Le “storie locali” nel recente dibattito storiografico

a cura di Paolo Carusi

Negli ultimi lustri, la storia locale è andata articolandosi in numerosi e differenti filoni di ricerca; questa tendenza è nata dalla necessità dei singoli studiosi – a seconda delle rispettive specializzazioni ed “inclinazioni” scientifiche – di meglio individuare e delimitare il proprio campo di indagine, scegliendo lo spazio più adatto alla propria prospettiva analitica. Attraverso gli stimoli provenienti da metodologie mutuate dalle scienze sociali e dalla geografia, quindi, gli storici hanno provato a misurarsi con differenti spazi (o “luoghi”, secondo la concezione dell’antropologo francese Augè 2002) fisici, geopolitici ed antropici, ottenendo stimolanti ed innovativi risultati1.

Pur in questa varietà di approcci metodologici e interpretativi, almeno sul “tempo breve” tipico dell’età contemporanea, la dimensione politico-amministrativa si è però rivelata, nonostante lo scetticismo di molti2, ancora un valido “metro” di indagine ed ha mantenuto, dunque, una forte attrattiva sugli studiosi. Sebbene non aliena dalla ricerca e dall’individuazione di nuovi spazi di investigazione, la maggioranza dei ricercatori non ha quindi abbandonato il criterio dell’articolazione amministrativa ed ha contribuito, così, a rinvigorire i tradizionali filoni di studi di storia della città3 e di storia delle regioni4; mentre generalmente i ricercatori non hanno individuato particolari stimoli a cimentarsi in studi relativi alla dimensione provinciale5.

In un dibattito così articolato6, dunque, gli studiosi hanno fornito, prima ancora che risultati conoscitivi, nuovi ed originali approcci metodologici, fondati sull’interdisciplinarità. La natura sfaccettata e composita dell’oggetto di studio, infatti, ha suggerito ai ricercatori il confronto con nodi e tematiche di varia e differente natura. Dal punto di vista politico ed economico si è rivelata assolutamente necessaria la capacità di cogliere i rapporti fra la classe politico-amministrativa ed i problemi posti dalle nuove istanze provenienti dal territorio urbano e rurale. Dal punto di vista sociale ed ambientale, invece, è apparso necessario concentrare l’attenzione sui problemi del territorio, concepito come ambiente spaziale –naturale o artificiale – definito, nel quale l’individuo vive ed esercita la sua azione quotidiana. È per questo motivo che in campi d’indagine tradizionalmente riservati a storici politici e sociali si sono affacciati studiosi di geografia umana e del paesaggio, metodologicamente abituati a confrontarsi con il “lungo periodo”, ma che hanno saputo dare, nel contesto delle dinamiche accelerate tipiche dell’età contemporanea, un efficace contributo nel delineare i mutamenti degli scenari in cui si manifestano gli interventi della politica.

In un simile quadro, che non si esaurisce solo nell’analisi storico-politica, ma che non è neppure determinato esclusivamente dalle condizioni ambientali, si rivela quindi fondamentale l’approccio multidisciplinare. Risulta, infatti, importante per gli storici tener conto delle caratteristiche del territorio e della sua resistenza naturale e antropologica al cambiamento; mentre per i geografi è essenziale comprendere, nella scansione temporale, le ragioni socio-politiche e gli interessi economici alla base delle scelte di innovazione o conservazione adottate dai detentori del potere politico e amministrativo (e, quindi, anche l’accelerazione o il ritardo nella trasformazione dell’ambiente).

In virtù delle suggestioni generate da tale dibattito, da alcuni anni, un gruppo di ricerca del Dipartimento di Studi storici, geografici, antropologici dell’Università “Roma Tre”, coordinato da Mario Belardinelli, ha tentato di studiare aspetti significativi della storia politica ed economico-sociale, nonché dei problemi del territorio, di Roma e della sua provincia nel periodo giolittiano e negli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale. Le prime ricerche in questa direzione sono confluite nel volume Roma in transizione. Ceti popolari, lavoro, territorio nella prima età giolittiana (Carusi 2006); vicende e problemi del decennio che precede la Grande guerra sono stati poi analizzati in Roma e la sua provincia 1904-1914. Poteri centrali, rappresentanze locali e problemi del territorio (Belardinelli, Carusi 2008); agli anni del primo conflitto mondiale ed alla crisi del sistema liberale, infine, è stato dedicato La capitale della nazione. Roma e la sua provincia nella crisi del sistema liberale (Carusi 2011).

