di Giulia Nataloni
Abstract
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Spesso è capitato di chiedermi come poter descrivere, in modo conciso, il Laboratorio di Storia sociale “memoria del quotidiano”, ma non ho mai trovato una definizione abbastanza pertinente per rappresentarlo in tutta la sua complessità. Questo forse perché il Laboratorio ha diversi fini e funzioni e la sua vocazione si completa e accresce ogni qual volta nasce un nuovo progetto di ricerca e si pone nuovi obiettivi da raggiungere. Il miglior modo quindi di parlarne penso sia quello semplicemente di descriverne le origini, il prezioso e vasto materiale raccolto in anni di lavoro, e i risultati conseguiti nonostante la diffidenza che spesso circonda ancora la raccolta e l’utilizzo di fonti diverse da quelle scritte. Al termine sarà così lo stesso lettore a ricostruire il quadro completo e definito di un disegno costruito di tanti tratti e punti che solo apparentemente sembrano non poter essere legati in alcun modo ma che, ad una visione più vasta e completa, possono formare un’ immagine incredibilmente ricca di sfumature e estremamente definita di quelli che sono stati gli ultimi cento anni della nostra storia.
Origini
Il Laboratorio di Storia sociale “Memoria del quotidiano” nasce dall’unione di due progetti solo apparentemente diversi fra loro che hanno avuto origine e sono cresciuti grazie a dei ricercatori del Campus di Rimini, Università di Bologna, all’impegno del Prof. Paolo Sorcinelli che li ha fortemente voluti e all’apporto e il sostegno, anche intellettuale, del dr. Luciano Chicchi (1938-2012), per alcuni anni presidente di Unirimini che è stato fondamentale nel permettere la continuità del lavoro.
Il primo in ordine di tempo è ImaGoOnline. Nato nel 2004, ha come obiettivo la raccolta di immagini fotografiche inedite, tratte da album familiari. All’interno del Corso di laurea in Culture e tecniche della moda, gli studenti di Storia sociale sviluppano un tema prestabilito tramite la selezione di fotografie di famiglia. Ad ImaGoOnline consegnano un Cd con le scansioni delle immagini, fatte secondo requisiti tecnici ben precisi, riportando in un file Excel le informazioni fondamentali dello scatto: proprietario, data e luogo di realizzazione. Per poter conservare questo materiale e renderlo fruibile a fini didattici è stato parallelamente creato un database che ne permette la catalogazione. Nel sito web di ImaGo (www.imago.rimini.unibo.it/default.htm) quindi è possibile consultare tutte le immagini fino ad oggi inserite, circa 23.000.
Ma tutto questo a che scopo? Possiamo in questa sede solo accennare al grande contributo che la fotografia, se sottoposta ad adeguata critica, può dare alla storia sociale, assurgendo alla stregua di fonte storica autonoma; infatti, la sua finalità può andare ben oltre all’uso privato, quello cioè di immortalare momenti vissuti o persone care, e sconfinare nel sociale. Sorcinelli la definisce come “una rete di appunti che l’obiettivo ha schiacciato in un’immagine d’assieme. La scomposizione dei diversi tasselli permette di fornire di ciascuna immagine una lettura diacronica e comparativa delle mutazioni strutturali e delle mentalità collettive attraverso i cicli generazionali” (2005, 5). Contestualizzando quindi ogni scatto è possibile andare ben più in profondità cogliendo, ad esempio, lo stile di vita condotto dalle persone immortalate in relazione ad un determinato momento storico ed economico, la struttura familiare e sociale di appartenenza, quelli che sono i modi di vivere l’affettività o i rapporti interpersonali. Questi sono solo alcuni, piccoli esempi, di quello che possono rappresentare le immagini immortalate da scatti che, “di per sé sono muti, e dunque occorre un lavoro di destrutturazione, di interpretazione, di critica, di analisi perché riescano a porsi come una ‘fonte’ per la ricerca storica” (Sorcinelli 2005, 3-4). Per non parlare poi della funzione catartica che spesso le immagini hanno di fronte ad un testimone che sta raccontando la sua storia di vita, trasmettendogli “una massa di informazioni e possibilità di osservazioni sterminata” (Calegari 2007, 38).
