Cronaca di una rivoluzione culturale nei Paesi Bassi Provotariaat e Kabouters

di Luca Benvenga

La nascita dei Provos1

A partire dagli anni ’60, nei Paesi Bassi si sviluppa una dimensione di pratiche sconosciute che si intrecciarono ben presto con un carattere prevalentemente pacifista e non violento del movimento di contestazione giovanile. L’impulso iniziale per lo sbocciare di nuove idee nei circuiti della cultura underground si manifestò con i Provos, un gruppo di anarchici apparso per le strade di Amsterdam nel 1965, catalizzatore della prima scintilla di rivoluzione culturale che preparò il terreno all’onda sessantottesca. Il termine Provo appare per la prima volta con il sociologo olandese dell’Università di Utrecht, il dottore Buikhuisen, impegnato nel 1965 in uno studio sulla devianza giovanile, intitolato “Cause del comportamento dei giovani difficili”. Nella classificazione sulle bande giovanili delle grandi città olandesi troviamo proprio i Provo, abbreviazione di provocatore, Nozem, proletari senza interesse alcuno per la cultura e la politica, teppisti per noia che vivono con il sussidio di disoccupazione e rifiutano il lavoro. Roel Van Duyn, in cerca di un titolo per una nuova pubblicazione, fu il primo a riconoscere il potenziale dell’istintiva ribellione dei teppisti di strada, dato che a Van Duijin e Stolk appare subito perfetta la parola Provo e con se l’uso politico della ribellione urbana. Ispirato dall’anarchismo, dal filosofo tedesco Herbert Marcuse, più vicino a Lafargue che a Marx e ammiratore del marchese De Sade, Van Duyn divenne ben presto la forza trainante all’interno della movimento. Mentre Roel Van Duyn, ex militante del collettivo anarchico “Seguaci Domela Nieuwenhuis”, è il cervello di un intero movimento ludico-sovversivo e politico, un intellettuale timido e introverso che si dedica alla divulgazione delle idee tra gli studenti e gli ambienti più istruiti, un ex pulitore di vetri Robert Jasper Grootveld attira un massiccio numero di persone nel “centro magico” di Amsterdam con esibizioni che ricordano gli happening. Un’artista eccentrico che offre la chiave per comprendere il gioco rivoluzionario per mezzo di una tecnica di guerriglia simbolica, ai confini tra un rituale di liberazione collettiva e prassi artistica combinata all’umorismo, coniugando all’attività teorica di R.V.D., l’uso pratico della controcultura2. Accanto a personaggi come Roel Van Duijn e Robert J. Grootveld, si adunano Rob Stolk, Simon Vinkenoog, Bart Hughes e Constant3, quest’ultimo ex-membro dell’Internazionale Situazionista guidata da G. Debord, con alle spalle esperienze di anarco-comunismo, come del resto tutti gli altri esponenti, e co-fondatore della piattaforma “Cobra”, costituitasi a Parigi nel novembre 19484.

“I Provos sono stati un inedita confraternita di artisti, teppisti e visionari, che tra il 1965 e il 1967, è riuscita ad instaurare per le strade e i canali di Amsterdam una fugace e illegale repubblica anarchica fondata sull’happening e la burla. Maestri nella manipolazione dei media, cultori della trasformazione dell’arte da decorazione a espressione di indipendenza e di gioia di vivere, i Provos hanno costantemente agito in rotta di collisione con l autorità costituita. Prototipo perfettamente riuscito dell’homo ludens teorizzato da Huizinga, figli illegittimi del situazionismo, hanno tra l’altro brillantemente interpretato e reintrodotto lo sciamanesimo nella cultura occidentale” (M. Guarnaccia 2001). In soli due anni, i “burloni” olandesi, firmarono una serie ininterrotta di provocazioni, mescolando l’arte alla sregolatezza, l’eccessivo all’avanguardismo, scagliandosi contro il potere con uno stile di vita ecologista e antiproibizionista. “Provo, si legge in La Gioventù Anarchica, non è un movimento, ma un cabaret, non esiste organizzazione, ne è rappresentato da alcun gruppo: i giovani Provo si incontrano nei luoghi più disparati, in cantine e in un vecchio teatro in rovina; chi è interessato propone le azioni e la pratica, chi si sente in grado di farlo scrive articoli, prende contatto coi ministri, tiene discussioni sulle decentralizzazioni e sul concetto di gerarchia” (F. Schirone 2006, 53). Gli anarchici “cabarettisti” ridicolizzavano tutto ciò che appariva decente e a modo; sono l’immagine di una generazione in rivolta, arteria di “una galassia di corpi contundenti che ha reso la società meno rigida sul piano formale, scombinando le carte dell’appartenenza e delle gerarchie” (Guarnaccia 2005).

Una lunga onda d’urto trova il suo rito di iniziazione negli happening anti-tabacco dell’eccentrico Grootveld. Nella periferica geografica del K- Temple irrompe la miscela esplosiva del “Provotariato”. Guarnaccia argomenta gli happening come “grandi fumigazioni collettive, accompagnate da formule segrete contro i cattivi pensieri dell’assuefazione e del controllo sociale”. Una sorta di laboratorio pilota per sviluppare una profonda coscienza sociale (lo scopo effettivo era quello di scuotere l’attenzione generale sulle malattie provocate dal fumo di sigarette, per questo che G. si dilettava a disegnare grandi K (chiaro rimando al Kancer) sui manifesti pubblicitari per la strade di Amsterdam, nella volontà di indebolire la logica (diffusa) dell’uso di nicotina5: per questo gruppo di olandesi il fumo era un culto irrazionale, un rituale senza senso sorretto dall’industria del tabacco con il solo scopo di fare profitti.

Kroese Klass, ricco proprietario di un ristorante, decise di sostenere la crociata anti-fumo di Grootveld che, investito dalla missione, promosse una protesta singolare: si serviva di uno straccio al cloroformio per far visita ai tabaccai della capitale olandese. In seguito, autoproclamatosi “Stregone anti-fumo” spostò i suoi riti magici nel “Tempio dell’anti-tabbacco”, dove era solito animare le serate con la Black Mass, raccogliendo ogni settimana artisti della scena underground, come il poeta Selfkicker e lo scrittore Vinkenoog. Deluso dall’impatto mediatico dei suoi rituali, decise di far qualcosa di veramente sensazionale. Incendiò il “Tempio anti-fumo” di fronte a un gruppo di disorientati artisti, girovaghi, semplici spettatori, rendendo necessario l’intervento della polizia e dei vigili del fuoco per domare le fiamme e trarlo in salvo.

