Nato a Padova nel 1906, Zerbetto fu militante del Partito Comunista d’Italia dal 1922, antifascista e partigiano durante la dittatura fascista, e dal dopoguerra consigliere comunale e noto imprenditore. Seguendone la biografia in un incrocio fra sociologia storica e analisi qualitativa, Marco Guglielmi tratteggia molte fasi della storia italiana e padovana, attraversando così la Grande Guerra, il biennio rosso, il fascismo, la resistenza e il dopoguerra. Tanto in una chiave locale, quanto in una chiave capace di sottolineare l’importanza dell’esperienza individuale nell’agire politico, la biografia di Zerbetto permette di delineare le pulsioni etiche di un militante nei ranghi intermedi del comunismo di provincia, approfondendone non solo le pulsioni prepolitiche che lo spinsero ad avvicinarsi al sindacalismo socialista prima e alla militanza comunista poi, ma anche temi come la sua progressiva socializzazione partitica, la strutturazione di una rete politico-amicale che lo avrebbe accompagnato nel corso di tutta la sua vita, le linee di conflitto interne alla vita di una brigata partigiana, e le difficoltà del PCI e della CGIL a comprendere la realtà socio-politica del veneto del dopoguerra. Nella prima parte del volume Guglielmi inserisce il protagonista della ricerca in uno studio biografico ancorato fortemente al contesto storico padovano e italiano. Infatti, tanto italiane che padovane sono le esperienze che spinsero un ragazzo ancora giovanissimo a cercare una risposta al “senso di ribellione” (p. 19) provocato dalle esecuzioni sommarie di soldati italiani ad opera dei loro ufficiali; notizia che apprese proprio dai militari in fuga dopo la battaglia di Caporetto a cui la famiglia Zerbetto cercava di offrire ristoro. Una ricerca personale che nel primo dopoguerra lo portò, diventato oramai un apprendista elettricista, a frequentare la Camera del Lavoro di Padova. Proprio in questa istituzione e nelle sue difficoltà, divisa com’era fra “un’illusione rivoluzionaria” (Merlin 2007) e una gestione moderata in una realtà sostanzialmente rurale, progressivamente colpita dal montare delle violenze fasciste, nell’estate del 1922 Zerbetto fu spinto a iscriversi al neocostituito Partito Comunista d’Italia. Per Zerbetto l’entrata nel Pcd’I fu l’avvio di “un ventennio di antifascismo” (p. 31) che permette a Guglielmi non solo di tratteggiare la storia dell’antifascismo comunista padovano evidenziandone i limiti politici, i successi simbolici così come il suo progressivo strutturarsi in un’organizzazione clandestina consolidata, ma soprattutto di percorrere le tappe individuali se non intime della carriera politica di Zerbetto. Questa militanza poté incidere in maniera sempre più decisa su un antifascismo locale, gradualmente meno disposto alle ingenuità cospirative così come ai cedimenti sentimentali (p. 37). In questa prospettiva quella di Zerbetto fu una vita scandita da arresti, processi e scarcerazioni che ne accentuarono la progressiva marginalizzazione sociale, pur in una vita cittadina contraddistinta da un fascismo debolmente radicato nel tessuto sociale locale. Un mancato radicamento ben evidenziato da una borghesia urbana incline ad aiutare, dandogli un lavoro, un “pericoloso comunista propagandista” (p. 50) incapace di trovare altre occupazioni a causa del suo ostinato rifiuto della tessera del Partito Nazionale Fascista. D’altro canto proprio quella marginalizzazione sembrò far ripiegare Zerbetto – come molti altri irriducibili – su strategie familiari dispiegate solamente all’interno della rete amicale e politica del partito: ad esempio, sarà proprio la sorella del segretario della FGCI padovana a diventare sua moglie. Ma sarà proprio l’incardinarsi della militanza comunista nel proprio nucleo familiare a permettere a Zerbetto di rendere la sua abitazione “punto di incontro e luogo di riunioni per i compagni” di fronte al ritorno del fascismo repubblicano (p. 69). Allo stesso modo, la rapida organizzazione delle prime forme di resistenza civile e armata in seguito all’8 settembre avrebbe potuto contare su una rete costruita su una miscela di affetto personale e affinità politica distillata negli anni della clandestinità (p. 70). Dopo la liberazione di Padova e la fine della Seconda Guerra Mondiale, Zerbetto venne eletto consigliere comunale e nominato presidente dell’Ente Comunale di Assistenza oltre che della Cooperativa di Consumo del Portello (uno dei quartieri della città del Santo). Al di là della breve esperienza politico-amministrativa in un partito padovano dai “tratti di accentuato settarismo” (p. 91), Zerbetto proseguì il suo impegno in una “pedagogia della Resistenza” (p. 89) attraverso la militanza nell’ANPI, fondando al contempo prima la Cooperativa degli Elettricisti (p. 91) e poi l’omonima azienda Zerbetto. Un’azienda che sottolinea ulteriormente il sovrapporsi di privato, pubblico e politico nella vita di un dirigente comunista locale che nella sua ditta non solo radunò partigiani e militanti padovani, ma anche costituì un vivaio professionale e politico per le nuove generazioni entrate nell’orbita della Federazione Comunista di Padova (p. 93). La seconda parte del volume è dedicata all’analisi di una memoria autobiografica di Zerbetto, e su una storia di vita della sua figlia. Al di là dell’importanza della pubblicazione di questi testi, Guglielmi coglie l’occasione non solo di offrire una sorta di appendice documentale-memorialistica su una parte delle fonti altrimenti inedite usate nella stesura della prima parte, ma si sforza di darne un’interpretazione ancorata alla narratologia e all’analisi delle fonti orali per lo studio dell’antifascismo e della resistenza. Concludendo, il lavoro di Gugliemi si inserisce a pieno titolo nel consueto filone della storia politica e sociale, con un occhio di riguardo tanto alla dimensione locale quanto a quella nazionale. Tuttavia, attraverso una prospettiva multidisciplinare, questa ricerca ha il pregio di analizzare il vissuto di Giovanni Zerbetto ponendone in evidenza tanto la dimensione esperienziale ed etica di scelte prepolitiche poi consolidatesi nella socializzazione sindacale e di partito, quanto quella delle strategie individuali nonché familiari attraverso cui la militanza comunista in uno stato fascista ad aspirazione totalitaria poté strutturarsi e rafforzarsi.