
di Greta Fedele
Abstract
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Lâimportanza del tema e la possibilitĂ di uno studio comparato
I processi svoltisi dopo la fine della seconda guerra mondiale in Francia contro alcuni anciens rĂ©sistants, accusati di crimini risalenti al periodo dellâOccupazione o ai giorni della Liberazione, costituiscono una pagina per lo piĂč sconosciuta e lasciata in disparte dai ricercatori di storia politica e giudiziaria del dopoguerra, evidenziando come questo si presenti come un campo pressochĂ© inesplorato e vergine allâinterno del panorama storiografico francese (Chantin 2002, Grenard 2014). Lâattenzione degli storici si Ăš finora concentrata principalmente su altre tematiche legate alla Seconda Guerra mondiale, come la storia degli anni dellâOccupazione e del regime di Vichy e la storia dellâepurazione. Lâanalisi dei procedimenti giudiziari contro gli ex partigiani che ebbero luogo dopo la Liberazione e che li videro imputati per fatti legati alla Resistenza, ma giudicati come crimini di diritto comune, appare quindi come un nuovo cantiere di ricerca particolarmente interessante. Da una parte, permette di valorizzare un aspetto poco conosciuto nello scenario del secondo dopoguerra, dallâaltro utilizza questo punto di vista come strumento di analisi delle differenti linee di frattura che hanno caratterizzato lâesperienza degli anni successivi alla fine del conflitto. Si ritiene che lâanalisi dei processi contro i rĂ©sistants possa aprire una prospettiva nuova e originale sullâindagine del periodo della Liberazione e dellâimmediato dopoguerra cosĂŹ importante per la storia della Francia contemporanea. Questo tipo di problematica integra, infatti, le esperienze e i fatti della lotta partigiana, della Liberazione e degli anni successivi, concentrandosi sulla transizione tra il periodo dellâOccupazione e quello del ristabilimento della legittimitĂ dello Stato repubblicano e sul rapporto tra Resistenza e democrazia.
Per comprendere meglio il fenomeno Ăš necessario descriverlo brevemente nella sua dimensione quantitativa. Nel 1946 Pierre Villon, ex partigiano e deputato comunista, rivolgendosi al ministre des ArmĂ©es, Edmond Michelet, denuncia il numero di duemila partigiani presenti nelle carceri francesi in condizione di detenzione preventiva in attesa di un giudizio per fatti di Resistenza ((France dâAbord, n°147, 24 aprile 1946, «DĂ©fense de patriotes emprisonnĂ©s», p.8.)), cioĂš per azioni commesse durante lâOccupazione o nei giorni della Liberazione nel quadro di guerra allora in atto. Secondo le stime dellâAssociation National des Anciens Combattants de la RĂ©sistance nel 1947 un migliaio di partigiani si trova a essere perseguito dalla giustizia (Lottman, 1986). Nel 1949 sono ancora allâincirca mille i partigiani implicati in vicende giudiziarie o presenti in carcere per atti compiuti nei ranghi Ffi-Ftpf durante la guerra ((France dâAbord, n°306, 9 giugno 1949, «Contre la trahison de la victoire. Union de la RĂ©sistance!», p.3.)). Ă possibile inoltre formulare un primo bilancio riguardo le pene emesse, comprendente il periodo che va dalla Liberazione agli inizi del 1950. In totale sono state pronunciate sentenze pari a 965 anni di prigione, dieci pene ai lavori forzati a perpetuitĂ e tre condanne a morte. Nella maggior parte dei casi le pene erano comprese tra i cinque e i ventâanni di reclusione1. Nel 1953 si hanno notizie di ancora allâincirca 120 partigiani incarcerati e di migliaia di dossier aperti dai magistrati e riguardanti le azioni condotte dai maquis durante la guerra ((France dâAbord, n°505, 2 aprile 1953, «RenĂ© Camphin parle de la loi Duveau», p.8.)). Nel 1956 fonti ufficiali parlano di 113 partigiani ancora presenti nelle carceri francesi2. LâANACR ritiene che piĂč di 10 000 partigiani siano stati indagati dalla giustizia3. Per quanto riguarda le sole giurisdizioni militari sappiamo che dalla Liberazione al 20 aprile 1955, per ciĂČ che riguardava le infrazioni commesse da esponenti della Resistenza, erano stati aperti 2 804 dossier nei confronti di partigiani e pronunciate 741 condanne4.
Da queste breve panoramica risulta evidente lâimportanza della ricerca e dellâanalisi sui processi ai partigiani nel dopoguerra. In questo senso acquista per noi un significato ulteriore la possibilitĂ di effettuare una comparazione con il caso italiano. Non solo, infatti, appare significativa lâopportunitĂ di evidenziare le specificitĂ dei due casi nazionali sottolineandone analogie e differenze, ma altresĂŹ Ăš importante per studiare e comprendere al meglio le vicende prese in esame. La storiografia italiana, a differenza di quella francese, ha dedicato alcuni lavori alla tematica dei processi ai partigiani, anche per fornire una risposta scientifica alla forte connotazione politica che questâultimi erano andati assumendo nel corso della vita della Repubblica italiana (Alessandrini, Politi 1990; Battaglia 1962; Conti 1979; Neppi Modona 1991; Politi 1990; Ponzani 2008).
Per il presente lavoro si Ăš deciso di prendere in considerazione un angolo di visuale ben preciso e ristretto, concentrandosi esclusivamente su come i processi ai partigiani siano rientrati nei dibattiti inerenti le leggi di amnistia per la Collaborazione allâAssemblĂ©e Nationale francese. Ă risultato, infatti, di grande interesse lâanalisi dei dibattiti parlamentari a riguardo in quanto Ăš emerso con forza, ed Ăš quello che si cercherĂ di argomentare nelle pagine seguenti, come le vicende dei partigiani fossero estremamente legate nelle argomentazioni e nelle retoriche usate dai partiti politici al dibattito sul giudizio e sulle sorti da riservare ai collaborazionisti. Inoltre, tenendo presente lâimportanza di quella possibilitĂ di comparazione di cui si Ăš solo accennato pocanzi, si Ăš cercato di fornire in unâottica comparata alcuni spunti utili anche sul caso italiano.
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Le prime leggi di amnistia
Lâamnistia Ăš una procedura messa in campo dopo una grave crisi nazionale e costituisce un atto politico (Rousso, 1992, 566). In questo senso lâamnistia viene a configurarsi come una manifestazione delle diverse sfaccettature della memoria e porta intrinsecamente a due conseguenze: da una parte, propone una interpretazione storica ufficiale degli avvenimenti passati cristallizzandone la rappresentazione, dallâaltra, chiude i dibattiti e le polemiche sulla determinata crisi che si cerca di riassorbire a livello nazionale. A ciĂČ va aggiunto che lâamnistia che va profilandosi dopo la Liberazione in Francia, viene portata avanti in un quadro esogeno, molto differente da quello della altre amnistie endogene realizzate precedentemente (Gacon, 2002, 173). Fino ad allora, infatti, la Repubblica non era mai stata vinta, ma era stata solamente minacciata. Lâamnistia in questi ultimi casi serviva ad autorizzare la reintegrazione nel corpo nazionale degli oppositori, dopo averli puniti e aver ricordato loro i limiti da non oltrepassare. La questione dellâamnistia della Collaborazione Ăš posta, al contrario, nel contesto di una Repubblica vinta e che, reinstallatesi, deve allo stesso tempo rinnovarsi (Ivi).
Da quanto appena detto appare evidente, quindi, come il campo parlamentare e in particolare i dibattiti sulle leggi dâamnistia abbiano costituito uno spazio dove far emergere la situazione degli anciens rĂ©sistants poursuivis e portare allâattenzione del potere legislativo alcuni progetti di legge in loro favore, in un complesso gioco di elaborazione e scrittura della memoria.
GiĂ a partire dal 1945 RenĂ© Camphin, partigiano e deputato comunista, a nome dellâAssociation des anciens Ftpf, segnala allâAssemblea Nazionale Costituente e in particolare al ministro della giustizia il turbamento rispetto alle vicende giudiziarie che vedono imputati alcuni partigiani:
âLe pays est actuellement trĂšs Ă©mu des poursuites engagĂ©es contre des combattants de la RĂ©sistance pour des actes de guerre quâils ont commis au cours des combats pour la libĂ©ration du territoireâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di RenĂ© Camphin, seduta del 27 dicembre 1945, p.422. 9 Decreto presidenziale 22 giugno 1946, n° 4. Amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari. 10 Legge n° 46-729 del 16 aprile 1946.)).