Al momento del manifestarsi, anche nella provincia romana, dei processi politici e socio-economici innescati dalla seconda rivoluzione industriale, in che modo la classe politico-amministrativa capitolina rispondeva ai problemi nati dalla conseguente trasformazione politica, demografica, edilizia, rivendicativa, consumistica della “città eterna”? Quali rapporti maturava, in questa fase, il vasto ed articolato territorio provinciale e la sua classe dirigente con il sempre più assorbente centro di potere costituito dal capoluogo?

A questi interrogativi il gruppo di ricerca ha cercato di rispondere attraverso un’ampia interazione tra storici politici e sociali, geografi e studiosi dell’ambiente e del territorio.

A Roma il progressivo allargamento del tessuto urbano, dovuto alla crescita della popolazione (cui contribuiva la continua emigrazione di individui provenienti dalle campagne lazialie da altre province in cerca di lavoro), alla proliferazione degli uffici (statali, comunali e aziendali privati) e alla disordinata espansione economica, portava la capitale ad estendersi fino all’agro romano ed accresceva gli “atavici” problemi del caro-viveri e del caro-pigioni. Con tali questioni dovevano misurarsi le amministrazioni comunali e provinciali, costrette ad attivarsi per regolare lo sviluppo edilizio, realizzare le vie di comunicazione, creare e mantenere efficienti i servizi di trasporto, illuminazione e fognatura, razionalizzare l’approvvigionamento di generi alimentari.

A sua volta il governo nazionale non poteva restare spettatore passivo di questo processo: occorreva controllare attraverso gli organi statali le diverse iniziative, verificandone la regolarità degli atti e contenendone le spese; era necessario, poi, contribuire alle realizzazioni, fornendo aiuti alle municipalizzazioni, sostegni finanziari e concessioni di energia idroelettrica. Non si dimentichi, inoltre, che il governo centrale non poteva eludere gli impegni già assunti relativamente allo sforzo edilizio legato alla creazione di una “grande” capitale.

Nell’ambito della vastissima provincia (coincidente – grosso modo – con l’attuale Lazio, esclusa la zona settentrionale di Rieti e quella meridionale di Gaeta e Formia), ancora caratterizzata da strutture produttive tradizionali e dalla consolidata piramide sociale, i problemi del territorio apparivano meno urgenti, ma in realtà iniziavano a palesarsi inequivocabili segni di cambiamento. Mentre aumentavano sensibilmente la conflittualità sociale e le proteste per carichi fiscali e contratti agrari giudicati iniqui, crescevano altresì le richieste in direzione di un’identità territoriale autonoma, capace di sottrarre almeno in parte il territorio provinciale alla “forza centripeta” capitolina. In tal senso, emblematico era il caso dei Castelli Romani, territorio nel quale tanto lo sviluppo dell’associazionismo politico, quanto l’elaborazione di processi identitari, favorivano la maturazione di sentimenti di autonomia dall’assorbente centro romano7.

Andava realizzandosi così un quadro nel quale la soddisfazione dei bisogni e delle istanze e la concezione delle risorse e dello spazio mutavano profondamente rispetto al passato; in un tale contesto, quindi, oggetto di studio di principale interesse si è rivelato il nodo dello scontro, realizzatosi su vari e diversi piani, tra le resistenze dei ceti possidenti e le spinte modernizzanti di nuovi soggetti in ascesa.

In occasione di un convegno tenutosi nell’ottobre del 2009 (del quale “Storia e Futuro” ha pubblicato un resoconto – cfr. Sanfilippo 2010), si è ritenuto opportuno allargare in termini comparativi il campo delle indagini, riunendo in una ideale tavola rotonda studiosi di altre realtà provinciali italiane, con speciale riguardo alle aree centro-meridionali. Tra i contributi presentati in quell’occasione, si sono segnalati, per la ricchezza e la complessità della trattazione, quello di Maria Marcella Rizzo e quello di Francesco Dandolo, nei quali vengono analizzate, con differenti approcci metodologici, le realtà politiche, sociali ed economiche di due tra le più sviluppate province del Mezzogiorno: la Terra d’Otranto e la provincia di Napoli.

