Francesca Delli Ponti, Maria Chiara Liguori, Elena Musiani
Abstract
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Introduzione, di M.C. Liguori
Comunicare contenuti storici ad un pubblico ampio ed eterogeneo è un compito sempre più sentito e si cercano soluzioni nuove per attrarre e coinvolgere, rendendo gli argomenti accattivanti. Se lo studioso o l’appassionato in generale non hanno bisogno di essere lusingati con particolari gradevolezze perché interessati al contenuto, quando si desidera coinvolgere la platea dei non addetti ai lavori, magari facendo loro scoprire un interesse che non pensavano di avere, è importante cercare di studiare soluzioni adatte, che mescolino contenuti scientificamente solidi ad immediatezza e facilità di accesso, partendo magari da tematiche familiari, che non mettano in soggezione quella parte di pubblico meno a suo agio con i temi storici.
Le tecnologie informatiche, con la loro flessibilità, intrinseca “modernità” e grande potenzialità, possono essere usate come strumento di intermediazione, come facilitatrici del contatto tra pubblico e storia. Partire poi da temi legati alla vita quotidiana, vicini a tutti, per veicolare contenuti di più ampio respiro, può costituire l’altro elemento di una strategia volta, appunto, a coinvolgere le persone in un percorso di approfondimento della conoscenza del proprio passato.
Sono questi i punti di partenza posti alla base dello sviluppo del progetto Muvi – Museo virtuale della vita quotidiana che nel 2009 ha compiuto dieci anni festeggiando con la ricostruzione virtuale di due interni domestici, dedicati il primo agli anni Trenta e il secondo agli anni Ottanta del Novecento. Insieme alla ricostruzione di una casa anni Cinquanta realizzata in precedenza, Muvi è ora in grado di proporre un percorso abbastanza significativo attraverso la storia del XX secolo prendendo le mosse, come è da sempre suo principio guida, dagli oggetti di consumo d’uso quotidiano e dagli ambienti domestici (http://muvi.cineca.it/).
Le scelte di sviluppo per l’applicazione Muvi, di M.C. Liguori
Muvi, pensato e avviato nel 1999 come versione digitale dei musei anglosassoni dedicati alla vita quotidiana, inizia il suo lungo percorso con la realizzazione di un sito Web ipertestuale e multimediale, dedicato alla vita sociale ed economica della città di Bologna dalla fine dell’Ottocento ad oggi, e la ricostruzione 3D al computer di un appartamento di fine anni Cinquanta, per narrare, mediante gli oggetti che lo arredano, quel periodo storico così denso di trasformazioni per l’Italia (Liguori 2008).
Un piccolo finanziamento ottenuto nell’ambito di “Bologna 2000 – città europea della cultura” e la collaborazione tecnica con il VisIT Lab del Cineca hanno permesso di concludere la fase iniziale nel 2001. Tuttavia, sebbene negli anni successivi vengano portate avanti alcune sperimentazioni tecniche, il progetto era ben lungi dall’essere concluso.
È con il 2008 che, grazie ad un finanziamento della fondazione Carisbo al progetto Abitare il quotidiano, è diventato possibile riprendere in mano le idee lasciate in sospeso, procedendo con la realizzazione dei due nuovi interni domestici.
La scelta delle epoche storiche è sempre stata motivo di attenta riflessione. Nella prima fase del progetto, date le scarse risorse finanziarie, sono stati individuati gli anni Cinquanta per offrire subito un punto di partenza significativo. Alimentazione, aggregazione familiare, oggetti di uso quotidiano raccontano storie ed esperienze. Gli spazi e la loro utilizzazione raccontano il clima storico, i legami con l’ambiente circostante, i rapporti tra i sessi e le generazioni. Gli oggetti, sia artigianali sia industriali, rendono percepibili anche ai non addetti ai lavori cambiamenti, permanenze e ritorni sociali, culturali ed economici, identità e fratture tra tradizione e modernità e, partendo dal micro, permettono di arrivare a riflessioni sul macro, allargando lo sguardo dalla casa alla società. Date queste premesse non poteva che essere scelta l’epoca del boom economico che, come momento di rottura, evidenziava al meglio tutti questi aspetti.
