di Flavia Tudini
Abstract
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Durante la Rivoluzione Francese la comunicazione politica entra prepotentemente nella vita quotidiana di popolani o aristocratici, utilizzando diversi mezzi materiali per imporsi all’attenzione collettiva: dai simboli alle parole ai manifesti. Ecco, quindi, che la parola scritta e diffusa tra la popolazione assume un ruolo fondamentale per veicolare concetti nuovi, attraverso un linguaggio che non deve più essere quello ufficiale, ma comprensibile a tutti. I proclami rivoluzionari giacobini “cambiano il mondo” una prima volta in Francia e in Italia nel 1789 e nel 1796. Se con la Restaurazione sembra spegnersi la fiammata rivoluzionaria, le idee, però rimangono sopite nella coscienza degli uomini in attesa di poter essere nuovamente espresse liberamente. In questo clima di attesa e di speranze, si giunge al biennio 1848-49: nuovo momento rivoluzionario, primavera dei popoli oppressi. Si liberano le idee, si diffondono concetti nuovi, si riutilizzano simboli rivoluzionari e ritornano i proclami politici. Questi hanno nuovamente il compito di “cambiare il mondo”, di veicolare parole di libertà e autogoverno, specialmente in Italia dove queste speranze si uniscono alla prima guerra di indipendenza.
Tra il 1848 e il 1849, in tutta la Penisola, si assiste ad un’esplosione di bandi, manifesti e fogli volanti: diffusi in tutte le città, utilizzano un linguaggio sempre diverso per far conoscere al popolo le più disparate notizie. Anche Roma è coinvolta da questa euforia libertaria: nel 1846 è eletto al Soglio Pontificio Pio IX, di tendenze liberali e che sembra essere sensibile alle richieste indipendentiste di matrice giobertiana (Candeloro 2011).
Questo entusiasmo si trasforma in rivoluzione nel momento in cui il Papa, temendo le conseguenze religiose delle scelte politiche, imprime una svolta conservatrice al pontificato affidando l’incarico di governo al moderato Pellegrino Rossi (Demarco 1992). Delusa dall’atteggiamento pontificio ed indirizzata alla politica grazie all’opera di Circoli (La Salvia 1999; Rodelli 1955; cfr: Spada 1868), la popolazione romana insorge. Pio IX, ormai sopraffatto dalle sue stesse concessioni fugge a Gaeta mentre a Roma si elegge un’Assemblea Costituente, con mandato romano e italiano, e il 9 febbraio 1849 è proclamata la Repubblica dichiarando decaduto il potere temporale del Papa (Monsagrati 2014). Il Decreto Fondamentale della Repubblica Romana pare possa cambiare il mondo, accendendo le speranze dei repubblicani: sembra essere finalmente giunta l’epoca della Roma del Popolo propugnata da Mazzini, capace di traghettare l’Italia verso l‘indipendenza e la democrazia [Mazzini 2005 (ed. or.1852)]. Giungono nella Città Eterna i migliori rappresentanti dello schieramento democratico, da Mazzini a Garibaldi, da Pisacane alla Principessa di Belgioioso. Scrive al riguardo lo storico inglese Trevelyan:
“Che vi sia stato un tempo in cui Mazzini governò Roma e Garibaldi ne difese la mura, suona come il sogno di un poeta” (Trevelyan 1909, p. 4)
Come ogni sogno anche questo era destinato a finire; le potenze cattoliche, tra cui anche la Francia, corrono in soccorso del Santo Padre, annientando militarmente la giovane Repubblica e restaurando il potere temporale della Chiesa (Monsagrati 2014; Candeloro 2011; Severini 2011).
Tuttavia, la Repubblica Romana ha diffuso ideali democratici e repubblicani, in un territorio tradizionalmente soggetto al conservatorismo politico e sociale. È stata una ventata di novità e di passioni che sono rimaste latenti nel popolo fino all’unificazione italiana. Dal punto di vista materiale la Repubblica Romana ci ha lasciato ampia traccia di sé attraverso i bandi, manifesti e fogli volanti depositati oggi nelle biblioteche dello Stato (Dolci 1995).
La raccolta più cospicua di bandi, manifesti e fogli volanti del biennio rivoluzionario si trova a Roma, presso la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, il cui fondo cartaceo abbraccia il triennio 1846-1849 (Critelli Rossi 1986) e di cui dal 2011, in occasione dell’anniversario del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ha deciso di dare inizio a un piano organico di digitalizzazioni, a partire dal fondo relativo agli eventi romani del 1848-9. Il progetto è quindi fluito in una bancadati liberamente accessibile dal sito www.repubblicaromana-1849.it o dal sito della Biblioteca www.bsmc.it1 (Gioia 2011). Lo studio di questo Fondo permette di analizzare direttamente il linguaggio e la passione di quegli anni, avendo una prospettiva particolare della politica quarantanovesca. Per comprendere l’importanza di questo tipo di documentazione come fonte storica, è necessario darne una breve definizione. I bandi sono tutti i documenti emanati direttamente dall’autorità governativa, mentre i fogli volanti sono espressione del pensiero, del modo di sentire, della partecipazione di vasti strati dell’opinione pubblica (Rossi 1999). Attraverso queste fonti ci si avvicina direttamente agli aspetti politici della Repubblica Romana in tutte le loro declinazioni. Non solo è possibile osservare le riforme della giustizia, la politica interna e sociale, le varie fasi della difesa della Repubblica alla fine della primavera 1849, ma sono anche molto utili a studiare la partecipazione politica del popolo.
In questo studio ho approfondito lo studio dei bandi, manifesti e fogli volanti del 1849 da un punto di vista quantitativo e qualitativo, mettendo in luce come durante la Repubblica, a Roma sia diffuso un linguaggio politico non uniforme bensì modellato su finalità e destinatari diversi, in base al contesto e alla situazione in cui sono redatti.