A un anno di distanza dalla nascita di ImaGoOnline un secondo progetto è andato ad affiancarsi e a completare il primo, cioè l’Archivio delle voci. L’Archivio nasce (grazie al finanziamento del Dipartimento di discipline storiche dell’Università di Bologna, di Unirimini, del Fondo sociale europeo e al generoso contributo della ECOFOX, www.ecofox.it/main.html) con l’obiettivo di raccogliere e immortalare, tramite telecamera, le storie di vita di un campione di popolazione che vive in un paesino dell’entroterra marchigiano al fine di documentarne i cambiamenti sociali dal dopoguerra a oggi. I risultati di questa ricerca, oltre ad un libro, hanno incentivato la nascita di una serie di altri progetti volti a raccogliere altrettanti gruppi di storie di vita che sono state rese disponibili e consultabili tramite il sito (www.archiviodellevoci.eu/browse.php).
Oggi quindi i risultati e le nuove ricerche di ImaGoOnline e dell’Archivio delle voci possono essere visualizzate a partire dai singoli siti oppure dalla home del Laboratorio di Storia sociale (www.laboratoriodistoriasociale.eu), che unisce e definisce meglio in un unico laboratorio il materiale raccolto, informando sulle ultime ricerche e le più recenti produzioni editoriali.
Progetti e raccolta delle fonti
La raccolta delle fotografie di ImagoOnline è nata e cresciuta prevalentemente nell’ambito dell’attività didattica. Gran parte delle 23.000 immagini oggi consultabili, è stata raccolta dagli studenti del corso di Storia sociale; altre appartengono a persone che, o per amore della ricerca o per passione dello scatto, tenevano a contribuire ad ImaGo. Per questo le immagini raccolte e catalogate nel database (www.imago.rimini.unibo.it/ricerca/ricerca.htm) coprono un arco di tempo estremamente ampio (dal 1846 al 2000), sono state scattate in diverse parti del mondo e trattano argomenti molto diversi, ben individuabili nelle macrocategorie della maschera di ricerca.
L’Archivio delle voci invece, come in parte già detto, è nato ed è strutturato per progetti di ricerca. Il fatto che questi progetti siano stati portati avanti e si siano sviluppati parallelamente alla creazione del sito internet (www.archiviodellevoci.eu/browse.php), rende quasi inscindibili la parte della ricerca sul campo dalla pubblicazione online, e porta a parlare delle due componenti come di un unicum. La struttura stessa del sito riflette quella che è stata l’evoluzione e la crescita dell’Archivio. La prima ricerca, come già accennato, è stata Giardini della memoria. Centoventi storie di vita raccontate fra il 2005 e il 2006 da persone nate e/o vissute in un paese dell’entroterra marchigiano a 150 m sul livello del mare, la cui popolazione è variata nel corso del Novecento dai 4000-5500 abitanti. Centoventi persone quindi, la cui età va dai 27 ai 98 anni, si sono raccontate davanti ad una telecamera ripercorrendo la loro vita, partendo dall’infanzia e soffermandosi sui momenti per loro più significativi; il tutto ha come sfondo un luogo della memoria comune in cui la maggior parte è nata, cresciuta o, per diversi casi della vita, si è trovata a vivere, più o meno felicemente. Dai racconti di queste persone quindi emerge l’evoluzione di una comunità che ha vissuto, dal dopoguerra a oggi, il passaggio da un’economia sostanzialmente agricola, dominata dall’istituto mezzadrile, a un’economia industriale. E gli effetti di questa trasformazione hanno inciso profondamente nel tessuto sociale e culturale delle collettività. I risultati della ricerca hanno dato vita ad un libro scritto da Sorcinelli, Lascerei respirare le colline, che riporta tramite le parole dei testimoni vicende solo apparentemente locali, in quanto riflettono e ripercorrono le tappe fondamentali della storia della Nazione negli ultimi cinquant’anni. Per questo l’autore ha deciso, spiegando la sua scelta nell’introduzione del libro, di non citare mai il nome del paese preso in considerazione “volendo rappresentare non un luogo specifico, ma una realtà emblematica di una situazione più allargata” (Sorcinelli 2008, 1).
Dal buon esito di questa ricerca è nato il progetto Memoria over 90, finanziato dalla provincia di Pesaro e Urbino e che ha visto la partecipazione di ricercatori dell’università di Bologna, Campus di Rimini. Obiettivo della ricerca era “ripercorrere i grandi eventi e i processi economici e sociali che hanno riguardato il territorio pesarese nel corso del secolo scorso, attraverso le storie di vita di un gruppo di ultranovantenni, individuati in ragione sia della rappresentatività di genere, sia della rappresentatività territoriale, sia delle soggettive condizioni psicofisiche”. La provincia di Pesaro e Urbino era stata scelta in quanto i dati ISTAT di quegli anni la indicavano come una delle più longeve d’Italia.
