M. Fornasari e O. Mazzotti (a cura di), Anima civitatis. Capitale umano e sviluppo economico in Romagna dall’Ottocento al Duemila, Bologna, Il Mulino, 2018.
Il ruolo dell’istruzione nei processi di sviluppo economico è un tema dibattuto da lunghissimo tempo. Più recentemente esso è stato declinato da una parte delle scienze economiche in rapporto alla categoria concettuale di “capitale umano”, con la quale si intende l’insieme di conoscenze e capacità produttive acquisite da un individuo nel corso del proprio processo di formazione culturale. Più problematica risulta la verifica empirica dell’impatto dell’istruzione sui processi di crescita economica, anche in considerazione del fatto che non sempre le tendenze di carattere generale trovano conferme a livello locale: in questo caso molteplici elementi, di natura economico-sociale e istituzionale, concorrono alla definizione del rapporto tra processi formativi e sviluppo economico, in modo che le disomogeneità territoriali legate alla peculiare storia delle aree sottoposte ad indagine possono emergere significativamente solo a livello micro.
Il libro Anima civitatis. Capitale umano e sviluppo economico in Romagna dall’Ottocento al Duemila, curato da Massimo Fornasari e Omar Mazzotti, fa propria questa indicazione metodologica indagando con attenzione la complessa genesi del sistema formativo dell’attuale provincia di Forlì-Cesena lungo gli ultimi duecento anni. I saggi contenuti nel volume – scritti, insieme ai curatori, da Massimo Canali, Mauro Carboni e Francesca Fauri – illuminano le caratteristiche assunte da quel sistema nei due secoli che corrono tra l’età napoleonica e gli anni dell’insediamento universitario in Romagna.
L’attenta ricostruzione, affidata all’utilizzo di una pluralità di fonti documentarie e a stampa, tanto locali quanto conservate presso l’Archivio centrale dello Stato, ha permesso agli autori di individuare alcune importanti chiavi di lettura di quella controversa vicenda: tra queste emerge la lungimiranza delle élite locali nel ritenere la scuola – quella primaria ma anche e soprattutto quella tecnica – uno dei motori della modernizzazione del territorio.
I saggi degli autori mettono in luce la differente valenza attribuita nel lungo periodo dalle classi dirigenti locali alle varie componenti della filiera formativa: la scolarizzazione di base negli anni a cavallo dell’unificazione, quando la Romagna presentava un drammatico ritardo in termini di alfabetismo rispetto al resto del territorio regionale in grado di condizionarne la crescita economica e civile; l’istruzione agraria nei decenni terminali dell’Ottocento, quando si percepì che l’avvio dello sviluppo economico territoriale sarebbe dipeso soprattutto dalla modernizzazione del settore agricolo; la formazione professionale in età giolittiana, periodo nel quale si verificò la trasformazione degli assetti produttivi e l’ampliamento della base manifatturiera; ancora l’istruzione elementare e l’insegnamento tecnico-industriale nel periodo fascista, allorché all’idea di plasmare «l’uomo nuovo» si affiancò quella di creare dei poli industriali per il cui funzionamento occorrevano quadri e maestranze competenti; l’istruzione tecnica – nelle sue varie articolazioni – nel corso del secondo dopoguerra, con il boom economico prima e i mutamenti degli anni Settanta a segnare un decisivo cambio di passo dell’economia provinciale; infine l’istruzione universitaria, in tempi più recenti, quando le aspirazioni del territorio a svolgere un ruolo non più solo ancillare nei confronti del polo bolognese sostennero la realizzazione del processo di decentramento.
Come mettono opportunamente in luce gli autori, la faticosa, complessa e talvolta problematica azione di promozione e sostegno dell’istruzione venne svolta in gran parte “nell’alveo dell’impianto normativo predisposto dall’autorità centrale e dai diversi organismi di governo, secondo orientamenti politici non sempre coerenti”. E tuttavia, sebbene il sistema dell’istruzione locale si sia definito compiutamente solo in epoche recenti, emerge chiaramente da questo importante volume quanto le élite locali abbiano saputo individuare per tempo nell’istituzione scolastica non solo la chiave dello sviluppo economico locale, ma anche e soprattutto l’«anima civitatis».