Archivi Migranti. Tracce per la storia delle migrazioni italiane in Svizzera nel secondo dopoguerra Trento, 5-6 maggio 2011

Daniele Valisena

La Grande Migrazione di fine Ottocento e inizio Novecento, le migrazioni politiche degli anni ’20 e ’30, le migrazioni dal Sud al Nord della penisola; il fenomeno migratorio è una vicenda che ha segnato profondamente non solo la storia economica e demografica dello Stivale e dei paesi che hanno accolto i nostri connazionali, ma che ha inciso con un marchio indelebile sull’autorappresentazione e sull’identità di diverse generazioni di migranti. La Confederazione Svizzera è uno degli stati che ha accolto il maggior numero di immigrati italiani, i quali a tutt’oggi costituiscono la comunità straniera più consistente. In un paese in cui oltre il 20% della popolazione residente è di origine straniera, la questione migratoria assume un rilievo che va ben al di là dell’interesse storiografico. Si tratta di un fenomeno recente rispetto ai canali classici dell’emigrazione italiana, che interessa soprattutto l’ultima parte del secolo migratorio della nostra nazione, quella che dalla fine della seconda guerra mondiale arriva sino alla metà degli anni ’70. Quasi ogni regione ha contribuito a gonfiare i percorsi migratori che attraverso i valichi alpini hanno condotto centinaia di migliaia di italiani nella Confederazione Elvetica e il cui numero totale supera quasi le 700.000 persone, senza contare i numerosi emigrati temporanei che hanno fatto ritorno in patria. Eppure, schiacciata dagli studi sul periodo della Grande migrazione e dall’interesse verso l’emigrazione tra le due guerre mondiali, l’emigrazione in Svizzera è una miniera che attende ancora in gran parte ancora di essere rivelata.

Va segnalata dunque l’iniziativa che ha avuto luogo il 5 e del 6 maggio scorsi a Trento, dove la Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento ha organizzato un seminario internazionale che ha visto intervenire diversi ricercatori e storici dell’emigrazione sia svizzeri che italiani. La due giorni è stata inaugurata dal coordinatore Mattia Pelli, che ha introdotto a un viaggio documentario attraverso la fitta rete di informazioni archivistiche disponibile alla consultazione nei due paesi. Mario Cerutti dell’Università di Ginevra ha tracciato brevemente le coordinate per una esplorazione della pluristratificata rete archivistica elvetica, concentrandosi con particolare attenzione sull’Archivio Centrale di Berna. Michele Colucci dell’Università della Tuscia ha poi parlato della controparte italiana dell’istituzione bernese,ossia dell’Archivio centrale dello Stato di Roma, mentre Padre Graziano Tassello, del Centro studi e ricerche per l’Emigrazione di Basilea, ha illustrato con minuzia la consistente mole degli archivi delle missioni cattoliche. Ha concluso la giornata Nelly Valsangiacomo, dell’Università di Losanna, che ha presentato la sua originale ricerca sugli archivi della radiotelevisione svizzera, settore decisamente poco esplorato nell’ambito della ricerca migratoria. Ha chiuso la serata la proiezione del film del regista migrante Alvaro Bizzarri Pagine di vita dell’emigrazione.

Ha aperto la seconda giornata di lavori la prof.ssa Paola Corti, docente presso l’Università di Torino e membro del comitato scientifico della rivista Altreitalie, che ha trattato dell’utilizzo di fonti fotografiche nello studio dell’emigrazione, seguita dall’intervento di Paolo Barcella, dell’Università di Bergamo, la quale ha tracciato alcune linee di studio riguardo al ruolo delle scuole nell’integrazione e l’utilizzo di fonti prodotte negli istituti dagli emigrati. La giornata è proseguita con l’intervento di Mattia Pelli e Valentina Galasso, che hanno introdotto il tema della memoria operaia e del fondamentale apporto dato dalle fonti orali allo studio di un fenomeno migratorio così recente. Nel pomeriggio poi Daniela Delmenico, dell’Università di Losanna e Valentina Decet dell’Università di Trento hanno illustrato altri tipi di fonti archivistiche e documentarie, mentre a chiudere i lavori è stato l’intervento di Sonia Castro, dell’Università di Pavia, curatrice del numero monografico della rivista “Studi Emigrazione” dedicato alla Svizzera.

Il convegno si proponeva non solo di essere un’occasione di incontro e confronto tra i principali studiosi italiani e svizzeri ma anche e soprattutto di quei giacimenti fondamentali ed imprescindibili per lo studio di questi fenomeni: gli archivi e le fonti. Un discorso di ampio raggio, che a partire dai canali più tradizionali della ricerca tenta di aprirsi a diversi approcci e a diversi tipi di fonti, da quelle documentarie a quelle orali, passando per quelle che Marc Bloch ha definito “fonti loro malgrado” come gli archivi radiotelevisivi, le fotografie o le lettere personali. Un discorso che è appena cominciato e che attende ancora in gran parte di essere narrato.