La Grande guerra e il fronte interno attraverso le carte dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare

di Lucia Gaudenzi

Abstract

L’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare rappresenta una delle forme assistenziali più significative messe in atto durante la Grande guerra. La sua importanza è dovuta all’uso ufficiale che ne fece lo Stato italiano sia come mezzo di trasmissione delle notizie riguardanti i militari, che come supporto nella ricerca di informazioni sui soldati raccolte grazie alla collaborazione di cappellani militari, dame visitatrici e madrine di guerra. L’Ufficio notizie contribuì attraverso il suo lavoro a tenere alto il morale del fronte interno e, per tutto il periodo della sua attività, si mantenne in fieri, ovvero si rivelò disposto a misurarsi con le diverse necessità che progressivamente emergevano. Questa attività non è stata solo indispensabile durante la Prima guerra mondiale ma lo è tutt’oggi in quanto i suoi schedari e documenti sono utili e preziosi per lo studio del conflitto.

Abstract english

The italian office called Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare was one of the most helpful associations during the First World War. It was important because the italian government used it officially for the transmission and the research of news about soldiers’ conditions. This office contributed to keep high the national spirit and its realization was possible only thanks the voluntary work of thousands women. It was essential during the war and its documents are really important for the study of the conflict today.

Introduzione e collocazione storiografica

L’opera dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare si inserisce nel complesso di attività che formarono il cosiddetto fronte interno, concetto che si sviluppò nel corso della Prima guerra mondiale e che rimanda all’idea di una guerra che coinvolse la totalità della popolazione: chi non era al fronte a combattere doveva essere pronto a sostenere la guerra attraverso altre attività. L’Ufficio notizie fece parte delle tante opere di assistenzialismo volontario che coinvolsero soprattutto la componente femminile borghese e aristocratica. Esemplificativo dell’immenso supporto organizzato dalle donne è, a mio parere, il caso della città di Bologna. La Guida pratica delle Opere e della Beneficienza di Guerra nella città e provincia di Bologna (1917) ne elenca centodieci, di cui settantadue erano gestite esclusivamente o quasi da donne, che coprono i seguenti settori di intervento: assistenza all’infanzia, alle famiglie dei militari, alle popolazioni rurali, ai combattenti, ai militari ricoverati negli ospedali, ai mutilati e invalidi di guerra, ai prigionieri e internati, informazioni su leggi, regolamenti, leva e servizio militare, assistenza legale, opere di propaganda patriottica, consumi ed economia dei consumi, raccolte.

In particolare l’Ufficio notizie divenne una realtà talmente radicata nel territorio e così importante per la vita delle persone, con i suoi ottomilaquattrocento uffici in tutta Italia, che capitava spesso che la gente vi confluisse per ricevere aiuto o consiglio riguardo ad attività che non rientravano nelle specifiche competenze (confezionamento dei pacchi per il fronte, compilazione delle pratiche per il recupero di oggetti appartenuti ad un soldato morto oppure di quelle per l’assegnamento della pensione etc.) tanto che, come scrisse nelle sue memorie Gida Rossi (1934), ispettrice generale dell’Ufficio notizie, esso era noto come la Chiesa, il Municipio, la Posta. Venne chiuso ufficialmente il 30 giugno del 1919 e per l’occasione fu organizzata una solenne cerimonia a Bologna nella quale i presenti, tra cui moltissime autorità, resero omaggio alla contessa Lina Bianconcini Cavazza, ideatrice e promotrice di questo importante organo di assistenza civile. Durante l’occasione la presidente della Sezione di Bologna, Vittoria Garabelli Silvani, ricordò l’opera svolta durante la guerra con queste parole: “Abbiamo vissuto giorni di dolore, d’angoscia, di speranza. Ma solo intorno a voi ci siamo sentiti utili alla causa. Di questo vi ringraziamo”.

La storiografia manca di studi approfonditi sul fronte interno italiano considerato nel suo complesso essendo presenti solo alcune pubblicazioni che trattano i temi specifici del lavoro e delle grandi associazioni femminili. Questa considerazione pone gli studiosi nella condizione di dover fare riferimento esclusivamente su fonti archivistiche. Inoltre dai quotidiani degli anni del conflitto è si possono ricavare importanti informazioni riguardo non solo le opere di assistenza gestite dalle donne, tra cui l’Ufficio notizie, ma anche come esse erano valutate dalla società contemporanea. Da un lato veniva riconosciuto alle donne il valore del loro coinvolgimento attivo per risolvere i bisogni del Paese, dall’altro parte dell’opinione pubblica maschile si mostrava scandalizzata dalla visibilità che sempre più acquistava la componente femminile negli anni del conflitto poiché era evidente che lo stato non poteva più prescindere dalla loro collaborazione. Significativo, ed esemplificativo, della coscienza che invece le donne avevano della loro opera è un articolo pubblicato su “Il Resto del Carlino” che si conclude in questo modo:

La donna poi, veramente donna, continui impavida la sua opera di sacrificio, e cerchi da sola, visto che il naturale appoggio vien meno, cerchi da sola di sollevarsi al di sopra di tutte le molli eleganze e si mostri in tutto nata per il vero amore, non per il solo amore alimento della specie. Non dimentichi però che non basta saper amare, bisogna saper vivere; non basta sapersi sacrificare, bisogna saper adoperare il buon senso e la ragione, alla quale il cuore stesso tante volte, deve essere soggetto nella compiuta rinuncia di tutto. Solo così mostrerà quanta forza di vero bene è in lei: e lo compierà con fede e zelo, malgrado il sorriso degli scettici frequentatori delle sale da the e dei salotti eleganti, che nulla sanno delle gioie intime e profonde che procura l’esercizio del bene, fatto unicamente per il bene.