Dato che la quantità dei documenti conservati presso la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea è consistente, si è preso in considerazione solo l’anno 1849, ed in particolare i documenti digitalizzati e reperibili on line. La scelta è stata dettata dalla necessità di delimitare i confini della ricerca senza che la quantità dei documenti potesse allontanare l’analisi dal fine prefissato. I bandi, manifesti e fogli volanti analizzati sono comunque un numero più che sufficiente per questo studio: la Biblioteca ha digitalizzato più di 1300 documenti, diversi per tipologia e argomento. Si riesce quindi ad avere uno spettro tipologico ampio e vario ma delimitato sia temporalmente che quantitativamente.
Inoltre, la scelta del solo anno 1849 è stata orientata anche qualitativamente: questo studio prende in considerazione l’analisi del linguaggio politico repubblicano, e quindi non è necessario considerare i documenti relativi a tutto il triennio 1846-1849, in cui l’autorità politica è prevalentemente posseduta dal Papa-Re. Inoltre si è scelto di non ampliare la periodizzazione scelta con i documenti emanati durante il periodo intercorso tra la fuga del Papa (24 novembre 1848) e gennaio 1849. Ciò vorrebbe dire inserire anche un tipo di linguaggio moderato ma non ancora repubblicano, esulando sia dal limite quantitativo che quello qualitativo a danno della metodologia utilizzata.
Aspetti quantitativi
Un’analisi quantitativa di questi documenti ci ha permesso di osservare come durante lo scorrere dei mesi ricorrano determinati concetti e come si evolvano in base alle contingenze politiche e militari della Repubblica.
Inizialmente, si sono scelte le parole chiave da utilizzare per sintetizzare i diversi concetti. Non è stata una valutazione semplice ed immediata, in quanto già la Biblioteca aveva già individuato alcune parole chiave identificative, utilizzate per creare una ricerca per parola di ciascun documento digitalizzato.2 Non volendo creare una copia di una bancadati già esistente ho deciso di approfondirla attraverso l’estrapolazione dei concetti non solamente dal testo dei documenti ma anche da astrazioni identificative non esplicite. Per ciascun documento si sono estrapolate cinque parole chiave, con cui è immediatamente identificato, che sono poi state inserite in una griglia, contenente il titolo del documento, la data (escludendo quelli privi d’indicazione di anno), in ordine di rilevanza: dalle più significative a quelle meno rilevanti. Scegliendo un ampio spettro di parole chiave si mettono in luce le sfaccettature del linguaggio politico. Ad esempio si è fatta una differenza per i concetti di Assemblea (momento di riunione politica, non legato al lavoro parlamentare), Assemblea Costituente (Assemblea eletta dal popolo con funzione parlamentare e costituente per lo Stato Romano) e Assemblea Costituente Italiana (contenuta all’interno della prima è l’embrione di un’Assemblea Italiana indipendente; Fruci 2005). Un secondo esempio è la scelta di utilizzare la parola chiave Sentimento Nazionale: essa si riferisce al sentimento patriottico nei confronti dell’Italia, motivo trasversale a quasi tutti i manifesti politici. Mentre, si è voluto escludere il termine Popolo: un concetto sfuggente, che può assumere diverse definizioni (Formica 1987); in secondo luogo è un termine che ricorre in quasi tutti i manifesti, sia in quanto destinatario sia all’interno dell’intestazione dei documenti ufficiali (l’intestazione riporta: In nome di Dio e del Popolo). Un’ultima parola chiave che è interessante osservare è Donne; in questo modo si mette in luce il ruolo assunto dalle donne nella Repubblica Romana (Soldani 2008) e si evidenzia il linguaggio particolare rivolto loro.
Successivamente alla scelta e l’attribuzione delle parole chiave, ho determinato con quali frequenze queste si ripetono in tutto il Fondo. Si mostra, quindi, il progressivo mutare dei temi politici affrontati durante i mesi repubblicani. Dividendo poi i documenti per mese si sono individuate le diverse frequenze da cui si sono estrapolati grafici tematici, che raccolgono le parole chiave appartenenti ad un determinato argomento: Politica (intesa nel senso più generale, ed in cui sono presenti anche le parole chiave che si riferiscono alla gestione politica dello Stato), Politica interna, Politica estera ed Esercito, Clero e Reazione, Città e Nazioni, Feste e Simboli. Infine, si è creato un ultimo grafico che raccoglie tutte le frequenze in modo assoluto, seguendo sempre i temi citati sopra; in questo modo si ha una visione generale di tutti i concetti più utilizzati dal linguaggio repubblicano.
Nel mese di gennaio vi è un’assoluta preponderanza delle parole chiave legate al tema della politica e delle elezioni; si svolgono, infatti, le consultazioni per eleggere l’Assemblea Costituente, avente anche mandato Italiano. Questo è l’avvenimento più importante dalla fuga del Papa a Gaeta: il popolo dello Stato Romano ha possibilità di autodeterminarsi, attraverso il suffragio universale. La novità, anche rispetto agli altri contesti insurrezionali italiani, è quasi inimmaginabile. Le parole chiave che risultano più rilevanti sono Elezioni, Circoli, Assemblea Costituente e Assemblea Costituente Italiana. Il significato di questo risultato è legato all’opera di propaganda effettuata dai Circoli politici. Vi sono poi accenni ai modi in cui la propaganda si organizza e i mezzi con cui si diffonde. Ci si riferisce nel primo caso alla parola Assemblea, che indica riunioni politiche, non istituzionali che coinvolgono la popolazione per scegliere i candidati alle elezioni. Nel secondo caso, invece, si rimanda alla parola Catechismo Politico: mezzo attraverso cui la popolazione entra in contatto con concetti a lei nuovi, come sovranità del popolo, suffragio universale, Assemblea Costituente ed altri. La parola Governo Provvisorio indica come la diffusione del linguaggio politico non sia solo gestita dai Circoli politici, ma che anche lo Stato alterna proclami istituzionali e appelli al popolo. L’attenzione è rivolta principalmente alla transizione politica interna in atto, ed il solo elemento non appartenente al tema elettorale che torna più frequentemente è: Papa o Pio IX. Pio IX, infatti, condanna costantemente la situazione interna al suo Stato ed invoca la scomunica per tutti coloro che attentino alla sovranità temporale del Pontefice: primi tra tutti coloro che si sarebbero recati a votare. Infine si considera il termine Sentimento nazionale, che è utilizzato in chiave elettorale per sottolineare l’importanza dell’Assemblea Costituente Italiana nel processo di indipendenza nazionale. Si sottolinea come esso non assuma un significato municipalistico, ma si richiami ad un sentimento patriottico verso la Nazione non ancora Stato.