La ricerca si è svolta in due tranche negli anni 2007 (da maggio a novembre) e 2008 (da maggio a settembre), e ha coinvolto venti comuni della Provincia. In ognuno di questi, grazie all’aiuto del personale addetto all’anagrafe o di assistenti sociali che hanno svolto la funzione di mediatori, sono stati identificati i possibili testimoni, tutti nati prima del 1917. Le novantacinque storie di vita raccolte sono sorprendenti soprattutto per la ricchezza e varietà di temi trattati. La maggior parte degli intervistati infatti ha raccontato, con assoluta tranquillità e senza inibizioni, fatti ed eventi vissuti. Il tutto con estrema lucidità e dovizia di particolari. I topoi della memoria collettiva che ricorrono con più insistenza sono sicuramente quelli riguardanti la Seconda guerra mondiale, descritta dai più svariati punti di vista, con una lucidità e una drammaticità disarmante, in alcuni casi stemperata da un’ironia che solo chi ha vissuto tanto e tanto intensamente può avere.
Quasi in concomitanza con la fine di questo progetto, fra il giugno e il settembre 2008 si andava delineando una nuova ricerca, Capitani d’impresa, finanziata dalla Provincia di Pesaro e Urbino, condotta da Luca Gorgolini, allora assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna, Campus di Rimini, e da Marta Costantini, allora collaboratrice della Provincia di Pesaro e Urbino. Questi all’interno della Provincia marchigiana, hanno individuato alcune delle realtà imprenditoriali più significative nate fra gli anni Cinquanta e Sessanta e hanno fissato dei colloqui con i fondatori, le cui storie di vita sono spesso inscindibili da quelle della propria aziende. Dalle trentuno testimonianze raccolte è nato un libro Capitani d’impresa. Storia sociale dell’imprenditoria pesarese (1946-1978) (Costantini, Gorgolini 2010) nel quale, ripercorrendo la storia di questi imprenditori, si descrive l’incredibile sviluppo economico avuto nel Centro Italia dopo gli anni Cinquanta, sviluppo che ha però visto una drastica inversione di rotta negli ultimi anni.
Fra il 2010 e 2011 invece, prendendo spunto dalla mostra Gli studenti dell’Università di Bologna dal fascismo alla liberazione (Dessì, Zannoni 2010) inaugurata nell’aprile del 2010 nell’Aula Magna di Santa Lucia, il Laboratorio ha intrapreso una nuova avventura; ha raccolto le testimonianze di persone nate in Emilia Romagna che sono state studenti dell’Alma Mater negli anni del fascismo, ripercorrendone la carriera universitaria e i percorsi professionali successivi. Le diciotto storie di vita così ottenute ricostruiscono uno spaccato estremamente interessante del sistema scolastico ed educativo durante il Ventennio.
Nei quattro progetti appena menzionati i ricercatori dell’Università di Bologna che hanno raccolto le storie di vita, se non conoscevano direttamente i testimoni, li hanno individuati tramite mediatori appartenenti al comune di residenza o alla cerchia familiare dell’intervistato. Il mediatore ha l’importante funzione di mettere in contatto i due soggetti del colloquio, facendoli conoscere. Così la tensione e la diffidenza iniziale provate generalmente dal testimone di fronte ad uno sconosciuto a cui deve raccontare la sua vita, vengono stemperate, favorendo un buon approccio e l’istaurarsi di un rapporto di maggior complicità. Anche per questo si è preferito tenere il colloquio in luoghi familiari al soggetto, come la sua casa ma, qualora questo non sia stato possibile, ci si è dovuti adattare agli ambienti più diversi, come ad esempio gli spazi pubblici di un bar o di una casa di riposo, cercando di limitare, per quanto possibile, le interferenze esterne.