Volendo quindi proseguire nella narrazione del Novecento, avrebbero potuto essere scelti anche altri decenni, ma gli anni Ottanta emergono con la loro forza di cambiamento dirompente, mentre gli anni Trenta si presentano come significativa premessa alle molte trasformazioni che si sarebbero pienamente dispiegate proprio a partire dagli anni Cinquanta, dopo il lungo e drammatico periodo di sospensione provocato dalla Seconda guerra mondiale. Gli anni Trenta, infatti, sono, come commentò Giò Ponti all’epoca, un periodo di grande fermento e creatività culturali (Lupo 1996). Sembrava che anche l’Italia fosse ormai lanciata verso la modernità: architetture e soluzioni di arredo, per esempio, sono molto avanzate, tanto da risultare ancora adesso attualissime. Ma la china verso la quale si erano incamminate l’Italia e l’Europa porteranno a vent’anni di arresto e bisognerà aspettare la stagione del boom economico per riprendere la strada interrotta. Gli anni Ottanta, invece, piantano una serie di “semi” che germogliano senza incontrare grandi ostacoli. È in quel decennio che è possibile individuare l’iniziale diffusione di numerosi elementi che fanno ora inscindibilmente parte della nostra vita, caratterizzandola. È il decennio in cui si predispone la casa elettronica: il computer, il videoregistratore, il lettore Cd, ma anche i gadget ad uso individuale, come il walkman, per una società che si frammenta e privatizza. Sono anche gli anni della rivoluzione dei media di massa, con il definitivo affermarsi di radio e tv private. La società rifluisce verso il privato e l’individuo massificato, in quella che sembra una contraddizione in termini, conquista la posizione centrale. Il tempo libero diventa tempo del sé e può essere personalizzato proprio grazie al ricorso a prodotti industriali (AA.VV. 1990; Abruzzese, Borrelli 2000; Morcellini 2000).
Definite le epoche di riferimento, proseguendo secondo la medesima metodologia adottata nella ricostruzione computerizzata della casa anni Cinquanta, sono stati individuati due edifici coevi da utilizzare come ambientazione coerente e significativa entro la quale allestire gli interni domestici “parlanti”. Una villetta del “Villaggio della rivoluzione fascista” e un appartamento nelle cosiddette “Torri Zacchiroli”, dal nome dell’architetto che le ha progettate, sono diventate la quinta per la ricostruzione virtuale fornendo un riferimento contestuale alla realtà bolognese.
Il contesto di ceto medio è, anche in questo caso, funzionale alla possibilità di inserire senza contraddizioni numerosi oggetti all’avanguardia attraverso i quali narrare i caratteri più innovativi dell’epoca.
La ricerca storica ha fornito quindi le basi per una ricostruzione corretta e, allo stesso tempo, comunicativa per la parte più tecnica della ricostruzione digitale, destinata a consentire al fruitore il punto di aggancio alla narrazione storica.
L’aspetto divulgativo è centrale nello sviluppo del progetto e, dato che l’accesso ai contenuti storici è mediato dall’applicazione informatica, è importante che questa, oltre che poggiare su solide basi scientifiche, susciti un grado adeguato di fascinazione e interessamento in un pubblico più ampio possibile. Gli elementi chiave per realizzare un’applicazione di questo genere mirano ad un coinvolgimento emozionale agevolato sia dal tema trattato – quotidiano ed interni domestici pur appartenenti ad epoche diverse dalla propria mantengono un grado di familiarità che mette il visitatore in una condizione di partenza nota – che da una estetica curata e verosimile. Secondo alcuni osservatori, per quel che riguarda le applicazioni informatiche a contenuto culturale, la presenza di una buona sceneggiatura, capace di accrescere qualitativamente il livello della narrazione, o di un elevato grado di interazione tra applicazione e fruitore, induce spesso quest’ultimo a perdonare o addirittura ad accettare come elemento del tutto secondario una realizzazione graficamente mediocre (Sadzak et al. 2007; Linaza et al. 2007). Tuttavia, questa possibilità non giustifica un’intenzionale mancanza di cura nello sviluppo grafico. Non solo, il desiderio di coinvolgere utilizzatori giovani – abituati a videogiochi o film in Computer graphics ad altissimo livello grafico – porta inevitabilmente a dover prestare molta attenzione alla resa estetica, nonostante la consapevolezza di trovarsi alle prese con un confronto impari per disponibilità di risorse.
Alla cura nella resa grafica si è cercato di affiancare l’umanizzazione dell’ambiente virtuale con una disposizione naturale degli oggetti, sistemati secondo un realistico disordine, e l’aggiunta di effetti ambientali giocati sull’illuminazione, come la luce artificiale per gli interni anni Trenta, e quella calda e solare per gli anni Ottanta.
