di Alessandro Cattunar
Abstract
Luoghi della memoria e memorie dei luoghi
Memorie e luoghi sono fortemente interconnessi. I luoghi possono conservare le memorie degli eventi che li hanno visti protagonisti e di coloro che li hanno abitati. Gli spazi urbani e quelli naturali, i palazzi, le piazze, le strade, i giardini, le stazioni, i luoghi del potere e le aree della quotidianità, ma anche i nomi delle strade, i segni (e i disegni) sui muri, gli artefatti commemorativi e quelli di uso comune: tutti questi loci – come li ha definiti Paul Connerton (2010) – sono in grado di raccontare storie o quantomeno possono fungere da attivatori di memorie, da elementi capaci di far riemergere esperienze, relazioni, dinamiche sociali, fatti di rilevanza pubblica e pratiche quotidiane. Questa riemersione non è un’operazione semplice né scontata, perché le stratificazioni sono molteplici, e perché c’è il rischio che il continuo lavorio delle memorie pubbliche tenda, pian piano, a relegare i ricordi individuali in ambiti ristretti, per lo più famigliari. Ma è proprio dai racconti di vita dei testimoni, dalle narrazioni personali che emergono le memorie dei luoghi, quei ricordi capaci di rendere uno spazio, un edificio, il nome di una strada la metafora di un intero periodo storico, di un mondo e di una società ormai lontani.
Quella tra luoghi e memorie è una relazione complessa e spesso conflittuale. Ci sono luoghi della memoria ufficiale, riconosciuti pubblicamente e “utilizzati” di frequente per celebrazioni e commemorazioni. Sono i luoghi formalmente deputati a conservare e tramandare una certa visione del passato, una narrazione che si vorrebbe condivisa dall’intera società o quantomeno dalla comunità locale. Sono luoghi del ricordo ma anche dell’oblio, perché ogni affermazione della memoria comporta, inevitabilmente, la messa tra parentesi di eventi e interpretazioni “altre”, di punti di vista differenti. Sono queste prospettive alternative a riemergere dai racconti dei testimoni, che spesso danno letture diverse degli eventi commemorati nei luoghi ufficiali della memoria ma, ancora più spesso, si ricollegano a spazi spesso anonimi, privi di targhe, iscrizioni, segni visibili, per riportare alla luce fatti del passato e configurazioni sociali rimaste al di fuori del dibattito pubblico.
Queste dinamiche, che possono essere considerate universali, in un’area di confine come quella tra Italia e Slovenia, segnata da profonde contraddizioni e da continui slittamenti fra pratiche d’ibridazione delle differenze (Ballinger 2010, 424) e segni di rifiuto dell’ “altro”, appaiono ancora più evidenti. Lungo il tratto finale di quella che è stata la Cortina di ferro, luoghi e memorie hanno giocato un ruolo politicamente e socialmente determinante: fin dall’immediato dopoguerra, nell’area isontina, su entrambi i lati del nuovo tracciato confinario – stabilito il 10 febbraio 1947 alla conferenza di pace di Parigi e segnato con il gesso bianco il 15 settembre dello stesso anno – si è scatenata una vera e propria guerra della memoria che ha riguardato l’interpretazione pubblica degli eventi, la determinazione dei calendari rituali, l’istituzione di luoghi della memoria e la legittimazione o rifiuto di determinate memorie ed esperienze di vita (Cattunar 2013). A Gorizia la definizione del nuovo confine comportò la scissione di un tessuto sociale che, nonostante le profonde contrapposizioni e le molteplici violenze perpetrate prima e durante il Secondo conflitto mondiale, presentava sostanziali tratti di ibridismo tra le diverse componenti etnico-linguistiche della popolazione. Scegliere “da che parte stare” fu uno choc che ebbe profonde ricadute sui meccanismi di rielaborazione della memoria e sull’uso pubblico della storia da parte delle istituzioni locali e nazionali. A Trieste i segnali del progressivo inasprirsi della Guerra fredda trovano un palcoscenico privilegiato in quanto la decisione sull’appartenenza nazionale della più grande città del Litorale venne rimandata fino al 1954, portando ad un inasprimento delle contrapposizioni politiche e nazionali che trovarono un ampio riscontro anche sul piano simbolico.