Entrnado nel merito delle loro linee programmatiche, i Provos rifiutavano il modo tradizionale di fare politica, mettendo in discussione la militanza e il riferimento primario alla classe operaia. Insorgono contro l’automobile, l’inquinamento e la generale rassegnazione all’assenza di creatività, stabilita come norma6. Si identificano nella pratica, nelle capacità creative e ludiche, in una “metodologia Provo/catoria” conseguente alla congiuntura sociale, di fronte cioè all’impossibilità di attuare qualsiasi processo rivoluzionario, secondo R.V. Van Dujin l’unica possibilità offerta ai gruppi che intendevano modificare lo status quo era provocare un dibattito.

L’intellettualismo raffinato condito dal consumo di marijuana in piazza Leidsplein e l’istinto teppista dei Nozem, lascia il posto alla vita tribale e comunitaria degli anarchici olandesi. A cedere sono la costruzione binaria dei ruoli di genere e l’arbitraria posizione di inferiorità dei soggetti non cisgender, si “propugna la libertà di fornicazione” e “l’apertura ad ogni genere di esperienza sessuale, omosessualità compresa” (M. Guarnaccia 2005, 76). Tali modelli comportamentali dovevano affiancare e stimolare una metamorfosi del modo di vivere, al fine di creare un nuovo ambiente sociale determinato da uno scarto tra pratiche di libertà e desideri individuali.

Amsterdam, la mecca dei proto-hippies

Il riot della scena anticonformista aveva come centro nevralgico piazza Spui, “il simbolo della rivolta proletaria”, a due passi da piazza Dam, il cuore della città, un tempo l’antico fossato di Amsterdam, diventata negli anni ’60 una sorgente di pensieri scomodi e alternativi che nel giro di poco assaggiarono il manganello della polizia. Lo Spui fu il catalizzatore di una temibile sintesi tra tradizione rivoluzionaria e controcultura urbana (sperimentazione sessuale, droghe psichedeliche, nuovi linguaggi comunicazionali).

Grootveld insieme a Bart Huges, al solo scopo di prendersi gioco della polizia e diffondere il “caos” in città, crea il Marihu Project. Il progetto consiste nel distribuire gratuitamente pacchetti di “spinelli” già confezionati, o inserirli nei distributori automatici di sigarette, contenenti per lo più paglia, sterco, foglie e in alcuni casi anche marijuana. I due fanno circolare con il metodo della catena di sant’Antonio il regolamento per un gioco a punti: si assegna il punteggio a seconda se si denunciano gli amici, i vicini, o se stessi, creando vari tipi di perquisizioni e interventi della polizia, terminati tutti con risultati negativi e con un niente di fatto. I due, in combutta con altri complici, tentano di esportare il gioco in Belgio, con scarsi risultati: l’interpool alla frontiera ferma Grootveld e Huges assieme ad una ventina di adepti, sequestrando un corposo quantitativo di Marihu, costituito principalmente di letame a secco ed erbacce di varia natura.

Al ritorno il mago anti-fumo individua nella statua di bronzo che raffigura il Lieverdje (“il caro ragazzo”), realizzata dallo scultore olandese Carel Kneulman in cogestione con la Hunter tobacco company (finanziatrice del progetto), una squallida operazione di marketing per promuovere il consumo di sigarette, e decide di trasferire i suoi happening davanti al “monumento dell’insaziabile consumista del futuro”. ogni sabato a mezzanotte, G. appariva ai piedi della statua del “Monello” con addosso abiti stravaganti e inusuali, con un pubblico sempre più cospicuo di Nozem, intellettuali, semplici curiosi e polizia che faceva da cornice7.

L’elemento chiave è la capacità di mobilitazione. La carica mobilitativa di Grootveld e degli outsider di Amsterdam è elevata; la scelta ricade sulla volontà di rimanere fuori dagli spazi di dialettica politica, regimi comunicativi e codici normativi vigenti, che segnarono la puntuale interazione movimento-forze dell’ordine. L’adesione della polizia non compromise comunque lo svolgersi di questa particolare cultura festale che gravitava attorno alla statua dipinta di bianco, che ogni sabato sera coinvolgeva sempre più persone unite in attività ludico-sovversive.

L’identità delle soggettività mobilitate si contaminò con le forme di protesta più o meno codificate del movimento studentesco, pacifista, anti-nuclearista e con gli attivisti politici, improvvisando un campionario di iniziative radicali. Un universo di spontaneità e pura fluidità che non conosce l’istituzionalizzazione, l’organizzazione strutturata e centralizzata. Piazza Spui traccia una cartografia di dinamiche di azione collettiva che non mantiene il suo affetto alla tattica del luddismo: non impugnano l’arma del sabotaggio, non si impossessano dei mezzi di produzione, tifano rivolta contro le false coscienze scatenando apprensione ed equivoci con la sola arte concettuale.

La chiave di lettura dello stile Provos occorre privilegi il binomio arte-vita che si combina con l’estetica/etica della rivoluzione culturale, e che riaffiora nei movimenti giovanili sessantotteschi, in cui l’azione provocatoria viene fatta con le armi dell’ironia, dell’umorismo e dell’immaginazione: “è con quest’ultima (l’immaginazione), che si possono scardinare i piani di controllo sociale, smascherare l’ipocrisia benevola del consumismo, ridicolizzare il potere” (M. Guarnaccia 2005, p. 58).

Amsterdam è divenuta la prima zona liberata post-industriale, la terra promessa dei cervelli creativi e delle nuove generazioni germogliata nel terreno di coltura preparato dai Provos. Destinati a restare nel “patrimonio genetico delle rivolte del XX secolo”, gli anarchici olandesi scritturarono ciò che sul finire degli anni Cinquanta si comincia a definire con il nome di happening, il superamento della contrapposizione tra arte e vita, dove l’arte si fa azione con il tentativo di fonderla con la vita quotidiana. La provocazione fu il metodo di azione politica, “uno strumento efficace per sensibilizzare l’opinione pubblica”.