Le mire divulgative si sposano bene con la comunicazione via Web che, per quel che riguarda gli ultimi due ambienti virtuali ricostruiti, permette di navigare nei modelli 3D non solo in spazi semi immersivi come un Teatro virtuale, ma anche on-line, pur essendo al momento un’opportunità sfruttabile ancora da pochi, data l’esigenza di una connessione a banda larga e di un computer piuttosto potente. Il plug-in Osg4Web, sviluppato da Cineca e Cnr-Itabc come progetto Open source, permette la navigazione in tempo reale anche dalla propria postazione (Pescarin et al. 2008).
Naturalmente, la fruizione più accattivante, ad alta risoluzione, si ha nel sistema del Teatro virtuale, ove è possibile visualizzare i modelli di tutte e tre le epoche storiche. Infatti, sebbene nel mondo della realtà virtuale i quasi dieci anni trascorsi dalla realizzazione della casa virtuale degli anni Cinquanta siano tanti, la corretta metodologia di sviluppo ha consentito all’applicazione di non sembrare oggi troppo obsoleta, rimanendo pienamente godibile anche senza un intervento sulla resa di luci e ombre nella scena che ne migliorerebbero molto l’effetto finale. Tuttavia, proprio la sua buona tenuta nel tempo consentirà con poche risorse di aggiornare anche questa realizzazione adattandola, eventualmente, anche alla fruizione via Web.
Metodologie, uso delle fonti e prospettive di studio del progetto Abitare il quotidiano, di E. Musiani
Il dibattito sull’intreccio tra nuove tecnologie e beni culturali è da anni al centro della riflessione storica e storiografica: si tratta di un binomio ormai facilmente intersecabile, se si tiene conto anche del significato sempre più ampio che è andata assumendo la parola beni culturali in seguito alla pubblicazione, con decreto legislativo 22 gennaio 2004, del Nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio, nel quale si stabilisce che: “Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici” (art. 2.1) e che “sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuata dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà” (art. 2.3).
Ulteriore aspetto sottolineato nel Codice del 2004 risiede nella valorizzazione del patrimonio dei beni culturali che consiste “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura” (art. 6.1).
Il progetto Abitare il quotidiano, finanziato dalla fondazione Carisbo e volto ad integrare il preesistente progetto Muvi, vuole inserirsi in questo principio di valorizzazione dei beni culturali e in particolare ha come obiettivo quello di presentare un tipo di realizzazione che unisce la ricerca storica e le nuove tecnologie nell’ottica sottolineata dal Codice di “fruizione pubblica del patrimonio”.
Uno dei concetti di base del progetto consiste, infatti, nel passaggio dal materiale all’immateriale, avendo ben presente che, grazie a questa transizione, si può procedere ad una valorizzazione dei beni culturali senza che questi perdano i loro caratteri e in particolare il loro legame con l’ambiente e il contesto storico nei quali sono prodotti, evitando cioè che finiscano per “perdersi” nell’infinito dell’universo di Internet. Se si riesce a unire questi due principi, il materiale del bene culturale (sia esso documento o oggetto) all’immaterialità della rete e delle nuove tecnologie, ritengo sia possibile giungere a una diversa ma non meno interessante modalità di valorizzazione dei beni culturali (cfr. Vitali 2004).
In occasione di un seminario sulle nuove metodologie, Stefano Vitali, parlava, a proposito di questo rapporto, di una nuova forma di collaborazione”, che porta ad una “contaminazione metodologica sulla prospettiva di una valorizzazione unitaria dei beni culturali” che possono divenire “commutatori di storia”, cioè strumenti che portano il passato dentro il presente, rendono possibile costruire un rapporto fra le generazioni presenti e quelle passate, contribuiscono a elaborare una memoria culturale complessa e a molte voci di cui ha bisogno la società contemporanea.” (Vitali 2000).
Questi sono i principi metodologici che stanno alla base del progetto Abitare il quotidiano: un utilizzo delle nuove tecnologie per ricostruire un contesto storico, sociale ed economico ricreando ambienti in grado al tempo stesso di restituire quella memoria complessa, che è la storia contemporanea e, nel nostro caso specifico, la storia del Novecento italiano.
