di Andrea Zannini
Il Tfa al via
Sono già iniziati, o stanno per iniziare, in molte università i corsi del Tfa, ennesimo acronimo sconosciuto ai più, segnale emblematico dell’età della riforma infinita che stiamo attraversando. Il Tfa (Tirocinio formativo attivo) è un periodo annuale di formazione intermedia tra Università e Scuola che ha la funzione di preparare gli insegnanti al loro impegnativo mestiere, affiancando preparazione teorica e tirocinio in classe. Esso costituisce un tassello intermedio del nuovo modello di formazione iniziale degli insegnanti, disegnato dal D.M. 10 settembre 2010, n. 2491, ed è proprio la mancata partenza in tutte le sue parti di questo sistema organico – fatto di una Laurea Magistrale professionalizzante a numero chiuso, del Tfa e di un esame di Stato con valore abilitante – a rendere per ora poco comprensibile il profilo complessivo del modello.
Obiettivo di questa nota non è ritornare sui punti deboli di tale modello2, la cui pecca principale è l’inesistente coordinamento tra formazione e insegnamento, come ha purtroppo dimostrato l’avvio, assieme al Tfa, di un nuovo “concorsone a cattedre” (D.D.G. 24 settembre 2012, n. 82)3 per la scuola secondaria, con effetti di disorientamento generale. Si cercherà piuttosto di fare il punto su un insegnamento che, nell’ambito delle classi di concorso umanistiche, costituirà uno degli assi portanti della formazione disciplinare, e cioè Didattica della Storia.
Va ricordato che nel Tfa il ruolo assegnato alle didattiche disciplinari, comprensive dei laboratori, corrisponde a 18 Cfu (Crediti formativi universitari), equivalente a quello delle discipline psico-pedagogiche, mentre altri 19 Cfu, quindi 475 ore, saranno invece impiegate in attività di tirocinio. Si tratta di una distribuzione che deve naturalmente ancora passare la verifica pratica, ma che testimonia l’avvenuta affermazione nel sistema della formazione degli insegnanti delle didattiche disciplinari come di un elemento costitutivo fondamentale dell’“insegnare a insegnare”. Non è a cosa da poco. Se si pensa che fino a quindici anni fa, cioè fino alla nascita delle Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento nella Scuola secondaria (Ssis), la sola preparazione di un laureato per l’insegnamento consisteva nel fagocitare la massa enorme dei programmi del concorsone a cattedre, i passi in avanti compiuti in questo senso non sono pochi.
Vari altri segnali positivi provengono poi nello specifico per l’insegnamento della Storia. Per quanto riguarda le classi di insegnamento umanistiche (A043 Italiano, Storia e Geografia nelle scuole secondarie di I grado, A050 Italiano, Storia e Geografia nelle scuole secondarie di II grado, A051 le stesse discipline più Latino, A052 idem più il Greco), seppure prevalentemente centrato sull’asse dell’italianistica, il curricolo verticale di un insegnante prevede un cospicui numero di Cfu in Storia. Un altro passo in avanti significativo rispetto al passato, quando non era impossibile andare in cattedra in una scuola secondaria senza mai aver sostenuto un esame di storia all’Università!
Un intervento ministeriale sulle cosiddette “abilitazioni a cascata”(Avviso Miur del 9 ottobre 2012)4 ha quindi precisato che la preparazione degli aspiranti insegnanti in Storia deve essere eguale per ogni classe di concorso. Ciò significa, molto semplicemente, che tutti gli insegnanti, da quelli che insegneranno alla secondaria di primo grado a quelli che insegneranno Greco e Latino al Liceo classico, dovranno disporre di una preparazione storica ad ampio spettro, e non solo limitata all’antichistica come talvolta accadeva per quest’ultimi.
Infine, rettificando il decreto di indizione del “concorsone a cattedre” il direttore generale del Ministero ha precisato (D.D.G. 8 ottobre 2012, n. 85)5 che i candidati dovranno sostenere la prova scritta obbligatoria e comune non soltanto d’italiano ma “di italiano, storia e geografia”. Si tratta di un riconoscimento non irrilevante dell’importanza degli insegnamenti storico-geografici nell’ambito della preparazione di un futuro insegnante, la spia di una diversa considerazione della Storia tra le competenze di un insegnante: non più un optional gradevole per chi avesse superato lo scritto di Italiano o Filosofia, ma una componente essenziale.
