Paolo Passaniti, Diritto di famiglia e ordine sociale. Il percorso storico della “società coniugale” in Italia Milano, Giuffrè, 2011

di Gianni Ballarani

Scaffale BallaraniFra quanti ritengono che la riflessione scientifica in materia di diritto di famiglia non possa prescindere dall’indissolubile connessione tra contesto storico, istanze sociali e sistema giuridico, la lettura del testo di Passaniti non potrà che venire diffusamente apprezzata.

Sin dall’introduzione, l’Autore, ricostruendo il percorso e le finalità della sua ricerca, pone implicitamente in luce l’esigenza dell’indagine storica ai fini della revisione critica degli istituti giuridici, in ossequio alla funzione propria che il diritto – e segnatamente il diritto di famiglia – assolve nella società, essendo questo chiamato, come scienza pratica, a conoscere i fenomeni che sul terreno sociale si vengono a determinare ed eventualmente a tradurli sul piano normativo, attribuendogli rilevanza giuridica e dettandone la relativa disciplina.

Non è chi non veda, peraltro, come le principali sfide odierne del diritto della famiglia s’insinuino nel processo di integrazione dell’attuale contesto europeo a 28 Stati: scenario, questo, ove confluiscono tendenze post-moderne e tradizioni pre-moderne e in cui le riflessioni coinvolgono il bagaglio più intimo di ogni Stato Membro, rappresentato da quei principi e valori ritenuti non negoziabili e imprescindibili; il che svela l’urgenza della riflessione storica, che consente di focalizzare l’attenzione su ciò che ha determinato, tra contesto ed ordinamento, le scelte di politica del diritto e l’attuale assetto normativo, al fine di giustificare, orientare e radicare le risoluzioni venture.

Non stupisce, infatti, come la prospettiva storica faccia emergere con ogni evidenza la relatività dell’attualità delle questioni, collocandosi queste in un percorso che, a diverse riprese e con differenti sfumature, ha interessato – e continua a interessare – ogni epoca, subendone le influenze e le dinamiche.

Attraverso una lettura trasversale dell’Opera, che muove dalla fine del Settecento, s’individuano agevolmente i paradigmatici eventi che hanno segnato i momenti cruciali del passaggio dalla disciplina di un istituto ad un’altra, già nella riflessione speculativa prim’anche che nella norma: le fasi che, in tempi diversi, hanno caratterizzato le discussioni in ambito matrimoniale tra indissolubilità ed risolubilità del vincolo, che oggi sfociano nelle istanza di riconoscimento e di tutela dei diritti civili tra conviventi; le logiche al fondo della premazia dell’uomo sulla donna, che, per un verso, hanno stimolato le riflessioni sul ruolo della donna nella famiglia e nella società, sulla tutela della maternità e sul riconoscimento del lavoro domestico, consentendo la definizione degli ambiti di emancipazione e di autodeterminazione; le medesime logiche, ancora, che, per altro verso, hanno permesso la revisione della potestà del marito sulla moglie e sui figli, consentendo l’affermazione della potestà genitoriale in un’ottica di eguaglianza morale e giuridica e di parità di posizioni oggi costituzionalmente imposte e che stimolano l’ulteriore odierno passaggio verso la nuova concezione della responsabilità genitoriale volta ad esaltare il profilo delle conseguenze dell’esercizio delle funzioni genitoriali, più che la situazione giuridica soggettiva derivante dal fatto della procreazione.

Esaustiva revisione critica delle differenti impostazioni che nel corso dei secoli hanno caratterizzato l’approccio normativo degli Stati a noi più vicini è offerta dall’Autore che con deciso tratto non si astiene dall’esprimere le proprie considerazioni offrendo al lettore suggestivi spunti di riflessione.

Non è un caso che l’A., in apertura del suo lavoro, si allinei a quanti considerano la famiglia come “‘fulcro’ della storia del diritto privato” (p. 1), a voler porre l’accento su come l’intima connessione tra società e diritto sia rappresentata proprio dalla realtà meta-giuridica della cellula familiare (basti pensare alla nota rappresentazione di Arturo Carlo Jemolo della famiglia); del resto, la riflessione giuridica sui principali canoni che governano la complessità del vivere in famiglia e che si traduce in vere e proprie politiche di ordine sociale, si fonda sul considerare la famiglia, ad un tempo, cellula primigenia di sviluppo della personalità umana e cellula prima della stessa società.