L’idea è stata quella – come sottolineato da Maria Chiara Liguori – di ricostruire ambienti domestici della Bologna degli anni Trenta e Ottanta (sulla base di quanto già fatto per il decennio Cinquanta) e di oggetti che potessero essere il punto di partenza di una narrazione storica che dall’ambito locale potesse richiamare il contesto nazionale e sottolineare i mutamenti avvenuti a livello storico, sociale ed economico nel corso del XX secolo.
Al tempo stesso avevamo ben presente l’idea di creare una ricostruzione storica rivolta a un pubblico ampio: non solo esperti del settore ma anche e soprattutto a quanti sono interessati ad avere un’idea generale del contesto storico, sociale ed economico della realtà quotidiana e delle trasformazioni di quest’ultima nel corso di tutto il XX secolo. Un “documento” in senso ampio, che possa essere utilizzato in un ambito museale moderno (dotato cioè di quelle tecnologie che permettono un’esperienza “immersiva”) ma anche semplicemente attraverso la navigazione nella rete. In particolare si è pensato a uno strumento in grado di avere anche una valenza didattica e tale da essere facilmente utilizzato dagli insegnanti come compendio ai testi scolastici per permettere un approccio più diretto alle fonti e, con esse, agli ambienti dell’epoca.
Dal punto di vista metodologico il lavoro ha presentato un insieme di difficoltà dovute in massima parte alla dispersione ed alla eterogeneità delle fonti utili alla ricostruzione di ambienti domestici così diversi e lontani tra loro. La scelta di ricostruire gli interni domestici degli anni Trenta e degli anni Ottanta, dovuta alle motivazioni già spiegate da Maria Chiara Liguori, ha portato a compiere scelte di ricerca storica in parte simili ma anche differenti.
In primo luogo si è cercato di scegliere degli oggetti che permettessero una ricostruzione degli aspetti non solo storici ma anche economici, sociali e culturali dell’epoca. Sia gli anni Trenta che gli anni Ottanta rappresentano due momenti di grandi mutamenti e trasformazioni in tutti questi ambiti.
La crisi cominciata nel 1929, e prolungatasi fino alla fine degli anni Trenta, è stata la depressione più profonda e duratura conosciuta dall’economia capitalista e ha segnato profondamente la storia europea fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Dal punto di vista politico l’Europa vide accentuarsi lo scontro tra democrazie e fascismi. A partire dal 1933 si assistette ad un progressivo allentamento delle relazioni internazionali in nome di un rinnovato nazionalismo aggressivo.
La nuova fase per l’economia occidentale, apertasi con l’elezione a presidente degli Stati Uniti di Ronald Reagan nel 1980 determinò un profondo riordino dei meccanismi produttivi e dell’equilibrio stesso della società, soprattutto a causa della lotta contro l’inflazione. La decisione di abbandonare le politiche keynesiane che avevano orientato l’economia dalla fine della Seconda guerra mondiale favorì lo sviluppo di una “economia dell’offerta” sostenuta dagli economisti liberali americani. Altro elemento destinato a segnare “gli anni Ottanta” è stata la rivoluzione tecnologica seguita alla generalizzazione dell’utilizzo dell’informatica nella produzione e nei servizi. È stato in questo decennio che la Silicon Valley in California, culla della nuova industria dei micro-processori e dei computer, ha conosciuto il suo grande momento di prosperità. Tuttavia non si raggiunsero i livelli di profitto degli anni del miracolo economico e la nuova crescita si rivelò presto estremamente irregolare e minata da diverse crisi finanziarie di grande ampiezza.
Questi aspetti, insieme con altri maggiormente attinenti la sfera privata, sono stati alla base delle scelte operate nella selezione degli oggetti da ricostruire. Accanto ai mobili ed agli oggetti di design, utili per introdurre il discorso sui mutamenti in tema di arredamento e design, sono stati scelti singoli oggetti utili per approfondire tematiche specifiche. Ne sono un esempio le riviste femminili, che hanno permesso di parlare del tema dalla condizione della donna durante gli anni del fascismo e della politica “pro-natalista” del regime, volta a leggere la donna come “risorsa nazionale”, sottolineandone l’importanza del suo ruolo di moglie e madre all’interno del focolare domestico. Per gli anni Ottanta si è invece concentrato il discorso sui mutamenti delle mode e dei gusti musicali (radio e riviste musicali). Così come si sono voluti introdurre oggetti legati alla storia dell’alimentazione e delle abitudine culinarie delle famiglie nel corso degli anni Trenta, caratterizzati in Italia dalla scelta autarchica voluta dal regime: ne è un esempio la scelta di ricostruire una cucina economica, che negli anni Trenta, pur non essendo ancora diffusa su larga scala, cominciava a comparire in alcune cucine di famiglie benestanti. In contrapposizione, nella cucina degli anni Ottanta occupano una posizione di primo piano i nuovi prodotti alimentari industriali e i nuovi marchi, primo fra tutti quello del Mulino Bianco.
