a cura della Redazione
Con le tre interviste ad Alessandro Nuvolari (Direttore della “Rivista di Storia economica”), Carlo Carozzi (Direttore di “Storia Urbana”) e Guido Melis (Direttore de “Le Carte e la storia”), che tutti vivamente ringraziamo per l’attenzione e la cortese disponibilità che hanno rivolto all’iniziativa, continua l’inchiesta avviata da “Storia e Futuro” nel numero di novembre a proposito delle riviste di storia in Italia, considerate come strumento dell’elaborazione e della divulgazione della ricerca storica, ed al tempo stesso come risultato e prodotto di tale momento di riflessione scientifica.
Seguendo l’indirizzo che la rivista si è data sin dall’inizio della propria avventura, si è ritenuto di aprire il campo dell’indagine e della consultazione a riviste che si distaccano almeno parzialmente dall’impostazione tradizionale di riviste di storia generale, accostando – vuoi per scelte tematiche che per criteri di metodo adottati – terreni di maggiore specialismo, se non addirittura di settorializzazione, che tutti riconducono però ancora una volta alla questione fondamentale intorno alla quale si muove l’inchiesta: cosa significhi, cioè, fare storia oggi, nelle mutate condizioni della realtà attuale, del mondo globale e della rivoluzione tecnologica, e cosa diventi oggi il “mestiere di storico”. Alla proiezione sospesa tra passato e presente si è insomma accostata la proiezione interdisciplinare che da sempre cerca di connotare le pagine di questa pubblicazione giunta ormai oltre il decimo anno di età.
Ed in effetti, se dal punto di vista dei problemi generali le risposte offerte dai direttori evidenziano la comune consapevolezza delle difficoltà nuove ma anche delle opportunità che si aprono alla ricerca storica nel momento attuale, gli spunti di interesse forse maggiori derivano in questo caso soprattutto dalle notazioni relative alla “storia” delle riviste esaminate. Al tema del “mestiere di storico” e degli strumenti per praticarlo si danno infatti risposte che suonano al tempo stesso non prive di elementi di preoccupazione, ma anche di un notevole quanto realistico ottimismo. La sfida delle scienze sociali, ed il dovere di “rimanere in costante contatto con la realtà” – segnalati da Alessandro Nuvolari – riconducono al problema di una scienza – la scienza storica – che come si osserva opportunamente nelle risposte offerte dalla redazione di “Storia Urbana” (le risposte, pur firmate da Carlo Carozzi, sono infatti il risultato di una elaborazione comune compiuta dall’intero comitato editoriale della rivista, che ha voluto onorare l’iniziativa di “Storia e Futuro” di una attenzione particolare) è sin dall’Ottocento oggetto di una pressione metodologica e di contenuti: proveniente allora dal dilagante positivismo, come oggi lo è dall’articolarsi continuo ed anche prolifico di profili disciplinari i più diversi, rispetto ai quali la ricerca storica, come più cautamente e con maggiore esattezza dovrebbe definirsi l’attività dello storico, è costretta continuamente ad un rapporto competitivo ma anche estremamente stimolante. Senza contare poi, come si osserva a proposito di “Storia Urbana”, e come ribadisce nelle sue osservazioni connotate dalla consueta colloquiale incisività Guido Melis, direttore de “Le Carte e la Storia”, il problema legato alla debolezza ed all’insufficienza dei fondi per la ricerca, ed ai meccanismi spesso fortemente invasivi che – imposti da una burocratizzazione ormai parossistica – rischiano di minare alle fondamenta la stessa autonomia e libertà della ricerca.
Ma ancor più per questo, allora, non si può non osservare con compiacimento la coraggiosa tenacia con cui una testata come “Rivista di storia economica” – nata nel 1936 per iniziativa di Luigi Einaudi – ha saputo attraversare in profondità l’arco del Novecento italiano, raccontandone, da un punto di vista specialistico come è quello degli studi di storia economica, le traversie ed i momenti anche più drammatici, innovando i propri criteri metodologici alla ricerca di una griglia sempre più coerente e valida per circostanze, atmosfere, scenari nuovi. O la profonda innovazione portata negli studi italiani, seguendo – al pari del resto di quanto abbiano fatto le altre due riviste- gli indirizzi internazionali più innovativi, dalla “Rivista di storia urbana”, ove tra l’altro in maniera particolarmente nitida è possibile leggere l’evoluzione ed il ricambio generazionale che la storiografia italiana e non solo italiana hanno vissuto e stanno vivendo. O la scelta davvero problematica di legare l’indagine storica ad una più approfondita e sistematica riflessione sull’organizzazione e la gestione delle fonti compiuta da “Le Carte e la Storia” grazie all’iniziativa di Mario Serio ed all’esperienza direttamente compiuta, o la collaborazione proficuamente intervenuta, con operatori e funzionari dell’Archivio Centrale dello Stato, direttamente immersi nel mondo in trasformazione dei giacimenti culturali e della loro delicata conservazione.
Se un’ultima osservazione si vuol fare, chiudendo questa breve nota introduttiva, essa riguarda proprio la ricchezza dell’articolazione tematica e persino disciplinare che la storiografia italiana ha vissuto e continua a vivere: nel pieno del vorticoso mutamento in cui il presente immerge ciascuno di noi, anche la storiografia italiana dimostra di saper reagire con consapevole realismo ma senza timori né paure alle sfide che si affacciano. In questo senso, l’invito di “Storia e Futuro”, raccolto progressivamente dagli interlocutori i più diversi, ci pare abbia posto un tema che non sembra privo di interesse.