Lungo la fascia confinaria, le memorie relative ai complessi avvenimenti del Novecento e ai traumi a essi legati sono ancora oggi fonte di accesi dibattiti e spesso di contrapposizioni fra le diverse componenti linguistiche, politiche e culturali. I luoghi della memoria si trovano al centro di polemiche e opposti “usi pubblici” della storia – si pensi innanzitutto alla Risiera di San Sabba e alla Foiba di Basovizza a Trieste, ma anche al monumento in onore di fucilati sloveni, sempre a Basovizza – che hanno trovato nuovo vigore e visibilità, anche a livello nazionale, in seguito all’istituzione del Giorno del Ricordo nel 2004 (Foot 2009, 124). Dopo l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea e il simbolico abbattimento della rete che segnava il confine in piazza della Transalpina a Gorizia, l’atteggiamento nei confronti della storia e delle memorie di confine è iniziato però a mutare, soprattutto nelle nuove generazioni. Se nel passato le battaglie tra memorie “divise” hanno spesso segnato il dibattito pubblico – mettendo in luce l’incapacità delle istituzioni di considerare la differenza delle esperienze e dei ricordi come la vera ricchezza di quest’area periferica – oggi ci troviamo in una fase di cambiamento in cui si manifesta al contrario la tendenza – soprattutto sul piano politico – a mettere tra parentesi l’intero passato della regione, considerandolo come una pericolosa fonte di divisioni, legate ad un’epoca orma conclusa, che se rinfocolate rischierebbero di ostacolare sviluppo del territorio in un’ottica transfrontaliera. Non si può certo generalizzare: la sensibilità di certi amministratori sui temi della storia e della memoria è innegabile e negli ultimi decenni le ricerche storiografiche portate avanti con rigore scientifico e sempre maggiore apertura verso il dialogo con gli studiosi di oltre confine si sono fatte sempre più numerose.
Quello che forse manca, oggi come nel passato, anche se per motivi diversi, è la capacità di riflettere pubblicamente sui temi della memoria storica – sia pubblica che individuale – senza per forza assumere come punto di riferimento l’esistenza di “memorie divise” – e quindi inconciliabili e “nemiche” – o la necessità di raggiungere una “memoria condivisa” in cui tutti possano rispecchiarsi, concetto che appare chiaramente come una contraddizione in termini soprattutto in un’area di frontiera.
L’Associazione Quarantasettezeroquattro nasce a Gorizia nel 2009 proprio con l’obiettivo di lavorare sul rapporto tra memorie e territorio di confine, cercando di far emergere l’importanza di conservare i ricordi – nella loro diversità e pluralità – ma anche di reinserirli all’interno del dibattito pubblico, non come elemento contrappositivo ma come fondamento dell’identità di un’area di frontiera ricca di sfaccettature, di complessità e di potenzialità legate al suo passato multietnico e multiculturale, alla sua storia e a possibili sviluppi futuri fondati sulla caduta del confine stabilito nel dopoguerra. Da qui il nome dell’Associazione, frutto della fusione fra due date simboliche che segnano al contempo due fini e due inizi: da un lato il 1947, che stabilisce ufficialmente la fine della contesa nazionale nell’Isontino e l’inizio della divisione tra due realtà statuali, politiche e ideologiche contrapposte seppure a stretto contatto; dall’altro il primo maggio 2004, giorno in cui l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea sancisce la conclusione del “territorio diviso” e al contempo l’avvio di una nuova stagione di reale collaborazione transfrontaliera.
Linguaggi del passato e linguaggi della contemporaneità
Confine, memorie e identità sono dunque i tre nuclei fondanti dei progetti sviluppati da Quarantasettezeroquattro che, fin dalla sua nascita, coordina il lavoro di ricercatori e professionisti afferenti a diversi ambiti disciplinari – storici, sociologi, archivisti, bibliotecari, videomaker, esperti in produzioni multimediali – e da diversi contesti nazionali (Italia e Slovenia in primo luogo) promuovendo l’interazione e il dialogo tra diverse metodologie, idee e prospettive.