Durante l’intervista quasi tutti i testimoni hanno ripercorso la loro vita partendo dall’infanzia e dalla descrizione della famiglia, soffermandosi poi liberamente su determinati momenti ed eventi. Gli intervistatori, massimo due, hanno cercato di tenere una “conversazione guidata”, memorizzando le questioni da approfondire ma lasciando parlare liberamente il testimone e riportandolo all’interno del discorso nel momento in cui si stesse perdendo in digressioni eccessivamente lunghe. Benché infatti anche le divagazioni possano essere utili e stimolanti ai fini della ricerca, in alcuni casi allontanano troppo dall’argomento trattato o possono invadere la privacy di terze persone; per ricondurre educatamente la conversazione entro l’ambito trattato, l’intervistatore si trova a dover porre delle domande e la loro scelta può determinare la buona riuscita dell’intervista. Infatti durante il colloquio esse stesse diventano “il filo della ricerca. La ragione della valorizzazione e della produzione delle fonti” (Calegari 2007, 40). Quindi è estremamente importante che l’intervistatore, oltre ad avere una predisposizione personale al colloquio, manifesti interesse e un’adeguata preparazione verso l’argomento. Per il resto è bene lasciarsi guidare dall’intervistato, che spesso porta la ricerca a sviluppi imprevisti, e avere sempre presente il prezioso suggerimenti di Alessandro Portelli che nei suoi interventi invita sempre a non spegnere mai il registratore, anche quando la conversazione sembra ormai terminata.
Salvo le indicazioni basilari indicate nei principali libri che trattano la raccolta di fonti orali, non ci sono regole assolute e univoche da seguire nello svolgere un’intervista, anche perché ogni testimone è un caso a sé stante e ogni storia di vita è una nuova “esperienza di apprendimento” (Portelli 2007a, 79). Alcuni possono parlare per più di due ore quasi senza interruzioni, approfondendo autonomamente certi fatti del discorso, altri hanno bisogno di un’intervista più strutturata e di domande frequenti per far riaffiorare dalla memoria fatti ed eventi, altri ancora invece preferiscono partecipare ad un’intervista di gruppo che, se per alcuni versi aiuta meglio ad indagare i meccanismi della memoria collettiva, richiede però un grande sforzo di attenzione da parte dell’intervistatore, che deve seguire le diverse file del discorso. Alcune volte inoltre si affianca al testimone un familiare, figlio o coniuge, o un amico; questa presenza può essere utile nel definire meglio alcuni fatti, ma può anche distrarre o inibire l’intervistato.
Per poter consultare e approfondire anche successivamente i contenuti delle interviste, tutte le storie di vita del Laboratorio sono state registrate con una telecamera non professionale. In un primo momento infatti possono sfuggire degli elementi che risultano invece fondamentali ad un’analisi più attenta. Se richiesto dal testimone, può essere registrata solo la voce.
La registrazione è corredata da una serie di informazioni che permettono, anche a chi non è presente al colloquio, di ricostruire il contesto dello stesso. Per ogni storia di vita quindi sono annotati, in un’apposita scheda, i dati del colloquio (eventuale mediatore, persone presenti oltre al soggetto, descrizione dell’ambiente, osservazioni sul rapporto con l’intervistato e altre annotazioni aggiuntive) e dell’intervistato (dati anagrafici, mestiere, stato civile, indirizzo). Gli intervistatori redigono inoltre in un secondo momento una trascrizione della testimonianza, il più possibile attinente all’originale, seguendo solitamente il criterio trascrittivo del testo tradotto o, in casi in cui la ricerca lo richiedesse, del testo normalizzato indicati da Contini in Verba Manent. L’uso delle fonti orali per la storia contemporanea (Contini, Martini 1993, 140-145). Tutto il materiale, insieme alla registrazione dell’intervista, è catalogato ed è conservato presso il Laboratorio di Storia Sociale “Memoria del quotidiano”.
Per poter utilizzare le storie di vita ai fini della ricerca storica è comunque bene ricordare le problematiche che pone questo tipo di fonte, tenendo ad esempio ben presente le indicazioni di Bermani, che descrive i limiti ma anche le potenzialità del racconto; “il racconto non coincide mai con la realtà che rappresenta e porta con sé dei margini di invenzione […]. Bisogna avere ben chiaro che un racconto non è mai la realtà, anche se sarà necessario sforzarci di capire quanto di invenzione in esso ci sia, quanta ‘possibilità’ e quanta ‘realtà’ ci stiano comunicando”. Per questo “bisognerà aprirsi a prove, documenti e riscontri di ogni tipo, pur tenendo conto del fatto che ciò che abbiamo definito possibilità è portatore a sua volta di fantasie, sentimenti ed emozioni che sono a loro volta ben reali”. Questo però non deve scoraggiare il ricercatore nell’utilizzare le fonti orali, poiché anche “i racconti possono diventare materiali di storia, perché sia gli uni che l’altra sono delle costruzioni, condensazioni della vita o del momento che intendono rappresentare e lo storico fa sempre i conti con dei racconti, i quali finiscono per sostituire nella memoria la ripresentificazione del vissuto” (2008, 60-61).