Le pratiche di disobbedienza civile fanno da sponda ai messaggi contro l’asservimento della popolazione ai nuovi e imperanti modelli di consumo, contro la violenza poliziesca e l’autoritarismo, costituendo il presupposto per il riconoscimento di una vera e propria identità sociale di una certa gioventù postindustriale degli anni 80 e 90 (F. Alunni, 2006), “che ha messo in discussione il modo di vita autoritario e convenzionale in Europa, in America e Russia” (F. Schirone 2006, 54). I Provos non credevano nella rivoluzione proletaria, “interpretavano la rivolta come reazione al degrado della piccola borghesia da cui molti provenivano” (Ivi, p.53), in quanto il proletariato e la classe dirigente si erano amalgamati in una grande e grigia classe media, che attraversava un momento catartico. Si definivano “anarchici alla Mao-Tse-Tung”, e il compito del Provetariato era risvegliare l’istinto latenete della sovversione e trasformarlo in azione. Una sorta di megafono che offriva la possibilità di dar voce ai propri sentimenti di frustazione e rabbia, un teatro di strada che definiva le traiettorie per artisti, beatniks, viandanti, girovaghi e teppisti8.

Il germe dell’auto-dissoluzione si propaga come un virus sul finire del 1967. Tuttavia, come scrive Nooteboom ne I Rituali, “il movimento di contestazione Provos continuò la sua attività sotto il nome olandese di Koubters”. La città degli gnomi, ispirandosi alle tesi dell’anarchico russo Petr Kropotkin sul decentramento e la creazione di piccole officine autonome e cooperanti. Calarono il sipario in seguito alla scelta di alcuni membri di partecipare (e vincere) le elezioni comunali, in nome di quanto, nell’elettoralismo e nelle sue regole, non rientrava l’elemento di spontaneità, fiutando il rischio di essere inglobati dall’establishment politico9. Lo fecero due anni dopo aver fornito gratuitamente delle biciclette bianche con il chiaro intento di lanciare un attacco propagandistico alla proprietà privata, e un anno dopo aver lanciato delle bombe fumogene durante la parate del matrimonio regale della principessa d’Olanda con Claus von Amsberg, arruolato nella Gioventù hitleriana, la Wehrmacht, ed in seguito associato al nazismo.

Il 10 marzo 1966 i Provos misero in atto una protesta ridicolizzante: fecero esplodere alcuni petardi durante il passaggio del corteo della principessa Beatrice, accompagnando la marcia nuziale con duecento bombe fumogene (un fumogeno di colore arancione oscurò la diretta televisiva) e una gallina bianca, lanciata tra le zampe dei cavalli, cui era già stato loro somministrato dell’LSD, dopo aver colpito il cocchio d’oro con un topo. Il movimento antimonarchico olandese, con all’altezza del petto cucita la stella di David (chiaro riferimento al genocidio delle genti ebraiche durante la seconda guerra mondiale), attaccò degli adesivi anti-nazisti sulle autovetture con targa tedesca, giunte ad Amsterdam per seguire le nozze del neo-principe. La rappresaglia della polizia fu imminente e si concluse con un pestaggio selvaggio dei contestatori (“La polizia olandese non si risparmiò, e non risparmiò nessuno! Durante la cerimonia nuziale manganellò a destra e a sinistra; le teste rotte non si contarono! E riuscì a riempire cellulari e camere di sicurezza come non succedeva più dai tempi dell’occupazione nazista”, L.M. Cosoli 1971, 3).

Lo stato d’assedio imposto dalle autorità olandesi fu schernito ancora una volta dall’azione ludica del provotariato, che sortì l’effetto di sbeffeggiare quelle migliaia di poliziotti, a piedi e a cavallo, militari, agenti dello spionaggio e blindati impegnati nel garantire la sicurezza degli sposi10.

L’odore delle azioni satiriche e granitiche degli happening politici contagiò la vicina Berlino non risparmiando neppure la New York freak di quegli anni. A Berlino i combattenti di strada, guidati da un ex-situazionista, fondarono la kommune 1, laboratorio di agitazione culturale e politica con azioni creative e violente, cui confluirono i giovani arrabbiati della Berlino ovest. I militanti e sostenitori nel 1967 convennero in quello che si andò a definire il Movimento del 2 Giugno, giorno di esordio del movimento studentesco in Germania, consolidatosi attorno alle proteste contro la venuta dello scià di Persia Mohammad Reza Pahlaviin, in visita nella Berlino ovest. Dall’ ala dura del movimento nacque da lì a poco la banda Baider-Meinhoff, passata alla storia con l’acronimo di R.A.F., il gruppo armato comunista che impose al proletariato un livello di scontro militarizzato, mentre il nucleo di agitazione culturale ampliò le file del movimento underground berlinese. Nel frattempo i cultural workers Newyorkesi, i Mutherfuckers, il cui volantino di presentazione raffigurava l’immagine di un freak strattonato dalle guardie urbane, iniziarono l’attività pubblica come collettivo redazionale della rivista dadaista Black Mask, ed in seguito con lo pseudonimo di werwvolves, lanciarono bombe contro banche e bersagli simbolici, prima di entrare, da li a poco, nell’ambiente freak per l’agitazione culturale di sinistra, pronti a guidare la gioventù americana verso un nuovo stile, che mescolava la radicalizzazione dei costumi alle azioni politiche-culturali simili a quelle allestite da Grootveld e compagni.