Se, dal punto di vista tematico, il focus delle attività viene posto sull’importanza della conservazione e della trasmissione delle memorie nella loro pluralità e il legame tra queste, il territorio e la società, dal punto di vista metodologico la riflessione si sofferma soprattutto sui nessi tra ricerca storica e progetti di divulgazione basati sulla multimedialità e l’interattività. Infatti, per comprendere le forme e il ruolo assunti dalla memoria nell’epoca contemporanea appare sempre più necessario soffermarsi sui cambiamenti apportati dalle nuove tecnologie sia nell’ambito dell’archiviazione e della conservazione delle “tracce della memoria” sia sul piano della percezione individuale e collettiva. La memoria dipende in maniera sempre più profonda da “mediatori” tecnici: attrezzature per la registrazione e la digitalizzazione, sistemi di catalogazione e consultazione on-line, hanno cambiato profondamente le metodologie di lavoro degli storici, in particolar modo di quelli che lavorano con le fonti orali. Ma anche categorie d’analisi, approcci, metodi, le stesse metafore a cui si ricorre quando si parla dei ricordi appaiono strettamente intrecciate al grado di sviluppo e alle evoluzioni tecnologiche. Non è un caso se Annette Wieviorka fa cominciare la cosiddetta “era del testimone”(1999) proprio in coincidenza con l’affermarsi della pratica (tecnologica e mediale) della videoregistrazione delle testimonianze degli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento. Oggi quasi tutti i testimoni di quelle drammatiche vicende e, più in generale, coloro che hanno vissuto il periodo dei totalitarismi stanno scomparendo, lasciando spazio alle proprie immagini e racconti video-registrati Ci troviamo, quindi, in una fase liminare in cui abbiamo ancora la possibilità di interagire con gli ultimi testimoni dei fatti – nella reciproca consapevolezza che le parole che ci diranno saranno probabilmente le ultime ad essere registrate e conservate – ma al contempo dobbiamo fare i conti con una sempre più estesa massa di materiali videoregistrati nel passato. Si tratta di capire come operare su questo doppio livello non solo da un punto di vista metodologico ma anche tecnico ed etico: cosa e come conservare, come renderlo fruibile e a chi?
I contesti in cui le memorie vengono prodotte e fruite appaiono in continua evoluzione: ogni passo in avanti sul piano tecnologico e mediale porta con sé “un orizzonte significativo di problematiche culturali” (Assman 2002, 17), molte delle quali risultano fondamentali per comprendere gli attuali meccanismi di formulazione e trasmissione dei ricordi. Ma i nuovi media, oggi, sembrano essere soprattutto i portatori di uno strano paradosso: “da un lato, non cessano di offrire occasioni per produrre memoria e attivare ricordo” – si pensi alle nuove pratiche e ai nuovi ritmi di “condivisione” delle esperienze offerte dal web 2.0 – “dall’altro, lo fanno in modi che sembrano al contrario sollecitare l’oblio” (Fiore 2012, 51). Il flusso delle informazioni è ormai talmente continuo da rendere incerta la differenza tra le esperienze vissute (e ricordate) direttamente e i fatti appresi attraverso i media. La continua riproposizione attraverso i diversi media di immagini, suoni e racconti del e sul passato sembra quasi superare le capacità ricettive dello spettatore, immergendoci in una sorta di “presente permanente” (Fiore 2012, 51).
Potremmo dire che, nella contemporaneità, le memorie sono sempre meno ancorate all’esperienza diretta o trasmesse attraverso il rapporto personale tra le generazioni e sono sempre più memorie esteriorizzate. Memorie che ci vengono fornite in continuazione dai mezzi di comunicazione ma che risultano sempre più scollate dal nostro vissuto personale e dal nostro universo di riferimento. Giornali, televisione e internet sono degli immensi serbatoi di narrazioni. Tuttavia, come succede in tutti i grandi contenitori, si rischia il mescolamento, la riproposizione alla rinfusa, l’assenza di un contesto in grado di renderle veramente accessibili.
Le attività dell’Associazione Quarantasettezeroquattro partono dalla consapevolezza di questo rischio e cercano di promuovere buone pratiche tese a sfruttare a pieno le potenzialità offerte dai nuovi media e dai linguaggi su cui questi si basano – anche per venire incontro alle esigenze e alle modalità di fruizione delle nuove generazioni – senza compromettere il rigore scientifico alla base delle ricerche proposte e facendo in modo che le nuove tecnologie siano innanzitutto uno strumento per promuovere i legami tra la popolazione e il territorio e per stimolare il dialogo e il confronto intergenerazionale e interculturale.
In questa direzione Quarantasettezeroquattro ha cercato anche di accogliere e far propria una provocazione lanciata alcuni anni fa da Giovanni De Luna (2001, 51):
È nella storia che si fa racconto che si annida il rischio della frigidità intellettuale dello storico, della sua incapacità di creare personaggi dopo aver creato fatti e fonti. […]L’aridità, l’impotenza, l’incapacità di comunicare con il proprio lettore e quindi di trasmettere conoscenza e sapere, affondano le radici in una sorta di narcisismo metodologico che induce lo storico a prescindere dai desideri, dalle speranze, dalle paure, dai progetti di coloro le cui azioni egli tenta di spiegare.