A febbraio si giunge a risultati simili, dettati dalle contingenti elezioni municipali e dalla proclamazione della Repubblica il 9 del mese. Ecco quindi che la parole chiave che più spicca è Repubblica Romana, che catalizza su di sé l’attenzione dei bandi e fogli volati per tutto il mese. Assume rilevanza anche il concetto Leggi, in relazione agli avvenimenti politici successivi alle elezioni di gennaio; esse sono il mezzo con cui lo Stato si riorganizza e si adegua alla nuova situazione. Connessa è la parola Beni Ecclesiastici, dovuta alle riforme volte a smantellare gli antichi retaggi feudali e all’incameramento dei beni del clero, deciso il 21 del mese. Infine, compare per la prima volta il tema legato alla Difesa della Repubblica, per una duplice causa: da una parte l’occupazione austriaca di Ferrara, e dall’altra (in relazione a Ordine Pubblico) come attenzione alla repressione delle insorgenze reazionarie interne.
Mentre a marzo i documenti analizzati mostrano come la comunicazione pubblica riguardi prevalentemente le riforme politiche. Si nota quindi la relazione tra le parole chiave legate alla politica, come Assemblea Costituente e Comitato Esecutivo, e quelle legate alla politica interna, come Leggi, Amministrazione ed Economia. Si evince che, con la momentanea stabilizzazione dell’assetto politico, i bandi, manifesti e fogli volanti assolvano il compito di comunicare alla popolazione le azioni di governo e le nuove leggi, volte alla modernizzazione dello Stato, alla soluzione della crisi economica e consolidare il consenso popolare. Inoltre, per la prima volta, compare il termine Guerra di Indipendenza, che si lega alla ripresa della guerra del Piemonte contro l’Austria; ciò determina anche un cospicuo aumento delle frequenze relative all’Esercito e alla sua organizzazione interna. Si comincia a notare il progressivo isolamento diplomatico della Repubblica, sporadici sono i riferimenti al Regno di Sardegna e non vi sono frequenze rilavanti relative ad altri Stati.
Le considerazioni relative al mese di marzo possono essere condivise anche per l’inizio del mese di aprile il cui soggetto politico principale è il Triumvirato. Le riforme e le decisioni di Governo (Economia, Commercio, Leggi, Amministrazione, Ordine Pubblico) rimangono i temi principali fino a circa metà del mese, quando si palesa l’isolamento internazionale della Repubblica e l’ostilità della Francia. Dallo sbarco del corpo di spedizione francese a Civitavecchia, il 25 aprile, i temi trattati dai bandi, manifesti e fogli volanti si concentrano sull’Esercito e la Difesa della Repubblica. Infine, si evidenzia un termine particolare: Donne. La Principessa di Belgioioso e Enrichetta Pisacane stimolano il patriottismo femminile, che si identifica con il sostegno ai feriti (Comitato di Soccorso ai feriti), la fabbricazione di munizioni e il sostegno morale ai combattenti.
Tra la fine di aprile e tutto il mese di giugno, i temi dei documenti esaminati riguardano principalmente le città di Roma e Bologna; gli eserciti stranieri hanno progressivamente occupato il territorio repubblicano mentre queste resistono nonostante l’assedio (l’uno francese e l’altro austriaco). Nel mese di giugno si nota poi che Roma quasi monopolizza la comunicazione politica: è l’ultimo baluardo repubblicano, isolata dal resto dal resto dello Stato. Attraverso il concetto Difesa della Repubblica, si introduce poi il tema della guerra, dell’assedio della città e della strenua resistenza dei patrioti; parallelamente ad essa si ricollegano altre parole chiave, come Esercito, Battaglia, Intervento francese, Truppe austriache, e quelli meno rilevanti relativi alla partecipazione degli stranieri e all’organizzazione della sanità. Si esortano i cittadini a non scoraggiarsi e a combattere attraverso una mobilitazione capillare dell’opinione pubblica, veicolata dal Triumvirato e dalla Commissione delle Barricate, che emana la maggior parte dei documenti, visto il suo compito di organizzazione delle linee difensive. Parallelamente emergono anche il concetto di Diplomazia: per tutto il mese di maggio vige una tregua con l’esercito francese, per dare modo all’incaricato diplomatico di Parigi Lesseps di condurre trattative diplomatiche tra i due governi. Non andando a buon fine, i combattimenti riprenderanno in giugno.
Mentre l’attenzione pubblica è rivolta principalmente alla difesa della Repubblica, il governo continua nell’opera riformatrice e cerca di sanare la disastrosa situazione economica. Ecco quindi che, benché marginali, non scompaiano le prole chiave relative alla politica interna, come Amministrazione, Commercio, Economia.
