V. K. Kolomiez, Političeskij obraz sovremennoj Italii. Vzgljad iz Rossii, Mysl’, Moskva, 2013, pp. 329.

di Sergej Vasil’cov

Il volume – L’immagine politica dell’Italia contemporanea. Uno sguardo dalla Russia nella traduzione italiana del titolo – dimostra la fedeltà dell’A. allo studio dell’Italia immaginaria. A differenza del suo libro precedente, Il Bel Paese visto da lontano. Immagini politiche dell’Italia in Russia da fine Ottocento ai giorni nostri (Piero Lacaita Editore, 2007), Vjačeslav Kolomiez rivolge questa volta la sua attenzione all’immaginario storico degli italiani. Non è però la sola linea di continuità che si riscontra nel libro: ve ne è anche un’altra con la tradizione (ormai in via di estinzione e quasi spenta) degli studi russi sulla storia dell’Italia contemporanea, particolarmente intensi negli ultimi decenni del Novecento, che precedettero il tramonto della Prima Repubblica in Italia e del socialismo reale nell’Unione Sovietica. Sulla scia dei suoi predecessori che contribuirono a legittimare le ricerche sulla sociologia della politica italiana (sul processo elettorale, sul comportamento politico, ecc.) nell’ambito propriamente storico e storiografico, l’A. condivide l’impostazione metodologica caratterizzata da una forte vocazione agli approcci interdisciplinari.
La presenza degli elementi delle discipline affini alla storia – della sociologia e della scienza politica – è confermata anche dalla scelta relativa al fondamento empirico della ricerca. La maggior parte delle fonti è rappresentata dai sondaggi di opinione pubblica, condotti da vari istituti demoscopici italiani, dalla Doxa alla Makno, Computel 2, SWG e parecchi altri, sui temi storici. Questa scelta a favore dei sondaggi, fonti predilette piuttosto dei sociologi, contesta, difatti, il vecchio pregiudizio degli storici, soprattutto in Russia, disposti a trattare la demoscopia con molta diffidenza, a negare la sua attendibilità e a considerarla spesso come se non fosse altro che uno strumento di manipolazione delle coscienze.
Un altro momento di affinità con le scienze sociali, e segnatamente con la scienza politica, sul quale insiste particolarmente l’A., emerge nell’interpretazione stessa del concetto di immagine politica intesa stavolta come effetto e risultato delle rappresentazioni del passato. Con questo angolo visuale l’A. giustifica la collocazione del concetto di immagine politica nell’ambito della cultura storiografica, mettendo in rilievo i fattori propriamente storici, a lungo termine assai più che congiunturali, della genesi del fenomeno immaginario.
L’immagine politica a solido fondamento storico, alla ricostruzione della quale è dedicata la ricerca, viene originariamente costruita dalla gente comune priva di competenze specifiche nella ricerca storica, nello studio e neanche nella divulgazione della storia. Sono in questione, dunque, il sapere storico profano dell’˝uomo della strada˝ a differenza di quello dotto dell’élite intellettuale, la subcultura storiografica popolare dei ceti sociali quantitativamente rilevanti sempre a differenza di quella elitaria dei cerchi ristretti di storici accademici e di divulgatori della storia. L’A. vuole affermare il protagonismo e i diritti di cittadinanza del sapere storico profano e dei suoi detentori nell’area della cultura storiografica generale, pur dichiaratamente riconosciuti, ma in realtà trascurati, se non disprezzati dalla tradizione accademica.
Il recupero della storia profana in possesso della gente comune è lungi però da qualsiasi pretesa di affermare la sua posizione isolata nell’ambito della cultura storiografica. Anzi, il sapere storico profano viene visto nel suo confronto con gli altri modi della rappresentazione del passato, nel rapporto difficile tra diverse subculture storiografiche, a cominciare dalla storiografia accademica a quella mediatica e divulgativa.
Sono evidenziate le contraddizioni della cultura storiografica italiana contemporanea, registrate non solo dai sondaggi di opinione, ma anche da altri tipi di fonti largamente usate nella ricerca, tra le quali figurano soprattutto testimonianze epistolari (lettere alle redazioni dei quotidiani e periodici) e giudizi degli esperti (degli storici, giornalisti, letterati) sull’uso pubblico della storia in Italia. Ci si trova cioè da una parte di fronte ad una vera e propria perdita della memoria storica propria di vasti strati della gente comune, dell’indifferenza, del disinteresse nei confronti del proprio passato, della diffusione del sapere storico superficiale, dei fenomeni di ignoranza storica.
D’altra parte, rivela l’A. analizzando i meccanismi selettivi della memoria storica dell’˝uomo della strada˝, non si tratta affatto di un’amnesia storica collettiva. Le preferenze storiche della gente comune, e lo confermano i dati delle ricerche demoscopiche, sono a favore degli avvenimenti, dei personaggi storici che fanno parte della sua vita o comunque si riferiscono al suo tempo biografico. In tal modo il fenomeno di oblio si presenta nelle due dimensioni diverse, e la loro contraddizione di fondo viene almeno attenuata: il degrado della coscienza storica attuale non è quindi né totale né assoluto e l’apparente svalutazione del passato, in effetti, non è spesso che la conseguenza del processo naturale di perdita dei ricordi, soprattutto sgraditi, con il passare del tempo.
Naturalmente il destinatario principale e privilegiato del libro è il lettore russo al quale sono rivolte le disquisizioni sulle culture storiche e storiografiche dei due paesi, dell’Italia e della Russia, sul loro condizionamento reciproco, non prive però di interesse anche per il lettore italiano.