La convinzione è che, sia in ambito didattico che nella divulgazione dei risultati di una ricerca, sia necessario utilizzare linguaggi e mezzi di comunicazione adeguati, superando quella “frigidità” che troppo spesso si ritrova all’interno dell’accademia ma anche nelle aule scolastiche. Per fare in modo che la storia e le memorie vengano trasmesse in tutta la loro complessità e non risultino “lettera morta”. Essere capaci di trasmettere la memoria significa principalmente imparare ad essere degli efficaci narratori, in grado di ricostruire i protagonisti e le ambientazioni, il contesto sociale e le relazioni tra le persone guardando al passato per stimolare una riflessione sull’attualità.
Il progetto quadro “Strade della memoria” e il workshop internazionale “Forme visuali del passato”
Le attività dell’Associazione hanno avuto inizio nel 2009 grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e della Provincia di Gorizia che hanno permesso di avviare “Strade della memoria”, un progetto quadro finalizzato alla raccolta delle testimonianze orali di coloro che vissero nel territorio goriziano nel periodo compreso tra l’ascesa del fascismo e gli accordi di Udine del 1955. Il lavoro di raccolta delle fonti orali si è affiancato e ha trovato fondamento scientifico nella ricerca di dottorato che chi scrive stava sviluppando in quegli anni presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (Firenze-Napoli).
L’indagine si è concentrata su una delle fasi più critiche della storia del territorio isontino che vide il susseguirsi, nell’arco di pochi anni, di cinque diversi regimi di segno nazionale, politico ed ideologico differente (dopo l’Armistizio e la costituzione della Zona d’Operazioni Litorale Adriatico il regime fascista venne sostanzialmente sostituito dal diretto controllo nazista; dopo la guerra il territorio venne formalmente annesso alla Jugoslavia dal 1 maggio al 12 giugno 1945 per poi essere suddiviso in una Zona A sotto l’amministrazione militare alleata e una Zona B controllata da un Governo militare Jugoslavo).
Conclusa la fase di raccolta dei racconti di vita in formato audiovisivo il progetto prevedeva la realizzazione di un archivio multimediale in cui conservare e da cui rendere fruibili i materiali memorialistici raccolti (le fonti orali ma anche le fotografie donate dai testimoni) e l’allestimento di un museo multimediale dell’area di confine che mettesse in relazione i racconti di vita con i luoghi della memoria.
Propedeutica a queste due attività è stata l’organizzare del workshop internazionale “Forme visuali del passato”, un’occasione di formazione per i collaboratori dell’Associazione e più in generale per studenti, studiosi e operatori culturali interessati ad indagare i legami tra ricerca storica, fonti orali e linguaggi audiovisivi. Potendo contare sulla collaborazione sinergica di docenti e professionisti afferenti a diversi ambiti disciplinari e di diversa provenienza nazionale, i partecipanti hanno avuto la possibilità di confrontarsi con le numerose problematiche sollevate dallo studio di un area di confine e delle sue molteplici memorie.
Si è cercato di ragionare, innanzitutto, sulle “forme visive” che la memoria assume nelle sue diverse declinazioni: memoria pubblica, che si incarna in monumenti, luoghi del ricordo, memoriali; memoria collettiva, radicata nelle diverse comunità; e memoria individuale che elegge a “luoghi della memoria” spazi spesso dimenticati. Ma la memoria s’incarna anche in forme visive virtuali, trasmesse attraverso i diversi media (giornali, cinema, televisione, internet). La prima parte del workshop si è quindi concentrata sulle modalità narrative e sulle dinamiche sociali che sono alla base di ognuna di queste visualizzazioni mentre la seconda sessione è stata dedicata ad una riflessione metodologica e a una sperimentazione pratica sugli strumenti a disposizione di chi vuole operare in ambito multimediale, archivistico e museale a partire dalle fonti memorialistiche. L’organizzazione del workshop ha consentito anche di rafforzare il partenariato che si è venuto a creare attorno al progetto “Strade della memoria” e che ha visto il fondamentale contributo dell’AISO (Associazione Italiana di Storia Orale), dell’Università degli Studi di Udine (Corso di Laurea DAMS) e di Trieste (Dipartimento di urbanistica), l’ISIG (Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia), l’Università di Lubiana, l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia e lo Studio di produzione Multimediale N!03 di Milano.