Per gli anni Ottanta ci si è inoltre concentrati sul passaggio dal pubblico al privato, visibile in particolare nelle mode e nelle scelte dei giovani: in evidente contrapposizione con il decennio Settanta, estremamente politicizzato, gli anni Ottanta avviano una stagione in cui a prevalere è un forte individualismo. Una stagione, inoltre, estremamente difficile soprattutto per le giovani generazioni che hanno dovuto confrontarsi con una disoccupazione crescente, in contrasto sempre più netto con la contemporanea formazione di una nuova élite capace di approfittare della speculazione e dell’avanzata dei profitti per imporre i suoi gusti e la sua moda nella società. Ad emergere poi con forza sono anche nuovi rapporti famigliari: negli anni Ottanta si assiste in particolare a una “ricompattazione” della famiglia e, un po’ anche per questo motivo, la sfera dell’intimità e del domestico diventa quella in cui si esprimo in primo luogo i comportamenti e le scelte personali (cfr. Calanca 2005).
Questi sono stati gli aspetti raccontati attraverso la ricostruzione degli ambienti domestici della casa e in particolare degli oggetti in essa presenti. La ricostruzione è avvenuta in primo luogo attraverso una ricostruzione filologica: si è proceduto attraverso la lettura di testi di storia, arte e design in modo da poter scegliere quegli oggetti che avrebbero permesso non solo di “arredare” la casa, ma anche di narrare, attraverso la loro presenza, un fatto storico. Ne sono un esempio il piatto con l’immagine di Benito Mussolini che è stato inserito nella sala da pranzo della casa degli anni Trenta o i trofei delle guerre coloniali presenti nello studio, che permettono di “raccontare” la storia di Bologna, ma anche dell’Italia del periodo del fascismo e delle guerre coloniali. Così come le riviste femminili “sparse” sui tavoli della casa permettono un collegamento con la storia di genere, consentendo di approfondire tematiche quali il ruolo della donna nella società italiana degli anni Trenta.
Allo stesso modo la scelta di ricostruire il computer per gli anni Ottanta richiama all’introduzione delle nuove tecnologie, mentre la bottiglia dell’amaro Ramazzotti vuole essere il simbolo della società dell’edonismo e dello yuppismo.
Per reperire gli oggetti si è fatto riferimento a raccolte archivistiche e museali conservate presso il Museo del Risorgimento di Bologna, la Biblioteca delle donne, il Museo della Comunicazione e del multimediale G. Pelagalli, la Cineteca di Bologna, l’Archivio comunale di Bologna fino alla ricerca in collezioni e archivi di impresa e privati, come ad esempio Villa Necchi Campiglio di Milano, il museo Alessi e l’Archivio storico Barilla.
Occorre sottolineare il fatto che per quanto riguarda gli ambienti si è scelto di ricostruire non tanto una realtà ben definita, quanto piuttosto un contesto, una sorta di idealtipo, volto a ricreare un contesto storico definito cronologicamente, contestualizzato sì nell’ambito locale, bolognese, ma che può essere utilizzato come base per procedere a collegamenti con il contesto nazionale. L’idea, infatti, è quella di ricreare un museo virtuale della vita quotidiana dove gli oggetti hanno un’esistenza autonoma ma al contempo contribuiscono a ricreare un contesto generale, storico e culturale e, anche, una storia delle mentalità e dei comportamenti.
Da questo punto di vista gli anni Ottanta hanno presentato difficoltà maggiori per il problema della “prossimità storica”. Essendo un’epoca a noi più vicina, il visitatore virtuale potrebbe avere delle difficoltà a riconoscere gli oggetti ricostruiti come realtà storica. È in questo contesto che, a mio avviso, risultano ancora più utili le schede esplicative che accompagnano gli oggetti e che permettono di vederli non tanto in quanto tali, quanto piuttosto come “spunto” di osservazione per raccontare lo spirito di un’epoca a noi così vicina ma che si presenta carica di contraddizioni, di eccessi e di legami con il presente.
