Maurizio Degl’Innocenti commenta:
A. Tedesco, A. Giacone (a cura di), Anima socialista. Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979), Roma, Arcadia edizioni, 2020.
Il volume, a cura di Antonio Tedesco e Alessandro Giacone, per i tipi Arcadia, promosso dalla Fondazione “Nenni” (e con l’adesione della Fondazione di studi storici “F. Turati”), presenta diversi motivi di interesse.
Innanzitutto, nel privilegiare l’analisi del rapporto tra due dei maggiori protagonisti della storia dell’Italia repubblicana sceglie un tipo di documentazione – il carteggio personale – che nell’immediatezza restituisce alla percezione personale degli eventi un’autenticità che sarebbe difficile acquisire da altre fonti. Neppure la lettura dei Diari di Nenni, ancorché ne costituisca il necessario supporto, può avere la stessa valenza. Del resto è noto che quella stessa lettura suscitò nello stesso Pertini più di una riserva, e perfino una reazione stizzita.
Si tratta di una corrispondenza dal 1927 al 1979, che si sviluppa dunque per oltre mezzo secolo. Non mancano lunghe pause, imputabili alle condizioni di custodia carceraria o di confino di Pertini (dal 1929 al 1943), o alla relativa marginalità di quest’ultimo all’interno del Partito socialista dopo il 1963, o, infine, alla rarefazione dei rapporti tra i due dopo l’assunzione di Pertini alle cariche istituzionali e la progressiva “giubilazione” di Nenni a “padre” del socialismo italiano a partire dal fallimento dell’unificazione con il PSDI di Saragat, che lo stesso Nenni (che era nato nel 1890) giudicava terminale della propria azione politica da leader.
E’ vero che non è stato possibile recuperare l’intero carteggio e che alcune lacune risultano ben evidenti, ma l’insieme costituisce un corpus sufficiente a distinguere due profili, non necessariamente alternativi: il primo, con una valenza tutta politica, come di chi operi sul campo; il secondo, più rarefatto, più incentrato sul rapporto personale. Per la prima parte, l’assenza di riferimenti, diretti o indiretti, a Nenni nella complessiva corrispondenza di Pertini depositata alla Fondazione di studi storici “F. Turati”, trova una giustificazione anche nel fatto che l’humus di formazione politica di questi fu il socialismo di Turati e di Treves, alla cui rivalutazione Nenni arrivò solo molti decenni dopo. Nel merito una diversità di giudizio restò ben salda, come crediamo sia documentato nel volume Sandro Pertini combattente per la libertà, testé riedito per il tipi RCS.
Intensa, a tratti perfino incalzante, si presenta invece la corrispondenza tra il 1943-46. Qui, come anche per gli anni seguenti, il carteggio non offre –e difficilmente avrebbe potuto farlo- aspetti inediti rispetto alla ampia bibliografia esistente in merito alla ricostruzione e agli sviluppi dei partiti nei primi anni della Repubblica, e segnatamente dello PSIUP, poi PSI. Ma, pur nelle conferme, porta accenti nuovi su ruoli e personalità.
Intanto, emerge un rapporto personale profondo, direi affettuoso, fondato su una reciproca stima. Le asperità che di volta in volta si palesano, specialmente da parte di Pertini, non contraddicono questa verità, semmai la rafforzano. Pertini riconosce in Nenni il leader del Partito, e un riconoscimento appena inferiore ha nei confronti di Rodolfo Morandi come “tecnico” e “organizzatore”. Nei momenti decisivi non manca di sostenerlo o comunque non fa nulla per danneggiarlo. Né tantomeno gli si contrappone pubblicamente, neppure quando altri lo vorrebbero alla guida del Partito. Tant’è che quando se ne determina l’occasione, favorita dallo stesso Nenni, torna all’impegno con rinnovata forza.
A Pertini resterà sempre il rimpianto dell’”età d’oro”, vissuta nella lotta indefessa e perfino nel pericolo personale, a fianco di Nenni e Saragat tra il 1943 e il 1946. Nenni gli riconosce “la tempra dell’eroe”, giudizio condiviso nel tempo da Ettore Gallo e Giuliano Vassalli; poi la veste di simbolo vivente del comune percorso “eroico” della formazione del Partito. E gli riconosce la dedizione alla causa in misura eccezionale, per attivismo, attitudine organizzativa, capacità oratoria, spessore giornalistico. In effetti, Pertini si sarebbe confermato un grande comunicatore non solo nel comizio di piazza o attraverso la carta stampata, al pari dello stesso Nenni, ma anche nell’intervista o davanti ad un pubblico invisibile come quello della televisione, e soprattutto nei gesti e nei comportamenti.