Quali docenti? Quale Didattica della Storia?
All’interno di questo quadro nuovo e mutevole, stanno partendo i nuovi corsi gestiti dalle Università per il Tfa. Mentre i corsi dell’area psico-pedagogica hanno una corrispondenza con i settori scientifico-disciplinari universitari e con la tradizione di insegnamento nelle Lauree per la formazione primaria, le didattiche disciplinari si muovono in un terreno incerto, in cui l’esperienza maturata in una decina di anni delle Ssis è talvolta servita a sedimentare lo statuto epistemologico della disciplina6, senza tuttavia alcuna certezza.
Il problema principale è dato dal fatto che le didattiche disciplinari non hanno un preciso corrispondente scientifico-disciplinare all’interno delle Università. Gli atenei si sono ritrovati infatti ad impartire corsi in questa materia senza avere personale reclutato sulla base di simili competenze. Si sta allora verificando per il Tfa, come si è verificato all’epoca delle Ssis, una sorta di bricolage professionale, un reclutamento fai-da-te che, come tutti i procedimenti a basso contenuto di specializzazione, può riservare piacevoli sorprese o cocenti delusioni. Negli atenei dove, magari casualmente, si sono formate specifiche competenze nelle didattiche disciplinari, i corsi del Tfa saranno tenuti da docenti con una preparazione specifica, una tradizione di studi, una buona esperienza didattica. Dove invece tali competenze mancano, il reperimento degli insegnanti di Didattica della Storia sta avvenendo secondo i consueti e tristi costumi universitari: obbligando il ricercatore che non può rifiutarsi a tenere il corso, offrendolo al neo-dottorato spacciandolo per prebenda, costringendovi il collega che a suo tempo ha insegnato nella scuola.
Rispetto all’anno 2000, quando partiva l’esperienza delle Ssis e tali forme di reclutamento di docenza precaria furono accentuate dalla fretta con cui partirono quei corsi, la situazione è in realtà migliore per il fatto che, grazie a quell’esperienza, le didattiche disciplinari conoscono ormai un numero consistente di specialisti diffusi nell’Università. Ma altri versi è peggiore: il carico didattico di un professore/ricercatore dell’università è molto aumentato negli ultimi dieci anni e non sono molti i docenti disposti a farsi carico di un corso “esterno” ai propri interessi di ricerca e dunque oneroso sotto il profilo della sua preparazione; inoltre, a causa della grave crisi finanziaria degli atenei, la retribuzione di un corso del Tfa (nonostante gli alti introiti che garantisce) si ridurrà a qualche centinaia di euro, con gli effetti impliciti di dequalificazione che ciò comporta.
Non bisogna peraltro dimenticare che i nuovi allievi dei corsi di Tfa sono stati selezionati attraverso un durissimo esame e che il Tirocinio formativo attivo costerà non poco: dai 2500 ai 3000 euro. Le loro aspettative saranno di conseguenza, e motivatamente, alte.
Per quanto riguarda la Didattica della Storia è al momento impossibile fornire un quadro generale dei corsi e dei loro programmi (che ci riserviamo di metter assieme non appena possibile). Sembra opportuno, tuttavia, segnalare almeno alcuni tra i principali errori che hanno marcato l’esperienza di insegnamento della Didattica della storia nell’ultimo decennio e che possono ripresentarsi ora.
In primo luogo è sbagliato trasformare la Didattica della Storia in un insegnamento di Didattica tout court. Ciò che deve essere fornito al futuro insegnante non è, genericamente, una riflessione sul “che cosa fare” a scuola, né, meno che meno, una trattazione teorica sulle forme dell’insegnare e dell’apprendere, nel loro sviluppo teorico e filosofico. Il pericolo, cioè, è svuotare le didattiche disciplinari del loro contenuto (per l’appunto) disciplinare, come spesso accade quanto questo insegnamento è tenuto da specialisti di Didattica generale.
Specularmente, però, è altrettanto errato confondere l’insegnamento della Didattica della Storia con quello della Storia. È impensabile replicare i corsi universitari, dopo più o meno efficaci maquillages, a insegnanti che si aspettano non che gli si insegni la Storia, ma “come si insegna la Storia”. I futuri insegnanti hanno ben presente la differenza tra questa due prospettive perché la loro attenzione professionale è rivolta a trasformare le proprie conoscenze (che non si possono di certo modificare sostanzialmente con un pugno di Cfu) in un metodo didattico ancorato a delle regole didattiche, possibilmente semplici e precise.