Essendo questa una realizzazione multimediale si presta inoltre, ancora più di un saggio critico, ad essere implementata da fonti ulteriori, e penso in particolare alla ricerca di fonti orali che potrebbero andare ad arricchire in particolare la sezione sugli anni Ottanta.
Scopo principale del progetto è quello di offrire dei contenuti utilizzando le nuove potenzialità che le moderne tecnologie offrono, in modo tale da connettere universi informativi diversi in una prospettiva (per utilizzare anche in questo caso un termine sempre più comune in questi ambiti disciplinari) transdisciplinare. Una prospettiva che si apre peraltro a usi diversi: la semplice navigazione del “visitatore curioso” in un museo virtuale, la ricerca dello studioso, fino all’uso, già accennato, che uno strumento di questo tipo può avere per scopi didattici.
Modellazione 3D: problemi e soluzioni, di F. Delli Ponti
La realizzazione dei modelli tridimensionali degli oggetti e degli ambienti del progetto Abitare il quotidiano è avvenuta, come per la ricostruzione precedente, grazie all’utilizzo di un software di modellazione e di un software di elaborazioni di immagini.
Per poter fruire degli ambienti virtuali non solo attraverso dei fermo-immagine di punti di vista particolari della scena, ma anche navigando il modello liberamente su diverse piattaforme, come computer e Web, con una risoluzione dei modelli il più possibile rispondente alla realtà, la modellazione richiede l’adozione di una serie di accorgimenti. Si è quindi cercato di ottenere un effetto grafico dettagliato e di qualità con geometrie, e conseguente numero di poligoni, tali da consentire una buona risoluzione ma anche da non appesantire troppo il bilancio finale degli ambienti in termini di memoria computer.
La forma geometrica e il grado di risoluzione variano inevitabilmente a seconda dell’oggetto e della relativa forma e aspetto: ci sono oggetti, infatti, che è stato possibile virtualizzare al meglio con un semplice parallelepipedo, mentre altri hanno richiesto una maggiore accuratezza, vale a dire un numero più elevato di poligoni. In questi casi, per agevolare la fruizione di tali modelli anche nella navigazione in tempo reale, si è utilizzata una tecnica chiamata Lod (level of detail) che consiste, in fase di modellazione, nella realizzazione per lo stesso oggetto di diversi modelli con livelli di dettaglio diversificati. Questa tecnica combina due o più modelli a diverse risoluzioni del medesimo oggetto; è il software utilizzato per la navigazione in tempo reale a selezionare, in base alla lontananza dall’osservatore, ciò che viene mostrato. In pratica, si visualizza una versione alla volta, e la scelta è definita dalla distanza alla quale ci si trova durante la navigazione dall’oggetto che è stato realizzato con i Lod. Se il punto di vista è molto distante non saranno necessari tanti particolari e, quindi, geometrie molto complesse, che al contrario si apprezzeranno ad una distanza ravvicinata e saranno indispensabili alla migliore definizione dell’oggetto.
Un esempio di oggetto che è stato possibile realizzare con geometrie molto semplificate è il mobile di midollino posto nell’ingresso della casa degli anni ’30: per questo è bastato un semplice parallelepipedo in termini di geometria e le foto ad alta risoluzione applicate alla geometria hanno fornito il realismo necessario.
Diversamente ci sono molte forme che non è possibile definire con pochi poligoni, come lo scudo abissino, il telefono, il vaso di Alvar Aalto e molti altri oggetti presenti nella casa degli anni ’30, e come il bollitore, la poltrona e il divano, le scarpe Timberland e molti altri oggetti presenti nella casa degli anni ’80, che hanno invece richiesto una geometria più complessa.
Nell’esempio offerto dal telefono risulta evidente come, quando si è lontani dall’oggetto, non sia percepibile la mancanza di risoluzione geometrica, che diventa indispensabile in una prospettiva ravvicinata per evitare spigolosità irrealistiche.
Un ulteriore passo verso il realismo è dato dall’applicazione delle “texture,” ovvero la simulazione dei materiali che ricoprono le geometrie create. Per realizzarle sono necessarie foto ad alta risoluzione dell’oggetto, dalle quali si estraggono i particolari che al meglio rappresentano il materiale (per esempio la stoffa delle poltrone o un tipo di legno) e si applicano alle geometrie.