Tra la fine di giugno e luglio, al riferimento alla difesa della Repubblica si accosta anche quello della Caduta della Repubblica, che dal 30 Giugno diventa inevitabile. Al proposito si nota come tra i documenti digitalizzati manchi il manifesto relativo alla caduta della Repubblica redatto dalla Commissione delle Barricate, ma sia presente solamente quello emanato direttamente dall’Assemblea che proclama “la cessazione di una difesa divenuta ormai impossibile” [NOTA]. Un ultimo interessante richiamo è quello relativo ai Funerali e Martiri della Repubblica: i patrioti morti sugli spalti del Gianicolo diventano subito dei martiri, dei soggetti che hanno testimoniato con la morte la loro fede politica (Banti, Chiavistelli, Mannori, Meriggi 2011; 217).
In tutti questi mesi si evidenzia un’insistente attenzione all’Ordine Pubblico. Il motivo è legato alla necessità del governo di sedare le insorgenze reazionarie all’interno dello Stato e di non permettere in alcun modo che si generi anarchia all’interno della Repubblica.
Dal mese di luglio la Repubblica Romana non esiste più, ma ciò non implica che non sia più menzionata all’interno dei fogli volanti per i mesi da agosto ad ottobre: resoconti degli eventi e appelli di Mazzini circolano dunque clandestinamente al’interno dello Stato Pontificio.
All’interno del Fondo digitalizzato vi è anche una sezione dedicata ai documenti privi dell’indicazione di mese: sono 83 e riguardano i temi più vari. Principalmente sono appartenenti alla sfera politico-elettorale (Elezioni, Circoli, Catechismo Politico, che compare quasi esclusivamente in questo raggruppamento) e di satira nei confronti del Papa. Compare qui per la prima volta il termine Canti: sono testi di inni e canti da intonarsi durante le feste civili della Repubblica. Si osserva che la Biblioteca ha inserito in questo raggruppamento anche documenti che hanno una data esplicita (o facilmente deducibile); mentre nei documenti divisi per mese alcuni dei fogli volanti non presentano alcuna data esplicita o deducibile. Si scorgono, quindi, imprecisioni ed inesattezze nella digitalizzazione e che in questo lavoro si vorrebbero superare.
Aspetti qualitativi
Partendo dall’analisi quantitativa è quindi stato possibile approfondire l’aspetto qualitativo del linguaggio politico. I bandi, manifesti e fogli volanti rappresentano un mezzo attraverso cui l’elite politica entra in contatto con la popolazione cittadina: educa ad un nuovo tipo di coinvolgimento, a differenza di quanto accadeva con il governo pontificio. La scelta delle parole, i temi contenuti nei manifesti, la frequenza con cui si ripetono termini come entusiasmo, Repubblica, elezioni, catechismo politico, sovranità del popolo, diritti mostra quanto fosse insistente quella, che con un termine derivato dalla contemporaneità, si potrebbe definire propaganda politica. Partendo dagli studi di Erasmo Leso (1991; 1992), si osserva come il linguaggio politico della Repubblica Romana si strutturi all’interno dei luoghi di sociabilità e si manifesti principalmente in due momenti cruciali per la vita democratica: le elezioni (Fruci 2005) e l’esortazione alla difesa della Patria. Circostanze che rappresentano i momenti in cui si mobilita maggiormente l’opinione pubblica e si ricorre ad un linguaggio più enfatizzato, ricco di pathos e di riferimenti patriottici: da una parte è necessario stimolare la coscienza democratica del popolo diventato sovrano, e dall’altra si esorta la popolazione a difendere con le armi i diritti appena conquistati.
L’analisi del linguaggio politico prende le mosse dallo studio relativo al destinatario dei documenti analizzati, in quanto esso non può che adattarvisi per mantenere la sua efficacia comunicativa.
All’interno del linguaggio politico democratico è possibile rinvenire frasi come “il popolo è sovrano”, “il Governo si rivolge al popolo”, “i Circoli educano il popolo alla politica”, “la Commissione delle Barricate esorta il popolo alla difesa”. Se ne deduce, quindi, che l’intero discorso democratico quarantanovesco si rivolga al popolo, ma come si definisce questo concetto ampio e sfuggente? Nel Risorgimento esso identifica quel corpo collettivo che per la prima volta è chiamato ad intraprendere un atto auto liberazione (Bonaiuti 2011; 236) in nome della sua sovranità, ed in particolare nel 1849 esso assume caratteristiche nazionali, escludendo quindi le caratteristiche appartenenti ad altre nazioni (il popolo è italiano), oscillando tra posizioni elitarie (popolo=borghesia) che democratico-populiste (popolo=massa) (Formica 1987). Scrive Mazzini:
“Un popolo […] è un’associazione di uomini sopra un territorio determinato, con una determinata lingua. […] La sovranità sociale del popolo non può risiedere in una frazione della società, bensì nel suo complesso” (Mazzini 2005; 11-12).
Si nota poi come la lingua utilizzata sia influenzata dalle correnti politiche e si adegui al destinatario della comunicazione. Gli scritti sono sempre in italiano, non contaminato da termini dialettali, ciò è dovuto all’ufficialità dei documenti analizzati e dalla diffusione della lingua a Roma (Beales, Biagini 2005, 105). Pertanto, chi aveva un minimo di alfabetizzazione era in grado di comprendere il testo, se non nel significato almeno nel testo scritto. Inoltre, la lingua risente dello “stile” politico mazziniano, che ricorre ad un linguaggio evocativo ed iconografico in grado di suscitare emozioni, tramite l’uso della retorica di stampo politico e religioso (Levis Sullam 2007).