Infine, appare privo di senso “sezionare” la Didattica della Storia in sotto-settori periodizzanti: Didattica della Storia medievale, della Storia moderna, della Storia contemporanea ecc. Quando ciò ha luogo, è quasi sempre del frutto di operazioni di reclutamento a mosaico, per cui per lo stesso contenitore (Didattica della Storia) vengono assoldati docenti di insegnamenti diversi che non insegnano Didattica della Storia ma Storia. A prescindere, infatti, dalla realtà di queste periodizzazioni, che esistono solo nell’Università e non nella Scuola (che casomai ne ha altre), esse non hanno ragione di essere perché per un insegnante la metodologia didattica dell’insegnamento della storia, gli strumenti concettuali ed epistemologici, le procedure operative ecc. sono le medesime, quale che sia il periodo storico preso in considerazione.
Un canone di Didattica della Storia
La domanda che viene naturale porsi, a questo punto, è: ma esiste un canone della Didattica della Storia? C’è qualcosa che assomigli ad un percorso tradizionale di studi, ad un insieme di argomenti, problemi, questioni, snodi epistemologici riconosciuto dalla comunità scientifica come tale? Se si assume che per una disciplina scientifica un canone si può ravvisare quando ci sono degli esponenti autorevoli generalmente riconosciuti come tali che vi hanno lavorato a lungo, delle istituzioni (formali o informali) preposte alla sua elaborazione e delle pubblicazioni che ne fissato i contenuti e i metodi, allora la risposta, per il nostro Paese, non può che essere positiva. Al di là dei suoi riconoscimenti universitari colpevolmente scarsi la Didattica della Storia ha una buona e ormai lunga tradizione in Italia alla quale i docenti di Didattica della Storia nel Tfa non possono che rifarsi.
La Società Italiana per la Storia Moderna (Sisem) ha messo a punto una bozza di programma per il corso di Didattica della Storia per gli insegnanti della scuola secondaria7. Non si tratta di “tavole della legge”: è semplicemente una proposta, il tentativo di focalizzare il canone di Didattica della Storia così come si è affermato in una serie di pubblicazioni anche manualistiche recenti8), per sottoporlo ai docenti (e ai futuri insegnanti) che si apprestano a frequentare i corsi del Tfa.
Lo proponiamo di seguito, senza commenti perché è sufficientemente descrittivo e – crediamo – chiaro. Un solo commento appare necessario: sulla parte laboratoriale. Gli insegnamenti delle didattiche disciplinari nel Tfa prevedono anche una parte laboratoriale, cioè dei Laboratori di Didattica della Storia. Sarebbe auspicabile che questi laboratori fossero utilizzati (si perdoni l’apparente tautologia) per sperimentare dei laboratori che i futuri insegnanti potrebbero provare a fare in classe, nelle ore di tirocinio. La didattica laboratoriale è infatti la vera frontiera della Didattica della Storia: una prospettiva che appare sempre più necessaria per superare i limiti della lezione frontale in un’età di veloce cambiamento nelle modalità di comunicazione e acquisizione delle conoscenze9.
Programma per il corso di Didattica della Storia per insegnanti di scuola secondaria
1) Il significato della Storia
a) Sintesi di Storia della disciplina in particolare nei suoi snodi: origini, affermazione del cristianesimo, umanesimo, illuminismo, ’800 e ’900.
b) Significato/i attuale/i, finalità e utilità della disciplina, uso pubblico della Storia e problematiche connesse (revisionismo, negazionismo, rimozione).
c) Tipologie fondamentali della storiografia: storia generale, mondiale o globale, comparata, culturale, nazionale, settoriale o speciale, di genere, “locale”; relazioni fra ricerca, didattica scolastica e divulgazione nel contesto del mutato assetto della comunicazione sociale.
2) Il metodo della Storia
a) Tempo e spazio nella Storia: rapporto con la geografia; il paradigma continuità – cambiamento; datazione – cronologia – periodizzazione.
b) Le fonti: concetto di fonte storica; fonti primarie e secondarie e tipi di fonte; selezione e interpretazione; analisi critica delle fonti; problemi di utilizzo delle fonti tradizionali e digitali nella didattica.
c) Il testo storico: gli autori e i destinatari, la complessità, i livelli del testo storico.