Gli attacchi contro i partigiani e di conseguenza contro la Resistenza, entrano a far parte dellâordine del giorno di diverse sedute dellâAssemblea Nazionale, andandosi a fondere nel quadro piĂč generale dello scontro sulla scottante questione dellâamnistia ai collaborazionisti e agli uomini di Vichy. In Francia le grandi leggi dâamnistia sono varate alcuni anni dopo la fine della guerra e quando il panorama politico nazionale e internazionale era fortemente mutato. Esse risalgono, infatti, al 1951 e al 1953, ma nonostante ciĂČ i dibattiti a questo proposito sono molto precoci. GiĂ a partire dal febbraio 1946 lâamnistia ai collaborazionisti Ăš evocata per la prima volta in Parlamento durante il dibattito sullâamnistia per gli eventi algerini di Setif del 1945 (Ivi, 161-166). Parallelamente, un testo di amnistia generale Ăš votato il 16 aprile 1946. Questâultimo puĂČ essere inscritto nella tradizione delle leggi di fine conflitto. Appare fin da subito evidente la differenza con lâItalia, dove, al contrario, la grande legge di amnistia, passata alla storia come amnistia Togliatti (Franzinelli, 2006), viene sancita giĂ nel 1946 con il Dpr 22 giugno 1946 n° 4, con lo scopo di permettere âun rapido avviamento del paese a condizioni di pace politica e socialeâ5. Inoltre va subito sottolineato come se in Italia lâamnistia sia stata concessa quando a essere ministro di Grazia e Giustizia era il segretario del Pci Palmiro Togliatti, in Francia i comunisti abbiano sempre votato contro le proposte di legge riguardanti lâamnistia ai collaborazionisti.
Tornando al caso francese, i dibattiti preparatori allâapprovazione della legge del 16 aprile 19466 allâAssemblea Nazionale Costituente hanno costituito lâoccasione di una prima offensiva parlamentare per imporre delle disposizioni in favore dei collaborazionisti. Contemporaneamente, questo spazio Ăš stato utilizzato da alcuni parlamentari per sottolineare le condizioni degli ex partigiani perseguiti per fatti di Resistenza. Yves PĂ©ron, deputato comunista, nel suo intervento precisa che:
âNous constatons souvent, ce fait particuliĂšrement grave que des hommes de la RĂ©sistance, dâauthentique combattants, ont Ă©tĂ© condamneĂ©s parce que les circostances les ont amenĂ©s dans certains cas Ă la subsistance des unitĂ©s quâils commandaientâ ((AN JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Yves PĂ©ron, seduta del 12 aprile 1946, p.1750.)).
PĂ©ron pone allâattenzione dellâAssemblea una tematica che sarebbe divenuta molto cara e che avrebbe costituito uno dei cavalli di battaglia del Parti communiste français, la mancata epurazione in diversi settori della societĂ francese. In questo caso segnala come sia necessario vegliare sulla composizione dei tribunali militari, i cui giudici dovrebbero presentare delle garanzie particolari di patriottismo. Per il Pcf Ăš, infatti, difficile riporre la fiducia in un giudice militare che sotto lâoccupazione ha condannato dei patrioti, che dopo la Liberazione ha giudicato dei partigiani e che con lâapprovazione della legge dâamnistia potrebbe trovarsi a giudicare su dei casi di Collaborazionismo ((Ivi.)).
Anche in questo caso Ăš significativo gettare uno sguardo allâItalia dove si era verificata una sostanziale continuitĂ di leggi, apparati e uomini tra il regime fascista e lâordinamento repubblicano (Pavone 1974) e dove Ăš stato dimostrato il sostanziale fallimento delle sanzioni contro il fascismo, âpropiziato dalla mancata epurazione della magistraturaâ (Modona, 1991, 40). Per i partigiani implicati in vicende giudiziarie per fatti legati alla guerra di liberazione, infatti, non venne emanata alcuna legislazione speciale e vennero invece trattati secondo il diritto penale comune, cioĂš il codice Rocco del 1930. GiĂ nel 1947 il giurista Pietro Calamandrei evidenziava come il mancato cambiamento della giurisdizione fascista avrebbe permesso di usare contro i partigiani gli strumenti di quella âlegalitĂ â contro i quali avevano combattuto durante la guerra di liberazione (Ivi, 41). CosĂŹ scrive Calamandrei: ânon câĂš da meravigliarsi che i magistrati, rimasti attaccati al filo illusorio della continuitĂ giuridica, si siano fatti senza volerlo i restauratori della legalitĂ fascista, e abbiamo quindi trovato in essa, unica formalmente rimasta in piedi, gli argomenti per assolvere i militi delle brigate nere o per condannare i partigianiâ (1947, 966).
Interessante Ăš notare come viene proposta allâAssemblea nazionale francese la questione dei partigiani perseguiti per fatti legati alla Resistenza dal relatore della commissione della giustizia Andrien Mabrut, deputato della Sfio, che cosĂŹ introduce il dibattito sullâarticolo 67Â della proposta di legge:
âla commission demande que bĂ©nĂ©ficie de lâamnistie une catĂ©gorie de dĂ©linquants, auteurs dâactes commis avant le 8 mai 1945, qui sont en rĂ©alitĂ© des hommes de la RĂ©sistanceâ  ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, Intervento di Adrien Mabrut, seduta del 12 aprile 1946, pp.1748-1749.)).
Da queste parole due sono i temi a imporsi nel panorama del dibattito legislativo: da una parte lâapertura verso una amnistia piĂč generale, dallâaltra il ruolo che si attribuisce alla Resistenza e, piĂč nello specifico, ai partigiani. Nel primo caso si ha che nellâaprile 1946, lâAssemblea Nazionale Costituente considera che la questione del perdono per i collaborazionisti e per gli uomini di Vichy non sia impossibile da porre, ma che, per il momento, essa non sia dâattualitĂ (Gacon, 2002, 169). La commissione precisa, infatti, nellâarticolo 168 che in nessun caso la legge dâamnistia puĂČ essere applicata a dei fatti di Collaborazione. Questa precauzione Ăš spiegata in larga misura dalle preoccupazioni e dalle inquietudini in seno ai partiti della Resistenza, Pcf in particolare, generate dalla messa in discussione dellâepurazione da parte delle destre e da una fetta dellâopinione pubblica. LâunitĂ politica della Resistenza Ăš a quellâepoca giĂ entrata in crisi, sia a causa delle tensioni su piĂč fronti allâinterno dei partiti resistenziali, sia per la dipartita del generale De Gaulle dal governo. La Resistenza vede perciĂČ nellâarticolo 16 una misura difensiva nei confronti della minaccia che pesa sulla sua ereditĂ e sul futuro del suo progetto politico e costituzionale, peraltro entrato in crisi giĂ da tempo. Allo stesso tempo perĂČ il medesimo articolo rappresenta un insuccesso per il processo di epurazione, in quanto il fatto di dover precisare la non applicabilitĂ delle legge ai collaborazionisti, evidenzia come questo non sia stato portato a termine.
Per ciĂČ che concerne il secondo caso, va sottolineato che, a un anno dalla fine del conflitto, non esiste ancora una definizione precisa e giuridicamente riconosciuta di partigiano. Lo stesso relatore della commissione ha definito, come si Ăš visto, i partigiani come dĂ©linquants. Tale ambiguitĂ racchiude in sĂ© tutta la problematicitĂ del giudizio sulle azioni dei partigiani che sono chiamati al banco degli imputati per fatti di Resistenza, ma che di fatto vengono trattati come criminali di diritto comune. La figura del partigiano Ăš controversa nellâagitato contesto politico della Francia dellâimmediato dopoguerra, cosĂŹ come una sua definizione giuridica precisa e univoca.
I dibattiti sulle leggi di amnistia interessano tutte le parti politiche su un terreno molto scivoloso e che costituisce il substrato per una sfida di grande portata: la costituzione della memoria degli anni dellâOccupazione. A essere in gioco Ăš il monopolio stesso della ricostruzione storica e della memoria della Resistenza. Al di lĂ , quindi, dei partigiani Ăš la Resistenza intera e i valori che essa veicola, ad essere rimessi in discussione. Lâanno 1947, con lâallontanamento dei ministri comunisti dal governo e la conseguente rottura del tripartitismo nato dalla Resistenza, segna una netta rottura nel panorama politico-sociale francese. LâOccupazione assume cosĂŹ una nuova dimensione nella costruzione della memoria. Come la Liberazione aveva lasciato presentire, essa diviene un vivaio di referenze simboliche, al quale le forze politiche vanno ad attingere seguendo i bisogni e le urgenze del momento (Rousso 1987, 38). Lâaffermarsi della guerra fredda inoltre, con il suo carico di paure verso il possibile scoppio di un nuovo conflitto mondiale, questa volta per di piĂč nucleare, pone la vita politica francese sotto una nuova luce dominata dallâanticomunismo e conseguentemente dal ridestarsi delle destre. A rialzare la testa sono cosĂŹ i circoli neofascisti e neovichysti che, sfruttando le controversie e le incrinature in seno alla Resistenza, iniziano la loro campagna per la rivendicazione dellâamnistia. La Collaborazione viene perciĂČ presentata come il minore dei mali, un modo per salvaguardare il paese nella sconfitta. Le azioni dei partigiani sono di conseguenza viste come degli eccessi, degli abusi da sanzionare. La lotta per lâamnistia e contro lâepurazione diventa quindi una battaglia contro la giustizia, presentata come giustizia popolare privata delle garanzie proprie del diritto. Tale retorica era funzionale a un doppio scopo: da un lato, attaccare gli eccessi del processo di epurazione presentandolo come un fattore di guerra civile e una minaccia allo stato di diritto, dallâaltra, usare ciĂČ per controbilanciare gli âeccessiâ dei collaborazionisti e dei miliziani (Rousso, 1992, 559).