Considerando poi i singoli documenti conservati nel Fondo, si nota come il destinatario-popolo sia soggetto ad una parcellizzazione. I documenti ufficiali della Repubblica (come le circolari governative) sono rivolti sia agli amministratori dello Stato e trattano di temi legati all’ambito burocratico e organizzativo: essi sono i mezzi che lo Stato utilizza per condurre un’azione capillare su tutto il territorio e rendere omogenea l’amministrazione statale. Esempi possono essere tutti quei documenti riguardanti la gestione delle elezioni3 e l’ambito economico4. L’amministrazione statale si rivolge direttamente al popolo tramite bandi o manifesti contenenti proclami: attraverso di essi la popolazione è resa partecipe degli eventi politici più importanti, come la proclamazione della Repubblica5, conosce le nuove leggi dello Stato, oppure è esortata al voto, al mantenimento dell’ordine pubblico6, o alla difesa della città. Questi documenti, essendo rivolti ad un segmento di società con una minima cultura grammaticale e politica, tendono ad utilizzare un linguaggio abbastanza elevato ma non strettamente specialistico. Inoltre, all’interno di questa definizione si inseriscono anche i manifesti contenenti norme di legge, che devono essere scritte in modo comprensibile ai più senza che però si perda la dignità del testo7. Vi sono, infine, anche testi prettamente giuridici (come le riforme del codice di procedura civile e penale), che essendo rivolto al corpo giudiziario utilizzano termini estremamente specialistici8. Diverso è il discordo per gli avvisi e le comunicazioni contenuti nei proclami rivolti a tutta la popolazione: sono testi di poche righe, molto incisivi, che devono richiamare immediatamente l’attenzione dei destinatari sull’oggetto del discorso; esempi efficaci di questo genere testuale sono i comunicati della Commissione delle Barricate9.
Per quanto riguarda le comunicazioni non ufficiali, dirette esclusivamente alla popolazione, sono utilizzati i fogli volanti: spesso anonimi, mobilitano l’opinione pubblica oppure hanno finalità satiriche o polemiche. In questa categoria si inseriscono documenti di propaganda politica, come i Catechismi politici10 oppure stralci di articoli di giornale. Il destinatario di questa comunicazione è sempre il popolo inteso, però, in modo restrittivo. Chi riesce a comprendere il testo e il messaggio politico è un pubblico borghese, avvezzo a leggere i giornali e a comprenderne la satira politica; per alcuni di questi testi è infatti necessaria un’opera di astrazione per afferrare il messaggio sottointeso. Tra i discorsi stampati e diffusi come fogli volanti si trovano anche discorsi elettorali pronunciati di fronte al popolo nelle assemblee organizzate dai Circoli politici prima delle elezioni. Questi documenti sono di facile comprensione, essendo rivolti ad un popolazione politicamente ignorante che deve essere istruita prima dell’evento elettorale.
Non è facile, invece, adattare alla definizione di bandi o fogli volanti le comunicazioni provenienti dai Circoli politici: esse, infatti, non sono documenti ufficiali emanati dallo Stato e possiedono le caratteristiche dei fogli volanti; tuttavia spesso svolgono il compito di veicolare notizie ufficiali, o si rivolgono “ufficialmente” alla popolazione richiamandola all’ordine pubblico. Il linguaggio utilizzato nelle comunicazioni è anch’esso assimilabile a quello utilizzato per i fogli volanti d tema elettorale: sono rivolte a tutta la popolazione e quindi devono essere compresi da tutti.
Successivamente all’identificazione del destinatario, è possibile continuare l’analisi qualitativa osservando nel dettaglio alcune delle tipologie di documenti rappresentative dei diversi tipi di linguaggio pubblico appena evidenziati. In questo modo si riesce ad avere una visione ampia delle tipologie di linguaggio e del lessico utilizzato senza che gli aspetti teorici e la presentazione dei documenti corrano su binari differenti. Si prendono in considerazione i discorsi elettorali e politici, appartenenti ai fogli volanti di istruzione politica; le preghiere democratiche, fogli volanti con un proprio linguaggio mutuato dalla tradizione religiosa; la comunicazione pubblica della Commissione delle Barricate, che adegua il proprio linguaggio in base agli avvenimenti militari. Si escludono da questo approfondimento i documenti ufficiali dello Stato, in quanto si è osservato che utilizzano un tipo di linguaggio formale, non particolarmente evocativo, con uno standard linguistico adeguato più alla loro funzione che al destinatario. Spesso, inoltre, usano uno stesso modello di redazione del testo, spesso precompilato, dovuto alla larga diffusione che il documento avrebbe avuto.
I discorsi elettorali e politici
Un aspetto particolare del linguaggio politico della Repubblica Romana riguarda le comunicazioni elettorali e politiche, relative sia ai Municipi, che all’Assemblea Costituente, che al Governo. Questi appartengono un’editoria d’occasione che complessivamente si può definire discorsi agli elettori. Una loro analisi tipologica è stata compiuta da Gian Luca Fruci nell’articolo L’abito della festa dei candidati; professioni di fede, lettere e programmi elettorali in Italia (e Francia) nel 1848-49 (2004). Egli evidenzia come i candidati si rivolgono direttamente agli elettori mobilitando l’opinione pubblica in modo tale da fare in modo che loro parole non sembrino una violazione della libertà di scelta dei votanti (che comporterebbe un giudizio di indegnità del candidato); in queste pubblicazioni si preferisce evidenziare la vita passata e presente dei candidati, ritenuta l’unico efficace parametro di orientamento del corpo elettorale11. Le definizioni fornite dallo studioso, però, non sempre calzano con i documenti del Fondo qui preso in considerazione: molti di essi se ne discostano evidenziando sul tema le particolarità della Repubblica Romana rispetto al resto d’Italia; al riguardo si rimanda alla definizione di professione di fede: patti fiduciari aperti e moralmente vincolanti tra il candidato e gli elettori, in cui i primi dichiarano la propria lealtà. Si deve, però, sottolineare che a questa conclusione si somma la consapevolezza dell’utilizzo dell’esclusiva parte digitale, ciò non esclude quindi che siano state usate anche nello Stato Romano, come hanno dimostrato le ricerche archivistiche condotte per l’articolo qui preso a modello.