(Piana 1916)

Nello specifico, riguardo l’Ufficio notizie, nonostante la sua importanza e la diffusione capillare in tutta la penisola, non esistono studi, eccetto il saggio pubblicato nel 2005 sul “Bollettino del Museo del risorgimento di Bologna” della dottoressa Elisa Erioli, che ha curato anche l’inventario del materiale documentario dell’Ufficio notizie posseduto dal Museo civico del Risorgimento. La maggior parte della documentazione è rappresentata da fonti archivistiche e a stampa conservate presso il Museo del Risorgimento e la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna.

Purtroppo, non essendone mai stato compilato l’inventario, non è possibile consultare le carte dell’archivio dell’Ufficio centrale che alla fine della guerra, per volontà della contessa Lina Bianconcini Cavazza, sono state depositate all’Archivio centrale dello Stato.

Sono invece consultabili le carte presenti all’Archivio di Stato di Bologna che conserva il duplicato dello schedario generale dei caduti composto da 500.000 schede nominative. Presso l’Archivio Storico Comunale di Bologna sono conservati gli schedari della Sezione di Bologna, appartenenti al Museo civico del Risorgimento.

Questa ricerca si è avvalsa anche della consultazione delle carte contenute nell’archivio privato della famiglia Cavazza, dislocato a Bologna e a Roma, grazie alle quali è stato possibile avere una visione d’insieme della sua attività.

Dal punto di vista della trattazione si è deciso di dare spazio alla parte riguardante i collaboratori dell’Ufficio, perché è quella per le quali è stato utilizzato maggiormente materiale inedito, che ha permesso una ricostruzione dettagliata dell’immenso lavoro sostenuto. Si ritiene inoltre che tale ricerca possa rappresentare un contributo interessante all’approfondimento degli studi sul fronte interno.

Costituzione e attività

L’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare venne promosso dalla contessa Lina Bianconcini Cavazza e fu istituito a Bologna nel 1915, avendo come scopo quello di stabilire un tramite fra il Paese e l’Esercito mobilitato e dare alle famiglie, che le richiedevano, informazioni sui combattenti in modo da evitare che i cittadini si rivolgessero direttamente alle istituzioni dello stato. Già nel gennaio del 1915 la contessa espresse il desiderio di dedicarsi alla realizzazione di questo in modo che potesse essere funzionante al momento dell’entrata in guerra dell’Italia e, nel giugno 1915, il Ministero della guerra riconobbe ufficialmente l’esistenza e l’attività dell’Ufficio notizie (circolare n. 471 del Giornale militare del 18 giugno 1915).

Tutti compresero fin da subito quanto fosse preziosa questa iniziativa sorta, non a caso, per opera di una madre che aveva due figli al fronte (sul Carso e in Trentino sul Gruppo del Nuvolau) e uno sotto le armi. Il servizio per poter essere funzionante aveva bisogno di un sostegno economico al fine di provvedere ai locali, alla cancelleria e alle spese postali e telegrafiche: le sole offerte private, per quanto generose, non potevano sopperire a tutti i bisogni per l’intera durata del conflitto. Questo problema venne superato grazie al sostegno di enti locali, del Ministero della guerra e delle Poste italiane ma, soprattutto, del lavoro volontario e gratuito della maggior parte dei collaboratori.

Tra i tanti che vi lavorarono una menzione particolare va a Gida Rossi, l’ispettrice generale dell’Ufficio notizie. La sua salda fede cristiana e l’amore per la patria la portarono ad essere partecipe tutta la vita di numerose iniziative per il bene comune. Tra le attività che la videro protagonista attiva durante la Grande guerra c’è quella che svolse presso l’Ufficio notizie per il quale visitò oltre cento Sezioni e Sottosezioni in tutta Italia al fine di controllarne il giusto funzionamento. La dedizione con cui svolse i suoi servizi la portarono alla fine del conflitto a ricevere numerosi riconoscimenti tra i quali ricordiamo la medaglia d’oro dell’Ufficio notizie e quella di bronzo da parte della Croce rossa italiana in quanto direttrice delle Dame visitatrici di Bologna.

Per quanto riguardava l’organizzazione dell’Ufficio notizie esso seguiva una logica semplice e funzionale. Innanzitutto le sue componenti erano suddivise gerarchicamente allo scopo di ottenere una presenza capillare sul territorio senza appesantirne l’aspetto burocratico.

L’Ufficio centrale, con sede a Bologna, si occupava della coordinazione degli altri uffici, i quali erano suddivisi in Sezioni, Sottosezioni e Comitati o Gruppi rappresentanti.

Comunicazioni

Le disposizioni del Ministero della guerra riguardo all’invio di notizie relative ai militari furono duplici: i Depositi avevano il compito di trasmettere direttamente alle famiglie o tramite i sindaci le comunicazioni di morte o di soldati gravemente feriti, ma allo stesso tempo venne autorizzato l’Ufficio notizie a prelevare e raccogliere informazioni che potevano essere divulgate ai famigliari che ne facevano richiesta.

Le informazioni sui militari giungevano all’Ufficio notizie per mezzo degli elenchi dei militari morti, feriti e dispersi prelevati ai Depositi di reggimento dalle Sottosezioni (notizie ufficiali), oppure arrivavano tramite le dame visitatrici che lavoravano negli ospedali militari e dai cappellani militari (notizie ufficiose).