Parallelamente ai progetti di ricerca sopra menzionati condotti da studiosi, il Laboratorio di Storia sociale ha organizzato attività con finalità didattica ed esperienze seminariali.
È sempre più evidente infatti l’indifferenza o almeno il poco interesse manifestato dai giovani nei confronti della storia, sempre più relegata a mera attività scolastica. A tal proposito la ricerca di fotografie negli album di famiglia e la raccolta di testimonianze di persone appartenenti a una diversa generazione “contribuiscono a creare attorno alle immagini di bisnonni, nonni e genitori un interesse che può trasformarsi in un reticolo di conoscenze storiche che vanno aldilà del nucleo familiare, per abbracciare l’intera società, le visioni e le rappresentazioni del mondo” (Sorcinelli 2005, 5).
Il prof. Paolo Sorcinelli, responsabile scientifico del Laboratorio, ha così coinvolto i suoi studenti del corso di Storia sociale al primo anno del corso di laurea in Culture e tecniche della moda. A partire dall’anno accademico 2007-2008, i ragazzi sono invitati a raccogliere delle storie di vita su eventi accaduti il secolo scorso. Una parte del corso quindi è incentrato sulla preparazione degli studenti alla realizzazione di un colloquio in maniera autonoma, aiutandoli ad identificare il soggetto da intervistare. Prepararli all’incontro con il testimone significa anche insegnarli ad averne il massimo rispetto, facendo capire loro che mai nessun racconto può essere considerato sbagliato poiché anche le inesattezze e le dimenticanze possono essere dettagli importanti (Portelli 2012; Bermani, De Palma 2008; Contini 1997).
Benché questa, per la mole considerevole di materiale prodotto, non sia un’iniziativa semplice da seguire e non sempre porti i risultati sperati (non tutti gli studenti sono naturalmente portati a svolgere un’intervista), fino ad oggi ne è uscito un quadro estremamente interessante che copre quasi interamente la Penisola, coinvolgendo persone di sesso, ceto, dialetto estremamente variegati. Da questa esperienza è nata un’antologia consultabile online Catturare le storie (http://www.archiviodellevoci.eu/immagini/catturare/PDF/catturare_antologia.pdf) e un libro Memorie italiane. Dalla guerra al miracolo economico (1940-1963) (Gorgolini, Malfitano 2012), ma il materiale è talmente vasto (duecentonovantatre interviste) che potrebbe dare vita a tante e inaspettate ricerche.
Sull’onda di questa impresa si è aperto anche un seminario che prende il nome dal Laboratorio (Seminario 1 – Laboratorio di Storia sociale), che approfondisce ulteriormente l’esperienza di Catturare le storie. Nelle 60 ore ad esso dedicate, gli studenti, non più di quindici, approfondiscono la conoscenza di un periodo storico particolarmente significativo per la storia nazionale (ad esempio la Seconda guerra mondiale e l’8 settembre del 1943 o le culture giovanili negli anni Cinquanta e Sessanta e la contestazione del Sessantotto) tramite l’analisi di diversi tipi di fonti. In un secondo momento vengono preparati alla realizzazione di un’intervista attorno allo stesso argomento.
Due tesiste del Prof. P. Sorcinelli inoltre, hanno scelto di approfondire la loro ricerca utilizzando le storie di vita da loro raccolte. Eleonora Rossi ha intitolato la sua pubblicazione La luce e il buio. Un itinerario storico e artistico attraverso i secoli la cui rielaborazione è consultabile anche nella rivista online “Storia & futuro” (Storie di vita. Luce ed ombra nel quotidiano in www.storiaefuturo.com, n.27). Attraverso le quindici testimonianze raccolte fra il 2010 e il 2011 nella provincia di Macerata, Eleonora ha cercato di analizzare un concetto, quale quello del buio, che è andato notevolmente modificandosi nel tempo. Alessandra Calise invece ha incentrato la sua tesi su un altro argomento, il lavoro degli scalpellini, in un luogo divenuto famoso per questo, Pescopennataro, un piccolo paese in provincia di Isernia. Alessandra dalle undici storie di vita ha tratto Questo è il paese di vecchi, donne e bambini. Pescopennataro nel Novecento dove, fra l’altro, analizza come si sia tramandata la tradizione artigianale degli scalpellini da generazione in generazione.
