Floriano Del Secolo

 di Michele Strazza

Abstract

Floriano Del Secolo (1877-1949), allievo del Carducci e amico di Benedetto Croce, fu scrittore, giornalista e politico. Si oppose strenuamente al fascismo e venne espulso dall’insegnamento. Durante il Ventennio conservò la sua fede antifascista e si dedicò agli studi letterari. Nel 1944 diventò direttore de “Il Risorgimento”, primo quotidiano di Napoli liberata. Nel 1948 venne eletto al Senato in rappresentanza delle sinistre.

Abstract english

Floriano Del Secolo (1877-1949), student of Carducci and friend of Benedetto Croce, was a writer, journalist and politician. Strenuously he opposed to fascism and was expelled from teaching. During the two decades kept its faith-fascist and devoted himself to literary studies. In 1944 he became director of “Il Risorgimento”, the first newspaper of Naples released. In 1948 he was elected to the Senate in representation of the left.

Nato a Melfi, in Basilicata, il 10 maggio 1877 da Dario, piccolo proprietario terriero, e Vitamaria Mendìa, lasciò la cittadina normanna per gli studi. Frequentò il ginnasio e il liceo nel Convitto nazionale di Lucera, diplomandosi a soli 16 anni (Dizionario Biografico Universale 2007, 681).

Di quel periodo, lontano dagli affetti familiari, scriverà, in seguito, in un opuscolo in ricordo del padre:

Mi rivedo fanciullo nell’uniforme collegiale. Nelle fosche ombre della sera, qua e là rotte dalle fioche fiamme di scarse lampade a petrolio, l’antica cattedrale romanica disegna il suo volto austero. Furiosa la violenza del vento percuote ed agita e squassa la chioma di un albero annoso, e ne torce gli scarni rami e ne strappa le foglie che si divincolano mulinando nel soffio e vanno a finire lontano, sul selciato. Tu mi dici con voce pacata e serena: studia, figlio mio… Io sono come una delle foglie di quell’albero, e il vento può gettarmi a terra da un momento all’altro… Se una virtù ho appreso da te, quella mi vale più dell’agiatezza che avresti voluto dare a me e a tutti del tuo sangue: la virtù di illuminare il lavoro con la fede, e non disperare mai, nemmeno nelle ore più buie (Del Secolo 1927a).

Iscrittosi all’Università di Bologna nel 1893, fu allievo del Carducci verso cui ebbe grande ammirazione (Larotonda 2012, 190).

Strinse pure amicizia con Alfredo Oriani, poeta e scrittore che stimò moltissimo e che difese sempre dalle critiche cui fu sottoposto, fino a diventarne “recensore appassionato e fazioso, biografo partecipe” (Giammattei 2003). Così ne ricorderà l’incontro in un articolo del 1929 pubblicato su “Italia letteraria” di Roma:

Nella forte maturità del corpo aitante, bruno, con gli occhi acuti e vividi, semplice, affabile, bonario, senza nessuna delle pose e delle arie consuete nei candidati alla notorietà, subito si abbandona alle sue confidenze. Sente in me una simpatia istintiva, e ne gode. Mi segue negli argomenti che gli propongono, e si compiace di soggiogarmi colla rapidità della sua ideazione, con la nobiltà dei suoi pensieri, con la facilità dei suoi motti. La conversazione non ha tregua (Borraro 1978a, 212).

Conseguì la laurea in Lettere nel 1897 con una originalissima tesi sulla prosa sacra tra il Duecento e il Quattrocento. Il lavoro venne poi pubblicato col titolo Predicatori ed autori di lettere spirituali nel sec. Quattordicesimo (Tip. G. Grieco, Melfi 1898). Il libro ebbe una favorevole recensione dall’Albertazzi che, nel dicembre del 1898, su “Il Resto del Carlino”, ne lodò l’analisi degli aspetti psicologici-storici riferiti all’ascetismo del XIV e del XV secolo (Albertazzi 1898).