Queste idee sono proposte allâopinione pubblica da una rinata stampa di destra che ottiene progressivamente lâappoggio anche della destra conservatrice. A completare il quadro va aggiunto che anche degli incontestabili partigiani iniziano ad appoggiare la possibilitĂ di unâamnistia. Ci troviamo nel 1947 e quindi la tesi di una riconciliazione nazionale Ăš funzionale per affrontare, in un contesto di guerra fredda, la menace comuniste. Il perdono e lâamnistia divengono pertanto il corollario attorno al tema dellâunitĂ nazionale, giustificato dal pericolo comunista. A risorgere sono i vecchi schemi precedenti alla guerra, che uniti al rapido dissolvimento dellâunitĂ resistenziale, portano i campi opposti a ricomporsi. Un esempio chiarificatore a tal proposito Ăš costituito dal giornale LâEpoque, uno dei rari organi di stampa di destra la cui Ă©quipe di giornalisti Ăš costituita da partigiani della prima ora. Alla fine del conflitto il giornale ritrova lâanticomunismo che lo aveva caratterizzato nellâanteguerra adottando una linea editoriale incentrata sul rimarcare come gli sbagli
del passato siano giĂ stati sufficientemente sanzionati e che occorre realizzare lâunitĂ nazionale contro âlâennemi de lâintĂ©rieur, le tout-puissante Parti communisteâ (Gacon, 2002, 188). Lâamnistia Ăš quindi richiesta con uno scopo preciso: risulta necessario mettere fine alle discussioni e alle contrapposizioni sterili perchĂ© la Francia ha bisogno âde tous ses enfants pour se reconstruire alors quâelle est menacĂ©e par le communismeâ (Ivi, 187). Le requisizioni, le esecuzioni durante le giornate dellâinsurrezione, lâepurazione allâindomani della Liberazione, vengono designate come eccessive, ingiuste e ineguali condotte dal âparti de lâĂ©trangerâ (Ivi), ossia il Pcf legato a filo doppio allâUnione Sovietica.
In sintesi, lâamnistia e la riconciliazione nazionale trovano nellâanticomunismo un puntello fondamentale: nel contesto di guerra fredda in atto il nemico non Ăš piĂč tedesco, ma sovietico. Diversi gruppi di pressione vengono creati con lo scopo di riabilitare gli Ă©purĂ©s. Questa retorica di destra conosce un ulteriore sviluppo nel 1947 con la pubblicazione del primo numero della rivista
Ăcrits de Paris di Michel Dacier, alias RenĂ© Mallivain ((Fedele a PĂ©tain fonda nel 1944 Questions actuelles, che si trasforma presto in Ăcrits de Paris e che raggruppa uomini politici di destra sanzionati dai processi di epurazione. Nel 1951 Malliavin fonda unâaltra rivista Rivarol, in omaggio al controrivoluzionario che aveva combattuto il Terrore cosĂŹ come lui e i suoi colleghi stavano combattendo lâepurazione. 17 Da notare come rĂ©sistant, partigiano, sia scritto con la t; mentre RĂ©sistance, Resistenza, con la c. )), il quale nellâeditoriale fondatore forgia un nuovo concetto destinato ad avere una certa fortuna: quello di ârĂ©sistentialismeâ. Da sottolineare come tale parola sia stata pensata e scritta volutamente con un t e non una c, come in rĂ©sistencialisme. La differenza Ăš in effetti di fondamentale importanza (Ivi). Nel primo caso, la connotazione peggiorativa designa i rĂ©sistants, i partigiani. Viene lasciata cosĂŹ intatta la RĂ©sistance ((Da notare come rĂ©sistant, partigiano, sia scritto con la t; mentre RĂ©sistance, Resistenza, con la c. )), la cui definizione diviene sempre piĂč larga. Attaccando gli uomini e non lâidea, la destra neovichysta cerca di rifarsi una verginitĂ recuperando il simbolo positivo costituito dalla Resistenza, denunciando lâazione nefasta e gli eccessi degli epuratori. Il termine resistenzialismo appariva quindi eccellente in quanto aveva âle trĂšs grand avantage de mettre tout Ă fait en dehors du dĂ©bat la RĂ©sistace elle-mĂȘme, qui a Ă©tĂ© une manifestation de la santĂ© morale de la nationâ (Rousso 1992, 559). Lâobiettivo di questâanalisi Ăš evidente e risiede nella sua ambiguitĂ fondamentale: da una parte si vogliono recuperare gli aspetti ritenuti positivi e accettati universalmente dellâereditĂ della Resistenza, dallâaltra e nello stesso tempo ce ne si vuole smarcare nettamente in modo da poter denunciare e condannare lâazione di alcuni partigiani, in particolar modo i comunisti, e cosĂŹ facendo trovare una giustificazione ai comportamenti di alcuni durante lâOccupazione.
4. La campagna di diffamazione della Resistenza
In un contesto cosĂŹ delineato i processi contro i partigiani diventano unâarma da utilizzare nei dibatti parlamentari, una risorsa straordinaria per i sostenitori dellâamnistia. I collaborazionisti trovano un terreno favorevole per servirsi delle accuse contro gli uomini della Resistenza e discreditare la parte a loro avversa nella battaglia per lâamnistia. I partigiani imputati in procedimenti giuridici erano principalmente appartenenti alle formazioni Ftpf, ossia di matrice comunista. Ă facile, quindi, intuire come la propaganda delle rinate destre si concentri su di loro, indicandoli come i fautori di una giustizia troppo popolare che avrebbe voluto sfociare sullâespropriazione generalizzata e sullâinstallazione del comunismo. Son proprio questâultimi, quindi, che la destra tenta di usare per isolare i partigiani allâinterno della nazione e con essi le idee veicolate dalla loro azione, sanzionandone il loro fallimento e soprattutto contribuendo a isolare i comunisti allâinterno del panorama politico. La legittimitĂ che si vuole conferire allâanticomunismo Ăš rinforzata dallâevocazione allâAssemblea dei processi contro i partigiani, comunisti appunto. Seguendo questa retorica i dibatti sullâamnistia diventano non il terreno per il perdono, bensĂŹ la possibilitĂ di una revisione delle responsabilitĂ dei collaborazionisti. I processi contro i partigiani fungono cosĂŹ da supporto a coloro che, ponendo in discredito la Resistenza, vogliono trovare una legittimazione allâazione di Vichy.
A prendere le difese dei partigiani Ăš il Pcf che ricorda allâAssemblea che se si fossero applicate le ordinanza di Algeri del 6 luglio 19439 e lâarticolo 6 della precedente legge di amnistia, non ci si sarebbe trovati nella condizione di mettere in prigione dei veri e propri patrioti. Ă Yves PĂ©ron a sottolineare la linea dura del partito nei confronti di una amnistia ai collaborazionisti in quanto ritrovando sempre di piĂč la libertĂ :
âils retrouvent lâaudace, une audace suffisante non seulement pour recommencer Ă comploter contre la RĂ©publique, mais pour essayer de se venger de ceux quâils considĂšrent comme des ennemis, câest-Ă -dire les hommes de la RĂ©sistanceâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Yves PĂ©ron, seduta del 18 giugno 1947, p.2192.)).
Come nella legge del 1946 anche per la legge portante amnistia del 16 agosto 1947 (( Legge n° 47-1504 del 16 agosto 1947.)), lâAssemblea ritiene di dover inserire un articolo, il venticinquesimo, in cui si specifica la non applicazione della legge per fatti di Collaborazione, per i condannati allâindennitĂ nazionale e per commercio con il nemico10. A dispetto di ciĂČ, la legge puĂČ considerarsi come la prima che abbia dato il via allâamnistia per fatti di Collaborazione. Vengono infatti amnistiati i minorenni di meno di diciotto anni aventi senza discernimento commesso degli atti di collaborazione di minore importanza o aventi aderito a una organizzazione collaborazionista, i funzionari colpiti dalla piĂč bassa sanzione per quanto riguarda lâepurazione amministrativa, alcuni fatti di collaborazione commessi in Algeria, gli alsaziani condannati alla degradazione nazionale tenuto conto della situazione della regione annessa dai nazisti. Si nota come queste disposizioni costituiscano una prima distorsione al principio affermato nellâarticolo 25 e mettano in luce la contraddizione intrinseca nella legge, che altro non Ăš che il risultato delle tensioni politiche e delle diverse visioni allâinterno dellâAssemblea in particolare e del paese in generale. La legge del 16 agosto 1947 non Ăš quindi che lâinizio per quella amnistia piĂč ampia reclamata a gran voce dalle destre e che con il passare dei mesi e degli anni avrebbe ricevuto sempre piĂč consensi.