Nenni ritiene Pertini l’uomo a cui ricorrere nelle situazioni di emergenza, come quando lo invia nel Nord Italia a riorganizzare il Partito sotto l’occupazione nazifascista; o nel giugno 1948, quando gli propone la segreteria (“non c’eri che tu per tentare la rinascita del Partito”); o nel 1955-6, dopo la morte di Morandi. In occasione della elezione di Pertini alla presidenza della Camera, Nenni gli scrive che “è il solo elemento positivo di una situazione negativa. Te lo meritavi” (4 giugno 1968). E per il Capodanno del 1979 Nenni scrive a Pertini, Presidente della Repubblica, di seguirne con attenzione costante “l’eccellente lavoro che si traduce in una quotidiana valorizzazione della Repubblica e della Costituzione. Ce n’era bisogno”. Nella risposta Pertini gli riconosce di avere fatto un lungo percorso “con fermezza e talento senza pari nell’interesse della democrazia e della classe lavoratrice”; e aggiunge: “Sia per te questo di conforto e per noi tutti di orgoglio di esserti stati compagni nella lunga lotta” (9 febbraio 1979). Al di là di talune forzature e talvolta anche contro l’orientamento delle nuove leve dei dirigenti, Nenni è sempre pronto ad ascoltarne i giudizi e sinceramente si compiace quando ne riceve testimonianza di apprezzamento.
Pertini ha un carattere spigoloso, permaloso. Sul piano politico, interpreta l’idea della Repubblica, fissata nella Costituzione, come la realizzazione della lotta antifascista e della Resistenza o secondo Risorgimento, vero e proprio spartiacque, a beneficio non di una parte politica, ma di tutti, e proprio per questo da vivere con intransigenza etica (“la bonifica morale”) e valenza pedagogica, specialmente guardando alle giovani generazioni (lettera del 12 novembre 1952). Nenni, altro grande protagonista della battaglia per la Repubblica, ha un approccio più pragmatico, più attento agli equilibri parlamentari e forse anche internazionali, certamente più legato a quella che con approssimazione è stata definita politique d’abord. Il diverso orientamento si palesa chiaramente negli screzi sul caso Missiroli o sui finanziamenti al Partito, in costanti cattive acque economiche, da parte di Rizzoli o Mattei; e ancor più nella diversa valutazione nei confronti dei “personalismi” interni che Nenni tende a minimizzare o a considerare un male inevitabile e che invece Pertini considera una mina vagante tale da distruggere il bene insopprimibile dell’unità e, con essa, della rappresentanza di una base sociale solida. I giudizi di Pertini su Basso, Bonfantini e Corona sono perfino ingenerosi. Nenni stenta a farsene una ragione e spesso tende a ridurre il contenzioso al suo temperamento, suscitando la reazione sdegnata del compagno.
In realtà, respinta l’immagine di un Pertini tutto votato all’azione sulla falsariga del rimpianto da lui espresso nel 1944 di non potere partecipare alla liberazione di Roma (“la bella azione”), o quella riduttiva dell’attribuzione del suo rigorismo etico al suddetto temperamento, il carteggio documenta accenti politici diversi. Pertini è l’uomo dell’unità, innanzitutto socialista, impegnato a contrastare frazionismi e scissioni, da quella saragattiana a quella della sinistra di Basso e Vecchietti, al cui centro non può non esserci la politica di Nenni. Pertini vi vede il rischio della trasformazione del partito in un partito di opinione e di clientelismi. Entrambi appartengono ad una stagione nella quale la sinistra ritiene essenziale il legame con la sua base sociale: il mondo del lavoro, comunque declinato. Da qui nasce la reciproca attenzione nei confronti del Partito comunista, forza egemone in quel mondo, ma dopo il 1956 sulla sua possibile evoluzione democratica Pertini si mostra assai più disponibile a dare credito rispetto a quanto non lo sia Nenni.
Entrambi, però, ritengono comunque essenziale per il progresso civile e economico della Repubblica la presenza di un Partito socialista forte, perché esso solo risulterebbe indipendente da potenze straniere. Com’è ricordato nel carteggio, pur essendo entrambi favorevoli al Fronte popolare per le elezioni del 1948, è Pertini a chiedere invano liste separate con il PCI, mentre è Nenni a volerle unite nel timore di un possibile improbo confronto con la lista degli scissionisti saragattiani. E’ Nenni, ancor più di Pertini, a volere e interpretare la svolta del centro-sinistra, oggi oggetto di un’opportuna rivalutazione in sede storiografica.
La lettura del carteggio è resa agevole dalle introduzioni, rigorose e informate, dei due curatori, che hanno scelto un titolo: Anima socialista. Al singolare, ma in forma indefinita, forse per non peccare di esclusivismo. Può sembrare una scelta singolare, perfino anomala, trattandosi di un’opera storiografica, che per giunta pone a protagonisti i documenti. A noi pare una proposta interessante, perché suggerisce una chiave di lettura orientata sulle relazioni personali, come sopra indicate, e al tempo stesso, con quell’attributo, richiama l’attenzione del lettore sulla passione e sull’impegno politico, nella fattispecie nel e con il Partito (socialista). La lettura ci porta a tempi andati, ai tempi dei grandi partiti di massa, quelli creati all’indomani della seconda guerra mondiale, severe scuole di grandi leadership che all’Ideale operante nel Partito dedicano tutta la loro vita. Ma forse a qualche riflessione essa ci sollecita.