3) Il canone scolastico della disciplina
a) Analisi dei programmi di storia nella scuola italiana; collocazione all’interno dei curricula; cenni alle esperienze di altri paesi occidentali.
b) Le specifiche “indicazioni” nazionali nei vari ordini di scuola superiore.
c) Il percorso di educazione alla cittadinanza e la certificazione delle competenze alla fine della scuola dell’obbligo.
4) L’insegnamento della Storia
a) La programmazione didattica per obiettivi e per competenze; le unità didattiche.
b) La didattica tradizionale: limiti e utilità della lezione frontale.
c) Il “modulo didattico” nell’insegnamento della Storia: definizione, organizzazione, fasi, utilità e limiti; laboratorio di storia e metodologia della ricerca a scuola, come modalità di apprendimento attivo e partecipato da parte dei discenti.
d) Strumenti didattici e nuove tecnologie: uso e scelta del manuale, gli esercizi, gli audiovisivi, le nuove tecnologie (computer, tablet, reader ebook); Internet e storia.
5) Le attività del laboratorio di Storia
Affidate a docenti esperti di ruolo nella Scuola secondaria, queste attività dovrebbero prevedere:
a) Elaborazione di progetti ben definiti di programmazione del percorso di Storia.
b) Costruzione, condivisione e sperimentazione concreta di unità didattiche preferibilmente di tipo modulare.
c) Analisi critica dell’efficacia dell’attività del tirocinio diretto svolto in classe.
d) Uso di strumenti didattici e di nuove tecnologie.
Bibliografia
2012 Guida alla didattica del laboratorio storico, Torino, UTET (II ed.).
Di caro Gianna
2005 La storia in laboratorio, Roma, Carocci.
Greco Gaetano
2011 Il bambino e l’acqua sporca. Riflessioni sulla nuova formazione degli insegnanti nelle Scuole secondarie, in “Storia e Futuro”, n. 26.Panciera Walter
Greco Gateano, Mirizio Achille
2008 Una palestra per Clio. Insegnare ad insegnare la Storia nella Scuola Secondaria, Torino, UTET.
Greco Gaetano, Zannini Andrea
2009 La Didattica della storia e l’esperienza delle Ssis, in “Mundus”, n. 3-4.
Marostica Flavia
2011 Qualche riflessione sul nuovo modello di formazione iniziale degli insegnanti (di storia), in “Storia e Futuro”, n. 30.
Panciera Walter
2009 Verso il nuovo percorso di formazione universitaria per l’insegnamento: lauree magistrali, “TFA” e conseguenze per le discipline storiche, in “Mundus”, n. 3-4.
Panciera Walter, Zannini Andrea
2009 Didattica della Storia. Manuale per la formazione degli insegnanti, Milano (II ed.).
Contenuti correlati
- http://www.miur.it/Documenti/universita/Offerta_formativa/Formazione_iniziale_insegnanti_corsi_uni/DM_10_092010_n.249.pdf [↩]
- Su cui cfr.: Panciera 2009, consultabile su: http://www.stmoderna.it/Questioni-Didattica/Fii_FormazIniziale.aspx; Greco 2011; Marostica 2011. [↩]
- http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/concorso_miur_2012/DDG82_12.pdf [↩]
- http://2.flcgil.stgy.it/files/pdf/20121025/avviso-miur-del-9-ottobre-2012-tfa-abilitazioni-per-ambiti-e-a-cascata-1.pdf [↩]
- http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/46785d1e-2fad-4165-916c-4882981c3555/ddg85_12_bis.pdf [↩]
- Un bilancio dell’esperienza delle Ssis: Greco, Zannini 2009, consultabile su: http://www.stmoderna.it/Questioni-Didattica/Fii_FormazIniziale.aspx [↩]
- Vi hanno lavorato Gaetano Greco, Cecilia Nubola, Walter Panciera, Marina Roggero, e Lavinia Pinzarrone. [↩]
- Greco, Mirizio 2008; Panciera, Zannini 2009 (II ed. [↩]
- Gianna Di caro 2005; Bernardi, Monducci 2012 (II ed.). [↩]