La necessità di appellarsi alle cosiddette notizie ufficiose sorse nel momento in cui i Corpi militari, che non dovevano fare trascorrere più di dieci giorni dai combattimenti per informare i Depositi, accumularono ritardi nella trasmissione delle notizie a causa della lentezza del servizio postale militare, della necessità di controllare i dati sui registri matricolari e del bisogno di aggiungere, talvolta, l’indirizzo della famiglia. Inoltre, per quanto riguardava i feriti, in un primo momento venivano trasmesse solo le indicazioni generiche e in seguito, per periodi più o meno lunghi, non venivano forniti aggiornamenti fino a quando, trasferiti negli ospedali di riserva, le dame visitatrici erano in grado di comunicare lo stato di salute. Fondamentale risultò la collaborazione dei cappellani i quali, lavorando al fronte, potevano notevolmente accelerare la trasmissione delle notizie in quanto le Sezioni, o Sottosezioni, vicine alla zona di guerra ritiravano ogni giorno dai religiosi i fogli informativi e facevano per ogni notizia una duplice scheda, una per l’Ufficio centrale e l’altra per la Sottosezione relativa alla città nella quale abitava la famiglia del soldato. Come risulta dal discorso della contessa Cavazza in occasione della chiusura degli uffici, dal 1915 al 1919 le notizie pervenute spontaneamente all’Ufficio centrale dagli stabilimenti sanitari da campo e dai Corpi e Reparti mobilitati furono un totale di quasi sette milioni, mentre quelle ricevute perché richieste dalle famiglie si aggirarono intorno a un milione e mezzo.

Schede e schedari

Ogni informazione veniva archiviata in appositi schedari. Per agevolare la consultazione delle schede in cui erano annotate le notizie esse venivano stampate di diversi colori. Le schede che davano notizie potevano essere: verdi per i militari usciti dagli ospedali perché guariti, bianche per quelli che erano malati, feriti o trasferiti in altri centri ospedalieri, grigie per i dispersi e i prigionieri e ruggine per le notizie di morte, che venivano cambiate in azzurre non appena la notizia diveniva ufficiale. Le schede che chiedevano notizie erano rosa, il colore arancione si utilizzava se si sapeva che il militare era malato o ferito, ma non si conosceva lo stato di salute o dov’era degente.

In ciascuna Sottosezione in sede di Distretto era presente uno schedario che conteneva le notizie relative ai militari, le cui famiglie abitavano nel territorio. Negli schedari delle Sezioni invece erano contenute le informazioni relative all’intera circoscrizione territoriale. Lo schedario generale del Regno nel quale confluiva copia di tutte le informazioni era conservato presso l’Ufficio centrale di Bologna. Lo schedario centrale costituiva un elemento fondamentale: era lo strumento necessario per verificare se effettivamente nessuna notizia del soldato fosse giunta dal fronte e per questo le autorità militari avevano stabilito che le richieste di informazioni dovessero partire solamente dall’Ufficio centrale. Esso raccoglieva un totale di dodici milioni di schede, e venne consegnato nel 1929 all’Archivio centrale dello Stato a Roma. Ad esso era connesso anche un altro schedario nel quale erano inseriti i nomi di coloro che avevano immolato la vita per la causa nazionale, comprendente cinquecento mila schede e conservato all’Archivio di Stato di Bologna.

Ricerche speciali

L’Intendenza generale dell’esercito accettò la proposta dell’Ufficio notizie di considerare valide per il rilascio della dichiarazione di irreperibilità i risultati delle ricerche per i militari feriti e poi scomparsi compiute dall’Ufficio stesso, da inoltrare ai Depositi militari, ai Centri di mobilitazione e al Ministero della guerra.

Nel febbraio del 1917 il Ministero della guerra riconobbe alle ricerche compiute dall’Ufficio notizie un carattere ufficiale. Perciò il lavoro svolto per rintracciare i soldati e conoscere le condizioni della loro scomparsa fu fondamentale per le successive concessioni di pensioni e sussidi alle famiglie. All’interno dell’Ufficio centrale venne così istituito un reparto per le ricerche speciali per i militari dei quali le famiglie da lungo tempo non ricevevano notizie e di cui le autorità competenti non erano in grado di precisare la posizione.

I primi cinquantatre elenchi, anteriori alla circolare del Ministero (Circolare 22 febbraio 1917, n.245192), comprendevano un totale di quattordicimilaseicento nomi, dei quali tremilaottocentosessantaquattro furono dichiarati irreperibili, mentre per i rimanenti furono accertate le notizie.

I soldati dispersi vennero classificati in base alle circostanze in cui si erano perse le tracce e in seguito veniva stabilito se concedere la pensione di guerra ai familiari.

L’Ufficio notizie si prese carico di altri compiti, come quello di fare da tramite tra i militari arruolati che cercavano parenti o amici che erano anch’essi al fronte. Per questo vennero costituite Sezioni corrispondenti nelle terre redente a disposizione per le truppe. Anche per i militari sottoposti al giudizio dei tribunali venne creato un apposito schedario, poiché scarse erano le notizie che venivano comunicate alle famiglie che invece desideravano informazioni più particolareggiate. Per quanto riguardava i militari rimpatriati dalle colonie e dagli stati esteri venne disposto uno speciale schedario che conteneva anche gli indirizzi delle famiglie e vennero istituite Sottosezioni, nei principali centri esteri di immigrazione (New York, Buenos Aires, La Plata, San Paolo, Rosario di Santa Fè, Montréal, Casa Blanca, Tunisi, Alessandra d’Egitto, Cairo, Porto Said, Marsiglia, Nizza, Principato di Monaco, Lugano), alle quali pervenivano regolarmente le notizie che le riguardavano.

