo affascinate. Inoltre in questo modo si è reso possibile l’obiettivo di raccogliere, in modo diretto, le motivazioni dell’attuale rapporto che la società ha stretto con il profumo e con tutto ciò che gravita intorno ad esso. Un universo estremamente complesso e variegato, di cui sorprende come un prodotto così antico sia sopravvissuto nel tempo, nel corso della storia, superando ogni tipo di cambiamento sociale ed economico, trasformandosi negli usi, nelle tecniche di preparazione e nell’immagine, ma conservando e, anzi, rafforzando la sua aurea di magia e di attrazione sull’uomo, l’uomo moderno, dedito a fredde tecnologie e stili di vita sempre più privi di qualsiasi poesia.

Biografia

Martina Bonvecchi nel 2010 ha conseguito la laurea triennale in Culture e Tecniche del costume e della moda presso l’Università di Bologna, polo di Rimini, presentando una tesi dedicata alla storia del profumo e all’evoluzione del rapporto dei consumatori con questo prodotto.

Biography

Martina Bonvecchi graduated in Fashion Cultures and Techniques at the University of Bologna-Rimini in 2010, with a thesis about perfumery history.

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