Tornato a Melfi, il 23 luglio del 1897, pieno di preoccupazioni, scrisse a Giustino Fortunato per dargli la notizia del conseguimento del titolo accademico:

Eccomi dottore in lettere. Questo titolo che avrebbe dovuto per me segnare una lieta liberazione dalla pedanteria scolastica, m’induce in pensieri molto seri sul mio avvenire, che fin d’ora mi si presenta così vago ed incerto. Purtroppo la laurea che un tempo sembrava e forse era una conquista, ora non è che trait-d’union fra un’aspra fatica compiuta ed una ancora più aspra e dura da compiere (Borraro 1978b, 197).

In una successiva lettera del 30 luglio gli manifestava, altresì, il desiderio di continuare a studiare, ma senza gravare sull’economia familiare:

Vorrei continuare la vita dello studente  per qualche anno. Ma non alle spalle della famiglia, guadagnando da me poco, pochissimo, il solo necessario. Ho detto vorrei avrei dovuto dire mi è necessario e voi mio buon don Giustino ne conoscete le ragioni. Riuscirò a trovare a Napoli, in un qualunque istituto privato, in un giornale, una modesta occupazione? (Borraro 1978b, 198).

A Melfi aveva già collaborato precedentemente a riviste e fogli periodici locali: dalla “Sfinge svelata” a “Melfi all’alba del secolo XX”, dal  “Gazzettino melfese” a “Scienza e diletto”, stampata a Cerignola,  sino a “La vita internazionale” di Ernesto Teodoro Moneta.

Sempre nel 1897, grazie soprattutto a Carducci, ma anche allo stesso Fortunato, ebbe un primo incarico di insegnamento in Sicilia alla cui volta partì non senza qualche indugio, come si evince dalla seguente lettera che gli inviò il Fortunato alla vigilia di Natale:

Caro Floriano,

non fortunato, ma fortunatissimo tra’ fortunati voi siete; dovete il miracolo, credo, al Carducci. Io scrivo subito, fervidissimamente, al Chiarini, sia perché il Chiarini è arbitro, sia perché del Gallo non sono familiare. Ma venga o no risposta favorevole, voi baciate la terra natale e partite, lieto, giocondo, per la Sicilia. Santo Iddio, parlar del viaggio e della traversata dello stretto di Messina! Via, non è degno di voi. Dar gli esami? Dio buono, a voi, come già al Mecca, non occorre certo la frequenza dell’Università: basterà leggervi i libri. Su, coraggio! E che il buon genio vostro vi prosperi. Buon anno. Aff.mo G. Fortunato (Borraro 1978b, 201).

 Passò poi a Benevento e, infine, a Napoli dove, agli inizi del ‘900, fu professore di lettere e filosofia nel Collegio Militare della Nunziatella, in quella stessa cattedra prima detenuta dal De Sanctis.

Per intanto, Adolfo Albertazzi lo chiamò a collaborare con il “Resto del Carlino” di Bologna. Di Albertazzi serbò sempre un buon ricordo. In seguito ne avrebbe curato la pubblicazione dell’intera produzione letteraria nella collana dell’editore Garzanti dal titolo Romanzi e racconti dell’Ottocento. Il volume fu stampato nel 1950, un anno dopo la sua morte.

Nella città partenopea svolse, fino all’avvento del fascismo, una intensa attività giornalistica, iniziando dal polemico periodico letterario “I Mattaccini”, rivista durata soli sei mesi, “ma che costituì un interessante tentativo di integrare il carduccianesimo con l’esigenza di una più moderna cultura”. Vero e proprio “organo del carduccianesimo a Napoli”, essa fu fondata e finanziata dal giovane poeta Francesco Gaeta e trasse il nome da un gruppo di dieci sonetti di Annibal Caro contro il Castelvetro (Giammattei 2003, 204-205).

Sul periodico Floriano Del Secolo diede ampio sfogo alla sua “vis polemica”, sostenendo la tesi di una poesia civile in grado di dare voce alle battaglie e alle lotte per la democrazia, senza evitare di attaccare i potentati intellettuali del tempo (Del Secolo 1902c). Il 12 gennaio 1902 non mancò di criticare anche Piccolo mondo moderno di Fogazzaro, contrapponendogli La disfatta di Alfredo Oriani, opera ricca di precisione psicologica, evidenza descrittiva e forza rappresentativa (Del Secolo 1902a).