L’Archivio multimediale della memoria dell’area di confine
L’Archivio multimediale della memoria dell’area di confine (http://www.stradedellamemoria.it) è il nucleo centrale attorno a cui ruotano tutte le attività del progetto quadro “Strade della memoria”. Il portale raccoglie interviste (in formato audio e video), fotografie e schede biografiche: si tratta di materiali che, da un lato, consentono di ricostruire a più livelli le storie di vita individuali e collettive – valorizzando la molteplicità dei punti di vista – e dall’altro ci parlano dell’evoluzione e della trasformazione del territorio transfrontaliero. L’archivio è pensato per raccogliere documenti memorialistici relativi a diversi progetti di ricerca, fornendo anche tutte quelle informazioni necessarie alla loro interpretazione che normalmente rimangono custodite all’interno dei taccuini per gli appunti dei ricercatori. Il fondo principale s’intitola “Memorie di confine e identità plurime: il goriziano 1930-1955” e comprende le interviste realizzate da chi scrive in collaborazione con Kaja Širok, attuale direttrice del Museo Nazionale di Storia di Lubiana, riguardanti il territorio isontino tra il fascismo e la nascita del confine. Altrettanto importanti sono i fondi, ancora in fase di descrizione e implementazione, relativi ad alcune ricerche svolte nel corso degli ultimi due decenni da diversi ricercatori, tra cui Anna di Gianantonio, Tommaso Montanari e Gloria Nemec; ricerche che si focalizzano sul territorio isontino e monfalconese privilegiando in particolare le memorie operaie. L’archivio offre anche l’accesso ai risultati di una ricerca relativa alla rielaborazione delle memorie sul territorio triestino nei complessi anni del fascismo e delle guerra e alle videointerviste realizzate dagli studenti dei licei di Gorizia e Trieste all’interno del progetto interdisciplinare “Ri-prendere la memoria”, iniziativa tesa ad analizzare il periodo del Territorio Libero di Trieste.
L’obiettivo prioritario del portale è quello di rendere fruibile questo patrimonio di memorie, oltre che a studiosi e ricercatori, anche a un pubblico ampio e diversificato, proponendo un’interfaccia intuitiva senza rinunciare, tuttavia, al rigore dell’impostazione archivistica (le schede di catalogazione sono state create a partire dagli standard internazionali proposti dall’Iccd, Istituto centrale per il catalogo e il documento). In questo senso si è cercato di favorire il più possibile il libero accesso ai materiali conservati e al contempo di fornire al visitatore tutte le informazioni e i metadati necessari a contestualizzare la documentazione.
Il sito si caratterizza per la possibilità di interrogare in modo interrelato le diverse tipologie di documenti: nella maggior parte dei casi, a partire da un racconto di vita è possibile leggere la trascrizione integrale (e in alcuni casi la traduzione), vedere/ascoltare una parte dell’intervista, consultare la scheda biografica del testimone, accedere a percorsi bibliografici mirati e visualizzare le fotografie donate dai testimoni. La volontà di mettere in rete le testimonianze orali per favorirne un’ampia circolazione e renderle fonte di dibattito, ha naturalmente posto molti interrogativi sul piano etico e giuridico, in particolare per quanto riguarda le normative sulla privacy. Si tratta di un dibattito complesso e in fieri, che negli ultimi anni si sta sviluppando in varie sedi e vede coinvolti molti dei partner del progetto, primi fra tutti l’Associazione Italiana di Storia Orale e l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi. Nel suo lavoro l’Associazione Quarantasettezeroquattro ha cercato di rispettare la volontà dei testimoni intervistati decidendo, di volta in volta, quali materiali rendere consultabili liberamente e su quali, invece, porre delle limitazioni. Anche per questo motivo sono state create due sedi fisiche dell’Archivio della Memoria: una presso la Mediateca Provinciale di Gorizia e l’altra presso la Biblioteca pubblica France Bevk di Nova Gorica, due spazi in cui gli utenti possono compiere ricerche guidate e avere accesso, dietro debita richiesta, anche ai materiali non consultabili in rete e visualizzarli in alta qualità.
Trattandosi di un progetto europeo transfrontaliero, realizzato anche grazie al sostegno determinante dell’Unione europea (Europe for Citizens), l’altra grande sfida con cui ci si è dovuti confrontare è stata quella di proporre una piattaforma archivistica multilingue, in italiano e in sloveno. L’archivio della memoria consente, infatti, di fruire la documentazione in entrambe le lingue e offre la traduzione di una parte consistente delle trascrizioni.
L’Archivio vuole essere innanzitutto uno spazio di ricerca e conservazione dei materiali, ma anche rappresentare un’opportunità per la loro elaborazione in progetti di comunicazione, valorizzazione culturale, scambio con i cittadini e con coloro che sono interessati alla storia di questo territorio, privilegiando in particolare il rapporto con i giovani e gli studenti. In questa direzione, il 7 novembre 2012, in coincidenza con l’inaugurazione ufficiale dell’Archivio, è stato organizzato l’evento “Ascoltare le memorie lungo il confine”. I volti e le voci dei testimoni si sono alternate alle riflessioni sull’importanza della memoria e del confronto tra “diversità” proposte da Moni Ovadia, che ha animato un importante momento di dibattito con gli studenti delle scuole superiori di Gorizia e Trieste.