Interessante è osservare nel contesto romano come si adatta la definizione di lettera agli elettori, in cui l’eletto scandisce i tempi del suo incarico e ne rimarca i passaggi più rilevanti, giustificando la propria condotta. All’interno di questa definizione generale s’inserisce anche una tipologia particolare: la lettera di saluto e ringraziamento dell’eletto all’inizio o alla fine del suo mandato. All’interno della documentazione considerata la maggior parte dei fogli volanti elettorali annoverati all’interno della parola chiave ringraziamenti si discosta, però, da questa definizione generale. Per il mese di gennaio si ha un solo ringraziamento, quello del Preside della città e provincia di Orvieto P. Ricci; il suo discorso accenna al proprio programma politico ma chiede ai concittadini di mantenere l’ordine pubblico e il cuore rivolto all’Italia. Vi è poi il discorso di accettazione dell’incarico di pro-delegato per la provincia di Orvieto P. Piccolomini. Questi due documenti, benché si possano facilmente inserire all’interno della definizione di lettere di ringraziamento, non si possono annoverare tra la documentazione elettorale: la scelta dei rappresentati non è stata compiuta dal popolo-elettore ma dal Governo. Durante il mese di febbraio non si trovano espliciti ringraziamenti agli elettori, ma solamente manifesti con i nomi degli eletti; per il mese di Marzo si nota che la parola chiave ringraziamenti ricorre per tre volte. Nella prima il Preside della città di Macerata, D. Zannini, si rivolge al popolo maceratese ringraziandolo per le generose offerte rivolte all’acquisto dei fucili per continuare la guerra contro l’Austria; non è quindi associabile ad alcun tipo di discorso elettorale. Gli altri due ringraziamenti sono rivolti al popolo francese ed ai suoi rappresentanti; nel primo il Circolo Popolare di Viterbo ringrazia i deputati francesi che avevano parlato a favore della Repubblica romana, mentre nel secondo è la stessa Assemblea Costituente che si rivolge ai rappresentanti del popolo francese che hanno mostrato simpatia per la causa italiana. Essi appartengono, quindi, non ad un contesto elettorale bensì all’ambito ideale di vicinanza con la sinistra francese, e si inseriscono nella difficoltosa via della ricerca del riconoscimento internazionale del nuovo Stato. Anche ad aprile si trovano tre documenti identificabili con la parola chiave ringraziamenti, ma anch’essi non sono riferibili a ringraziamenti elettorali. Nel primo il Senatore di Roma Sturbinetti ringrazia il popolo romano per il coraggio dimostrato nella difesa della città; il secondo è un documento di plauso del Comando Generale della Guardia Nazionale ai suoi militi per il mantenimento dell’ordine pubblico, che contiene anche l’indicazione di alcune intenzioni future del Tenente Generale; l’ultimo è un ringraziamento al Triumvirato riguardo alla libertà di commercio dei sali. Solo un documento (classificato come amministrazione) potrebbe essere assimilabile ad una lettera agli elettori; esso è relativo alla gestione amministrativa della città e provincia di Orvieto. Il Preside Ricci prende commiato dagli orvietani, essendo stato trasferito dal Governo alla città e Provincia di Viterbo;12 è un saluto sincero di chi ha assistito in quella città ai grandi cambiamenti dello Stato, ma è anche un richiamo ai valori repubblicani e patriottici del popolo affinché sia leale anche con il suo successore. Infine anche a maggio, giugno e luglio vi sono documenti -uno per ciascun mese- che rimandano al tema dei ringraziamenti; neppure questi sono però riconducibili al tema elettorale. Nei documenti di maggio e giugno il Governo e l’Assemblea Costituente ringraziano il popolo e i volontari che si stanno battendo con valore per la difesa della Repubblica. Nel documento di luglio, invece, il Preside della città e della provincia di Orvieto, De Angelis, prende commiato dai cittadini in occasione della caduta della Repubblica (4 luglio 1849). Non ci sono quindi riferimenti alla possibilità e alla volontà di una rielezione. Nella sezione senza mese non compaiono né la parola-chiave ringraziamenti né documenti che possono richiamare l’argomento.
La parziale mancanza di documenti assimilabili alle definizioni di Gian Luca Fruci (2004) rappresenta un dato che apre ad ipotesi diverse. Una delle cause potrebbe essere dovuta alle caratteristiche effimere ed occasionali dei documenti elettorali, che non ne hanno permesso un’adeguata conservazione presso le Biblioteche (Dolci 1992; 1995). Inoltre si sottolinea nuovamente che il fondo preso in considerazione appartiene solo alla raccolta digitale della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma, si escludono così da questo studio i documenti che non sono stati digitalizzati e tutte le altre biblioteche o archivi che si trovano oggi in ex territori della Repubblica Romana.