Obiettivo dei suoi strali erano le opere più popolari e consumistiche, tutta una letteratura sempliciotta che, comunque, soddisfaceva i gusti di un vasto pubblico. Il letterato, invece, secondo il giovane Del Secolo, doveva allontanarsi da tutto questo e indirizzarsi verso «un lavoro di educazione civile ed intellettuale» (Del Secolo 1902b).

La strada giornalistica gli era stata, invece, sconsigliata dal Carducci che, invece, lo voleva solo scrittore e letterato. Così quando pubblicò sul “Resto del Carlino” un articolo sull’ultima lezione del maestro, Carducci lo chiamò per lodarlo ma anche per rinnovargli l’invito a desistere.

Ormai tutti i maggiori giornali del tempo, da “Il Pungolo” a “il Giorno”, da “il Messaggero” a il “Corriere della Sera”, sino a “Il Secolo” e a “La Nuova Antologia, gli chiedevano articoli e saggi.

Continuò il rapporto con Giustino Fortunato ma il suo “impeto carducciano” e le sue “idealità socialiste” mal si conciliavano con l’impostazione politica e culturale del grande meridionalista, impegnato a creare nel Mezzogiorno “un blocco intellettuale capace di fornire alla grande proprietà terriera la sufficiente coscienza critica per affrontare e portare a soluzione quei problemi di sottosviluppo socio-economico che affliggevano questa parte del paese ma senza stravolgimenti” (Sabia 2005, 21).

Introdotto proprio da Fortunato, si avvicinò a Benedetto Croce, frequentandone assiduamente la casa insieme all’avvocato e umanista melfitano Pasquale Mecca.

Del Secolo era ben consapevole del ruolo di Croce nella cultura italiana e della forza innovativa del suo pensiero. Prima di lui – scrisse – “la prudenza la flemma lo scetticismo l’avarizia l’impotenza” improntavano la produzione critica e filosofica. “Nel gelido torpore” esistente era entrata, dunque, “una vampata d’audacia” (Giammattei 2003, 236-237).

Pur riconoscendone l’importanza, Del Secolo non ebbe, però, mai verso Croce lo stesso atteggiamento e la stessa ammirazione che nutriva per Carducci.

Nella casa di Croce conobbe anche Guido De Ruggero, Adolfo Omodeo, Francesco Flora, Luigi Russo, Gino Doria e l’editore Riccardo Ricciardi. Non ebbe, invece, alcun rapporto con Francesco Saverio Nitti verso cui nutrì grande diffidenza, giudicandolo statalista e pieno di radicalismo troppo angusto. L’opinione fu reciproca e Nitti lo ritenne sempre alquanto mediocre, di “modesta formazione”.

Quando ritornava a Melfi non aveva grosse frequentazioni. Nella cittadina federiciana, infatti, “godeva la sua solitudine e salvava la sua dignità e la sua fede”, circondandosi, però, di pochi e fidati amici: Pasquale Mecca, Antonio Lancieri, Rodolfo Galiani e l’esponente socialista Attilio Di Napoli (Araneo 1978, 274).

La sua attività giornalistica a Napoli proseguì imperturbata e, nel contempo, iniziarono i contatti con esimie personalità come Giuseppe Prezzolini, Matilde Serao, Enrico De Nicola, Francesco Torraca, Giorgio Amendola e tanti altri.

Nel 1917 divenne condirettore del quotidiano napoletano “Il Mezzogiorno”, chiamando a collaborarvi le migliori firme della cultura giornalistica del tempo, dal già citato Prezzolini a Bergeret, da Ambrosini a Luigi Russo.

Egli fece di quel quotidiano “l’organo di un liberalismo aperto all’esigenza di un più solidale rapporto tra le classi”. Negli editoriali a sua firma, infatti, era forte “il tentativo di coniugare liberismo e moralismo liberale” (Giammattei 2003, 238).