Ă per questi motivi che il partito comunista continua la battaglia in favore dei partigiani. Nel 1948 sono molteplici le deposizioni di richieste di interpellanza al Parlamento e in questo periodo il Pcf e i deputati comunisti trovano sostegno in parlamentari non appartenenti al partito, come Philippe Livry-Level, deputato del Mrp, il quale chiede di far luce sui motivi che hanno spinto la giustizia ad analizzare lâattivitĂ clandestina dei partigiani e a perseguirli sistematicamente, dal momento in cui durante la loro lotta hanno dovuto infrangere delle leggi che sono applicabili solo in periodi di vita normale, quando contemporaneamente si Ăš creata unâatmosfera di perdono e dâoblio in favore dei collaborazionisti e dei traditori della patria ((AN,JO, dĂ©bats parlementaires, interpellanza di Philippe Livry-Level, seduta del 18 marzo 1948, p.1905.)). Allo stesso modo AndrĂ© TournĂ©, comunista, domanda chiarezza sui procedimenti giudiziari e sugli arresti che si sono moltiplicati in tutto il paese nei confronti di numerosi partigiani, nello stesso momento in cui si graziano dei miliziani e altri traditori della nazione11. Bisogna perĂČ notare come poi nello sviluppo delle argomentazioni le posizioni tra i comunisti e gli altri partiti rifacentesi alle vicende resistenziali siano sostanzialmente differenti. Con queste parole, infatti, dopo aver citato le difficoltĂ della vita clandestina e la legittimitĂ delle requisizioni compiute dai parigiani, conclude il suo intervento il deputato Livry- Level:
âJe suis partisan dâun pardon trĂšs large, mais je ne veux pas quâil soit unilatĂ©ral. Il convient, avant tout, de faire cesser immĂ©diatement les poursuites contre ceux qui ont combattu pour la libĂ©ration. Lorsque ces poursuites auront cessĂ©, vous pourrez pardonner aux autresâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Philippe Livry-Level, seduta del 18 marzo 1948, pp. 1906-1907.)).
La posizione dei comunisti Ăš invece di rifiuto radicale e di opposizione netta verso lâamnistia per fatti di Collaborazione. Le argomentazioni usate tendono a porre lâaccento sul differente trattamento e il diverso peso della giustizia nel caso si tratti di un partigiano a essere perseguito o di un collaborazionista. Le parole di AndrĂ© TournĂ© sono eloquenti in questo senso:
âLes cellules des prisons, vidĂ©es des traĂźtres, sont rĂ©servĂ©es aux soldats de la RĂ©sistance. Vos juges, si clĂ©ments quand il sâagit des traĂźtres, frappent les rĂ©sistants avec une duretĂ© inauditeâ (( AN, JO, , dĂ©bats parlementaires, Intervento di AndrĂ© TournĂ©, seduta del 18 marzo 1948, p.1907.)).
Per il deputato comunista perseguire i partigiani Ăš un atto illegittimo anche dal punto di vista giuridico:
âLes actes du maquis Ă©taient des actes lĂ©gitimes, le maquis Ă©tait une Ă©manation du pouvoir lĂ©gitime. Oui, la RĂ©sistance aux hitlĂ©riens et aux traĂźtres Ă©tait un acte lĂ©gitime. [âŠ] Il ne sâagit pas de pardon, de clĂ©mence, de misĂ©ricorde, mais de justice tout court, monsieur le garde des Sceaux. [âŠ] Toutes ces inculpations, ces arrestations et ces condamnations sont illĂ©gales, monsieur le garde des sceaux. Elles le sont dâaprĂšs lâordonnance du 6 juillet 1943 portant lĂ©gitimation des actes accomplis dans le but de servir la libĂ©ration du paysâ ((Ibidem, pp.1907-1908.)).
La battaglia parlamentare a difesa dei partigiani indagati e incarcerati si inscrive nel contesto piĂč ampio di quel enjeu de mĂ©moire che Ăš divenuta la Resistenza, sempre piĂč messa in discussione dalla volontĂ di riabilitazione del regime di Vichy e dal revisionismo storico che ne era conseguito da una parte, dalla divisione dei partiti che alla lotta resistenziale si rifacevano e allâaffermarsi della guerra fredda, dallâaltra. CiĂČ porta alcuni deputati ((I firmatari dellâinterpellation del 19 luglio 1949 sono: Albert Forcinal (UDSR), Albert LĂ©crivain-Servoz (IndĂ©pendant), Emmanuel dâAstier de la Vigerie (rĂ©publicain progressiste), Alfred Malleret â Joinville (PCF), Philippe Livry-LĂ©vel (RPF), Louis Marin (IndĂ©pendant), Henri Bouret (MRP). Cfr. LâHumanitĂ©, n°1499, 30 giugno 1949, p.2. âDes dĂ©putĂ©s rĂ©sistants communiste, rĂ©publicain progressiste, MRP, RGR, indĂ©pendant et gaulliste interpelleront sur les attaques contre la RĂ©sistanceâ )) di diversa appartenenza politica, ma accomunati da uno stesso passato nella Resistenza, a depositare allâAssemblea Nazionale delle interpellanze per domandare al governo quale fossero le misure intraprese per porre un termine alle campagnes de diffamation contro la Resistenza e per assicurare ai combattenti della clandestinitĂ le garanzie alle quali avevano diritto12.
Queste interpellanze non costituiscono altro che il riflesso delle preoccupazioni dei parlamentari con un passato nella Resistenza nei confronti del lento degrado che la gloria resistenziale stava subendo e che trova nei processi ai partigiani un seguito concreto. PiĂč specificatamente, i dibattiti del 19 luglio 1949 a Palais Bourbon sono rilevatori di un sussulto di coscienza della Resistenza unita, di un ultimo sforzo, come sottolineato da Stephan Gacon nella sua analisi sullâamnistia nella storia di Francia, per ostacolare la banalizzazione di Vichy e della Collaborazione (Gacon 2002, 228).
A quattro anni dalla fine del conflitto lâunitĂ della Resistenza Ăš ormai un ricordo lontano, iniziato a dissolversi allâindomani della Liberazione e sempre piĂč stretto nella tenaglia della politica nazionale e delle tensioni internazionali. I partigiani, aureolati dellâaudacia e della gloria del combattimento resistente contro la vergogna e il disonore, e da anni ormai oggetto di procedimenti penali a loro carico, diventano nelle parole di questi parlamentari delle vittime, il simbolo del disinteresse dellâesecutivo nei loro confronti, e ancor di piĂč la carta usata dal governo per creare delle campagne di divisione tra i cittadini ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Albert LĂ©crivain-Servoz, seduta del 19 luglio 1949, p.4779.)).
Nellâinterpellanza i parlamentari affermano che le condizioni nelle quali lâordinanza di Algeri Ăš applicata sono tali da schernire ogni giorno lo spirito della Resistenza con i mesi di detenzione preventiva, con gli anni di prigione e lavori forzati che hanno colpito degli uomini per aver compiuto degli atti di Resistenza13 . Le ragioni di questo stato di cose sono individuate da Emmanuel dâAstier de la Vigerie, repubblicano progressista, ma definito compagnon de route del Pcf per la sua vicinanza alle istanze comuniste, innanzitutto nel potere conferito allâordine giudiziario di valutare lâintenzione sottesa agli atti di Resistenza e nella solo parziale epurazione della magistratura.
DâAstier de la Vigerie procede con un atto di accusa nei confronti del governo e dei poteri pubblici che avrebbero lasciato che in Francia fosse minata lâunitĂ della Resistenza e la sua soliditĂ in quanto portatrice di valori positivi sui quali ancorare la rinata Repubblica.
«La premiĂšre thĂšse est quâil y avait deux rĂ©sistances: la bonne et la mauvaise; la bonne, passive et sage, la mauvaise composĂ©e de âterroristesâ. [âŠ] La deuxiĂšme thĂšse accrĂ©ditĂ©e est que la rĂ©pression, de 1944 Ă 1947, a Ă©tĂ© sĂ©vĂšre, sanglante. Les rĂ©sistants auraient Ă©tĂ© des bourreaux, les gouvernements provisoires auraient Ă©tĂ© des gouvernements de partisans. [âŠ] Ces deux thĂšses permettent aujourdâhui aux collaborateurs, aux hommes de Vichy, de dĂ©clarer ouvertement dans la rue, dans leurs journaux, dans leurs livres si nombreux: nous sommes des victimes; vous, les rĂ©sistants, vous ĂȘtes des bourreaux ((Ivi.))».