All’interno dei discorsi elettorali vi sono anche i programmi elettorali presentati dai candidati o dagli eletti. Nel caso in cui siano opera di attori collettivi (comitati, Circoli, giornali), hanno principalmente la funzione di persuadere al voto per selezionare i candidati ritenuti oggettivamente migliori.13 In questo modo si vogliono far emergere i nomi di coloro che si pensa siano già espressione dell’opinione generale, e non di scelte primarie dei singoli, al fine di raggiungere un’“ottima scelta”. La seconda funzione del programma elettorale richiama alla definizione che ne è stata data dalla contemporaneità; all’interno delle fonti considerate solo un documento può rientrare all’interno di questa classificazione: la presentazione degli intenti del Triumvirato, in occasione del rimpasto ministeriale seguito alla sua nomina. Anche per questa definizione ci si discosta dallo studio di Fruci (2004) e si mettono in evidenza le peculiarità della documentazione studiata; non vi sono fini elettorale: l’autorità si presenta e non ha come finalità l’elezione (i Presidi dei Municipi sono scelti dallo Stato e il Triumvirato è eletto dall’Assemblea Costituente). Un secondo tipo di discorsi presenti nei manifesti e nei fogli volanti che abbiamo esaminato e che non rientrano nella definizione di Fruci sono i discorsi di argomento politico generale, enunciati in occasioni diverse e poi fatti circolare come fogli volanti; in questo modo il contesto particolare diventa tramite per un’acculturazione politica popolare diffusa. I temi generali affrontati da questo tipo di discorso sono diversi per ideologia (moderati o mazziniani), ma ricorrono forme e figure, appartenenti al filone patriottico e repubblicano ed i lemmi più frequenti al loro interno siano Nazione, Stato, Patria, considerate non solamente in un’accezione municipalista ma aprendosi anche all’idea dell’Italia unita.14 Esemplare a questo proposito è il discorso del Min. Armellini in occasione dell’apertura dell’Assemblea Costituente Romana.
Come ha osservato Bertoni (2012), uno studio sulla ricezione da parte del pubblico del discorso politico può essere condotto come se si trattasse di analizzare la capacità dei lettori di recepire un discorso letterario. I testi di intervento politico hanno un bisogno vitale di controllare le mosse interpretative del pubblico e di garantire una leggibilità condivisa de messaggio per garantire meccanismi di costruzione di consenso o dell’identità culturale o nazionale. Esse funzionano attraverso una politica dell’interpretazione che coinvolge testi oppure determinate parole chiave che suscitano adesione ideale e sentimentale; questa affermazione è particolarmente vera specialmente durante il Risorgimento che utilizza come “canonici” testi politici e letterari e si richiama a parole chiave patriottiche, sentimentali, morali o legate alla sfera famigliare o dell’onore (Banti 2006).
I Catechismi e le preghiere politiche
Il linguaggio dei patrioti a Roma nel 1849 attinge ampiamente al serbatoio di metafore e modelli retorici tratti dai vari ambiti della tradizione cattolica, riproducendoli in chiave ironica e polemica (Canneto 2013). Tra le pubblicazioni di tema elettorale che sono distribuite in foglio volante a Roma, le più diffuse sono i catechismi e le preghiere politiche.
I catechismi politici sono dialoghi brevi, fondati su replica e controreplica, debitori della tradizione religiosa laicizzata con la rivoluzione francese (Fruci 2008). Si possono dividere in testi sulle elezioni e per le elezioni: gli uni hanno il compito di guidare il cittadino all’interno delle procedure elettorali, mentre gli altri rappresentano una vera e propria propaganda elettorale per spingere il popolo a votare (Finelli, Fruci, Galimi 2004). All’interno del Fondo qui preso in considerazione si trovano alcuni interessanti catechismi, che sono stati inseriti nell’analisi quantitativa attraverso parole chiave che identificano il tipo di documento (catechismo politico), il contesto (elezioni, municipi, Assemblea Costituente) o il destinatario particolare della comunicazione (ad esempio i militari).
Le preghiere politiche, invece, sono testi antimonarchici e anticlericali facili da ricordare per le assonanze con le preghiere recitate abitualmente e declinate in nota patriottica e democratica (Banti 2011). La lingua utilizzata è l’italiano, mentre si richiama al latino solo per riprodurre lo schema originale della preghiera. In questo studio si prendono in considerazione due documenti, uno contenente il Credo dell’Italia e il Pater Noster del 184915 e l’altro L’Avemaria dei Costituenti e il Gloria Patri del Popolo. Entrambi sono catalogati nei documenti senza indicazione di mese (anche se è possibile per il primo risalire ad una data successiva al 9 febbraio 1849) e non vi è riferimento all’autore. In questi documenti si nota un doppio uso del linguaggio religioso: da una parte il modello di preghiera, e dall’altro l’uso del suo lessico per diffondere la nuova religione della Patria. Ciò permette di riconfermare la validità degli studi di A.M. Banti (2006) sulle caratteristiche della religione civile diffusa durante il Risorgimento.
Il linguaggio pubblico della Commissione delle Barricate
Un tipo di discorso politico differente da quello finora analizzato riguarda le comunicazioni della Commissione delle Barricate, creata il 29 aprile e composta da Vincenzo Cattabeni, Vincenzo Caldesi ed Enrico Cernuschi. Dato che il ruolo della Commissione non è strettamente tecnico, il suo relazionarsi continuo con il Triumvirato le permette quindi di entrare appieno nel discorso politico [Monsagrati 2014]. La documentazione reperita appartiene a tre diverse tipologie: i documenti amministrativi, la gestione materiale della difesa della città, il sostegno allo spirito pubblico.
I primi sono i documenti ufficiali che ne hanno segnato l’istituzione e l’organizzazione interna, pertanto si trovano nel mese di aprile e all’inizio di maggio caratterizzati dalle parole chiave amministrazione e Commissione delle Barricate.
I documenti relativi alla difesa della città comunicano di cosa hanno (o non hanno più) bisogno gli operai per continuare a lavorare; oppure spieghi come si devono utilizzare determinati simboli; oppure ancora gestisca il trasporto pubblico. Il linguaggio è breve e conciso, tecnico e pratico senza alcun riferimento al patriottismo: deve essere immediato e facilmente comprensibile. Si palesa in questo caso il ruolo di mediatrice tra i Rioni e il Governo svolto dalla Commissione.
I manifesti relativi alla mobilitazione dell’opinione pubblica utilizzano, invece, un linguaggio molto retorico che si rivolge direttamente ai sentimenti dei destinatari, stimolandone l’attaccamento alla Patria in pericolo. I temi che ricorrono in questi testi sono quelli della libertà (personale e democratica), la resistenza contro i francesi traditori dei principi della rivoluzione del 1789 e l’empietà francese verso Roma e la sua arte (che diventa così un arma di pressione psicologica; Monsagrati 2001).