Durante il regime venne estromesso dall’insegnamento e dal giornalismo. Dovette così lasciare, il 18 agosto 1923, il quotidiano “Il Mezzogiorno”, con l’accusa di professare un liberalismo troppo democratico e troppo avverso al fascismo.

Dopo l’acquisto del giornale da parte del finanziere Saverio Canto, proprietario delle Cotoniere Meridionali, Del Secolo venne, infatti, sostituito da Giovanni Preziosi (Parente, Gentile, Grillo 2005, 62). E proprio su quel quotidiano il 7 giugno 1922 aveva esortato i liberali a favorire l’entrata dei socialisti nel governo contro il fascismo, vero pericolo per lo Stato di diritto (“Il Mezzogiorno”, 7 giugno 1922).

Del resto, proprio la sua analisi del fascismo “come momento involutivo della società italiana, come avvento della barbarie”, il suo atteggiamento favorevole verso il socialismo, nonché “le sue convinzioni sulla natura della società divisa in classi e sul ruolo moderno della classe operaia”, lo avvicinavano al pensiero di Gobetti (Sabia 2005, 29).

Dopo il rapimento di Matteotti appoggiò l’iniziativa dell’Aventino, giudicandola la risposta più concreta che si potesse dare, in quel momento, alla barbarie. Aderì all’Unione Nazionale di Amendola, presiedendone la sezione napoletana.

Superato il momento iniziale, però, ben presto manifestò la propria critica verso il proseguimento dell’esperienza aventiniana vista nella sua insufficienza e sterilità. Era necessario, invece, accettare la proposta di Gobetti di creare un governo democratico guidato da Amendola. Così ricorderà nel dopoguerra quel momento:

Io mi sforzai di dimostrare come il perdurare della successione aventiniana in uno stato d’inerzia dava al fascismo tempo e agio di rafforzarsi sino a soffocare interamente lo sdegno e l’ansia che l’assassinio Matteotti aveva suscitato (“Risorgimento”, 1946, n. 714) .

Ma il suo suggerimento, pur condiviso da altri antifascisti, non venne attuato, mentre Piero Gobetti, su mandato di Mussolini, veniva aggredito dagli squadristi il 5 settembre 1924, morendo, due anni dopo, per le conseguenze delle ferite riportate.

All’ultimo Congresso nazionale della Stampa, tenutosi a Palermo dal 25 al 28 settembre 1924, Floriano Del Secolo appoggiò un documento, poi approvato quasi all’unanimità, nel quale si riaffermava, “al di sopra di ogni sentimento il principio della libertà di stampa, conquista iniziale della nuova storia d’Italia, e condizione necessaria alla vita di ogni popolo civile”. In esso si stigmatizzavano i decreti sulla stampa che, sottraendola “alla legge comune per sottoporla agli arbitrii del potere esecutivo”, offendevano la coscienza del giornalismo, e si dichiarava l’opposizione a ogni nuovo provvedimento che mettesse in pericolo “il principio e la pratica della libertà di stampa” (Carcano 1984, 59-66).

Il Congresso elesse Del Secolo componente del Direttivo nazionale, mentre il governo fascista lo inserì tra coloro che dovevano essere espulsi dall’ordine dei giornalisti.

Firmò, insieme a Giustino Fortunato, quello che fu poi definito “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, pubblicato il 1° maggio 1925 sul “Mondo”, promosso da Amendola ed elaborato da Croce, in risposta al “Manifesto degli intellettuali del fascismo” di cui si era fatto promotore Giovanni Gentile e pubblicato il 21 aprile dello stesso anno (Papa 1958, 100, 147).

Del Secolo fu anche tra i pochi insegnanti che si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà allo Stato fascista e, per tale motivo, venne espulso dalla Nunziatella. Nonostante la perdita del lavoro non si arrese e trovò la propria fonte di sostentamento nelle lezioni private e nelle pubblicazioni.

Sempre nel 1925 venne invitato ad essere tra i curatori dell’Opera Omnia di Oriani, voluta direttamente da Mussolini, e, in tale veste, scrisse la prefazione al volume di poesie Monotonie, evitando qualsiasi entusiasmo ed attenendosi ai canoni della più rigorosa analisi letteraria.