I partiti al governo che sostengono lâamnistia per i fatti di Collaborazione non vogliono abbandonare la Resistenza concepita come gloriosa riaffermazione della nazione, valore fondante della rinata Repubblica. La Resistenza in quanto tale, come affermazione astratta, non Ăš qui ancora messa in discussione. Ad essere attaccati sono invece gli uomini, i partigiani in quanto specificitĂ Â concreta, con lâespediente dei crimini commessi per interesse personale o ancor peggio per disegni provenienti dallâUnione Sovietica. Si intende dunque recuperare a proprio profitto lâereditĂ patriottica incarnata dalla Resistenza, escludendo da essa gli uomini che hanno contribuito a crearla. Questa direzione Ăš rivelata dalla volontĂ di classificazione in buoni e cattivi partigiani, in buona e cattiva Resistenza, ponendo lâaccento sulla veridicitĂ e legittimitĂ della prima e permettendo al governo di identificarcisi divenendone il vero erede, a discapito della seconda, incarnata dai comunisti, e responsabile di quei crimini imputati ai rĂ©sistants emprisonnĂ©s.
Sebbene con sfumature sostanzialmente differenti dovute al diverso svolgimento della guerra nei due paesi e alla successiva ricostruzione, Ăš inevitabile mettere a confronto il caso francese con quello italiano, in cui i partiti al governo dopo la cacciata delle sinistre nel 1947, volevano configurarsi allo stesso tempo come interni alla Resistenza, ma estranei alle illegalitĂ della guerra liberatrice. Lâobiettivo era quello di fondare la neonata Repubblica sul mito di una Resistenza patriottica non inficiata dalle violenze e la repressione antipartigiana (Alessandrini Politi 1990), cosĂŹ venne definita dalle sinistre, era sostanziale a questo progetto. Inoltre va aggiunto che per quanto riguarda il caso italiano i processi contro i partigiani erano funzionali al depotenziamento di quelle spinte innovatrici che si erano affermate nel biennio â43-â45 e alla criminalizzazione dei comunisti per delegittimarne la legittimitĂ parlamentare e democratica indicandoli come gli ispiratori di azioni volte a destabilizzare la democrazia. Si voleva perciĂČ svuotare la Resistenza dei suoi contenuti piĂč innovatori e progressisti. Allo stesso modo in Francia, emerge una RĂ©sistance sans rĂ©sistants, una Resistenza senza partigiani dove la specificitĂ e la concretezza del combattimento si perde a favore di un piĂč generico concetto dentro il quale poter far confluire posizioni estremamente eterogenee.
La preoccupazione dei deputati comunisti Ăš quella che i partigiani, a causa delle numerose cause giudiziarie in cui sono coinvolti e che sempre piĂč occupano le pagine dei giornali e lo spazio della sfera pubblica, possano essere accomunati a criminali di diritto comune. âIl se trouve alors des hommes pour murmurer: vous voyez ces rĂ©sistants, tous des voleurs!â, esclama dâAstier de la Vigerie ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Emmanuel dâAstier de la Vigerie, seduta del 19 luglio 1949, p.4782.)).
Ă interessante sottolineare come a soli quattro anni dalla Liberazione si sia resa necessaria una presa di posizione a favore della Resistenza cosĂŹ netta e come la sua difesa sia dovuta entrare allâordine del giorno dellâagenda politica. Questa constatazione permette di vedere come da una parte, il Pcf che, opponendosi in modo assoluto allâamnistia per la Collaborazione e alla rĂ©habilitation des traĂźtres, volesse presentarsi come il solo partito difensore dellâereditĂ resistenziale. Dallâaltra, la rapiditĂ con la quale la societĂ francese ha se non del tutto dimenticato, per lo meno affievolito il ricordo della Resistenza, Ăš rivelatore dello spirito intrinseco allâadozione di leggi dâamnistia (Gacon, 2002, 212). Lâamnistia viene a sottolineare perciĂČ come le crepe interne ai partiti della Resistenza le abbiano sottratto i mezzi per opporvisi, segnandone cosĂŹ di fatto lâinsuccesso politico. Se nel paese andava diffondendosi un atteggiamento favorevole allâamnistia per i collaborazionisti, rimaneva il problema dei partigiani incarcerati che ancora nel 1949 occupavano le celle della Repubblica ed erano chiamati a giudizio dai suoi tribunali a cinque anni dalla Liberazione. Come Ăš emerso dai dibattiti parlamentari, il problema principale risiedeva nella definizione giuridica e nel riconoscimento della legittimitĂ degli atti compiuti dai partigiani al servizio della causa di liberazione del paese. Questa complessitĂ , unita alla mancata delimitazione specifica del significato da attribuire allo statut de rĂ©sistant, allâincertezza sullâattribuzione delle giurisdizioni, militare o civile, e a un clima generale e generalizzato in cui i partigiani sembrano essere dimenticati, fa sĂŹ che i tempi della loro detenzione preventiva una volta aperta lâistruzione nei loro confronti e prima di arrivare al processo e al conseguente giudizio, fossero molto lunghi. Ă per questo motivo che alcuni deputati si fecero carico di portare allâattenzione dellâAssemblea questo stato di cose. Le interpellanze in questo senso vengono come di consueto dai parlamentari comunisti, nello specifico le figure di Yves PĂ©ron, AndrĂ© TournĂ© e Alfred Mallaret-Joinville, che in questo caso si trovano affiancati da personalitĂ appartenenti ad altri partiti, quali il noto Emmanuel dâAstier de la Vigerie (repubblicano progressista), Louis Marin (repubblicano indipendente), Jean Minjoz (Sfio), Daniel Mayer (Sfio). A essere chiesta allâAssemblea Ăš una misura che ponga fine alla detenzione preventiva dei partigiani perseguiti:
âDes lâinstant quâun citoyen sera poursuivi, mĂȘme pour inflation de droit commun pour des faits autres que des faits de collaboration accomplis avant le 8 mai 1945, la libertĂ© provisoire lui sera acquise de plein droit sâil justifie dâun domicile connu et dâun certificat prouvant son appartenance Ă une formation de rĂ©sistance antĂ©rieurement au 31 juillet 1944â ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Jean Minjoz, seduta del 29 lulgio 1949, p.5481.)).
Il dibattito allâAssemblea Ăš molto acceso e vede la netta contrapposizione del governo a una tale proposta. Secondo il ministro della giustizia una simile disposizione avrebbe costituito un pericolo in quanto sarebbe stata la prima volta che una legge si sarebbe espressa su un argomento come la libertĂ provvisoria, fino a quel momento di competenza esclusiva della magistratura. Inoltre il ministro mette in discussione il fatto che se la legge fosse stata approvata a beneficiarne non sarebbero stati solo degli autentici partigiani le cui azioni erano state irreprensibili e con lâevidente scopo di contribuire alla liberazione del territorio, bensĂŹ anche sedicenti rĂ©sistants i cui rapporti con la Resistenza erano molto vaghi ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Robert Lecourt, seduta del 29 luglio 1949, pp.5482-5483.)).