Attraverso un’analisi quantitativa di questi manifesti, si osserva come la comunicazione relativa alla gestione materiale delle difese si palesi principalmente nei periodi di tregua dei combattimenti, ed in particolare nel mese di tregua stabilito con Lesseps (maggio): i repubblicani assediati lavorano per migliorare le difese e fortificare le zone ancora sguarnite. Al contrario, la Commissione si rivolge ai sentimenti dei cittadini specialmente nel momento del pericolo; gli assalti e le bombe francesi non devono scoraggiare i patrioti né demoralizzare la popolazione, di cui deve essere stimolato il patriottismo. In giugno diminuisce la sua visibilità pubblica, il tempo delle parole sembra finire per lasciar posto alle sole armi. Infine, suo è il triste compito di comunicare al popolo la sconfitta della Repubblica: “Roma è vinta” (Monsagrati 2014).
I discorsi della Commissione delle Barricate rispecchiano la necessità della Repubblica nelle diverse situazioni, adattandosi alla tregua, esaltando le vittorie o stimolando i sentimenti patriottici.
Conclusioni
Scrive Erasmo Leso (1991; 35): “i sommovimenti popolari e politici lasciano sempre tracce nella lingua”; ecco quindi che in questo studio si è voluto prendere in considerazione il mutare del linguaggio politico della Repubblica Romana dal mese precedente la sua proclamazione fino alla caduta cercando di comprendere i mutamenti del linguaggio in questo arco temporale.
Osservando l’analisi qualitativa e quantitativa è possibile dedurre che il linguaggio politico della Repubblica Romana del 1849 sia poliedrico e non s’inscriva ad una tipologia definita. Deve educare e stimolare emozioni, pertanto si adegua al tipo di destinatario cui si rivolge per potere essere il più possibile efficace, evocando le immagini significative. Perciò si nota anche come questo linguaggio muti nel tempo, in base all’evolversi delle circostanze politiche e militari. In un contesto di pace e di transizione politica i temi trattati e il lessico sono popolari e rivolti alle elezioni. Successivamente diminuisce l’attenzione su questo tema, e si sposta verso temi economici e sociali che sono espressi tramite documenti ufficiali, come ad esempio i bandi che diffondono le leggi. Infine, nell’incombere della guerra il linguaggio politico muta ancora, diventando esortazioni alla difesa e alla resistenza contro il nemico.
Questa doppia tipologia di analisi del linguaggio politico si potrebbe anche effettuare in futuro su tutto il Fondo Bandi, Manifesti, Fogli Volanti 1846-49 della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, che questo lavoro ha considerato solo parzialmente (avendo dovuto scegliere una periodizzazione precisa data la mole dei documenti conservati). In questo modo sarebbe possibile studiare le caratteristiche del linguaggio politico durante il regno di Pio IX, e se ne dedurrebbero le differenze con quello repubblicano: differenti mittenti, differenti destinatari, differenti immagini evocate. In questo modo, inoltre, osservare il mutare del linguaggio politico in un arco di tempo più lungo, permette di mettere in evidenza la progressiva apertura alla libertà di parola.
È possibile, inoltre, applicare questo metodo ad altri contesti e a differenti epoche, per creare la basi per future digitalizzazioni, più accurate di quella della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, viziata da qualche imprecisione e da una scelta poco approfondita delle parole chiave.
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Biografia
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- Come mi è stato gentilmente spiegato dalla dottoressa Maria Pia Critelli bibliotecaria della BSMC. [↩]
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- “Discorso di commiato del preside Ricci”: (14 aprile 1849): http://www.repubblicaromana-1849.it/index.php?7/dettaglio/&type=documento&id=556&backUrl=index.php%3F5%2Fbandi%2520e%2520fogli%2520volanti%26documento_data2%3D1849%2520-%252004%26documento_data%3D1849%2520-%2520aprile%26searchFld%3Dorvieto%26id%3D%26type%3D%26searchFld%3Dsali%26pageNum%3D1
[21 dicembre 2014] [↩]
- La parola chiave Circoli compare 32 volte per il solo mese di gennaio, di cui 26 d argomento politico ed elettorale; i restanti riguardano l’apertura di nuovi circoli, avvisi di adunanza, esortazione all’ordine pubblico e alla necessità di armi per la guerra d’Indipendenza italiana. [↩]
- All’interno del Database per indicare l’attaccamento verso la Nazione e la Patria Italiana si è utilizzata la parola chiave Sentimento nazionale. Dallo studio del grafico complessivo di tutti i mesi si nota come essa sia ripetuta 83 volte; in particolare: 23 a gennaio, 20 a febbraio, 14 a marzo, 10 ad aprile, 5 a maggio, 1 a giugno, 1 a luglio, 7 tra i documenti senza indicazione di mese. Si nota come le frequenze maggiori si hanno in coincidenza con le elezioni per l‘Assemblea Costituente Italiana, quando il popolo dello Stato Romano deve prendere coscienza della svolta storica che si sta compiendo, comprendendo appieno il significato storico e politico del voto “italiano”. [↩]
- “Credo dell’Italia e Pater Noster” (s.d.) http://www.repubblicaromana-1849.it/index.php?7/dettaglio/&type=documento&id=1550&backUrl=index.php%3F5%2Fbandi%2520e%2520fogli%2520volanti%26documento_data2%3D1849%2520-%252099%26documento_data%3D1849%2520-%2520senza%2520indicazione%2520di%2520mese%26searchFld%3DPATER+NOSTER%26id%3D%26type%3D%26pageNum%3D1 [29 luglio 2014] [↩]