Non mancarono, infatti, rilievi ed osservazioni critiche al lavoro del poeta:

La poesia di Monotonie non emerge da un bisogno intimo di espressione, non dà forma concreta ad un bisogno personale di sentire la vita […] è l’eco di sentimenti diffusi nell’aria. Quel mondo poetico risulta di motivi vecchi e comuni e non riesce a tradursi in sensibilità lirica nuova e originale (Del Secolo 1925, VI, VIII).

Ritornato, ormai, a tempo pieno, agli studi letterari, insieme al conterraneo Giovanni Castellano, lucano di Pomarico, pubblicò nel 1927, in due volumi, con Laterza, una raccolta antologica degli scritti di Benedetto Croce dal titolo Benedetto Croce. Poeti e scrittori d’Italia.

E proprio con Benedetto Croce si mantenne sempre in stretto contatto, frequentandone il cenacolo letterario. Fu tra quegli intellettuali antifascisti che si stringevano attorno al grande filosofo, “bramosi di porre un termine alle proprie pene”, domandandogli, “come ad un saggio capace di leggere negli astri”, la propria opinione sui destini futuri e sulla fine del regime. Ed essi, pur non avendo risposte precise, sentivano in cuor loro che la fede di quell’uomo, “sorretta dalla rettitudine della coscienza e dall’altezza della dottrina”, non poteva essere “fallace”, traendone “coraggio a perseverare nella lotta, sino alla fine” (“La Rassegna d’Italia”, 1946, n. 2-3).

Floriano Del Secolo continuò, durante questo triste periodo, a tenere conferenze e a collaborare a giornali e riviste. E’ di questo periodo la commemorazione di Francesco Crispi e di Vincenzo Fiore alla Nunziatella di Napoli (Del Secolo 1927b; 1937).

Anche la sua casa divenne punto di riferimento culturale di giovani antifascisti. E difatti la sua opposizione al fascismo in questo periodo si espresse con l’educazione delle giovani generazioni allo studio dei classici e degli autori risorgimentali dove riscoprire gli alti valori di libertà dell’occidente.

Durante i bombardamenti di Napoli nel conflitto mondiale ritornò a Melfi dove assistette alla caduta di Mussolini. Nel periodo successivo diede sempre prova di coerenza e fermezza intellettuale. L’8 settembre del 1943, in un editoriale sul “Roma”, così scrisse:

Certo non è questa l’ora delle discussioni e dei contrasti. Ma la momentanea e volontaria rinunzia non deve e non può significare l’abdicazione per l’avvenire alla definizione delle colpe per le quali il paese, noi tutti siamo stati tratti in tanta angoscia ed in tanta rovina. Non sovrapponiamo alla necessità ferrea della disciplina l’ambiguo e convenzionale appello alla concordia nazionale. Nessuna concordia potrà aversi fino a quando non siano esclusi dalla vita pubblica tutti i responsabili delle nostre calamità. Né bisogna indulgere ai fiancheggiatori che abilmente ruffianeggiano l’obolo dell’acquiescenza facendosi pagare venti quello che valeva meno di dieci, attingendo all’industria parassitaria, collaborando in giornali all’estero e in Italia pagati dal fascismo (Borraro 1978a, 210).

Durante questo periodo di permanenza nella sua città natale ebbe importanti contatti con alcuni uomini dell’antifascismo lucano, soprattutto con Vito reale, esponente dell’Unione Democratica Nazionale. Proprio quest’ultimo quando, in rappresentanza del governo Badoglio, dovette recarsi da Croce per discutere i termini dell’abdicazione di Vittorio Emanuele III, si rivolse a Del Secolo, chiedendone l’intervento presso il filosofo (Sabia 2005, 39).