Importantissimo compito dell’Ufficio fu quello della ricerca dei profughi e del ricongiungimento delle famiglie dopo la disfatta di Caporetto. Nella circolare che l’Ufficio centrale fece pervenire a ogni Ufficio notizie è possibile leggere le parole di conforto e di sostegno della presidente Lina Cavazza con lo scopo di ricordare ad ogni collaboratore la missione che erano chiamati ad affrontare:

La patria vuole per sé tutte le energie di braccio, di mente e di cuore; nessun momento più solenne di questo per dar prova di pietà e fortezza. Lavoro e responsabilità gravi ci attendono, ma noi dobbiamo accettare con fermezza incrollabile la fatica che ci onora, tanto più perché l’istituzione nostra, più d’ogni altra a contatto del Paese, può in quest’ora tragica grandemente essere utile con parole di conforto e di fede. Ho molto da chiedere alle Sezioni, ma so che lo spirito che le anima tutte è così alto, ed ho avuto prova così nobile del loro slancio ed entusiasmo […] che son certa di non chiedere mai troppo. Compenso nostro sarà il giusto orgoglio della santa missione compiuta, missione di amor patrio incoercibile, di carità che fa propri i dolori di tutti, che nella sventura s’infiamma, e forte, paziente, benigna mai non opera, né parla invano1.

Ogni Sezione, o Sottosezione, cominciò ad annotare su speciali moduli le generalità dei profughi che arrivavano nel loro territorio competente e, contemporaneamente, cercava di riordinare in particolari schede di richiesta le domande di ricerca di altri profughi. Sia i moduli di denuncia che le schede di richiesta venivano poi trasmessi all’Ufficio centrale che progressivamente le poneva in uno schedario generale il quale, in quanto era ordinato alfabeticamente, permetteva di ricongiungere immediatamente i due tipi di schede. Venne istituito uno speciale schedario anche per le ricerche e le denuncie dei bambini che si erano smarriti durante l’esodo dalle province invase. In totale le famiglie ricongiunte furono oltre cinquantatremila, cifra che dimostra l’importanza che ebbe il Reparto profughi dell’Ufficio notizie.

L’Ufficio centrale si occupò anche della ricerca degli operai requisiti dal Comando Supremo per i lavori di difesa nella zona tra il Tagliamento e il Piave e che avevano perso ogni contatto con le loro famiglie. E, come ulteriore servizio per aiutare le persone che erano dovute scappare dalle terre invase, vennero lasciate informazioni, circa quattromila in totale, sulla nuova sede di enti ed istituti trasferiti dopo l’avanzata austriaca.

Ma l’opera di assistenza non si era ancora conclusa. A Bologna venne infatti istituita una casa -famiglia per i soldati delle terre lontane presso l’Asilo Primodì (di cui Francesco Cavazza era presidente). L’attuazione di questo progetto, che consentì di ospitare e assistere oltre seimila soldati, fu possibile grazie all’interessamento e al finanziamento del Ministro Dallolio, a cui seguì quello dell’Alto Commissariato per i profughi e quello della Casa del Soldato.

L’Ufficio centrale e la Sezione di Bologna

L’Ufficio centrale di Bologna, che ebbe sede inizialmente nel palazzo della famiglia Cavazza in via L.C. Farini e poi venne trasferito in un piano dell’edificio delle Poste centrali, dirigeva e coordinava il servizio generale dell’Ufficio notizie poiché riceveva direttamente gli ordini, o i consigli, dal Ministero della guerra e dall’Intendenza generale che in seguito venivano trasmessi alle Sezioni e Sottosezioni tramite circolari interne.

La segreteria, composta da segretarie e archiviste, fungeva da gabinetto della presidenza, archivio e protocollo, direzione della sede centrale. La posta consegnata al reparto smistamento, circa trentamila pieghi al mese, veniva aperta e separata in base alla destinazione finale. Le schede notizie provenienti dalle Sezioni, o Sottosezioni, i fogli informativi e le cartoline speciali dei cappellani con notizie individuali venivano mandate alla segreteria che aveva il compito di registrarle e poi passarle allo schedario o al reparto cappellani. Tale reparto riceveva in media tremilacinquecento notizie al giorno di cui trasmetteva copia allo schedario e alla Sottosezione corrispondente. Al reparto cartoline colonnelli venivano riposte le cartoline di risposta che giungevano dai Corpi, mentre al reparto schede rosa venivano inoltrate le domande di richiesta per i Corpi, invece le schede arancioni passavano al riparto ricerche feriti. Le cartoline di risposta provenienti dagli ospedali venivano passate al gruppo pratiche speciali del reparto corrispondenza nel quale confluivano anche i telegrammi. In codesto reparto delle signore esaminavano le lettere e le cartoline, rispondevano, all’occorrenza schedavano le richieste rosa o arancioni e poi prendevano contatti con i reparti corrispondenti. Un altro gruppo di donne si occupava di volgere le richieste ai Corpi, Depositi, sezioni sanità, ospedali, commissione Croce rossa, governo della Tripolitania. C’era inoltre chi aveva il compito di tenere la corrispondenza con i cappellani per ringraziarli, per scambiare informazioni tecniche sul lavoro o per chiedere informazioni più dettagliate su militari caduti o feriti gravemente. Nel reparto spedizioni, cancelleria e stampati si preparava la posta da spedire con una media giornaliera di duemilacinquecento pezzi.

Testimonianza di quanto fu importante l’opera svolta, non solo per il Paese ma anche per coloro che vi avevano lavorato, furono le numerose richieste provenienti dalle Sezioni di continuare a tenere aperta l’organizzazione anche dopo la fine della guerra. L’Ufficio centrale continuò, per incarico del Ministero della guerra, a svolgere la sua attività per il servizio della ricerca dei dispersi.

Interessante fare una breve precisazione della Sezione di Bologna2, come esempio delle tante altre sorte in tutta Italia. Essa fu una delle prime ad essere costituita. Cominciò infatti a funzionare il 27 maggio del 1915 e doveva comprendere tutta la circoscrizione militare del 6° Corpo d’Armata, ma da essa vennero distaccati i distretti di Udine e Venezia dove furono costituite Sezioni indipendenti.