Negli anni ’60 tre movimenti di opinione e coscienza, che riflettono la saldatura tra la non-violenza e l’ecologia, tra l’Io stirneriano e l’ordine sparso della guerriglia partigiana, laddove le ragioni della rivolta spontanea si manifestarono, condizionarono l’ordine costituito. I beatniks americani, la Beat generation di Kerouak e i movimenti studenteschi di Berkley, coagulati in forme di protesta contro la guerra nel Vietnam e la bomba atomica; Il Movimento Provo olandese, che si caratterizzò per uno schema contestatario che rispondeva a formule di “provocazione” dell’autoritarismo; Il Movimento che gravitava attorno alla rivista “Mondo Beat”, che si caratterizzò per la “contestazione” definita come “azione non-violenta di massa per l’affermazione dei diritti civili e per la salvaguardia dell’ambiente nell’era nucleare” (Melchiorre-Gerbino, “Mondo beat”, 1966). Pacifista e non violento, libertario e antimilitarista, il nuovo soggetto sociale sposta il terreno di scontro. Dallo scontro decisamente materiale per controllo dei mezzi di produzione industriale si passa a quello della grammatica culturale (F. Campagna 2005, 18). Cominciano a circolare nuove forme di espressione, linguaggi, slogan, simboli. Da Berlino a Milano, da Zurigo a Londra, gli echi dei Beat (termine di derivazione statunitense, utilizzato negli anni quaranta e cinquanta in riferimento al nomadismo giovanile, ai sottoproletari, agli homeless, F. Schirone, 2006, 47), dei Provos e degli Hippye, giungono forti alla nuova generazione che critica le strutture sociali e di pensiero provincialiste. In Italia, “ i capelloni”, nelle loro mille denominazioni e ridicolizzazioni delle compagini giornalistiche, si raccolgono intorno a piazza di Spagna a Roma, Piazza del Duomo a Milano, a Firenze sul ponte Vecchio e a Genova in Piazza Tommaseo (Ibidem), instaurando di fatto quello che G. Feltrinelli definì una nuova forma di sciopero dimostrativo permanente (“Mondo Beat” n.5). Un flusso multiforme di idee, pensieri, musica, arte, letteratura, si presentarono nelle metropoli europee e nell’hinterland urbano su un piano poliedrico e antagonista rispetto alla cultura mainstream, incubando profonde implicazioni politiche. Tutti loro sono la sintesi della “forma tradizionale di fare protesta” (cit. di G.G. Ferltrinelli), strettamente collegata al diritto all’alterità e alla rivolta dello stile, un laboratoro sociale di secessione dai modelli di comportamento consolidati e da un modello di auto-valorizzazione basato sulla capacità di adesione alla società consumista. Si assiste ad una crescente discrepanza adolescenziale rivolta al recupero dello spazio sociale e al soggettivismo, manifestatasi con atteggiamenti anticonformisti, ribellistici e provocatori.

Il “magma creativo” si agitò anche in Italia, dove una variante della popolazione giovanile degli anni Sessanta si propone con uno stile di vita contrapposto ai valori della società tradizionalista e casta. I nuovi modelli di comportamento rispondevano ad un forte bisogno di socializzazione e comunitarismo, scaturivano da un’esigenza collettiva di protagonismo e di metamorfosi del modo di vivere (P. Echaurren, C. Salaris 1999). I Provos Italiani si coagularono intorno a “Mondo Beat”, il primo esempio di stampa underground e rivista di controinformazione, che vide la luce nella sezione anarchica Sacco e Vanzetti a Milano. Avvisaglie di un cambiamento sociale si avvertono nel 1966 con il caso “La Zanzara”, giornalino scolastico del liceo classico Parini, una delle scuole della borghesia milanese dove i redattori conducono un’inchiesta dal titolo “Un dibattito sulla posizione della donna nella nostra società”, cercando di esaminare i problemi del matrimonio, del lavoro femminile e sessuali. Ne seguì un processo contro i tre autori, Marco De Poli, Claudia Beltramo Cappi e Marco Sassano, con la presenza in tribunale di 400 giornalisti e spaccamenti interni all’alveo politico, da un lato l’MSI e la DC, dall’altro i cattolici progressisti e i partiti della sinistra schierati con i giovani giornalisti, con prime pagine anche sul giornale francese “Le Monde” e sul “New York Times” americano. É l’anno in cui i primi gruppi di beatniks si costituiscono nell’abitazione di Fernanda Pivano, traduttrice di scrittori americani e iniziatrice in Italia dei testi narrativi di Kerouak, Ginsberg e le musiche di Dylan e Joan Beaz, scatenando un fiore di gruppi come L’Equipe 84, i Camaleonti, Patty Pravo,i Dick Dick e Caterina Caselli, etc. Nell’ottobre dello stesso anno, Vittorio di Russo, deportato a Milano dopo una retata di Provos ad Amsterdam e dichiaratosi cittadino del mondo, strappando il passaporto sull’aereo che l’avrebbe riportato in Italia, allacciò legami con i radicali e i militanti anarchici Giuseppe Pinelli e Pietro Stoppani, con gli universitari Carlo Masi e Cristina Fisher, ingrossando le file del movimento con l’avvicinamento ai beatniks che frequentavano piazza del Duomo e i sottopassaggi della metropolitana di Cordusio11, malgrado i singolari tentativi di arginare e contenere il fenomeno generazionale con i fogli di via, richiamanti le disposizioni di una norma fascista introdotta dal Codice Rocco, che obbligava quanti vi incappassero ad allontanarsi da Milano per cinque anni. Come Grootveld in piazza Spui, V. di Russo scelse la statua omaggiante Vittorio Emanuele II in piazza Duomo a Milano per ripercorre la strada degli happening Grootveldiani contro il perbenismo della società milanese, catalizzando attorno a sè numerosi spettatori e simpatizzanti, curiosi e inclini alla guerriglia psichica messa in atto dallo stravagante cittadino del mondo. L’eredità lasciata da V. di Russo al movimento controculturale italiano fu la pubblicazione underground di “Mondo Beat” (M. Guarnaccia, 2005, 92), che si distinguerà, per l’orientamento e le discussioni su temi politici molto forti: antimilitarismo, autodeterminazione, pacifismo, difesa dell’ambiente ed anti-nuclearismo.