Dopo aver rifiutato l’offerta di Achille Lauro di dirigere uno dei suoi giornali, il 14 marzo 1944, su segnalazione di Benedetto Croce, che lo definiva “uomo di grande probità e di sicura fede” (Croce 1973, 209), venne nominato direttore del “Risorgimento”, primo quotidiano di Napoli liberata, con l’obiettivo – come ebbe a dire lo stesso Croce –  di “riorganizzare la Stampa napoletana contaminata da venti anni di menzogne” (Croce 1973, 80).

La testata aveva sostituito i tre giornali partenopei esistenti, “Il Mattino”, “Roma” e “Corriere di Napoli”, soppressi in quanto considerati conniventi col fascismo. I primi direttori furono Paolo Scarfoglio, direttore de “Il Mattino”, e Emilio Scaglione, direttore del “Roma” (Rea 1955, 104-105).

Così esordì nell’editoriale di domenica 19 marzo 1944 (“Il Risorgimento”, 1944):

Accolgo l’invito come l’appello ad un dovere, cui non è consentito sottrarsi, cui si obbedisce con sicura fede. Non mi dissimulo le difficoltà e la gravità dell’ufficio al quale sono chiamato in questo momento, mentre la guerra imperversa  su tutti i fronti e la minaccia grava sulle nostre case.

Questo l’obiettivo che intendeva perseguire:

Non è da stupirsi se gli italiani non abbiano subito riacquisito quel loro tradizionale mirabile equilibrio tra l’ideale e il reale, tra la volontà e la possibilità, e possono apparire, a chi non li conosce a fondo, inquieti ed agitati. Nel presente, pervasi di contrasti vivaci e di appassionate discussioni, lievita chiusa ed occulta, una volontà di rigenerazione. E’ nostro proposito  contribuire a rendere questa volontà chiara e risoluta, metterla di fronte alla realtà, precisa e concreta, della guerra che combattiamo, chiamarla alla necessità di riguardare all’Italia non come ad un organismo facente parte a sé, avulsa nei suoi scopi dal resto del mondo, ma congiunta alle sorti della causa che gli Alleati strenuamente difendono.

Insieme ai suoi collaboratori, tra cui Guido Dorso, Floriano Del Secolo impresse al giornale “una linea moderata, progressista e repubblicana che gli valse riconoscimenti anche da altri settori politici” (Sergi 2009, 94).

La sua posizione risultava rafforzata anche dalla nomina di Commissario della Stampa a Napoli nonché, dal 12 maggio, anche da quella di Commissario Speciale Unico della S.E.M, cioè della società editoriale del “Risorgimento”, il cui pacchetto proprietario era diviso tra Achille Lauro e il Banco di Napoli.

Mantenne sempre fede ai suoi ideali di autonomia e quando il P.W.B. (Psycological Warfare Branch), l’organo alleato di controllo sulla stampa, ebbe da ridire per la pubblicazione di alcuni comunicati del PCI, egli respinse con forza qualsiasi intromissione. Ma, raggiunte ormai, le 300.000 copie vendute, il giornale incominciò a preoccupare sia gli Alleati che le forze conservatrici, specialmente per le posizioni politiche avanzate che spesso aveva preso (Strazza 2011).

Cadeva, così, il proposito di Croce di un giornale autonomo ed ideologicamente equidistante dalle varie forze politiche. Del Secolo, infatti, dopo aver presieduto, nel 1944, l’Unione Democratica e Popolare del Mezzogiorno, si stava spostando sempre più su posizioni di sinistra.

E’ di giugno del 1945 un suo articolo sul “Risorgimento” nel quale era chiara la polemica antimonarchica. Secondo lui, infatti, i re potevano reggersi sui troni “a patto di saper essere i mediatori di tutte le iniquità, i riformatori di tutte le leggi decrepite, i nemici inesorabili del totalitarismo assolutista, gli iniziatori arditi delle più radicali democrazie” (Del Secolo 1945).

Nel giugno del 1946, subito dopo le elezioni e il referendum istituzionale, la gestione piena della Società Editrice Meridionale ritornò ad Achille Lauro e Floriano Del Secolo mise a disposizione il proprio incarico. La nuova amministrazione, per mero calcolo economico, lo mantenne soltanto fino alla scadenza naturale del contratto prevista per l’anno successivo.