L’Ufficio cominciò la sua attività nei locali di quello che allora era il Teatro Eden, in via Indipendenza 69, concesso in uso dalla proprietaria per i mesi estivi. Quando gli spettacoli ricominciarono la Sezione di Bologna dovette lasciare i locali e si trasferì il 18 settembre 1915 in Piazza Calderini 4, dove la Società degli Impiegati Civili diede a disposizione un salone e l’uso gratuito del telefono e delle stufe.

La Sezione di Bologna promosse alcune forme di assistenza e beneficienza, oltre il servizio previsto dal regolamento dell’Ufficio notizie. Va ricordato il gruppo delle Dame visitatrici, che organizzarono raccolte doni e manifestazioni patriottiche negli ospedali durante le principali ricorrenze (Natale, Pasqua, Capodanno, 20 settembre). Presso l’Ufficio notizie si tenne una raccolta di libri da destinare agli ospedali. Si pensò anche ai militari italiani degenti negli ospedali albanesi, a cui vennero inviati circa tremila doni. La Sezione di Bologna si occupò inoltre di procurare i fiori da porre sulle tombe dei soldati caduti nella giornata della commemorazione dei defunti. Nei locali dell’Ufficio venne allestita la raccolta di oro per la Patria e, per iniziativa dell’Ispettrice Generale, venne organizzata la propaganda per il prestito nazionale che raccolse nel 1917 L. 281.000 mentre per il 1918 la cifra ammontò a L. 2.200.000.

Interessante è riportare alcuni dati sul numero di schede utilizzate tra 1915 e il 1918 per rendersi conto della quantità di notizie che transitavano da questa Sezione:

  • Schede bianche generiche: 12.814.500;
  • Schede verdi: 2.307.000;
  • Schede cerulee (dispersi): 1.890.000;
  • Schede camoscio (morti): 928.000;
  • Schede di richiesta rosa: 782.000;
  • Schede di richiesta arancioni: 237.000;
  • Numero totale di schede, cartoline, lettere, pacchi etc..: 30.522.821;
  • Reparto profughi (schede, cartoline, moduli): 751.200.

I collaboratori

La contessa Cavazza nella riunione di chiusura definì i collaboratori dell’Ufficio notizie “il piccolo esercito delle nostre volontarie”, perchè erano circa venticinquemila distribuite in ottomilaquattrocento uffici diffusi in tutta Italia, di cui trecentocinquanta lavoravano solo nell’Ufficio centrale. Scrive Gida Rossi, ispettrice generale dell’Ufficio notizie, nella sua autobiografia (1934, 219):

Ecco l’opera di una donna: la contessa Lina Cavazza, cui risposero con slancio 25 mila altre donne. Il Tenente Colonnello Giulio Maccaferri, che dal fondo della sua poltrona di martirio non poteva partecipare alla guerra, dette all’opera della donna l’organizzazione e la disciplina militare; le Supreme Autorità dello Stato l’approvarono e la dotarono… e fummo un esercito anche noi. Lo dobbiamo dire con l’orgoglio della verità, alta la fronte; fummo un piccolo esercito anche noi!

Come si legge in un documento presente nell’archivio della famiglia Cavazza, “L’Ufficio cominciò a funzionare per iniziativa femminile (e non femminista)” poiché a quest’opera vi parteciparono soprattutto donne di ogni estrazione sociale e politica: signore, signorine, insegnanti, cappellani militari, sacerdoti, suore, dame visitatrici, studenti e studentesse, militari a riposo, tecnici, impiegati e professionisti. Le parole del Segretario generale dell’Ufficio, don Enrico Sgargi, delineano “i concetti fondamentali che hanno informata la Signora Contessa Cavazza nel creare questo Ufficio”:

I concetti fondamentali sono stati dunque due: Primo, quello della concordia massima fra tutti i partiti, e della più assoluta esclusione di qualsiasi colorito politico ed influenza di camarille locali; secondo, quello di mantenere alla Istituzione il suo carattere eminentemente muliebre. Questo non per escludere l’elemento maschile, chè anzi efficacemente coopera, ma per mantenere inalterato, profondo e continuo il principio informativo della Istituzione, che è quello della più grande pietà per i dolori da lenire, e della più soave delicatezza nei rapporti con tante famiglie addolorate3.

Esse, “le volontarie vi portarono il predominio della pietà sulla rigidezza burocratica, e la squisita gentilezza della forma, sia nei riguardi del pubblico, sia nell’interna disciplina d’ufficio”4.

Il lavoro dell’Ufficio notizie richiedeva molta pazienza poiché si basava sulla trascrizione precisa di dati e sull’ordine. Il compito dei collaboratori non si esauriva nella compilazione delle schede, perché ad essi era affidato il rapporto umano con chi all’Ufficio si rivolgeva. Erano persone logorate dall’attesa di ricevere notizie riguardo al proprio soldato al fronte, perciò occorreva rivolgersi loro con parole di comprensione e rassicuranti. L’incombenza più gravosa era senza dubbio quella di comunicare notizie di morte alle quali ognuno reagiva in modo diverso.

Non è difficile da immaginare l’atmosfera che si viveva tra quelle mura in cui le persone che vi lavoravano erano anch’esse madri, sorelle e spose in lutto o in attesa di un proprio caro. Nella relazione della presidente della Sezione di Bologna al comitato di azione civile si legge:

Abbiamo inoltre il servizio di informazioni verbali per il quale si prestano per turno parecchie signore con pazienza infinita. Esse ricevono il pubblico in un locale apposito nelle ore del mattino e del pomeriggio per accogliere le domande e dare a voce le informazioni, gli schiarimenti che possono essere richiesti, aggiungendo la parola di conforto e di pietà, che può rendere meno dolorose le notizie non liete5.