Le foto ad alta risoluzione sono essenziali non solo per simulare i materiali ma anche per fornire, insieme alle dimensioni fisiche degli oggetti, le informazioni indispensabili alla realizzazione delle geometrie. Nel caso particolare del bollitore Alessi è stato possibile utilizzare il modello geometrico fornito dai progettisti dell’Alessi, cosa che ha consentito di avere una geometria conforme all’oggetto, data la particolarità di alcune parti che si sarebbero dovute altrimenti semplificare.
Proprio per il bollitore ed altri oggetti sia degli anni ’80, come lavello, fornelli, attaccapanni e tavolo di vetro del soggiorno, sia degli anni ’30, come mobili Thonet, vaso di Alvar Aalto e cappa della cucina, si sono utilizzati i parametri generici offerti dal software di modellazione. Per definire al meglio materiali quali acciaio, ottone e vetro si è infatti fatto ricorso alle librerie di 3dStudioMax (Autodesk), ma l’applicazione di questi “materiali” ha fatto emergere diverse problematiche.
Nella realtà tali materiali hanno riflessioni particolari e difficilmente riproducibili alla perfezione, anche se con gli strumenti attuali ci si avvicina molto al comportamento reale. Fino a quando sono stati realizzati semplici render bidimensionali della scena all’interno del software di modellazione, tali materiali non hanno avuto problemi e, anzi, fanno sembrare l’oggetto reale, proprio perché i parametri che li definiscono sono rispondenti a quello che succede nella realtà quando interagiscono con fonti luminose.
Purtroppo nel real-time, cioè nella navigazione in tempo reale, è stato necessario giungere a dei compromessi, poiché i materiali perfettamente impostati all’interno del software di modellazione non sono leggibili dal software di navigazione VisMan (Borgatti et al. 2004), ma si sono ottenuti comunque dei discreti risultati.
La modellazione è stata finalizzata in un primo momento alla fruizione su computer, ma una volta definita la risoluzione adeguata alla comprensione degli spazi, che consentisse una buona lettura di mobili e oggetti delle diverse epoche, si è passati all’organizzazione dei modelli per la fruizione su più ampia scala, attraverso cioè il Web.
La suddivisione per stanze degli spazi ha fornito un primo aiuto nell’organizzazione dato che i muri stessi aiutano a non rendere visibili a chi naviga tutte le geometrie contemporaneamente. Gli oggetti sono stati quindi raggruppati per stanze e sono state identificate dell’aeree di visibilità, in modo da istruire il software utilizzato per la navigazione attraverso il Web su quali modelli caricare a seconda della posizione dell’osservatore. Inoltre, all’interno delle singole stanze si è definito un caricamento graduale degli oggetti mediante una gerarchia: nel caso per esempio della scrivania posizionata nello studio degli anni ’30 viene caricata prima di tutto la scrivania e poi gli oggetti che vi sono al di sopra, così per la libreria, per i tavolini e così via. Tutto questo per evitare caricamenti casuali in fase di navigazione che genererebbero confusione all’utente mostrandogli oggetti volanti caricati prima del supporto fisico su cui sono stati disposti.
Prospettive future, di M.C. Liguori
Attualmente, la parte principale del progetto Abitare il quotidiano può considerarsi conclusa, mentre è ancora in sperimentazione la versione navigabile via Internet del modello 3D. Questa versione, in grado di offrire anche al visitatore del Web la possibilità di muoversi liberamente negli ambienti, simulando un’impressione di presenza, è importante, come detto, non tanto dal punto di vista della fornitura di contenuti quanto da quella del coinvolgimento emotivo. Aspetto che dovrà essere tenuto in grande considerazione nel caso di un allestimento museale; una opportunità abbastanza probabile che darà l’occasione di portare avanti altre sperimentazioni, in particolare per quel che riguarda l’incremento del grado di facilità e immediatezza nell’accesso ai contenuti. Lo sviluppo della parte comunicativa nei progetti di realtà virtuale dedicati ai Beni culturali è, del resto, quella in genere meno approfondita, ma sulla quale è sempre più sentita l’esigenza di concentrarsi per poter realmente procedere sulla via della democratizzazione culturale. Per quanto rappresenti un buon passo avanti, non basta, infatti, il ricorso alle tecnologie informatiche per rendere la storia piacevolmente fruibile dal vasto pubblico.
Biografia
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