La discussione sulla proposta di legge verte sostanzialmente attorno a due questioni: le date limite entro le quali i fatti incriminati devono essere stati commessi per poter beneficiare della legge e della libertĂ provvisoria e sulla definizione della natura degli atti compiuti per poter rientrare nelle categorie descritte dalla legge. Per ciĂČ che concerne il primo punto la querelle Ăš strettamente tecnica sulla scelta di quale sia la giusta data come termine ad quem, considerato il fatto che non tutto il territorio nazionale Ăš stato liberato nello stesso momento e che anche dopo la liberazione la guerra contro la Germania nazista Ăš continuata. Il secondo punto, invece, concerne lâarticolo 314 , punto nodale della questione: la definizione di atto di Resistenza. I legislatori faticavano a stabilire in modo giuridicamente inoppugnabile tale categoria. Questa debolezza viene sfruttata dai partiti contrari alla libertĂ provvisoria per i partigiani, i quali chiedono di inserire nel testo un articolo che preveda la non applicabilitĂ a chi non avesse âmanifestamente rapporti con lâinteresse delle Resistenza ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, emendamento proposto da AndrĂ©-Bertrand Chautard, seduta del 19 luglio 1949, p.5484.))â, ponendo cosĂŹ al centro la valutazione della ânaturaâ degli atti compiuti. Ă tutto il gruppo comunista ad opporsi con forza e a sottolineare come una tale modifica avrebbe reso vana lâintera legge in quanto non esiste una definizione precisa appunto di ânatura degli attiâ, sostenendo come con questa legge si volesse sottrarre ai giudici la possibilitĂ di determinare la qualitĂ Â dellâintenzione in quanto si era constato come i giudici fossero propensi a non dichiarare utile alla Resistenza alcun atto15. Dopo vari dibatti si decide di designare la natura degli atti secondo quanto contenuto nellâordinanza di Algeri del 6 luglio 1943. La legge viene cosĂŹ approvata il 2 agosto 194916 : i partigiani, secondo i termini specificati dalla legge, devono godere della libertĂ provvisoria fino a che lâistruzione Ăš in corso. Una prima vittoria in favore dei rĂ©sistants emprisonnĂ©s sembra esser stata raggiunta, ma si vedrĂ come lâinasprirsi dei toni nel dibattito sullâamnistia avrebbe portato le cause giudiziarie che vedevano i partigiani sul banco degli imputati ancora una volta al centro della discussione politica. Solo un accenno alla situazione italiana dove secondo Neppi Modona il ricorso alla detenzione preventiva era molto frequente da parte dei giudici che âusarono largamente questo strumento di intimidazione processualeâ (Modona, 1984, 36). Inoltre va sottolineato come in Italia si fosse reso necessario da parte del governo stabilire per legge, con il decreto 6 settembre 1046 n° 96, il divieto di emettere mandati di cattura o di arresto, e a disporre la revoca di quelli giĂ emessi, contro i partigiani âper fatti di costoro commessi durante lâoccupazione nazifascistaâ. CiĂČ a testimonianza dellâelevato numero di partigiani presenti nelle carceri italiane in stato di carcerazione preventiva per fatti commessi durante la lotta di liberazione (Modona, 1991, 47).
4. Le amnistie degli anni Cinquanta
A minare ulteriormente il fronte resistenziale vi Ăš la graduale adesione dei due partiti provenienti dalla Resistenza alla causa dellâamnistia: lâRpf, il partito fondato da De Gaulle nel 1947, e il Mrp, di ispirazione democristiana creato nel 1944, avrebbero votato entrambi le due grandi leggi di amnistia del 1951 e del 1953, alle quali solo comunisti e socialisti si sarebbero opposti.
L’esacerbazione della retorica usata negli interventi allâAssemblea Ăš evidente. Se fino al 1949 ciĂČ che veniva richiesto era clemenza e perdono per chi aveva sbagliato e gli attacchi contro i partigiani erano finalizzati da una parte a minimizzare le azioni dei collaborazionisti e dallâaltra a far emergere una minaccia rossa contro cui era vitale coalizzarsi, ora si parla di innocenza dei collaborazionisti e i partigiani incarcerati diventano lâemblema della violenza la cui paternitĂ Ăš da iscrivere al Pcf. La battaglia ancora una volta sembra essere tra comunisti e anticomunisti.
Significativa Ăš la definitiva polarizzazione delle parti attorno alla Resistenza stessa: tutte le forze politiche ne ricorrono nei loro discorsi seppur con fini opposti per sostenere o prendere le distanze dallâamnistia. Come sottolineato da Henry Rousso, questi dibattiti tracciano una linea definitiva su quello che restava del consenso della Liberazione, tanto sulle sorti da riservare ai collaborazionisti che piĂč in generale, sul senso storico da attribuire agli eventi tragici del 1940-1944 (Rousso, 1992, 568). Ai fini del presente lavoro non Ăš sostanziale entrare nel merito di cosa abbiano sancito le due leggi promulgate negli anni Cinquanta, ne accenneremo soltanto, bensĂŹ focalizzare lâattenzione ancora una volta sullâangolo di visuale scelto per descrivere una parte della storia politica della Francia del secondo dopoguerra: i processi contro i partigiani. I dibattiti sullâamnistia se a prima vista potevano apparire secondari al fine dellâanalisi qui proposta, sono risultati al contrario di estremo valore a piĂč di un titolo. Innanzitutto per il ricorso sistematico e la rievocazione continua alle vicende giudiziarie dei partigiani, sia per denunciarne lâillegittimitĂ da parte dei comunisti e farne il rovescio della stessa medaglia che vede i collaborazionisti uscire di prigione, sia da parte delle destre e di un fronte sempre piĂč ampio che come abbiamo visto va a interessare anche i partiti nati nella Resistenza che ne fanno il loro cavallo di battaglia per mostrare che gli sbagli non sono stati commessi solo da una parte e per inficiare la legittimitĂ del Pcf. In secondo luogo lâinsistenza su questi processi mostra come il ricordo della Resistenza a soli pochi anni dalla fine del conflitto non costituisca piĂč un fattore di vicinanza delle diverse istanze politiche. Infine, a essere messo in gioco Ăš il quadro stesso in cui iscrivere la memoria della guerra e della Resistenza, ma anche quello dei rapporti di forza tra i diversi partiti politici.
La legge n° 51-18 del 5 gennaio 1951 autorizza la liberazione anticipata delle persone condannate per crimini di Collaborazione a delle pene inferiori alla perpetuitĂ , la degradazione nazionale cessa di essere una pena criminale e inoltre viene concessa amnistia a coloro condannati per pene lievi che non avessero denunciato o provocato la tortura, la deportazione o la morte. Infine con la legge n° 53-681 del 6 agosto 1953 beneficiano di amnistia i condannati a pene definitive a eccezione delle persone di piĂč di diciotto anni che sono state allâorigine di torture, di morte o di deportazione e che hanno favorito e lavorato direttamente con i servizi di polizia e spionaggio del nemico tedesco. Lâoblio giuridico Ăš quindi sancito. Lâopposizione dei comunisti Ăš netta e i loro interventi in aula, ruotano attorno a alcuni temi fissi: la difesa dei partigiani e attraverso loro la difesa della legittimitĂ della lotta comunista durante la guerra, il parallelismo tra i due diversi pesi della giustizia se si tratti di Collaborazione o Resistenza, la lotta affinchĂ© il beneficio dellâamnistia sia applicato a chi ha fatto onore alla Francia e non a chi ha tradito la patria, la denuncia della rinascita del neofascismo e del neovichysmo, la troppa vicinanza storica con le vicende degli annĂ©es noires per poter permettere il perdono, le critiche verso il governo sia in politica interna che estera.
âLa terre des tombes de leurs victimes nâest pas encore bien sĂ©chĂ©e, quâils voudraient dĂ©jĂ , sur ces mĂȘmes tombes, proclamer que Vichy avait raison et que la RĂ©sistance avait tortâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, Intervento di AndrĂ© TournĂ©, seduta del 2 novembre 1950, pp.7381-7382.)).
Il richiamo alla Resistenza Ăš ancora una volta continuo da entrambe le parti. Ă per questo che Roger Duveau, deputato Mrp e portavoce del progetto di legge portante amnistia, si richiama ai partigiani, agli autentici patrioti che hanno lottato contro le dottrine di odio e violenza che erano alla base del regime contro cui combattevano. Per Duveau concedere lâamnistia significa restare fedeli al ricordo di coloro che si sono battuti per la pacificazione e la concordia, mentre lâoblio degli sbagli passati non âpourrait amoindrir le respect que nous avons pour nos hĂ©ros et insulter Ă la mĂ©moire de nos mortsâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Roger Duveau, seduta dellâ11 luglio 1952, p.3900.)). La reazione di comunisti e socialisti Ăš netta: Ăš inaccettabile che con il pretesto della clemenza, si coprano con il velo dellâoblio i fatti stessi e tutte le conseguenze nefaste che questi hanno portato alle sorti della Francia. âLâamnistie au lieu de servir la cause de la vĂ©ritable rĂ©conciliation et de la vĂ©ritable unitĂ© française, aura pour effet de permettre aux coupables dâhier de se poser en accusateursâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Jean Minjoz, seduta dellâ11 luglio 1952, p.3901.)). I comunisti rifiutano anche lâaccostamento allâinterno dello stesso progetto di legge di collaborazionisti e partigiani: lâamnistia della Collaborazione viene, infatti, legata a quella per i partigiani e i lavoratori condannati per sciopero cancellando le differenze tra gli atti in questione.
âIl faut rĂ©pĂ©ter que la forme mĂȘme du rapport de M. Duveau est scandaleuse, car elle groupe dans un mĂȘme texte lâamnistie aux traĂźtres, lâamnistie aux rĂ©sistants, lâamnistie aux dĂ©linquants de droit commun. Les dispositions dites dâamnistie aux rĂ©sistants sont ainsi intercalĂ©es âen sandwichâ entre celles qui sont prĂ©vues pour les collabos et pour les dĂ©linquantesâ ((AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di RenĂ© Camphin, seduta dellâ11 luglio 1952, pp.3906-3907. 43 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di AndrĂ© TournĂ©, seduta del 27 febbraio 1953, pp.1459-1460. 44 AN, JO, Legge n° 53-681 del 6 agosto 1953, articolo primo, p.6942.)).