I collaboratori esterni all’Ufficio notizie furono le dame visitatrici, i cappellani militari e le madrine di guerra.

Le dame visitatrici, per concessione dell’Ispettorato di Sanità Militare, raccoglievano giornalmente informazioni sui degenti negli ospedali territoriali e di riserva e sui militari che erano stati dimessi. Questa particolare figura assistenziale, voluta dalla Regina Elena (Baronchelli-Grosson 1917), sorse per mezzo dell’Ufficio notizie ma fu la Croce rossa ad assumerne la direzione (Rossi 1934). Erano donne benestanti che, “nella loro uniforme color greggio segnata dalla Croce rossa, col velo nero sul capo” (Baronchelli-Grosson 1917, 66), prestavano servizio negli ospedali, circa due ogni cento letti. Esse avevano il compito di compilare gli elenchi dei militari feriti e ammalati, e di portare avanti le ricerche dei soldati di cui non si sapeva più nulla dopo che erano stati feriti. Un’altra importante funzione da loro svolta era di scrivere lettere alle famiglie per conto di chi non era in condizioni di farlo. Come tutti quelli che furono occupati nelle opere di assistenza, il loro compito non si riduceva al semplice svolgimento delle funzioni a loro indicate. Le dame visitatrici erano sempre in contatto con soldati feriti e ammalati, a volte molto gravemente; si fermavano a parlare con loro per confortarli o semplicemente distrarli dalla situazione in cui si trovavano e per questo spesso portavano con sé piccoli doni.

Le donne che lavoravano negli ospedali organizzavano anche feste per le ricorrenze speciali, come Natale, in modo da far sentire i soldati ricoverati meno soli.

Per compiere al meglio il loro lavoro, che richiedeva precisione e correttezza per trascrivere i dati, erano state procurati degli appositi moduli prestampati in modo da risparmiare tempo, dato che quello che avevano a disposizione era poco.

Il Comitato delle Visitatrici di Bologna, diretto dalla Croce rossa con presidente la signorina Gida Rossi (nonché Ispettrice generale dell’Ufficio notizie), aveva sede in piazza Calderini presso la Sezione bolognese dell’Ufficio notizie.

L’aiuto che diedero i cappellani militari all’Ufficio notizie fu fondamentale, se si considera che in media fornivano tremilacinquecento notizie al giorno (Petri 1916, 8). Essi comunicavano i nomi dei malati e dei feriti, con l’indicazione dell’indirizzo della famiglia, che transitavano negli ospedali da campo (dai quali erano escluse le dame visitatrici), oppure i nomi dei militari trasportati nei treni ospedali. Preziose furono le notizie che trasmettevano subito dopo i combattimenti riguardo ai soldati morti o dispersi, accelerando notevolmente il traffico di tali informazioni. Inizialmente i dati che essi mandavano erano frutto della spontanea iniziativa dei singoli. Successivamente, rendendosi conto che le lacune di notizie provenienti dal fronte erano troppo grandi, si giunse ad un accordo tra l’Intendenza generale e il vescovo da campo Bartolomasi, affinchè diventasse obbligatorio per i cappellani trasmettere regolarmente le notizie. Ai cappellani degli stabilimenti sanitari da campo vennero dati taccuini contenenti moduli prestampati da compilare con le informazioni sui militari degenti, mentre i cappellani dei reggimenti dovevano trasmettere ogni giorno tali moduli all’Ufficio notizie. In seguito vennero distribuite agli ospedali e ospedaletti da campo speciali cartoline in franchigia, in cui era già stampato l’indirizzo dell’Ufficio centrale, nelle quali il medico o il cappellano poteva fornire ulteriori indicazioni sui militari ricoverati.

Interessante è leggere, in una nota rivolta ai cappellani in un foglio d’ordine dell’Ufficio notizie, l’esortazione a inviare giornalmente tutti i dati registrati anche se potevano sembrare insufficienti poiché “ogni loro notizia è sempre preziosa, rappresenta spesso il filo conduttore per le successive indagini”6.

A volte i cappellani allegavano alla scheda informativa anche una lettera con i particolari e le ultime parole di un soldato deceduto, oppure, se si trattava di un ferito che non riusciva a scrivere, venivano riportati i saluti alla famiglia dettati dal militare stesso.

Grazie alla mansione svolta per l’Ufficio notizie, i cappellani aiutarono i soldati, soprattutto quelli analfabeti, nella corrispondenza con le famiglie (Morozzo della Rocca 1980).

Nella rivista Il prete al campo, indirizzata ai religiosi che prestavano servizio al fronte, si legge l’apprezzamento per l’opera da loro svolta da parte del vescovo da campo Angelo Bartolomasi:

Carissimi Cappellani, ricevo dal Ministero della Guerra lettera di plauso per la valida cooperazione che voi date all’Ufficio di Informazioni a Bologna. Aggiungo anch’io il mio ringraziamento per la corrispondenza vostra alle esortazioni fattevi nei varii e sempre cari convegni perché vi adoperiate a dare quelle notizie che riescono di grande conforto alle famiglie dei soldati. […] Il vostro zelo supplisce ad ogni parola che io possa ancora aggiungere, e su questo faccio assegnamento.

(Bartolomasi 1915, 29).

Per quanto riguarda le madrine di guerra può essere utile, per spiegare chi fossero e come operavano, leggere la “definizione” data da un giornale dell’epoca:

Sono quelle signore, o signorine, che avendo avuto l’indirizzo di un soldato povero o senza famiglia, lo adottano come figlioccio, gli scrivono spesso, gli mandano di tanto in tanto a seconda dei loro mezzi finanziari qualche pacco con ciò che più gli occorre e che più desidera, oggetti di lana, sigarette, ecc.