Gli giungeva, intanto, la solidarietà di Mario Alicata, direttore della testata comunista napoletana “La Voce”, che gli mise a disposizione le pagine del giornale, offerta che Del Secolo accettò (Alicata 1947).

Schierato ormai sul fronte delle sinistre, fu tra i promotori del “Comitato d’iniziativa” di un “Fronte Democratico Popolare” nel Mezzogiorno, aprendo i lavori, il 19 dicembre 1947, del 1° Convegno Democratico del Mezzogiorno, tenutosi presso le officine ex Ansaldo di Pozzuoli con 7.000 delegati provenienti da Abruzzo e Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Il giornale comunista “l’Unità” diede ampio risalto all’avvenimento, titolando: “Il popolo meridionale ha deciso l’azione per la rinascita del Mezzogiorno” e riportando il saluto d’apertura del “prof. Floriano Del Secolo, vecchio maestro del giornalismo democratico meridionale”:

Il Congresso non si è riunito qui per sentire elaborazioni teoriche della questione meridionale; i contadini della Basilicata ed i braccianti delle Puglie e della Sicilia non si sono mossi per venire ad ascoltare promesse di un governo distaccato dalle masse, o impegni di ceti dominanti, ma per misurare la propria forza ed in nome di questa operare perché si inizi una grande battaglia di rinnovamento del Mezzogiorno (“l’Unità”, 1947).

In quell’occasione non mancò, altresì, di sottolineare la comune lotta per la resurrezione del Mezzogiorno, facendo uscire la sovranità popolare dal “vano mondo delle parole” per realizzarla nella realtà. Solo così il meridione avrebbe, autonomamente, rimosso tutti gli ostacoli e gli impedimenti alla sua crescita. E questo grazie alla partecipazione alla politica “di quelle classi numerosissime e poverissime” le quali, “considerate nel passato come comparse”, assurgevano ormai ad un ruolo di “protagoniste”.

Parteciparono al successivo dibattito nomi importanti della politica e della cultura del tempo come Giorgio Amendola, Emilio Sereni, Velio Spano, Giuseppe Di Vittorio, Mario Alicata, Rodolfo Morandi, Oreste Lizzadri, Lelio Basso, Luigi Longo.

Appariva chiaro come nelle intenzioni dei promotori il Congresso sarebbe dovuto andare oltre la semplice unione degli iscritti dei due principali partiti della sinistra italiana, con l’obiettivo “di rompere il blocco conservatore che stava dominando nel meridione”, portando all’interno del fronte “forze moderate ma sinceramente democratiche” (Bussotti 2003, 153-154).

Tali concetti furono riportati nel “Manifesto” finale, redatto con il contributo fondamentale di Del Secolo:

Di contro ad ogni tentativo e ad ogni lusinga paternalistica, il Congresso democratico del Mezzogiorno raggrupperà tutte quelle forze rinnovatrici che non dalle premesse sempre invano ripetute, ma dalla organizzazione e dalla lotta delle popolazioni meridionali strettamente legata a quella delle masse democratiche di avanguardia del nord attendono la redenzione delle nostre terre (Amendola 1972).

Il Congresso terminò con la costituzione di un “Comitato Permanente” per l’organizzazione del Fronte Democratico. A presiedere il Comitato esecutivo venne chiamato Floriano Del Secolo. In tale ruolo, nel 1948 si candidò alla Camera e al Senato, collegio di Torre del Greco, quale liberale indipendente, nelle liste del Fronte Democratico Popolare.

Venne eletto a Palazzo Madama con 30.073 voti. Croce gli scrisse una lettera affettuosa in cui, però, rimproverava tale scelta a chi era stato “sempre liberale”, profetizzando una nuova dittatura “peggiore assai di quella dei fascisti, che erano anche asini e buffoni” mentre i nuovi erano “programmatici e logici” (Giammattei 1990, 835).

