di Antonio Senta
La figura di Margherita Zoebeli è oggetto di un nuovo volume di Carlo De Maria edito da Viella con il contributo della stessa Fondazione Margherita Zoebeli, con sede a Rimini. Già nel 2012 erano stati pubblicati da Clueb gli atti del convegno che si era tenuto l’anno precedente presso il Centro educativo italo-svizzero della città romagnola (cfr. la Recensione di Vincenzo Schirripa. Intervento sociale e azione educativa. Margherita Zoebeli nell’Italia del secondo dopoguerra, a cura di Carlo De Maria, Bologna, Clueb, 2012, in “Storia e Futuro”, Rubriche: Scaffale, n. 30, novembre 2012). Ora è la volta di una ricostruzione accurata e di un’analisi complessiva dell’opera svolta dalla Zoebeli, all’interno del contesto culturale e sociale dell’Italia del secondo dopoguerra, quando nascono diverse istituzioni che in maniera autonoma, e a volte ostacolate dalle istituzioni statali, intendono dare forza a una rinascita civile del Paese su basi genuinamente democratiche.
Negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale infatti sorgono una serie di esperienze associative, di centri e di movimenti che danno vita a “isole” di intervento sociale e di pedagogia laica dai tratti libertari, provando a preservare la propria indipendenza dalle ingerenze tanto delle strutture burocratiche dello Stato quanto dalla Democrazia cristiana e dal Partito comunista. Ad accomunare esperienze anche molto diverse tra loro è l’attenzione a termini, e pratiche, come l’autogoverno, l’autonomia, il fare da sé, il federalismo e la comunità, l’“orizzontalità” – e non la “verticalità” – delle relazioni sociali.
Margherita Zoebeli, nata a Zurigo nel 1912, è una militante socialista attiva nell’opera di assistenza dei bambini profughi dalla Spagna della guerra civile e nella lotta partigiana tra la Val d’Ossola e la Francia sud-orientale, che nel 1945, alla guida di una squadra del Soccorso operaio svizzero, raggiunge Rimini per contribuire insieme alla comunità locale a superare i traumi della guerra e ad avviare la ricostruzione. Il suo intervento sociale è innanzitutto educativo e il suo impegno pedagogico, improntato al modello della “scuola attiva”, è allo stesso tempo intrinsecamente politico e sociale: l’educazione è il mezzo per creare, quotidianamente, una società nuova. A Rimini, con il supporto economico del Dono svizzero e dell’amministrazione locale, la Zoebeli e la sua équipe installano una struttura di tredici padiglioni di legno, accoglienti e curati nei particolari, che comprendono il giardino d’infanzia che ospita un centinaio di bambini, un orfanotrofio (ribattezzata “casina”), le docce pubbliche, la biblioteca e i laboratori di cucito, calzoleria e falegnameria aperti alla cittadinanza. Il complesso che prende il nome di Centro educativo italo-svizzero (Ceis) diventa presto la più importante e riconosciuta struttura costruita dal Soccorso operaio svizzero. Negli anni successivi tutti i servizi vengono incrementati e negli anni Sessanta sono circa quaranta le persone che lavorano per il Ceis. Superato il problema degli orfani di guerra, la “casina” si trasforma in una comunità residenziale per ragazzi con difficoltà di adattamento, affiancata da un Centro medico-pedagogico e da una seconda casa in muratura, che ospita fino a una sessantina di bambini.
Ad accomunare la molteplicità di queste strutture è la cura dell’ambiente (soluzioni architettoniche, scelta dei materiali, equilibrio tra praticità ed estetica) e l’estrema attenzione nel fornire al bambino tutte le condizioni indispensabili per crescere liberamente sperimentando progressivamente le proprie capacità. In una sua relazione a un seminario internazionale dedicato alle vittime di guerra, dal titolo Questioni tecniche concernenti la direzione delle case d’infanzia, la Zoebeli sottolinea come per rispettar le leggi dell’igiene, dello spazio e della luce, le strutture degli asili d’infanzia debbano essere progettate perché ogni bambino abbia a disposizione in media uno spazio di almeno 2,50-3 mq. Inoltre riveste centrale importanza l’attenzione dei particolari, per cui il materiale guasto va subito riparato e i giocattoli rotti e i libri strappati eliminati.
Completano il volume numerose fotografie, alcune delle quali belle e significative, come quelle che ritraggono i bambini dediti alle proprie attività nelle classi e nei laboratori, tre scritti della Zoebeli, (sulla questione dell’autobiografia, sul tema dello “spazio” all’interno del Ceis, sulla struttura della colonia) e l’inventario dell’Archivio Zoebeli curato (riordinato e catalogato) dallo stesso De Maria. Si ha così l’occasione di toccare con mano l’ampiezza delle relazioni intessute negli anni dalla Zoebeli, scorrendo i nomi di persone con le quali era in contatto, in gran parte esponenti di “minoranze etiche”, più o meno radicali o riformiste, ma accomunate dall’attenzione alla concretezza delle situazioni sociali, al rispetto per le persone, alla valorizzazione di un intervento educativo di base e “dal basso”.