Ma la missione delle Madrine di guerra deve essere anzitutto di tenere sereno ed elevato il morale del loro figlioccio mostrandogli interessamento ed affetto.

(Per trovare madrine ai combattenti, in “L’avvenire d’Italia”, 28 marzo 1916)

L’idea nacque in Francia dove alcuni ufficiali, dopo aver notato che l’arrivo della posta causava malumore e tristezza a chi, per vari motivi, non la riceveva mai, lanciarono un appello alle donne francesi. L’Italia, rendendosi conto della genialità dell’iniziativa per tenere alto il morale delle truppe, fece sua l’opera che si diffuse prima a Milano, Roma, Firenze e poi anche a Bologna, per opera dell’aristocratica Bianca Loup – De Rham, con sede in Piazza Calderini 4 (la stessa della Sezione di Bologna dell’Ufficio notizie). I nominativi dei soldati da assistere venivano forniti dagli ufficiali, dai cappellani militari, dai soldati stessi che indicavano qualche loro compagno bisognoso, dai parroci o dai sindaci. L’Ufficio notizie si servì delle madrine di guerra, in quanto nella loro corrispondenza si potevano reperire informazioni riguardo ai militari ricercati.

Ogni collaboratore dell’Ufficio notizie, a qualsiasi mansione fosse destinato, fu fondamentale, perché solo grazie al suo lavoro, svolto gratuitamente e con la massima serietà, fu possibile il funzionamento di quest’opera di primaria importanza non solo per i soldati e le loro famiglie, ma anche per lo Stato.

Le parole con cui la presidente Lina Bianconcini Cavazza salutò simbolicamente nella riunione di chiusura tutti coloro che avevano prestato servizio presso l’Ufficio notizie sono, seppur intrise della retorica tipica dell’epoca, specchio di quell’unità d’intenti che aveva caratterizzato i collaboratori, tutti volontari, e che aveva reso possibile il funzionamento di quest’opera che risultò fondamentale per diminuire le distanze tra il Paese e il fronte di combattimento e mantenere alto il morale.

“Sien grazie a Dio! E benedette voi tutte per la cui paziente fraterna carità non intristì fra le spine ma fiorì gloriosamente il piccolo seme gettato dalla speranza”7.

Fondo Folli

Si ritiene interessante dedicare un breve paragrafo alla presentazione del Fondo Folli, fondo archivistico conservato presso il Museo civico del Risorgimento di Bologna. Esso venne donato nel 1934 al Museo ed è costituito da trecentotrentaquattro carte comprendenti soprattutto lettere e cartoline appartenute alle sorelle Ida e Teresa Folli.

Le due signorine furono impegnate a Bologna in attività di assistenza e propaganda interna durante la Grande guerra. In particolare Teresa lavorò come responsabile del reparto telegrammi presso l’Ufficio notizie di Bologna ed entrambe si impegnarono nell’attività di madrinato.

Essendo assenti studi sull’Ufficio notizie e, in generale, sul fronte interno italiano è importante concentrarsi su fondi archivistici di questo tipo, per la ricostruzione dell’attività svolta dalla popolazione civile durante la guerra.

In particolare, dalla lettura delle carte di questo fondo, emergono le condizioni dei soldati al fronte e l’intensa partecipazione emotiva al conflitto da parte di queste donne le quali però avevano una concezione della guerra distorta dalla propaganda.

I documenti contenuti hanno inoltre permesso di portare l’attenzione nella realtà della scuola. Infatti Ida Folli era professoressa di disegno presso la scuola Normale femminile Laura Bassi8 nella quale costituì quello che lei chiamò il Pantheon degli eroi. Nel fondo conservato presso il Museo civico del Risorgimento di Bologna sono presenti le copie delle lettere che lei aveva mandato alle mogli o alle madri dei giovani eroi caduti per la Patria, chiedendo fotografie autografate. Questo tipo di documenti sono un’importante testimonianza del lavoro di propaganda patriottica svolta nelle scuole e, allo stesso tempo, rappresentano un invito ad andare a studiare gli archivi scolastici nei quali è documentata l’attività in sostegno della guerra da parte degli insegnanti e degli alunni.

Il Fondo Folli è stato il punto di partenza per le successive ricerche riguardanti l’Ufficio notizie. Si ritiene che sia indispensabile lo studio di piccoli fondi come questo per poter sviluppare un’analisi più ampia del fronte interno e per ricostruire le capillari reti assistenziali cittadine che videro coinvolte attivamente centinaia di persone, soprattutto donne, su diversi versanti.

 

Conclusioni

L’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare rappresenta una delle forme assistenziali più significative messe in atto durante la Grande guerra. La sua importanza è dovuta all’uso ufficiale che ne fece lo Stato italiano sia come mezzo di trasmissione delle notizie riguardanti i militari, che come supporto nella ricerca di informazioni sui soldati raccolte grazie alla collaborazione di cappellani militari, dame visitatrici e madrine di guerra. L’Ufficio notizie, attraverso la sua attività, contribuì a tenere alto il morale del fronte interno: chi aveva figli, mariti, fratelli al fronte sapeva che laddove lo Stato ritardava nella comunicazione delle notizie relative ai soldati morti o feriti, poteva rivolgersi all’Ufficio notizie che nel proprio schedario collocava ordinatamente ogni comunicazione, ufficiale o ufficiosa, proveniente dal fronte; allo stesso modo chiunque non riceveva notizie di un militare da molto tempo si sentiva meno abbandonato nella sua angosciosa attesa in quanto, una volta rivoltosi all’Ufficio, poteva contare sui loro contatti per ricevere informazioni. L’Ufficio notizie, per tutto il periodo della sua attività, si mantenne in fieri, ovvero si rivelò disposto a misurarsi con le diverse necessità che progressivamente emergevano e l’enorme servizio offerto ai profughi ne è il più lampante esempio.

