di Gianluigi Di Giangirolamo
Con questo studio accurato Andrea Ragusa, dopo Alle origini dello Stato contemporaneo. Politiche di gestione del patrimonio culturale e ambientale tra Otto e Novecento (Franco Angeli, 2011), prosegue il suo proficuo lavoro di ricerca nell’ambito delle vicende politiche e culturali che si sono susseguite in Italia, dalla nascita dello Stato unitario in poi. In particolare in questo contributo, a essere affrontata è l’evoluzione del concetto di bene culturale dal secondo dopoguerra alla metà degli anni Settanta, quando, su impulso di Giovanni Spadolini, nasce il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
Il percorso che Ragusa svolge, basandosi sull’analisi approfondita e ragionata delle testimonianze documentarie e pubblicistiche disponibili a tutt’oggi, analizza i dibattiti politici e culturali che nel corso di trent’anni di storia italiana hanno delineato un nuovo approccio alla gestione del patrimonio culturale da parte delle istituzioni. Contributi fondamentali questi, per l’avvio di quegli interventi legislativi che trovarono il loro apice nell’istituzione di un Ministero dedicato al campo dei beni culturali e che secondo le intenzioni del suo principale fondatore, Spadolini, permettono l’introduzione distintiva della gestione del patrimonio culturale nelle più alte gerarchie istituzionali.
Partendo dalla definizione della funzione culturale che viene introdotta nella Costituzione, attraverso l’articolo 9, l’autore ricostruisce il dibattito giuridico intorno alla questione della tutela del patrimonio e del paesaggio con un sguardo alle definizioni che si evolvono a livello nazionale e internazionale tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. Ne emerge un rinnovamento del pensiero giurisprudenziale, che si compie in particolare mediante una nuova attenzione alla sfera pubblica della tutela. Un cambiamento questo che avviene attraverso il cambio generazionale che stava vivendo la scienza del diritto in Italia, nel passaggio tra la guerra e il dopoguerra, quando si andavano profilando nuovi e importanti indirizzi e mutamenti di carattere metodologico e concettuale.
Ma l’analisi di Ragusa affronta anche il filone dell’associazionismo volto alla conservazione e alla tutela dei beni culturali, per esempio studiando la nascita di sodalizi come Italia Nostra, tra i cui fondatori si ricordano personalità come Umberto Zanotti Bianco, che contribuiscono fortemente a far emergere, all’interno del dibattito pubblico e politico, la questione della gestione e tutela del patrimonio. Come messo in evidenza nel volume, questo avviene tramite la produzione di proposte che sono il riferimento fondamentale all’interno del dibattito sulla politica di gestione dei beni culturali e soprattutto intorno alla questione urbanistica.
Dall’approfondimento delle prime discussioni in sede parlamentare, emerge come gli interventi a favore dello sviluppo dell’informazione artistica ed archeologica, il coinvolgimento di forze nella tutela e nel recupero, oltre allo sviluppo di un’azione statale a protezione del patrimonio contro un utilizzo inadeguato da parte dei privati, siano i punti fondamentali di una nuova concezione che lega la tutela del monumento al recupero dei centri urbani. Questo, come afferma l’autore, è il tema del dibattito sviluppato negli anni Cinquanta-Sessanta, la cui riflessione in poco tempo muta il contenuto e il significato concettuale della gestione del patrimonio culturale in Italia.
In questa direzione Ragusa si sofferma sulle osservazioni, sviluppate in ambito culturale sul concetto di paesaggio all’interno di numerosi convegni che si svolgono in Italia su questo tema nella prima metà degli anni Sessanta. Da qui scaturisce la necessità di una riforma delle strutture dello Stato in modo tale da eliminare le barriere burocratiche che fino a quel momento ostacolano le azioni di intervento. Presupposti questi che, come viene opportunamente evidenziato, accompagnano l’ampio dibattito sul decentramento delle funzioni in materia di beni culturali fino alla nascita delle Regioni nel 1970.
Lo studio si sofferma poi su un’accurata analisi dei lavori parlamentari, come le Commissioni Franceschini e Papaldo che all’inizio degli anni Settanta danno un nuovo impulso alle successive iniziative legislative sui beni culturali. Attraverso le dichiarazioni che scaturiscono dalle indagini dei gruppi di studio parlamentari, si configura, infatti, lo schema per un progetto di legge che rivede complessivamente la normativa in materia di beni culturali. In particolare dalla seconda Commissione Papaldo nasce la proposta d’istituzione di un nuovo Ministero dei Beni Culturali. Allo scopo di comprendere quale sia la situazione del sistema di organizzazione e di gestione del patrimonio culturale, nel momento in cui si prevede la riforma del settore con l’istituzione del Ministero Spadolini, viene motivatamente condotta l’analisi sulle strutture centrali e periferiche nella gestione delle Belle Arti.
Inoltre nel volume è riservata rilevanza alla questione regionale e al decentramento amministrativo che si avvia in quel periodo storico con la nascita delle Regioni. Con la delega di funzioni in materia di beni culturali, difatti, i nuovi enti ampliano il loro potere di azione in questo settore sviluppando leggi e iniziative che sfociano in esperienze come quella, assai significativa, dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna.
Attraverso le carte dell’Archivio di Giovanni Spadolini, conservato presso la Fondazione Nuova Antologia di Pian dei Giullari di Firenze, l’autore conduce un rimarchevole esame dei lavori preparatori condotti dallo stesso Spadolini, per la creazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali nel 1975. Tramite quest’analisi si illustra quale sia stato il procedimento con cui si è arrivati alla nascita del nuovo dicastero e di quanto sia critica la situazione del patrimonio culturale, tale da giustificare l’utilizzo di uno strumento legislativo d’urgenza, come il Decreto legge. Viene comunque sottolineato, in questo senso, come l’accelerazione del processo di istituzione di un Ministero autonomo sia legata alla volontà e sensibilità di Giovanni Spadolini.
Infine l’analisi dei lavori delle Commissioni parlamentari, che si costituiscono per l’attuazione dei decreti delegati, attraverso i quali si delinea la struttura del Ministero, fa emergere il contributo di numerosi politici, esperti e giuristi al progetto di una nuova struttura ministeriale. Un’organizzazione che risulta centralizzata ma allo stesso tempo bilanciata nelle sue competenze amministrative. Come afferma in conclusione Ragusa, dall’attuazione di questo disegno emerge un punto di arrivo del percorso intrapreso dalle politiche di tutela, a partire dal periodo post unitario, ma allo stesso tempo una svolta del settore dei beni culturali con nuove prospettive.
In definitiva, grazie alla ricostruzione e all’analisi storica condotta dall’autore, il volume rende un fondamentale contributo allo studio dell’evoluzione delle politiche culturali in Italia che si può ritenere necessario per la comprensione e progressione di nuove iniziative in questo campo.