Il portale si presenta come piattaforma aperta, a disposizione di tutti quegli enti, associazioni e singoli ricercatori che sentono la necessità di condividere i risultati del proprio lavoro rendendo accessibili i propri documenti. S’intende, in questo senso, venire incontro alla necessità, sempre più sentita da parte degli studiosi, di avere uno strumento innanzitutto informativo, in grado di fornire notizie sull’esistenza di una documentazione memorialistica che troppo spesso rimane chiusa all’interno dei cassetti degli intervistatori o negli archivi dei centri di ricerca. In secondo luogo l’archivio si propone di ospitare materiali provenienti da archivi differenti con l’obiettivo di avviare buone pratiche di digitalizzazione, conservazione, preservazione e archiviazioni di documenti audiovisivi estremamente “fragili” e che col passar del tempo rischiano di essere consultabili con sempre maggiori difficoltà.
Topografie della memoria. Museo diffuso dell’area di confine
La realizzazione del Museo diffuso a cielo aperto “Topografie della memoria” (www.topografiedellamemoria.it) rappresenta l’ultima tappa di “Strade della memoria”. L’iniziativa si sviluppa proprio a partire dalla consapevolezza del profondo legame tra luoghi e memorie, su cui già ci siamo soffermati, e dalla volontà di rendere concreto e visibile questo rapporto: far interagire i racconti di vita dei testimoni direttamente con i luoghi delle vicende, con gli spazi che riemergono dai ricordi stessi. L’intento è quello di portare alla luce le profonde stratificazioni di fatti, cambiamenti, relazioni che alcune aree urbane – spesso non riconosciute ufficialmente come “luoghi della memoria” – presentano al loro interno; fornire uno strumento capace di ricostruire la storia e al contempo proporre le molteplici percezioni e punti di vista che ogni testimone ha del medesimo spazio.
In questa direzione le nuove tecnologie web e i linguaggi della multimedialità hanno permesso di pensare ad un vero e proprio museo a cielo aperto, ad un percorso basato sul concetto di “realtà aumentata” che coinvolge dieci luoghi a Gorizia e Nova Gorica. Il museo si articola lungo il tracciato confinario da sud a nord per circa tre chilometri, percorribili a piedi: lungo questa linea immaginaria, gli spazi reali delle città (palazzi, piazze, giardini, monumenti) assumono una nuova dimensione grazie all’interazione con lo spazio virtuale accessibile da qualsiasi dispositivo connesso alla rete. Ogni tappa del museo diventa così uno spazio da scoprire e approfondire.
Le installazioni che compongono Topografie della memoria – alti totem in ferro battuto a forma di pietra miliare – sono stati pensati per offrire diverse modalità di fruizioni pur mantenendo un basso impatto ambientale. In una prima fase i totem“costringono”il visitatore ad osservare lo spazio che lo circonda attraverso dei veri e propri punti di vista che indirizzano lo sguardo verso prospettive insolite stimolando una visione, attiva e curiosa, a 360 gradi. Vengono così inquadrati luoghi in cui la storia quotidiana dei cittadini si è incrociata (e spesso scontrata) con la“grande storia”, con i principali eventi politico-militari, con le conseguenze dei conflitti e con i mutamenti sociali, urbani legati ai successivi spostamenti di quello che è stato definito “confine mobile” (Biondi 1995). Tali eventi sono narrati, in modo sintetico, attraverso una “didascalia” trilingue (in italiano, sloveno ed inglese) visibile all’interno della struttura in ferro battuto ma trovano un fondamentale approfondimento nello spazio virtuale del museo, raggiungibile attraverso un codice QR posto in cima ad ogni totem.
Accessibile attraverso smartphone e tablet, l’interazione tra interviste, filmati di famiglia e fotografie permette di cogliere le molteplici memorie e ricordi immergendosi nelle “vite degli altri”. Si possono così osservare gli spazi come sono oggi e al contempo ascoltare i racconti dei testimoni, lasciandosi guidare dalle percezioni di coloro che hanno vissuto nel passato.
La storia “incarnata” nella voce e nei corpi dei testimoni garantisce una capacità di coinvolgimento emotivo importante per la trasmissione della conoscenza storica. Le storie raccontate dialogano con la storia ufficiale che, in alcuni casi, lascia tracce indelebili nel territorio mentre in altri non si conserva all’interno degli spazi ma solo nelle memorie delle persone e delle comunità. Il progetto intende quindi favorire il recupero della memoria locale e la valorizzazione della specificità storica dei luoghi della città spesso dimenticati o nascosti.
