Fiorenza Tarozzi
Si tratta della riedizione – accuratamente riveduta nella parte bibliografica e ampliata con una sezione dedicata ai libri per le giovani operaie – di un lavoro apparso presso il medesimo editore nel 1991.
L’autrice, docente di letteratura italiana, nutre forte attenzione ai temi della storia culturale, che declina spesso in chiave di storia di genere, e che in questo caso sviluppa attorno a temi affascinanti quali quelli della lettura, dei luoghi della lettura, della lettura di formazione di riconosciuti modelli sociali.
Il saggio si apre al lettore con una riflessione sul romanzo per il popolo e si allarga alla questione della letteratura per il popolo, così come si sviluppò nell’Ottocento, letteratura che veniva ampliandosi dalle strenne, dai lunari, dagli almanacchi ai modelli narrativi del genere romanzo. Un romanzo capace sempre più di rivolgersi a un pubblico operaio e contadino spronato a divenire protagonista emancipato della nuova nazione grazie anche, come sottolinea l’autrice sempre attenta a storicizzare il tessuto narrativo, all’estendersi dell’alfabetizzazione, di una lingua nazionale e di un processo politico rinnovato nella sua cultura sociale. “A fronte di un’opera di alfabetizzazione delle masse, s’impone la diffusione di una cultura pratica ma soprattutto di un’etica progressista che stimoli la dedizione al lavoro, l’autostima, l’intraprendenza e l’industriosità del singolo […] il popolo italiano viene ora chiamato a collaborare con razionalità e con affezione al lavoro, al progresso morale e civile della nazione” (p. 83).
I due capitoli centrali si soffermano su un’Italia che si apre allo sviluppo industriale: il lavoro e i lavoratori diventano protagonisti di un Paese che cambia ed è a questi ultimi che si rivolge una nuova letteratura che rende protagonista delle sue pagine il lavoratore disciplinato e capace, sedotto dal modello del self help, fotografato in tanti momenti di vita vissuta attorno cui viene costruito il modello del buon operaio, “degno di memoria da trasmettere alle nuove generazioni” (p. 175).
La “donna che legge” è l’ultimo fuoco del volume. Lettrice ingenua per la quale si costruisce una letteratura esemplare: morale e rassicurante nei primi esempi, poi sempre più istruttiva pur restando nei limiti di un modello femminile declinato attorno al binomio sposa-madre anche quando la lettrice non è più solamente la signorina da maritare bene, ma anche la giovane operaia.
Affascinante, ancorché non facile, alla lettura, costruito attraverso una trama complessa e articolata, sorretto da un solido apparato di note, il volume – accompagnato anche da una serie di tavole che riproducono frontespizi e copertine di prime edizioni – offre materiale per stimolanti riflessioni a storici, storici della cultura e studiosi delle discipline letterarie.