L’Olanda dopo i Provos. Sotto il segno degli “gnomi”

Ogni inizio segna una fine. Il 13 Maggio del 1967, al Vondelpark, il movimento Provo si suicidò. Degli oratori ai lati della piazza, posizionati su delle casse, pronunciarono lo scioglimento di quella che era stata una libera ed eclettica aggregazione, priva di struttura organizzativa, apparati centralizzati e di un manifesto programmatico. Infatti, quella che si presentava come un organizzazione compatta e omogenea, non fu altro che un’area progettuale di natura non formale condivisa da non più di trenta giovani dai 16 ai 25 anni, una fantasiosa e bizzarra accozzaglia che si rifletteva nel sabotaggio culturale e la resurrezione (im)politica dei giovani nella metropoli industriale. In modo evidente, i Provos sono passati alla storia riuscendo a trasformare la superficie della società olandese, ottenendo una serie di conquiste civili e assegnando al movimento una rilevanza storica fuori discussione, seppur con un’attività militante di soli venti mesi. Nel 1970 L. M. Consoli dipingeva il quadro di un Olanda tendenzialmente progressista e avventurista, scrivendo di un Paese che viene considerato come “il più evoluto e progredito d’Europa e, forse del mondo. La mentalità dei suoi abitanti progredisce continuamente, e sono all’ordine del giorno dispute intorno ad argomenti tanto controversi come il “Nuovo Catechismo”, il matrimonio del clero, la legalizzazione della convivenza tra omosessuali, la liberalizzazione dell’uso delle droghe cosiddette leggere […]. Questioni, cioè, che hanno come ultima soluzione (o tentativo, o proposta, di soluzione) l’indipendenza e la libertà di un individuo” (L.M. Cosoli 1970, 376-379). Amsterdam, “grazie anche ai Provos, era diventata una città più libera e più disponibile, centro della cultura underground e della libertà sessuale”; L’ “Imagination au Pouvoir”, lo slogan urlato nel Maggio francese, era una riedizione del messaggio-Manifesto Provos; Il collettivo Dolle Mina – “il Movimento Olandese per la Liberazione delle Donne che prendeva il suo curioso nome da Wilhelmina Drukker”, recuperava nelle sue azioni lo stile Provos. Solo per citare alcuni esempi. Una delle tante espressioni meglio riuscite di questa libera comunità fu il Concilio Provo I del 12 novembre 1966 nel castello di Borgharen, a due passi da Maastricht. Van Duyn, davanti alla cortese attenzione di un centinaio di esponenti della stampa internazionale, compreso “Il Corriere della Sera” che “dedicò un articolo al singolare simposio”, redasse un testo che aveva l’obiettivo di creare un terreno di coltura favorevole per far sbocciare il seme della nuova società. La volontà era quella di scuotere l’attenzione generale sull’avvelenamento dell’aria, dell’ambiente e del cibo, conseguenza dell’irrazionalità e del carattere contro natura del capitalismo moderno, proponendo come possibile e concreta risposta la creazione del consumatore consapevole, che deve “essere informato su tutto ciò che consuma e sul modo in cui, in quanto consumatore,viene consumato […] e deve essere spinto ad agire contro i prodotti costosi e che non valgono niente”. Quindi, “Il boicottaggio da parte del consumatore, scriveva R.V.D. nel saggio Questo è in memoria della civiltà occidentale, è l’unica forma di resistenza economica possibile in un futuro senza lavoro[…]”.

Spente le luci e calato il sipario, ognuno prese la propria strada. Ma la fine, come ogni fine, era solo un nuovo inizio. Degli ex membri del movimento rimase ben poco. Nel 1968 “prende il via uno dei più incredibili esempi di sperimentazione sociale” (M. Guarnaccia, 2005, 170). Due stabili di proprietà pubblica vengono trasformati in spazi di socializzazione e di aggregazione popolare, ribattezzati il Fantasio e il Paradiso. I due locali underground sono lo specchio di un nuovo modello socio-culturale che abbatte le frontiere dell’intolleranza e della monocultura. Il Fantasio ha vita breve. Appena un anno dopo la sua apertura è costretto a chiudere per l’eccessivo consumo di droghe. Riaprirà nel marzo del 1969 sotto un altro nome, si chiamerà il Kosmos, e sotto un’altra veste, non tollerando più l’uso di sostanze stupefacenti al suo interno. Il Cosmix relax Center Paradiso (questo il nome completo) era una ex chiesa evangelica sconsacrata vicino al Vondelpark, realizzata nel 1879 ed occupata da una comune di hippies nel 1967 ed inaugurata il 30 Marzo del 1968 come centro culturale e multimediale, con ristorante macrobiotico, video-proiezioni, sala cinema, biblioteca e oggettistica ((http://www.psichedelia.org, 2011). “Si tratta, chiosa L. M. Consoli, di una strana costruzione a tre piani che s’indovina esser stata, una volta, una chiesa, ma che adesso non si può ragionevolmente credere adibita a nessun culto, se non a quello della libertà. Tutta la facciata e le pareti laterali della parte più avanzata e più alta dell’edificio sono dipinte con i colori nazionali, cioè, rosso, bianco e azzurro. Inoltre, una enorme bandiera scende dal tetto fin sul portico d’ingresso, dove l’entrata è limitata da due botteghini ai quali bisogna soffermarsi per fare il biglietto: tre fiorini, poco più di cinquecento lire, ma i soci pagano molto di meno. Due manifesti, in alto, annunciano programmi per la settimana seguente […]. Dove prima c’era un organo, in alto, sulla testa di chi entra, sono ora appostati otto proiettori, di quegli stessi che servono a riprodurre le diapositive su schermo gigante, con una differenza, che non sono immagini “normali” quelle “sparate” (il verbo è l’unico adatto) sull’enorme drappo bianco che riveste tutta la parete di fondo, dove, una volta, c’era l’altare maggiore. Un gioco semplicissimo, consistente nel far muovere continuamente del liquido molto denso e dai colori accesi tra lastrine di vetro o di plastica (uno, due od altre, tre colori per ogni proiettore) crea una fantasmagoria cromatica dagli effetti ottico-allucinatori meravigliosi. Chiazze rosse, nere, gialle, ocra, marroni, verdi… Che si aprono, si ramificano in mille e più rivoli che, quasi immediatamente, si riuniscono ad altri rivoli, e ad altri ancora, creando nuove macchie e nuovi fiumi di colore; il tutto moltiplicato per infinite chiazze e per infiniti colori ed accompagnato da una musica dai toni rigidamente acuti, cioè più penetranti, che non creano, come la musica in cui “predominano” i toni bassi, un senso di confusione, ma una vera e propria atmosfera siderale. Talvolta si tratta di ritmi ripetuti all’infinito con una cadenza sempre uguale, più noiosi della musica di Sylvano Bussotti (il che è un dir tutto), e con un crescendo continuo che sembra non debba mai aver fine, ed in questo caso l’effetto è molto più esaltante. Talvolta invece sono suoni con uno sfondo musicale, ma niente ritmo: spaventosamente acuti, ringhi di cani o di altri animali più violenti, pianti di bambini […]. Quasi tutti, in quell’anticamera che è il ‘Paradiso’, fumano hashish o marijuana, dalle otto di sera, quando apre il locale, fino alle tre di notte, orario di chiusura. Fumano per trarre maggior piacere da questo spettacolo esaltante […]. Per chi non ama né la musica né le proiezioni psichedeliche (o se ne stanchi presto) il ‘Paradiso’ offre tutta una serie di altre occupazioni (non vorrei chiamarli ‘divertimenti’). Un certo numero di zone, tra le scale che conducono al primo piano, ed il primo piano stesso, permettono di dedicarsi a tutt’altre attività. Un angolo indicato da un cartello ‘meditatie’ (Meditazione) raccoglie i soliti ‘impegnati’ attorno ad un tavolo colmo di giornali, riviste o stampati vari, soprattutto in olandese, ma anche in inglese e in francese, tutti su temi scontati; la pace, il Vietnam, Nixon, la libertà… Questo popolo ha un vero culto per questa parola: libertà! […]. Altri angoli (difficilmente sono vere e proprie stanze isolate, più spesso si tratta di piccoli vani ricavati sotto una scala o dietro una fila di colonne) sono riservati a chi intende assistere ai programmi televisivi, o a proiezioni cinematografiche ‘underground’ o a chi vuole sentir musica o, addirittura, farla per proprio conto, ascoltato dai propri amici e da chiunque ne abbia voglia (e coraggio)”(L.M. Consoli, 1970, 376-379).

