Ethel Lilian Voynich Il figlio del cardinale Roma, Castelvecchi, 2013

di Alberto Malfitano

Copertina_recensione_MalfitanoCi sono opere, forse non capolavori assoluti, ma di indubbia qualità letteraria, che vanno incontro a destini curiosi, diventando dei veri e propri casi mondiali. Ne è un esempio clamoroso il romanzo storico recentemente riedito da Castelvecchi, Il figlio del cardinale, libera e più accattivante traduzione dall’originale inglese (The Gadfly, Il Tafano), e prima vera trasposizione in italiano, dopo quella del 1956, di un romanzo che ha fatto epoca, ma molto più al di là dei confini di quanto sia avvenuto nel paese che ne ospita la trama.

Il romanzo presenta infatti diversi punti di interesse: in primo luogo, fu scritto a fine Ottocento da un’autrice di origine irlandese, Ethel Lilian Viynich, ben inserita nei circoli progressisti londinesi dell’epoca e che, come tale, conosceva bene l’epopea dei tanti esuli italiani che, nei decenni precedenti, in piena epoca risorgimentale, avevano trovato accoglienza nella capitale inglese, a partire da Giuseppe Mazzini. L’opera infatti racconta le vicende avventurose e drammatiche di un giovane di origine inglese, Arthur Burton, che aderisce in pieno alle vicende risorgimentali che tra anni Trenta e Quaranta del XIX secolo scossero molte parti d’Italia, in un intreccio di vicende politiche, familiari e amorose dai forti connotati drammatici. Burton, nonostante il nome anglosassone, è lo stereotipo del giovane ribelle italiano che lotta per l’indipendenza del proprio paese, per gli ideali della libertà e della giustizia, nonostante ciò lo porti a uno scontro fatale con il padre, un cardinale, per di più attivamente impegnato a mantenere l’ordine e reprimere moti repubblicani nello Stato pontificio. Quella del giovane rivoluzionario dai begli ideali e coraggio sfrenato era un’immagine molto popolare tra l’opinione pubblica inglese dell’epoca, assai sensibile al fascino esercitato dai tanti patrioti italiani che nei decenni precedenti avevano animato i salotti inglesi e fatto girare la testa a più di una dama locale.

Il figlio del cardinale, titolo che svela il dramma del giovane patriota, è una sorta di “drammone” popolare che svela quindi la passione di certi ambienti londinesi per la lotta risorgimentale, ma il suo interesse va sicuramente oltre. Come ha ben sottolineato in una nota d’appendice Stefano Piastra, giovane ricercatore dell’Università di Bologna cui si deve la riscoperta in Italia del romanzo, l’autrice dimostra nel suo racconto sia una grande conoscenza dei fatti risorgimentali, sia dei luoghi in cui la storia è ambientata, tra Toscana granducale e Romagna pontificia. La trama infatti si svolge tra Livorno, Pisa, Firenze, e altri centri minori toscani, e la Romagna pontificia, in un’evidente contrapposizione tra la relativa liberalità del Granducato e il dispotismo papale nelle irrequiete Legazioni, terre di moti e predicazione mazziniana.

Di per sé sarebbe già un motivo sufficiente per una lettura del romanzo, ma a incuriosire ancora di più e renderlo davvero unico è la strada che il figlio del cardinale ha percorso in seguito alla sua pubblicazione, illustrata in appendice da Alessandro Farsetti, che ha anche curato l’ottima traduzione dell’opera. Al successo iniziale, sia negli Stati Uniti, sia in Inghilterra, confermato da trasposizioni teatrali, tra cui la più famosa ad opera di G.B. Shaw, e giudizi lusinghieri da intellettuali di primo piano, come Bertrand Russell, seguì un clamoroso exploit nei paesi comunisti. D’altronde, The Gadfly si prestava perfettamente a soddisfare gli stilemi della propaganda comunista, per il carico di significati che portava con sé: l’esaltazione della lotta insurrezionale contro le ingiustizie, la ricerca della libertà, la lotta per un ideale portata avanti anche a costo di disconoscere i legami familiari e rinunciare alla propria vita, lo spiccato anticlericalismo. Nelle scuole dell’Unione Sovietica la sua lettura è stata obbligatoria per decenni, e ha contribuito enormemente a farlo divenire un romanzo di culto, con trasposizioni filmiche, teatrali, operistiche. Nel 1955 si ebbe l’apice con il colossale Ovod, musicato da Šostakovič con una delle sue più celebri composizioni, la Gadfly Suite, Op. 97.

Sulla scia del successo nell’Urss, l’anno seguente si ebbe la citata prima traduzione in italiano, peraltro non integrale. Nei paesi dell’Europa orientale, così come in Cina e in altri paesi a guida comunista, il successo continuò per decenni, alimentato dalla volontà dei regimi che avevano trovato nel Tafano un simbolo propagandistico perfetto, ancora stampato in nuove edizioni in paesi come Cina, Vietnam, Cuba. Ben meritava quindi, Il Figlio del cardinale, per il valore letterario, per la fortuna incontrata, e per l’ambientazione pienamente italiana, di essere adeguatamente tradotto e stampato per poter essere conosciuto da un pubblico più ampio