Il Pcf non puĂČ accettare una simile legge dâamnistia, votarla avrebbe significato abbandonare e rinnegare tutte le argomentazioni attorno alle quali il partito aveva fondato il consenso nel proprio elettorato, come lâintransigenza dellâepurazione e la conseguente contrapposizione a ogni forma di clemenza giuridica, la difesa della Resistenza, la campagna in favore dei partigiani. AndrĂ© TournĂ© con queste parole evidenzia il paradosso che si sta per compiere con il voto in Assemblea:
âLe drame de la loi dâamnistie que nous sommes en train de voter, je vous demande dây rĂ©flĂ©chir, le drame de cette loi dâamnistie, câest quâelle permettrait de libĂ©rer les rares collaborateurs qui restent encore en prison et, si des mesures nâĂ©taient pas prises en faveur des rĂ©sistants, nous verrions remplacer les collaborateurs dans leurs cellules oĂč ils avaient Ă©tĂ© trĂšs justement emprisonnĂ©s, par des rĂ©sistantsâ43.
Con la legge del 1953 si chiude il grande capitolo dellâamnistia per la Collaborazione, ma non quello riguardante le vicissitudini dei partigiani. Con 391 voti favorevoli e 212 contrari di comunisti e socialisti, viene approvata una legge che di fatto concede una larga amnistia escludendo solamente il âpoignĂ©e de traĂźtresâ piĂč volte evocato allâAssemblea e sulla stampa. Unica vittoria del Pcf Ăš lâinserimento, votato allâunanimitĂ , dellâarticolo primo che dichiara:
âLa RĂ©publique française rend tĂ©moignage Ă la RĂ©sistance, dont le combat au dedans et au dehors des frontiĂšres a sauvĂ© la nation. Câest dans la fidĂ©litĂ© Ă lâesprit de la RĂ©sistance quâelle entend que soit aujourdâhui dispensĂ©e la clĂ©mence. Lâamnistie nâest pas une rĂ©habilitation ni une revanche, pas plus quâelle nâest une critique contre ceux qui, au nom de la nation eurent la lourde tache de juger et de punirâ44.
Lâintricata vicenda sulle sorti dei partigiani e della Collaborazione portata nei dibattiti allâAssemblea Nazionale non poteva chiudersi che con questo preambolo, che racchiude in sĂ© tutta lâambiguitĂ su un enjeu de mĂ©moire come la Resistenza.
1 France dâAbord, n°147, 24 aprile 1946, «DĂ©fense de patriotes emprisonnĂ©s», p.8.
2 France dâAbord, n°306, 9 giugno 1949, «Contre la trahison de la victoire. Union de la RĂ©sistance!», p.3.
3 France dâAbord, n°345, 2-9 marzo 1950, «Pour les tribunaux la RĂ©sistance demeure un crime», p.5. Le condanne a morte erano state pronunciate nei confronti di Jean-Pierre Kabacinsky, immigrato polacco avente preso parte attiva nella Resistenza francese, condannato nel 1948 e graziato nel 1951 salvo poi essere espulso dalla Francia, AndrĂ© Moizo, la cui pena Ăš stata tramutata in lavori forzati a perpetuitĂ e Edouard Moreau, condannato nel 1948, ha visto la propria pena trasformarsi in lavori forzati e poi essere rilasciato nel 1952.
4 France dâAbord, n°505, 2 aprile 1953, «RenĂ© Camphin parle de la loi Duveau», p.8.
5 France dâAbord, n°605, gennaio 1956, «Pour fait de RĂ©sistance», p.5.
6 France dâAbord, n°540, 10 dicembre 1953, «La lutte contre la rĂ©pression», p.5; France dâAbord, n°574, 5 agosto 1954, «Des milliers de rĂ©sistants poursuivis pour avoir fait leur devoir», p.12.
7 Assemblée Nationale, Journal Officiel, seduta del 10 novembre 1955, p.4721.
8 AN, JO, débats parlementaires, intervento di René Camphin, seduta del 27 dicembre 1945, p.422. 9 Decreto presidenziale 22 giugno 1946, n° 4. Amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari. 10 Legge n° 46-729 del 16 aprile 1946.
11 AN JO, débats parlementaires, intervento di Yves Péron, seduta del 12 aprile 1946, p.1750.
12 Ivi.
13 AN, JO, pp.1751-1752. Lâarticolo 6 cita come segue: âPendant un dĂ©lai de six mois Ă compter de la promulgation de la prĂ©sente loi, pourront demander Ă ĂȘtre admises par dĂ©cret au bĂ©nĂ©fice de lâamnistie les personnes poursuivies ou condamnĂ©es pour toutes infractions pĂ©nales, quâelle quâen soit la qualification et quelle que soit la jurisdiction appelĂ©e Ă en connaĂźtre, civile ou militaire, commises antĂ©rieurement au 8 mai 1945, pour lâensemble du territorire, ou Ă la date du 10 aoĂ»t 1945 pour les dĂ©partements du Haut-Rhin, Bas-Rhin et Moselle, Ă condition que les actes reprochĂ©s aient Ă©tĂ© accomplis avec lâesprit de servir la cause de la libĂ©Ration dĂ©finitive de la Franceâ.
14 AN, JO, débats parlementaires, Intervento di Adrien Mabrut, seduta del 12 aprile 1946, pp.1748-1749.
15 AN, JO, p.1754. Lâarticolo 16 cita come segue: âLa prĂ©sente loi dâamnistie ne saurait, en aucun cas, sâappliquer Ă des faits de collaboration dans les termes de lâordonnance du 28 novembre 1944â.
16 Fedele a PĂ©tain fonda nel 1944 Questions actuelles, che si trasforma presto in Ăcrits de Paris e che raggruppa uomini politici di destra sanzionati dai processi di epurazione. Nel 1951 Malliavin fonda unâaltra rivista Rivarol, in omaggio al controrivoluzionario che aveva combattuto il Terrore cosĂŹ come lui e i suoi colleghi stavano combattendo lâepurazione. 17 Da notare come rĂ©sistant, partigiano, sia scritto con la t; mentre RĂ©sistance, Resistenza, con la c.Â
18 AN, JO, ordinanza del CFLN del 6 luglio 1943 cita come segue: âsont dĂ©clarĂ©s lĂ©gitimes tous actes accomplis postĂ©rieurement au 10 juin 1940 dans le but de servir la cause de la libĂ©ration de la Franceâ.
19 AN, JO, débats parlementaires, intervento di Yves Péron, seduta del 18 giugno 1947, p.2192.
20 Legge n° 47-1504 del 16 agosto 1947.
21 AN, JO, lois et dĂ©crets,17 agosto 1947, p.8058. Lâarticolo 25 del titolo IV cita come segue: âsous rĂ©serve des dispositions du titre III, la prĂ©sente loi dâamnistie ne saurait en aucun cas sâappliquer Ă des faits prĂ©vus aux ordonnances du 28 novembre 1944, portant modification et codification des textes relatifs Ă lâindignitĂ© nationale, et Ă lâordonnance n° 45-507 du 29 mars 1945 relative Ă la rĂ©pression du commerce avec lâennemi dans les territorires occupĂ©s ou contrĂŽlĂ©s par lâennemi, quelle que soit la jurisdiction ayant statuĂ©[âŠ]â.
22 AN,JO, débats parlementaires, interpellanza di Philippe Livry-Level, seduta del 18 marzo 1948, p.1905.
23 AN, JO, débats parlementaires, interpellanza di André Tourné, seduta del 18 marzo 1948, p.1906.
24 AN, JO, débats parlementaires, intervento di Philippe Livry-Level, seduta del 18 marzo 1948, pp. 1906-1907.
25 AN, JO, , débats parlementaires, Intervento di André Tourné, seduta del 18 marzo 1948, p.1907.
26 Ibidem, pp.1907-1908.
27 I firmatari dellâinterpellation del 19 luglio 1949 sono: Albert Forcinal (UDSR), Albert LĂ©crivain-Servoz (IndĂ©pendant), Emmanuel dâAstier de la Vigerie (rĂ©publicain progressiste), Alfred Malleret â Joinville (PCF), Philippe Livry-LĂ©vel (RPF), Louis Marin (IndĂ©pendant), Henri Bouret (MRP). Cfr. LâHumanitĂ©, n°1499, 30 giugno 1949, p.2. âDes dĂ©putĂ©s rĂ©sistants communiste, rĂ©publicain progressiste, MRP, RGR, indĂ©pendant et gaulliste interpelleront sur les attaques contre la RĂ©sistanceâÂ
28 AN, JO, débats parlementaires, interpellanza, seduta del 19 luglio 1949, pp.4777-4786.
29 AN, JO, débats parlementaires, intervento di Albert Lécrivain-Servoz, seduta del 19 luglio 1949, p.4779.
30 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Emmanuel dâAstier de la Vigerie, seduta del 19 luglio 1949, p.4782.