Un anno dopo, in un clima di fermento culturale e di odissea sociale, il militante Roland Van Duyn, ex portavoce del gruppo, accarezzo l’idea di rimettersi in gioco arricchito dalla lettura dei testi del fondatore dell’antroposofia, Rudolf Steiner. Abbandonata momentaneamente la metropoli in seguito allo scioglimento del movimento, “si è ritirato su un’isola remota dei Paesi Bassi, in una fattoria di coltivazioni biodinamiche. Qui ha ascoltato rapito i racconti di un contadino che non usa le macchine a motore per i lavori agricoli, non volendo spaventare gli gnomi, senza il cui aiuto i prodotti della terra non crescono bene. La cosa colpisce la fertile fantasia di Van Duijn, che vede nello gnomo il simbolo perfetto con cui sostituire la bicicletta bianca dei Provos” (M. Guarnaccia, 2005, 106). L’ormai ex provo Roel Van Dujin nel 1969 pubblica il De boodschap vane en wijze Kabouter (“Messaggio da uno Gnomo saggio”), “vengono riprese le tematiche ecologiche che stavano a cuore ai Provos, e viene proposta una sorta di riconciliazione tra l’uomo e la natura. Van Dujn sostiene che la rivoluzione ecologica deve partire dalle città, e lancia una campagna per fare diventare Amsterdam la città degli Gnomi”(http:// psichedelia.org, 2011). Il volumetto avrà molto successo in Olanda, e presto la figura dello gnomo (in olandese: kabouter) sostituirà la bicicletta provo. Nello stesso anno “occupò personalmente il posto vacante dei Provos nel Consiglio Comunale di Amsterdam, portandosi dietro un saggio che aveva scritto sul Sabotaggio come arma alternativa di difesa. Bastò poco allo studente di filosofia per riorganizzare i suoi vecchi compagni e assemblare i cocci del dissolto gruppo, dando vita ad un nuovo movimento. Quello de I Kabouter, gli “gnomi”, i “folletti”, i “nani”.

La “tranquilla rivoluzione anarchica”, dipinta e ipotizzata da Peter Heintz nel suo libro Anarchismus und Gegenuvart del 1951, abbandona la tattica combinata del riformismo/provocazione dei Provos con il “work in progress” dei Kabouters, dal gioco beffardo e fantasioso all’analisi viscerale del sistema, dal confronto alla provocazione: non è più tempo di criticare la società, bisogna nell’immediato presente darsi da fare ed iniziare a cambiarla. I Kabouters proclamarono la fondazione di una comunità alternativa organizzata in vari magisteri in contrapposizione a quelli ufficiali. Nel documento di proclamazione del Oranje Vrijstaat, il “Libero Stato di Orange” (in riferimento alla guerra Anglo-Boera), si legge: “Tutto ciò che sarà possibile usare della vecchia società, lo useremo: la cultura, gli ideali socialisti e il meglio delle tradizioni liberali. La nuova società dovrà (…) sfruttare tutte le sue conoscenze sulle tecniche di sabotaggio, per accelerare la trasformazione della società autoritaria e inquinata in una società antiautoritaria e pulita. La stessa esistenza di una società nuova e autonoma all’interno del vecchio sistema è, in effetti, la forma più efficace di sabotaggio” (T. Holterman, 1980). Al dogmatismo, al burocratismo, all’autoritarismo, i Kabouters sostituirono un sistema organico, un’organizzazione egalitaria, concludendo il loro manifesto con quest citazione: “Non si tratta più del socialismo del pugno chiuso, bensì di quello delle dita intrecciate, del pene eretto, della farfalla svolazzante, dello sguardo mosso e del Gatto Sacro. È l’anarchia” (Ibidem). L’eccezionale evento che segnava la rinascita dell’underground olandese, con le sue strutture, le sue attività, gli organi di diffusione ideologica, i suoi dipartimenti, viene celebrato dal Servizio Postale del Libero Stato d’Orange con dei francobolli commemorativi12.