Le vite degli altri. Una mostra multimediale e interattiva.
Le tematiche affrontate all’interno di “Topografie della memoria”, insieme al tentativo di far dialogare fonti storiche e linguaggi della multimedialità, avevano trovato una prima concretizzazione nella mostra multimediale “Le vite degli altri. Voci e sguardi tra luoghi della memoria e memorie dei luoghi” (www.quarantasettezeroquattro.it/levitedeglialtri). L’esposizione, allestita nel 2012 presso i Musei provinciali di Borgo Castello a Gorizia, proponeva un percorso sonoro e visivo immersivo in cui si ricostruiva la storia di Gorizia e dell’area di confine attraverso le testimonianze orali e i film di famiglia. Proiezioni, filmati, installazioni interattive in cui delle semplici torce elettrice permettevano di cancellare le immagini del presente per far emergere i luoghi del passato hanno proposto una narrazione polifonica in cui sfera pubblica e privata si rincorrevano in un dialogo continuo.
La decisione di porre al centro dell’esposizione le interviste ai testimoni, le fotografie gli 8mm e super8 amatoriali ha permesso di mettere in comunicazione diverse generazioni, suscitando curiosità nei giovani e, spesso, commozione nelle persone che quegli eventi avevano vissuto. Le installazioni hanno consentito di focalizzare l’attenzione, più che sugli eventi specifici, sull’importanza dei punti di vista da cui questi vengono osservati, visuali legate alle identità individuali e collettive, al vissuto, alle emozioni.
Ricerca, didattica, comunicazione
Nell’ambito della didattica, Quarantasettezeroquattro dialoga con amministrazioni e istituzioni scolastiche e culturali col fine di progettare iniziative che, a seconda dei contesti e sfruttando le potenzialità dai materiali memorialistici raccolti, si focalizzino su diverse questioni relative alla storia locale, alla memoria degli eventi traumatici del Novecento e al rapporto tra la storia e altre discipline. In questi progetti, viene proposto un approccio che stimola gli allievi a una partecipazione e riflessione attiva limitando le lezioni frontali e proponendo attività di analisi, ma anche di discussione e di produzione di materiali di diversa natura: cortometraggi, fotografie, siti o installazioni multimediali.
Il progetto Ri-prendere la memoria prevede due percorsi intrecciati di “esplorazione” della storia locale e di educazione agli audiovisivi: gli studenti vengono guidati in un lavoro di raccolta delle testimonianze e di “scoperta” dei luoghi della memoria, finalizzato alla realizzazione di un documentario storico.
Le tematiche affrontate da Quarantasettezeroquattro non si limitano alla storia del confine orientale d’Italia. I progetti “Percorsi di confine”, “La memoria siamo noi” e “Memobus”, ad esempio, intendono proporre nuove modalità per affrontare il tema della memoria della Shoah facendo interagire uno sguardo largo sulle dinamiche europee con un focus sulle specificità del contesto locale. La condizione liminare della nostra regione spinge, naturalmente, a riflettere su tematiche complesse e ancora oggi dibattute, come quelle relative all’identità nazionale, culturale e religiosa e alla conseguente molteplicità delle memorie.
Il lavoro con gli studenti viene strutturato a partire da documenti ufficiali, testimonianze scritte e ricordi dei testimoni che mettono in luce le dinamiche che portarono all’ascesa del fascismo di confine, i motivi del consenso e del dissenso, le violenze verso gli oppositori politici ma anche verso i cittadini sloveni soggetti a politiche di snazionalizazione e italianizzazione. L’attenzione viene posta in particolare sull’istituzione della Zona di Operazioni Litorale Adriatico che, all’indomani dell’8 settembre 1943, portò ad un inasprimento delle politiche di repressione e persecuzione culminanti nella conversione della Risiera di San Sabba nell’unico campo di concentramento dotato di forno crematorio in Italia.
Questi progetti si concludono generalmente con un viaggio sui luoghi della memoria: quelli dell’area di confine tra Italia e Slovenia nel caso de “La memoria siamo noi” e “Percorsi di confine”, Cracovia, Auschwitz e Birkenau nel caso del “Memobus”.