31 Ivi.
32 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Emmanuel dâAstier de la Vigerie, seduta del 19 luglio 1949, p.4782.
33 AN, JO, débats parlementaires, intervento di Jean Minjoz, seduta del 29 lulgio 1949, p.5481.
34 AN, JO, débats parlementaires, intervento di Robert Lecourt, seduta del 29 luglio 1949, pp.5482-5483.
35 AN, JO, p.5484. La prima formulazione dellâarticolo 3 recitava come segue: âles dispositions de la prĂ©sente loi nesâappliquent pas aux actes de collaboration avec lâennemiâ. Lâemendamento invece proposto da AndrĂ©-Bertrand Chautard (MRP) e poi votato dallâAssemblea era redatto nel seguente modo: âles dispositions de la prĂ©sente loi ne sâappliquent pas aux actes nâayant manifestement aucun rapport avec lâintĂ©rĂȘt de la RĂ©sistanceâ.
36 AN, JO, débats parlementaires, emendamento proposto da André-Bertrand Chautard, seduta del 19 luglio 1949, p.5484.
37 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Emmanuel dâAstier de le Vigerie, seduta del 29 luglio 1949, p.5485.
38 AN, JO, Legge n° 40-1112 del 2 agosto 1949, p.7842.
39 AN, JO, débats parlementaires, Intervento di André Tourné, seduta del 2 novembre 1950, pp.7381-7382.
40 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Roger Duveau, seduta dellâ11 luglio 1952, p.3900.
41 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Jean Minjoz, seduta dellâ11 luglio 1952, p.3901.
42 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di RenĂ© Camphin, seduta dellâ11 luglio 1952, pp.3906-3907. 43 AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di AndrĂ© TournĂ©, seduta del 27 febbraio 1953, pp.1459-1460. 44 AN, JO, Legge n° 53-681 del 6 agosto 1953, articolo primo, p.6942.
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http://www.legifrance.gouv.fr/affichSarde.do?reprise=true&page=1&idSarde=SARDOBJT000 007105148&ordre=CROISSANT&nature=&g=ls Permette di consultare i testi di tutte le leggi di amnistia promulgati dal secondo dopoguerra a oggi. Permette di consultare le pubblicazioni del Journal Officiel riportante i dibattiti allâAssemblĂ©e Nationale e le leggi e i decreti promulgati. Permette di consultare lâarchivio degli atti parlamentari della legislatura precedente a quella in corso.Siti consigliati
Greta Fedele Ăš dottoressa magistrale in Scienze Storiche. Ha conseguito il titolo di doppia laurea nel quadro del corso integrato tra lâUniversitĂ Alma Mater Studiorum di Bologna e lâUniversitĂ© Paris 7 Diderot, discutendo una tesi dal titolo âI rĂ©sistants e la giustizia: processi ai partigiani nel secondo dopoguerra in Franciaâ. Le sue ricerche si sono finora concentrati sulle vicende dei partigiani nel dopoguerra e sulle loro implicazioni con la giustizia. Ha lavorato sia sul caso francese che su quello italiano. Su questâultimo punto ha pubblicato: Tre processi âscomodiâ, in âDiacronie. Studi di Storia Contemporaneaâ, n. 20, 4|2014Biografia
Greta Fedele is graduate in Scienze Storiche. She has achieved the double degree in the integrated course between UniversitĂ Alma Mater Studiorum of Bologna and UniversitĂ© Paris 7 Diderot, discussing the thesis âI rĂ©sistants e la giustizia: processi ai partigiani nel secondo dopoguerra in Franciaâ. Her researches have so far focused on the experiences of partisans after the Second War World and on their implications with the justice. She has worked both on French and Italian cases. She has published: Tre processi âscomodiâ, in âDiacronie. Studi di Storia Contemporaneaâ, n. 20, 4|2014Biography
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- France dâAbord, n°345, 2-9 marzo 1950, «Pour les tribunaux la RĂ©sistance demeure un crime», p.5. Le condanne a morte erano state pronunciate nei confronti di Jean-Pierre Kabacinsky, immigrato polacco avente preso parte attiva nella Resistenza francese, condannato nel 1948 e graziato nel 1951 salvo poi essere espulso dalla Francia, AndrĂ© Moizo, la cui pena Ăš stata tramutata in lavori forzati a perpetuitĂ e Edouard Moreau, condannato nel 1948, ha visto la propria pena trasformarsi in lavori forzati e poi essere rilasciato nel 1952. [↩]
- France dâAbord, n°605, gennaio 1956, «Pour fait de RĂ©sistance», p.5. [↩]
- France dâAbord, n°540, 10 dicembre 1953, «La lutte contre la rĂ©pression», p.5; France dâAbord, n°574, 5 agosto 1954, «Des milliers de rĂ©sistants poursuivis pour avoir fait leur devoir», p.12. [↩]
- AssemblĂ©e Nationale, Journal Officiel, seduta del 10 novembre 1955, p.4721. [↩]
- Decreto presidenziale 22 giugno 1946, n° 4. Amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari. [↩]
- Legge n° 46-729 del 16 aprile 1946. [↩]
- AN, JO, pp.1751-1752. Lâarticolo 6 cita come segue: âPendant un dĂ©lai de six mois Ă compter de la promulgation de la prĂ©sente loi, pourront demander Ă ĂȘtre admises par dĂ©cret au bĂ©nĂ©fice de lâamnistie les personnes poursuivies ou condamnĂ©es pour toutes infractions pĂ©nales, quâelle quâen soit la qualification et quelle que soit la jurisdiction appelĂ©e Ă en connaĂźtre, civile ou militaire, commises antĂ©rieurement au 8 mai 1945, pour lâensemble du territorire, ou Ă la date du 10 aoĂ»t 1945 pour les dĂ©partements du Haut-Rhin, Bas-Rhin et Moselle, Ă condition que les actes reprochĂ©s aient Ă©tĂ© accomplis avec lâesprit de servir la cause de la libĂ©Ration dĂ©finitive de la Franceâ. [↩]
- AN, JO, p.1754. Lâarticolo 16 cita come segue: âLa prĂ©sente loi dâamnistie ne saurait, en aucun cas, sâappliquer Ă des faits de collaboration dans les termes de lâordonnance du 28 novembre 1944â. [↩]
- AN, JO, ordinanza del CFLN del 6 luglio 1943 cita come segue: âsont dĂ©clarĂ©s lĂ©gitimes tous actes accomplis postĂ©rieurement au 10 juin 1940 dans le but de servir la cause de la libĂ©ration de la Franceâ. [↩]
- AN, JO, lois et dĂ©crets,17 agosto 1947, p.8058. Lâarticolo 25 del titolo IV cita come segue: âsous rĂ©serve des dispositions du titre III, la prĂ©sente loi dâamnistie ne saurait en aucun cas sâappliquer Ă des faits prĂ©vus aux ordonnances du 28 novembre 1944, portant modification et codification des textes relatifs Ă lâindignitĂ© nationale, et Ă lâordonnance n° 45-507 du 29 mars 1945 relative Ă la rĂ©pression du commerce avec lâennemi dans les territorires occupĂ©s ou contrĂŽlĂ©s par lâennemi, quelle que soit la jurisdiction ayant statuĂ©[âŠ]â. [↩]
- AN, JO, dĂ©bats parlementaires, interpellanza di AndrĂ© TournĂ©, seduta del 18 marzo 1948, p.1906. [↩]
- AN, JO, dĂ©bats parlementaires, interpellanza, seduta del 19 luglio 1949, pp.4777-4786. [↩]
- AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Emmanuel dâAstier de la Vigerie, seduta del 19 luglio 1949, p.4782. [↩]
- AN, JO, p.5484. La prima formulazione dellâarticolo 3 recitava come segue: âles dispositions de la prĂ©sente loi nesâappliquent pas aux actes de collaboration avec lâennemiâ. Lâemendamento invece proposto da AndrĂ©-Bertrand Chautard (MRP) e poi votato dallâAssemblea era redatto nel seguente modo: âles dispositions de la prĂ©sente loi ne sâappliquent pas aux actes nâayant manifestement aucun rapport avec lâintĂ©rĂȘt de la RĂ©sistanceâ. [↩]
- AN, JO, dĂ©bats parlementaires, intervento di Emmanuel dâAstier de le Vigerie, seduta del 29 luglio 1949, p.5485. [↩]
- AN, JO, Legge n° 40-1112 del 2 agosto 1949, p.7842. [↩]