Antesignani del movimento ecologista, i Kabouters svilupparono una strategia di radicamento sociale ispirandosi alle Black Panters americane, per “l’edificazione di una società indipendente che si governa autonomamente” e che spazzerà via le ceneri della vecchia, impigliata tra mille rivoli differenti e spolpata dalle tensioni politiche. Si idealizzavano battaglie per l’occupazione delle case sfitte, l’equiparazione dei salari, la collettivizzazione dei mezzi trasporto, pubblico, libero e gratuito, la preservazione dell’equilibrio ecologico, la razionalizzazione della produzione e il sostegno ad un’agricoltura biologica che rinunci all’uso di pesticidi. Inoltre, la nuova società, sarà dotata di un personale organo di propaganda, il KabauterKrant, e di una Gazzetta Ufficiale come organo di informazione, il Kabouter Kolonel; il ”Libero Stato” avrà facoltà di emettere moneta propria e stampare francobolli, oltre che ad essere rappresentato da un ambasciatore che occuperà il seggio del “vecchio Municipio”, per mantenere le relazioni con il “vecchio mondo”. Vagheggia una febbrile attività culturale. L’autore del quadro in questione è il “Dipartimento popolare per la Subcultura e la Creatività”, che prevede la creazione di scuole antiautoritarie, la diffusione di una controcultura con spettacoli e rappresentazioni teatrali, oltre che con la riappropriazione di spazi pubblici. L’alternativa proposta presenta anche un progetto di “riqualificazione” di piazza Spui, con il Lieverdje che abbandonerà la sua presunta condizione di solitudine, orfano degli allucinanti e fantasiosi happening: verrà eretto un nuovo “Monumento Nazionale”, raffigurante una pianta di arancio come icona del nuovo mondo e “le danzeremo intorno cantando il nuovo inno del popolo: La civetta sta seduta sull’elmo”. L’ambasciatore R. Van Duyn si prepara ad occupare uno dei cinque seggi che spettarono di diritto alla nuova formazione politica dopo la vittoria all’elezioni comunali nel giugno del 1970, un clamoroso successo che li portò ad ottenere 40.000 voti e conquistando più del 12% degli elettori al grido “Liberi dalla Monarchia, liberi dallo Stato e liberi da tutto”. Un ruolo, quello di membro del consiglio, che lo portò ad attestarsi su posizioni di autocritica formulate in uno suo breve saggio. Nella parentesi introduttiva delle sue Confessioni di colpa si legge “Questo libro è […] La confessione di una colpa, perché mi sento sempre in colpa per la mia posizione di membro del Consiglio municipale. Mi sento colpevole perché collaboro con un sistema fondato sul potere privilegiato di un Consiglio composto da sole 45 persone, contro le 830.000 che vivono in questa città. È un sistema autoritario, profondamente avverso alla società anarchica per la quale i kabouters stanno lottando. Una società, cioè, nella quale la gente si governi da sola, con i Consigli di fabbrica e di quartiere. Eppure, continuo a fare questo lavoro perché penso che la carica di consigliere municipale mi dia la possibilità di fare qualcosa per riformare il sistema in modo radicale e definitivo” (http://www.psichedelia.org, 2011).

Il I giugno del 1970, i Kabouters promuovono l’ “Operazione gerico” per catalizzare la simpatia della cittadinanza: una marcia simbolica che coinvolgeva centinaia di persone attorno al grattacielo della Banca Nazionale olandese con il proposito di farlo crollare. Le loro iniziative rispecchiano una chiara intenzione utopica, un mix tra proposte articolate (lo stesso giorno “dichiarano gli alberi monumento nazionale: per ogni pianta sradicata o danneggiata, l’ambasciatore del “Libero Stato di Orange” invierà formale lettera di protesta al governo olandese”), innovatrici (come la riqualificazione delle aree pubbliche destinate allo svago per i bambini, o come il primo tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla raccolta differenziata dei rifiuti) ed in parte assurde (“come quella di mettere delle fioriere sopra le tanto odiate automobili e di abbassare il livello della strada in modo che il pedone potesse vedere solo fioriere in movimento” o, la richiesta di “istituire docce a due piazze nei bagni pubblici, per favorire le famiglie o le coppie che vogliano farsi la doccia insieme”, (http://www.psichedelia.org, 2011). Alcuni mesi dopo il Dipartimento per la Casa proclamò il National Squatting Day, procedendo ad occupare tutti gli edifici vuoti di Amsterdam con il proposito di renderli abitabili e confortevoli per rispondere alla penuria di alloggi. Come l’organizzazione politica delle Black Panters che a favore della comunità dei bambini neri d’America organizzò un programma di colazioni gratuite, oltre ai corsi di educazione politica, assistenza sanitaria e sostegno civile, gli “gnomi” fanno irruzione in piazza Dam e allestiscono un banchetto di cibi biologici, come azione simbolica a sostegno dei giovani saccopelisti presi di mira dalla politica intollerante delle istituzioni. Nel 1970 due “gnomi” sono tratti in arresto con l’accusa di aver fatto uso di hashish in aula durate la seduta consiliare. L’azione dei due attivisti, Connie Bos e Franz Van Bommel, è la logica conseguenza della ambigua linea di condotta adoperata dal governo olandese, che da un lato lascia la gente libera di fumare marijuana, e dall’altro non abolisce le leggi proibizioniste, lasciando intatto il codice normativo in materia di sostanze stupefacenti. La proposta del movimento, si intuisce dai suoi due esponenti, è quella di legalizzare la vendita di erba contrastando il traffico clandestino di sostanze psicotrope, impedendo la costruzione di un mercato illegale di lavoro sommerso.

L’azione di maggior successo fu il boicottaggio del censimento della popolazione di Amsterdam del 29 Maggio del 1971, considerato una schedatura, una violazione della privacy, un’indagine poliziesca. Al momento di consegna del censimento quasi la metà della popolazione risultava fuori casa e la maggior parte dei questionari somministrati “vengono compilati in maniera molto creativa oppure finiscono direttamente nei canali” (M. Guarnaccia 2005, 206).

Il biennio 1970-1971 rappresenta il vertice del movimento ma anche la sua lenta frantumazione, mostrando una costante correlata al movimento Provos. Operazioni di marketing resero del tutto inoffensivi entrambi i fenomeni soffocandone la spontaneità, la “ribellione fantasiosa”: lo sfruttamento commerciale/massmediatico infranse la forza creativa, avventurista, assimilandone l’ “etichetta”. Se ai Kabouters va riconosciuto il merito di essere stati degli ecologisti ante- litteram, “bellicosi” e geniali , ai Provos si deve il merito di essere stati i “detonatori degli anni Sessanta”, l’avanguardia della lotta contro i presupposti etici e l’autoritarismo. Quella contagiosa fiammella che ha acceso l’ardore delle nuove generazioni e ha fatto scricchiolare i palazzi del potere un po’ in tutto il mondo.