Storia, memoria, cittadinanza attiva
Le attività di Quarantasettezeroquattro si basano sulla consapevolezza che la storia è una ricerca – sempre in corso – della verità; e che la memoria è sempre parziale, soggettiva, legata alle identità e, proprio per questo, in grado di raccontarci molti aspetti che sfuggono alla storia. Partendo dal principio che storia e memoria, pur sovrapponendosi in molte occasioni, svolgono funzioni ben differenti, al centro delle attività dell’Associazione c’è la convinzione che la comprensione dei motivi che rendono le memorie diverse e spesso divise deve essere un modo per superare i contasti e promuovere, in particolare tra le nuove generazioni, buone pratiche di cittadinanza attiva. In questa direzione, attraverso la raccolta dei racconti di vita dei testimoni appartenenti a diversi gruppi linguistici, nazionali, politici e culturali e attraverso la valorizzazione dei luoghi della memoria s’intende ricreare un rapporto diretto tra i cittadini, la propria storia e il proprio territorio. Un rapporto che può essere creato innanzitutto attraverso una nuova concezione delle pratiche didattiche relative alla memoria.
Al di fuori del contesto regionale, tenuto conto anche della sempre maggior rilevanza che le celebrazioni del Giorno della Memoria e del Giorno del Ricordo stanno acquisendo, l’ambizione di Quarantasettezeroquattro è far conoscere il complesso dibattito relativo alla storia del confine orientale d’Italia promuovendo percorsi educativi a diverso livello. L’urgenza è quella di far comprendere la necessità di non ridurre la riflessione alle singole giornate di commemorazione, ma proporre progetti di approfondimento che facciano emergere la ricchezza e la complessità della memoria come oggetto di studio.
Biografia
Alessandro Cattunar (Gorizia, 1983) è dottore di ricerca in Storia Contemporanea (Istituto Italiano di Scienze Umane). Ha conseguito la Laurea triennale in Discipline del cinema e la Laurea specialistica in Storia d’Europa presso l’Università di Bologna e ha conseguito un titolo di perfezionamento in “Media education: media, storia, cittadinanza” presso l’Università Cattolica di Milano (2008).
Le sue ricerche si focalizzano sulle problematiche della memoria e dell’identità nelle zone di confine, sulla storia della Shoah e dei totalitarismi, sull’analisi delle fonti orali e sul rapporto tra ricerca storica e media. Su questi temi ha pubblicato diversi saggi in volumi collettivi e sulle riviste “Quaderni storici”, “Italia Contemporanea”, “Storicamente”, “Acta Histriae”, “Memoria/memorie” e “Diacronie. Studi di storia contemporanea”.
È presidente dell’Associazione Quarantasettezeroquattro con cui sta sviluppando numerosi progetti di ricerca ed educativi focalizzati sulla storia del Novecento nell’area di confine tra Italia e Slovenia. È curatore e responsabile dei progetti “Archivio della memoria dell’area di confine” e “Topografie della memoria. Museo diffuso dell’area di confine”.
Ha collaborato con l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, con l’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine, con l’Istituto storico di Torino (ISTORETO) e con il settore audiovisivi dell’Istituto storico Parri di Bologna.
Bibliografia
Assmann A.
2002 Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, Bologna, il Mulino, 2002.
Ballinger P.
2010 La memoria dell’esilio. Esodo e identità al confine dei Balcani, Roma, Il Veltro.
Biondi N. et al.
1995 Il confine mobile: atlante storico dell’Alto Adriatico, 1866-1992: Austria, Croazia, Italia, Slovenia, Edizioni della Laguna, Monfalcone.
Cattunar A.
2013 “Eravamo tutti goriziani?”. La questione nazionale tra narrazioni pubbliche e memorie individuali sul confine italo-jugoslavo, in “Quaderni storici”, n. 142, pp. 223-258.
Connerton P.
2010 Come la modernità dimentica, Torino, Einaudi.
De Luna G.
2001 La passione e la ragione, Milano, La Nuova Italia.
Fiore F.
2012 Memoria, in Rivoltella, Fiore, Bricchetto.
Foot J.
2009 Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova. La memoria divisa del paese, Milano.
Rivoltella P. C., Fiore F., Bricchetto E. (cur.)
2012 Media, storia e cittadinanza, Brescia, La scuola.
Wieviorka A.
1999 L’era del testimone, Milano, Raffaello Cortina.
Siti consigliati
www.quarantasettezeroquattro.it [Il sito dell’Associazione con la descrizione di tutte le attività svolte]
www.stradedellamemoria.it [sito dell’Archivio multimediale della memoria dell’area di confine]
www.topografiedellamemoria.it [sito del Museo diffuso dell’area di confine. Per compiere anche da casa un viaggio attraverso i luoghi della memoria e le memorie dei luoghi del confine italo-sloveno]
www.aisoitalia.it [sito dell’Associazione italiana di storia orale, punto di riferimento per gli studiosi che si occupano di fonti orali]