La scoperta forse più interessante è stata constatare che l’Ufficio notizie non è stato un ufficio che svolgeva mansioni burocratiche, ma un’organizzazione di persone per le persone. Questa sua caratteristica sicuramente fu dovuta al carattere volontario del lavoro e alla maggioranza della componente femminile tra i collaboratori, che riservavano sempre una parola di conforto a chi si rivolgeva all’Ufficio. Pertanto il motto “Pietà non di fortezza ignara” rispecchia perfettamente la duplice anima di quest’attività che, nello svolgere la sua opera di bene, conciliò la solidarietà umana all’efficienza.

Nel concludere la ricerca si tiene a sottolineare che l’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare non è stato solo indispensabile durante la Prima guerra mondiale, ma lo è tutt’oggi in quanto i suoi schedari e documenti sono utili e preziosi per lo studio del conflitto. Nelle parole scritte dal Soprintendente dell’Archivio centrale dello Stato alla contessa Lina Cavazza è riassunto il significato che ha l’Ufficio notizie per la storia passata e futura.

In quelle schedine, in quei documenti di dolore e di sangue rivive tutta la grande anima del Soldato d’Italia nei suoi momenti più sublimi e più tragici. In quelle notizie v’ha tutto il nostro Popolo; v’ha tutta la nostra Patria! E, se il cuore si stringe al ricordo dei nomi di quegli eroi per lo più ignoti ed ignorati, esulta, pure, al pensiero che di tanto sacrificio la nostra gloriosa razza sia stata capace. –Oh! Nobile Signora, benedetta sia Colei ch’ebbe l’idea prima di quella raccolta meravigliosa; non saputa imitare da altra Nazione alcuna; benedetta per il sollievo che procurò a tante famiglie, a tante madri e sorelle e con ciò per il potente contributo a rafforzare il fronte interno della Nazione e ad irrigidirla nella volontà della Vittoria finale; benedetta l’utilità che procura a tanti umili nei difficili perseguimenti dei modesti diritti alla riconoscenza patria; benedetta per il conforto dei posteri, per la glorificazione, che dallo studio di quel materiale verrà, in futuro, dei nostri umili ma grandi Fratelli!! Ella, che tutti esaltano per la grande opera compiuta con un patriottismo, un disinteresse, una energia, una modestia senza pari, sia ringraziata a nome mio, dell’Amministrazione, degli interessati e degli studiosi presenti e futuri

Biografia

Lucia Gaudenzi (Bologna, 1991) ha studiato e si è laureata presso l’Università di Bologna nel corso di laurea triennale in Lettere, curriculum moderno, con tesi in Storia Contemporanea dal titolo “Pietà non di fortezza ignara”: l’Ufficio per Notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare, relatore professoressa Maria Malatesta. È attualmente iscritta al corso di laurea magistrale di Italianistica e scienze linguistiche dell’Università di Bologna.

Biography

Lucia Gaudenzi (Bologna, 1991) graduated in Modern Literature with a thesis on Contemporay History at Bologna’s University. She is currently following a master course at Bologna’s university.

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Fonti archivistiche

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Archivio storico comunale di Bologna: Archivio dell’Ufficio notizie per le famiglie dei militari – Sezione di Bologna (1915-1919).

Archivio del Museo civico del Risorgimento di Bologna: Archivio Guerra (1914-1918); Fondo Folli.

 

Archivio privato della famiglia Cavazza sede di Bologna e di Roma.

 

Siti consigliati

Sul sito dell’Associazione Culturale StoriaMemoria.eu è pubblicata l’intervista riguardante l’Ufficio Notizie a Lucia Gaudenzi andata in onda durante la trasmissione Detto tra noi di Radio Tau il 07/11/2014: http://www.storiamemoria.it/node/4929 Museo civico del Risorgimento di Bologna: http://www.comune.bologna.it/risorgimento/ Storia e Memoria di Bologna: portale sugli avvenimenti storici del periodo compreso tra l’età Napoleonica e la Liberazione del 1945: http://www.comune.bologna.it/memoria-bologna

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  1. MRBo, Archivio Guerra 1914-1918, Ufficio centrale notizie, Foglio d’ordine n. 13, Novembre 1917, cart. 11, busta 1. []
  2. I dati in seguito riportati sono stati ricavati da documenti conservati presso l’archivio privato della famiglia Cavazza. []
  3. AfC, F. Andrè, Bononia docet! Una visita a S. E. la contessa Lina B. Cavazza. – L’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari – Cime funziona – Chi ne sono i componenti – La nuova sede di New York, in “Il giornale italiano”, Anno VIII, N. 9, New York, Domenica 9 Gennaio 1916. []
  4. AfC, M. Muratori, Le volontarie. []
  5. AfC, V. Garabelli Silvani, Relazione presentata al comitato bolognese di azione civile durante la guerra nel gennaio 1916, Bologna, maggio 1918. []
  6. MRBo, Archivio Guerra 1914-1918, Ufficio centrale notizie, Foglio d’ordine N. 4, 30 settembre 1915, cart. 11, busta 1. []
  7. MRBo, Ufficio notizie alle famiglie dei militari, Nella riunione di chiusura dell’Ufficio Centrale per notizie alle famiglie dei militari. Discorso della Presidente, Bologna, Tipografia Paolo Neri, 1915, p. 26. []
  8. La professoressa del Liceo Laura Bassi di Bologna M.G. Bertani, insieme ai suoi alunni, ha portato avanti il progetto Legami di carta. Soldati in trincea, alunni tra i banchi intersezione tra archivi della Grande Guerra, vincitore della seconda edizione del concorso “Io amo i beni culturali” della Regione Emilia-Romagna. []