Dai progetti portati avanti dal Laboratorio di Storia sociale sono nate altre produzioni editoriali. Ad esempio la collana Sentimenti in bianco e nero (Bononia University Press) con la pubblicazione fra il 2008 e il 2009 di cinque libri che, a partire dalla fotografie conservate nel database di ImaGoOnline, hanno illustrato, tramite una suddivisione tematica, diversi momenti della storia italiana (Identità familiari1, L’Italia la ballo ((Gorgolini L., L’Italia al ballo, BUP, Bologna 2008)), Gioie e motori (( Malfitano A., Gioie e motori, BUP, Bologna 2009)), Viaggi e vacanze2, Insieme all’altare3). “Un’operazione editoriale che non vuole soltanto valorizzare un patrimonio iconografico inedito e spesso trascurato” ma, come dichiarato in copertina, “anche presentarlo alla luce della duplice chiave di lettura, storica ed emozionale, che ogni fotografia trascina con sé nel tempo”.
I due DVD Memorie al femminile ed Eravamo i peggio trattati raccolgono parti di interviste dei Giardini della memoria, l’uno riportando le testimonianze di quattordici donne nate fra il 1915 e il 1958, l’altro per proporre la vicenda di un internato militare nel lager di Buchenwald fra il 1943 e il 19454.
All’interno della rivista online “Storia & Futuro” inoltre è stata inaugurata una sezione Memoria del quotidiano, che collabora, e in alcuni casi attinge, al materiale del Laboratorio.
Fondi archivistici e documentari e strumenti di conservazione
Nel Laboratorio di Storia sociale “Memoria del quotidiano” sono conservate in prevalenza fonti digitali. Per ImaGo, gli studenti consegnano la loro ricerca fotografica al Laboratorio in un Cd dove salvano le scansioni in alta risoluzione delle immagini da loro selezionate e i dati relative alle stesse (proprietario, luogo, data, descrizione). Ogni Cd è stato contrassegnato con il nome dello studente e catalogato in base all’anno accademico in cui è stata fatta la ricerca. Tutti i files inoltre sono conservati anche in un HD esterno.
Le interviste dell’Archivio delle voci invece sono conservate nel loro supporto originale, che può essere la MiniDv o il DVD, e per ognuna è stata fatta una seconda copia di consultazione. Ogni supporto è contrassegnato con un numero progressivo all’interno del progetto di ricerca di appartenenza. Con lo stesso numero inoltre sono contraddistinti tutti i documenti relativi alla stessa intervista, che comprendono sempre una scheda, su cui sono riportate informazioni dettagliate sull’intervista e l’intervistato, la liberatoria rilasciata dallo stesso, un riassunto della storia di vita e la trascrizione. Inoltre a questo materiale di corredo possono aggiungersi fotografie, articoli di giornali, libri e tutto ciò che è stato fornito dal testimone durante l’intervista. Per una più rapida ricerca dei documenti archiviati all’interno del Laboratorio sono disponibili sia un catalogo cartaceo, che si può consultare in loco, sia i database online dei rispettivi siti.
Ricerca online
I siti internet di ImaGoOnline e dell’Archivio delle voci sono nati quasi contemporaneamente alla realizzazione dei due progetti e sono stati concepiti da subito come mezzi per poter rendere fruibile, seppur con certi vincoli, il materiale che si andavano raccogliendo. In entrambi sono presenti dei database che rendono possibile sia la catalogazione che la miglior fruizione della documentazione.