Questi due interventi, aggiornati e corredati da apparato critico, vengono qui riproposti con l’intenzione di costituire un ulteriore elemento di dibattito in un panorama storiografico così ricco, negli ultimi anni, di fermenti e di stimoli.

Bibliografia

Augé M.

2002                Non luoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Milano, Eleuthera (1° ed. fr. 1992).

Belardinelli M., Carusi P. (cur.)

2008                Roma e la sua provincia 1904-1914. Poteri centrali, rappresentanze locali e problemi del territorio, Roma, Croma-Università Roma Tre.

Bordone R., Guglielmotti P., Lombardini S., TorreA. (cur.)

2007                Lo spazio politico locale in età medievale, moderna e contemporanea, Alessandria, Edizioni dell’Orso.

Bortolotti L.

2002                Storia, città e territorio, Milano, Franco Angeli.

Carusi P. (cur.)

2006                Roma in transizione. Ceti popolari, lavoro, territorio nella prima età giolittiana, Roma, Viella.

2011                La capitale della nazione. Roma e la sua provincia nella crisi del sistema liberale, Roma, Viella.

D’Agostino G., Gallerano N., Monteleone R.

1978                Riflessioni su “storia nazionale e storia locale”, in “Italia Contemporanea”, n. 133.

De Lorenzo R. (cur.)

2007                Storia e misura. Indicatori sociali ed economici nel Mezzogiorno d’Italia (secoli XVIII-XX), Milano, Franco Angeli.

De Nicolò M. (cur.)

2006                Storie regionali, fascicolo di “Memoria e Ricerca”, n. 22, maggio-agosto.

2008                Il Lazio contemporaneo. Politica economia e società nel dibattito storiografico e nella ricerca storica, Milano, Franco Angeli.

Denitto A.L. (cur.)

2010                Atlante storico della Puglia moderna e contemporanea. Materiali su amministrazione, politica, industria, Bari, Edipuglia.

Maggi S.

2008                Fra storia locale e storia sociale. Appunti per lo studio del territorio, “Storia e futuro”, n. 16, marzo.

Piccioni L.

1993                I castelli romani. Identità e rapporto con Roma dal 1870 ad oggi, Roma-Bari, Laterza.

Sanfilippo A.L.

2010                Roma e la sua “megaprovincia” nella crisi del sistema liberale (1914-1922). Progettualità politica e gestione del territorio. Riflessioni intorno al convegno, Roma, 15-16 ottobre 2009, in “Storia e Futuro”, n. 23, giugno.

Treves A.

2004                I confini non pensati: un aspetto della questione regionale in Italia, in “Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Milano”, vol. LVII, fasc. II, maggio-agosto.

  1. Tra i volumi apparsi negli ultimi anni ricordo, specie per le suggestioni metodologiche, Bordone, Guglielmotti, Lombardini, Torre 2007; De Lorenzo 2007; Denitto 2010. []
  2. Già sul finire degli anni ’70, ad esempio, autorevoli studiosi lamentavano il fatto che “in troppe ricerche di storia locale la dimensione spaziale investita dall’indagine tende a identificarsi naturalmente, senza cioè che il fatto venga sottoposto ad alcuna riflessione metodologica, con le circoscrizioni amministrative (comunali, provinciali, regionali) che non sempre, anzi di regola assai di rado, corrispondono ad aree omogenee o in qualche modo significative” (D’Agostino, Gallerano, Monteleone 1978, 10). []
  3. Tra le opere più significative dal punto di vista interpretativo e metodologico apparse nell’ultimo decennio, si veda almeno Bortolotti 2002. []
  4. A tale riguardo si vedano almeno Treves 2004, 243-264; De Nicolò 2006. []
  5. Recentemente Marco De Nicolò (2006, 11), ricostruendo il dibattito sulla storia locale in Italia, ha rilevato che “più sicuri erano i confini stabiliti nelle storie delle città; mentre le Regioni suscitavano […] un vivace dibattito e le Province non suscitavano particolari attenzioni”.  []
  6. Sul più recente dibattito storiografico in tema di storia locale si vedano De Nicolò 2008; Maggi 2008.  []
  7. Su tali aspetti si veda almeno il bel lavoro di Piccioni 1993. []