1Il presente contributo è il frutto della ricontestualizzazione e attualizzazione di un precedente lavoro sulle culture alternative nell’Olanda pre-sessantottesca, ivi presentato in maniera più ampia e articolata.

2 R. Van Duyn e R. Grootveld, scrive Luciano Massimo Consoli in “A-Rivista” del 1971, “Decisero insieme la compilazione di una lettera aperta il cui testo, redatto da Van Duyn, era nettamente orientato verso una visione anarchica della società. ‘Beste Kameraden’ è da considerare il primo documento Provo (25 maggio 1965), immediatamente seguito, il 21 giugno, da ‘É bene che ci sia la polizia’, sempre redatto da Roel van Duyn, ma firmato ‘Federazione degli Anarchici – Provocazione N° 1’”.

3 Constant Nieuwenhuys, architetto e pittore, unì il progetto dell’Urbanesimo Unitario alle teorizzazioni dell’Internazionale Situazionista, noto per essere l’inventore di New Babylon, modello di città “in divenire”, adatto ad una popolazione nomade, senza legami con vecchi modelli sociali che si rifanno alle ormai obsolete ideologie della proprietà privata e della sedentarietà”. Si legge “New Babilon è il mondo dell’abbondanza, il mondo in cui l’uomo ha smesso di lavorare e iniziato a giocare; dove la poesia è diventata modello di vita per le masse” (New Babylon n 4). Nel capitolo New Urbanesism, pubblicato sulla rivista Provo n/9, Constant precisa la sua posizione, ovvero il tentativo di riportare l’architettura e l’urbanistica nelle mani dei suoi proprietari, gli abitanti, che saranno così liberi di scegliere e modificare in qualsiasi momento, in base ai loro bisogni e desideri, il proprio habitat. La sua New Babylon è immaginata temporanea, mutevole, ipertecnologica, ludica, nomadica la creazione delle situazioni è spontanea e naturale, il desiderio ed il suo soddisfacimento la fanno da padroni (e ne sono lo scopo). Constant, inizia ad ideare una città per una nuova era dell’umanità, in cui tutto il tempo libero, unito ad una visione della vita assolutamente nomadica, senza occupazione fissa del suolo, senza appropriazione fissa dei mezzi di produzione, deve essere utilizzato solamente per creare quegli oggetti e quegli strumenti in grado di sostenere la libertà creativa del nuovo homo ludens.

4 Il movimento artistico-letterario sviluppatosi in Olanda Belgio Danimarca (CoBrA, compare come l’acronimo di Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam) e Europa del nord, giunse ad avere circa cinquanta membri fra pittori, poeti, architetti, teorici, provenienti da diversi paesi europei e,tra le sue iniziative vi furono convegni, mostre, scambi, e la pubblicazione della rivista dall’omonimo nome. Quasi tutte le iniziative erano gestite da Constant, Dotremont e Jorn. A causa di idiosincrasie interne e dissensi politici(alcuni militanti entrarono in rotta con il Partito comunista che strizzò l’occhio al realismo socialista, indebolendone la convinzioni politiche del gruppo),l’Internazionale degli Artisti Sconosciuti ne segnò la fine nel 1951, dopo soli tre anni di pubblicazione.

5 L’obiettivo di stimolare/ “provocare” un dibattito pubblico su i danni causati dall’uso di sigarette, era un tema ( tra gli altri) che rientrava nel programma politico degli anarchici olandesi.

6 Osserva Roel Van Duyn “… A livello ideologico facevamo riferimento all’Anarchia. Ma chi poteva capire tutto questo allora?…L’Anarchia la intendevamo come una specie di democrazia da attuare nella vita di tutti i giorni. Non doveva più esserci chi dava ordini e chi ubbidiva, bensì una società nuova, in cui l’uomo avrebbe potuto ritrovare la sua capacità creative e ludiche …”.

7 I Provos avevano un atteggiamento ambivalente verso la polizia, considerandola anche essenziale per un happening di successo. “Certo, è ovvio che i poliziotti erano i nostri migliori complici, ha scritto R. Van Duyn, migliore il numero, quanto più rude e fascista era la loro performance … La polizia, come facciamo noi, si dedica a provocare le masse … Questo causa risentimento. Noi cerchiamo di trasformare quel risentimento in rivolta”.

8 Un’altra performance degli anarchici olandesi, fu l’irruzione in un grande magazzino travesti da Babbo Natale , che li vide impegnati nella distribuzione di regali ai bambini che si trovavano al suo interno, “P/rovocando” l’intervento della Polizia che portò all’arresto dei “Babbi Natali”.

9 L’elezione di un Provo in Municipio, non è , come emerse dal Resoconto della conferenza Europea della gioventù anarchica del 1967 a firma della Gioventù Libertaria di Milano, un integrazione al sistema, un cedimento attraverso l’accettazione delle sue regole, bensì si tratterebbe di una vera e propria “Provocazione”, con il sol scopo di comprendere come ogni giorno si facciano e si accettano delle concessioni , che mettono in luce delle contraddizioni (F. Schirone, 2006, 52-55).

10 Inoltre, il 18 Giugno successivo, circa 1200 cittadini disgustati dell’operato della polizia, firmarono un documento di accusa dei metodi polizieschi, che costò il posto al capo della polizia e al borgomastro di Amsterdam. Era la vittoria dei Provos! (fonte “A- Rivista”, 1971, a firma di Luciano Massimo Consoli).

11 Citazioni di Melchiorre-Gerbino in “Mondo Beat”, op. cit.

12 L’Opposizione militante dei Kabouters nella sola città di Amsterdam durò all’incirca quattro anni ( si conta un numero sostanzioso di attivisti nel periodo che va dal 1970 al 1971, con una presenza massiccia di qualche centinaio di “gnomi”, fino a passare alle non più di trenta unità negli anni successivi. L’eco dei “folletti” aveva raggiunto anche la penisola italica che, nel Maggio del 1977 arricchisce l’alveo delle radio indipendenti con la presenza di Radio Kabouters che trasmette da Novara ( fonte: Corriere di Novara, Nuova emittente: Radio Kabouter , 5/6/1977).

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