Quando ci fu l’attentato a Togliatti aderì, come senatore, alla durissima mozione comunista che ne imputava la responsabilità politica al governo in carica, sottolineandone l’incompatibilità a presiedere le indagini. Questo il testo che portava la firma di Del Secolo:

Il Senato afferma che l’ignobile attentato compiuto sulla soglia del Parlamento contro l’onorevole Palmiro Togliatti, uno dei più fedeli e coraggiosi combattenti dell’antifascismo e della democrazia repubblicana, costituisce il coronamento della politica di divisione del popolo e di fanatica esasperazione degli animi che è venuta sempre più inspirando l’azione del Governo. Sul Governo ricade dunque la responsabilità politica e morale dell’atto criminoso e pertanto il Senato afferma che questo Governo non può presiedere alle indagini destinate ad appurare i più immediati colpevoli e le loro più lontane complicità; né tanto meno svolgere l’azione politica necessaria per ristabilire nel Paese quella concorde unità di spiriti e di azione sotto cui auspici il popolo ha fondato la Repubblica (Senato Atti 1948).

A Palazzo Madama fu componente della VI Commissione “Istruzione Pubblica e Belle Arti”. Stette in Parlamento per poco tempo perché un brutto male lo portò alla morte avvenuta a Napoli il 20 giugno 1949. Il Senato della Repubblica lo commemorò il giorno seguente con numerosi interventi tra cui quello del presidente Ivanoe Bonomi, di Emilio Sereni e di Francesco Saverio Nitti (Senato Atti 1949).

Napoli e Melfi gli dedicarono una strada. Melfi lo ricordò con la seguente epigrafe: “Floriano Del Secolo / Senatore della Repubblica / letterato educatore giornalista / tutte le manifestazioni del suo spirito / informò al concetto unico / di operare e sacrificarsi / per il trionfo della libertà e della giustizia”.

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1927                In memoria di Dario Del Secolo, Melfi, tip. Mario Del Secolo.

1927                 Francesco Crispi, commemorato nel R. Collegio Militare a Napoli il 21 ottobre 1927,

Napoli, Federico e D’Auria.

1937                  Vincenzo Fiore commemorato alla Scuola militare di Napoli il 25 aprile 1937 da

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2012                           Riprendiamoci la storia. Dizionario dei Lucani, Milano, Mondadori Electa.

 

Papa E.R.

1958                          Storia di due manifesti. Il fascismo e la cultura italiana, Milano, Feltrinelli.

 

Parente L., Gentile F., Grillo R.M. (cur)

2005                        Giovanni Preziosi e la questione della razza in Italia, Università degli Studi di

Salerno, Soveria Mannelli, Rubbettino.

Rea S.

1955    Storia di un giornale napoletano, in “Nord e Sud”, n. 11.

 

Sabia F.

2005                       Floriano Del Secolo. Profilo biografico, Possidente, Pianeta Libro.

 

Sergi P.

2009                   Storia del giornalismo in Basilicata. Per passione e per potere, Roma-Bari,

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Strazza M.

2011                     Floriano Del Secolo, un giornalista “troppo democratico”,  “Storia in

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Dizionario Biografico Universale

2007                        Floriano Del Secolo, sub voce,  Roma, Treccani, Ed. L’Espresso

 

 

Senato della Repubblica

1948               Atti Parlamentari, 20 luglio, XL seduta

1949               Atti Parlamentari. Commemorazione di Floriano Del Secolo, 21 giugno, 229° seduta

 

 

“Il Mezzogiorno”, 7 giugno 1922.

“La Rassegna d’Italia”, 1946, n. 2-3.

“Il Risorgimento”, 19 marzo 1944.

“Risorgimento”, 1946, n. 714.

“l’Unità”, 20 dicembre 1947.

Biografia

Studioso di storia contemporanea, è stato professore incaricato presso l’Università degli Studi della Basilicata. E’ componente della SISSCO, della Società per gli Studi di Storia delle Istituzioni, del Centro Interuniversitario di Storia Culturale e di altri organismi scientifici. I suoi libri sono presenti nelle più importanti biblioteche europee ed americane. Avvocato ed Analyst of International Law and Human Rights, è membro dell’Associazione Italiana Giuristi Europei, referente per l’Italia della Fédération Internationale de Droit Européen.