Daniela Camurri
Il 2 e 3 dicembre 2009 si è tenuto a Milano, nella sala “della Passione” della Pinacoteca di Brera, il convegno conclusivo dell’anno dedicato al bicentenario dell’apertura della galleria milanese, inaugurata il 15 agosto 1809, giorno onomastico di Napoleone Bonaparte che ne aveva promosso la realizzazione sull’esempio del Louvre francese, la cui apertura rappresentò una svolta epocale nella storia dell’arte europea.
L’Europa dei Lumi aveva già discusso della necessità di costruire dei luoghi di conservazione delle opere d’arte e delle testimonianze del passato. Nel corso del Settecento si era assistito alla nascita dei primi musei a fruizione pubblica, benché ancora élitaria, e per la prima volta, mentre le armate attraversavano l’Europa, si aprì in un governo, la Convention Nationale di Parigi, un dibattito incentrato non soltanto sull’opportunità di includere le opere d’arte nei trattati di pace, ma sull’idea stessa di museo, sulla quale si basavano i procedimenti di requisizione. In Francia, negli anni della Rivoluzione, il rapporto tra insorti e arte aveva portato piuttosto alla distruzione di capolavori che alla loro conservazione, mentre in seguito si era fatta strada l’idea che fosse necessario raccogliere e conservare gli oggetti d’arte che appartenevano al popolo sovrano ed utilizzarli per la sua educazione patriottica, sino a concepire l’idea di realizzare al Louvre il più grande museo delle arti del mondo, nel quale i cittadini francesi avrebbero potuto ammirare l’intera panoramica della storia dell’arte europea.
Alla fine del 1794 giunsero a Parigi le prime opere d’arte prelevate dalle armate vittoriose nei Paesi Bassi “liberati”, quale parte del tributo di guerra dovuto ai vincitori, seguite presto da quelle tedesche e infine dal gruppo numericamente e qualitativamente più rilevante, quello delle opere requisite in Italia dalle truppe al comando di Bonaparte. Nel triennio 1796-1799 uscirono dall’Italia migliaia di opere d’arte che arricchivano tutte le piccole e grandi capitali che il nostro paese ancora contava alla fine del secolo XVIII. Il progetto del Grand Louvre era destinato tuttavia a durare pochi anni, dopo i Cento giorni e la sconfitta di Waterloo si andò rapidamente verso la dissoluzione del grande Musée Napoléon, ma l’idea che era stata alla base della sua nascita sopravvisse con successo alla Restaurazione, ed anzi, il museo parigino costituì un modello per gli stati vincitori: pressoché ovunque le opere recuperate a Parigi non tornarono più ai luoghi originari, ma andarono a costituire il primo nucleo dei futuri musei nazionali dei diversi paesi europei.
All’interno di questo quadro generale, il caso italiano presenta alcune peculiarità altrove assenti, originate dal fatto che il nostro patrimonio artistico fu oggetto di una doppia requisizione a favore non soltanto dell’arricchimento delle collezioni del Louvre, ma anche della nascita di un’istituzione museale “nazionale”, la Pinacoteca di Brera voluta dal viceré Eugenio Beauharnais. Con la nascita della Repubblica Cisalpina ed il trasferimento dei centri di potere a Milano, il 29 giugno 1797, furono create dal nuovo governo le Agenzie dipartimentali dei beni nazionali, alle quali spettava l’amministrazione dei beni immobili dei conventi e delle corporazioni soppresse. Anche la gestione del patrimonio artistico proveniente dai luoghi soppressi, al pari degli altri beni, fu sottoposta all’agenzia, mentre la scelta dei dipinti era affidata ad esperti che andavano a formare temporanee deputazioni costituite ad hoc, tra le quali la più famosa fu quella costituita da Andrea Appiani, già commissario per le Belle arti e poi direttore della nuova Pinacoteca nazionale di Brera creata nel 1805 in appoggio all’attività dell’Accademia di belle arti, istituita sin dal nel 1776 nell’ex palazzo delle scuole dei Gesuiti, che vi avevano realizzato anche la grande biblioteca Braidense. Grande impulso all’attività dell’Accademia in quegli anni e all’istituzione di una gipsoteca e della pinacoteca fu dato dal segretario Giuseppe Bossi (1802-1807), anche se la realizzazione vera e propria della galleria si deve ad Andrea Appiani, che gli succedette nella carica.