In ImaGoOnline (www.imago.rimini.unibo.it/ricerca/ricerca.htm) mediante il database è possibile effettuare una ricerca mirata combinando diverse voci, ad esempio il luogo e/o l’anno in cui è stata scattata la fotografia e delle macrocategorie di lettura entro le quali ogni immagine è stata inserita, secondo scelte soggettive, dal ricercatore (Politica, Lavoro, Tempo libero, Vacanze, Motori, Affettività, Amicizia, Mode, Costumi, Famiglia, Scuola, Musica, Matrimonio, Riti). La maschera dei risultati presenta le informazioni principali della fotografia (Tipologia, Argomento, Proprietario, Anno, Luogo, Regione, Nazione, Nome file) e una doppia versione dell’immagine, small e large. Quest’ultima ha risoluzione minore rispetto all’originale e presenta una marcatura, al fine di evitare che se ne faccia un uso improprio. Si può comunque, per fini di ricerca, richiedere il file originale direttamente in Laboratorio.
Nel sito dell’Archivio delle voci (www.archiviodellevoci.eu/browse.php) invece si trovano due modi per consultare le seicentoottantasette storie di vita pubblicate; per progetti di ricerca, elencati nella parte superiore della home, o tramite le voci del database (anno dell’intervista, nome dell’intervistato, comune di nascita, sesso ed età al momento della raccolta della testimonianza). Ad ogni ricerca si ottiene un elenco di nomi ordinati in base all’età del testimone e, per ogni nome, si visualizza una scheda informativa dell’intervista, con dati più dettagliati relativi all’intervistato (mestiere svolto, anno di nascita) e al colloquio (durata dell’intervista, presenza o meno di una trascrizione, collocazione nell’archivio del Laboratorio). Si trovano inoltre un breve riassunto e alcuni minuti dell’intervista.
Conclusioni
Dopo anni e ore spesi nella raccolta e nello studio di queste fonti, l’unica cosa che si può affermare con certezza è che non si finisce mai di approfondirle abbastanza. Sono tanti e talmente vasti gli argomenti e i punti di vista sotto cui possono essere analizzate infatti, da chiamare in causa discipline diverse fra loro. Non solo storici quindi ma anche antropologi, economisti, semiologi, sociologi, ecc. trovano in queste fonti ampio materiale da cui attingere, ma lo analizzano e studiano ognuno seguendo una propria metodologia, e la mancanza di un approccio interdisciplinare rende difficile definire e applicare una critica delle fonti univoca; questo fa sì che vengano ancora relegate a fonti “di corredo”, anziché essere concepite come fonti storiche autonome. Questo problema riguarda in particolar modo le fonti orali, spesso criticate proprio per la soggettività individuale espressa in ogni racconto di vita e quindi considerate poco attendibili. Ma questo in realtà riguarda tutte le fonti e inoltre, come ricorda Portelli, “la storia orale è sopratutto un lavoro di relazioni: fra narratori e ricercatori, fra eventi del passato e narrazioni dialogiche del presente; è un lavoro faticoso e difficile perché chiede allo storico di lavorare sia sulla dimensione fatturale sia su quella narrativa, sul referente e sul significante, sul passato e sul presente, e soprattutto sullo spazio che intercorre fra i due” (2012, 23-24). Lo storico ha il compito di utilizzare ogni tipo di fonte che ha a disposizione, deve sempre confrontarla con altre, interpretarla e analizzarla in modo critico, tenendo conto delle circostanze che l’hanno prodotta. E proprio il rispetto della soggettività, con le sue lacune, i suoi “errori” e le sue leggende, può diventare una chiave di lettura fondamentale nello studio e nella comprensione profonda di questo materiale, come insegna Alessandro Portelli. Ma questa è “un’altra storia”.
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Sorcinelli P.
2005 ImaGo. Laboratorio di ricerca storica e di documentazione iconografica sulla condizione giovanile nel XX secolo, in “I percorsi di ImaGo”
http://www.imago.rimini.unibo.it/percorsi/percorso_1/home.htm
2008 Lascerei respirare le colline. Storie di vita e di paese, Milano, Bruno Mondadori.
2009 Viaggio nella storia sociale, Milano, Bruno Mondadori.
Siti consigliati
Laboratorio di storia sociale “Memoria del quotidiano” (Università di Bologna, Campus di Rimini).
http://www.laboratoriodistoriasociale.eu/
Associazione Italiana di Storia Orale.
Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi.
Parco Nazionale Museo delle miniera dell’Amiata. Interviste video ai minatori del Monte Amiata.
http://www.archiviovideodistoriaorale.it/parcoamiata/
Strade della memoria. Storie di vita e di luoghi è un portale che raccoglie e mette a disposizione degli utenti un vasto patrimonio di testimonianze orali e (audio)visive con particolare attenzione alle aree di confine.
http://www.stradedellamemoria.it/