Con la nascita del Regno d’Italia, la fisionomia della pinacoteca dell’Accademia nazionale di Brera si precisò, nelle intenzioni del viceré Eugenio Beauharnais, come quella di un museo nazionale, istituito, sull’esempio di Parigi, nella capitale del nuovo stato. Per realizzare il progetto di quello che doveva essere il “piccolo Louvre” d’Italia, Appiani condusse diverse missioni in tutto il regno trasportando nel capoluogo quasi tremila opere d’arte.
Il convegno di Milano, tenutosi in occasione del bicentenario di quegli avvenimenti e dedicato all’esplorazione di questi temi è stato aperto dalla soprintendente per i Beni storici artistici ed etnoantropologici di Milano Sandrina Bandera ed introdotto da una prolusione di Andrea Emiliani e da una relazione sulla Cultura dei musei a fine Settecento di Édouard. Pommier. Le relazioni dedicate alla formazione delle raccolte di Brera ed ai cambiamenti urbanistici determinati dalla realizzazione del museo e dell’accademia sono state presentate da Sandra Sicoli (Per una ricostruzione storica del profilo istituzionale della Pinacoteca), Francesca Valli (Giuseppe Bossi e il museo dell’Accademia di Brera), Chiara Nenci (Il museo di antichità di Giuseppe Bossi), Giovanna Damia (Il primo progetto museografico), Aurora Scotti (La demolizione della facciata della chiesa di Santa Maria di Brera), Roberto Cassanelli (l’inaugurazione della Pinacoteca di Brera), Dario Trento (La Pinacoteca di Bossi e la Pinacoteca di Appiani), Letizia Lodi (La Pinacoteca di Brera tra 1809 e 1813), Daniele Pescarmona (La gloria e la memoria, all’ombra dei musei).
Uno sguardo all’altra pinacoteca milanese ci è stato offerto dalla relazione di Alessandro Rovetta e S. Mara (Intorno all’Ambrosiana) e non è mancata una riflessione sul collezionismo personale dei due grandi protagonisti della nascita di Brera, da parte di M. Preti Hamard (La collezione di Eugenio di Beauharnais a Milano) e Stefano Bosi (Andrea Appiani collezionista di opere d’arte).
La seconda parte del convegno è stata invece dedicata alla nascita degli altri musei annessi alle accademie nazionali di Belle arti in età napoleonica, istituite dal regno d’Italia, oltre che a Milano, a Venezia e Bologna. La situazione veneziana è stata illustrata da Isabella Cecchini e Giulio Manieri Elia (L’Accademia di Belle Arti di Venezia e la formazione della Pinacoteca) e Luca Caburlotto (Due collezionisti, due musei a Venezia), quella bolognese dal direttore della Pinacoteca nazionale GianPiero Cammarota (La Pinacoteca di Bologna: dai modelli ai documenti) e da Daniela Camurri (L’attività dell’Accademia Clementina tra salvaguardia e dispersione delle opere d’arte). Infine una panoramica sull’arte nel periodo napoleonico in altre regioni italiane è stata offerta da Antonella Gioli (I musei in Toscana con Elisa Baciocchi), Maddalena Vazzoler (Il museo napoleonico di Genova: un’istituzione mai nata), Ilaria Sgarbozza (Roma 1809-1814: intorno alla musealizzazione del patrimonio ecclesiastico)
L’incontro è stato progettato sotto la supervisione di S. Sicoli, infaticabile organizzatrice e ricercatrice appassionata che ha coordinato le diverse relazioni in modo da dare al convegno omogeneità e coerenza di svolgimento, infatti tutte le relazioni, pur nella loro peculiarità tematica, hanno cercato di fare il punto sullo stato degli studi e sugli ultimi documenti pubblicati e sono state presentate alcune nuove ipotesi attributive e documentazione inedita proveniente da diversi archivi. In particolare per quanto riguarda la nascita delle gallerie di Milano, Venezia e Bologna, accomunate sin dall’origine dalla volontà di tutelare il patrimonio artistico italiano dopo gli sconvolgimenti avvenuti con le soppressioni dei luoghi di culto e degli istituti religiosi che tradizionalmente erano sempre stati nel nostro paese diviso, i custodi delle opere d’arte.
Tutto il materiale sarà presto a disposizione degli studiosi e degli appassionati, gli atti sono, infatti, già in corso di stampa presso l’editore Electa che li pubblicherà entro l’estate prossima.