La ricostruzione proposta dal Passaniti attraverso l’arco contemporaneo, nel ripercorrere le vicende legate ai principali temi del diritto della famiglia, ben descrive tutto ciò.

L’A. muove dalla critica illuministica all’autorità paterna, fulcro di un ordine sociale volto alla tutela di interessi eminentemente patrimoniali, individuando nel confronto tra l’opera di Beccaria e di Filangieri, una fondamentale tappa del percorso verso un nuovo modello di ordine familiare volto alla formazione di nuove e distinte famiglie.

Questa visione, in cui si lega la funzione familiare alla proiezione della persona umana nella società, individuò ed anticipò i nodi fondamentali poi affrontati nei processi di codificazione borghese ottocentesca, specie di matrice francese, tesi alla riedificazione del diritto civile e che assoluta influenza hanno avuto sulle scelte politiche italiane preunitarie e unitarie.

Non omette di rilevare l’A. come, però, proprio il libro I del codice civile del 1865 sia stato quello che maggiormente si discostò dal modello del Code Napoléon e ciò anche in ragione della evidente influenza cattolica segnata, in primis, dalla codificazione pontificia, così “incastonat(a) tra il diritto canonico, le costituzioni apostoliche e la permanenza degli statuti locali” (p. 197).

Del pari, il Passaniti ricorda l’impulso che, negli anni immediatamente successivi alla promulgazione di quel codice, diede alla riflessione sul diritto della famiglia e sul ruolo della donna Salvatore Morelli, non a caso considerato un femminista ante litteram, avendo anticipato le tematiche sulla emancipazione delle donne, specie con riferimento al lavoro e alla istruzione, in un contesto, come quello dell’epoca, ove il predominio del marito-capofamiglia emergeva in tutta la sua forza solo a considerare le regole sulla dote e sull’autorizzazione maritale, nonché la disciplina dell’adulterio.

Proprio con riferimento all’adulterio, ben evidenzia l’A. il confronto tra questo e l’indissolubilità del vincolo coniugale in un chiaro passaggio: “rendendo lecito l’adulterio si indebolirebbe l’indissolubilità del vincolo, così come introducendo il divorzio non si comprenderebbero più le ragioni della condanna morale dell’adulterio” (p. 270).

Il tema ha rappresentato un nodo fondamentale sin dai primi momenti postunitari con i progetti di legge del Morelli del 13 maggio 1878 e del 18 febbraio 1880; questi hanno avuto il pregio di radicare un dibattito che, a diverse riprese, ha poi occupato l’arco di un secolo e che, già inizialmente, chiamò al confronto le posizioni più “liberali” di personaggi del calibro di Turati e Zanardelli, con i tradizionali dogmi cattolici sull’ordine sociale chiaramente enucleati nella Enciclica Rerum novarum dal Pontefice Leone XIII nel 1891, che pose le basi della dottrina sociale della Chiesa.

Un contributo importante al dibattito è indubbiamente rappresentato, per un verso, dall’opera sistematica di Antonio Cicu del 1914, con cui si consolidarono le fondamenta per la riedificazione del senso sociale della famiglia legittima, riconducendo la tutela giuridica delle relazioni familiari alla funzione pubblica che la stessa assolve; e, per altro verso, dal progetto di legge sul divorzio del 1920, presentato da Marangoni e Lazzari, sulla scorta delle riflessioni sulle c.d. “Maddalene di guerra”.

In questo contesto, il Passaniti evidenzia la notevole rilevanza che assunsero gli accadimenti del ventennio fascista – ed in particolare i Patti Lateranensi del 1929 – nella determinazione di quegli assetti familiari che confluirono poi nella codificazione del 1942: nonostante il modello codicistico abbia costituito in larga misura una riproduzione della disciplina del 1865, nel nuovo codice emerse la concezione della famiglia legittima come luogo di fondamentale impulso per la formazione e il radicamento della ideologia di regime.

Alla caduta del regime, si innescò, con i lavori dell’Assemblea Costituente – ben descritti nei passaggi maggiormente significativi del confronto tra le contrapposte posizioni – quel processo di grande trasformazione del diritto di famiglia e di lenta erosione della matrice strettamente patrimoniale, con la esaltazione della centralità ordinamentale della persona umana. Fu proprio l’iniziale difficoltà di conciliare posizioni così opposte ad aver consentito quella vera rivoluzione copernicana della famiglia accolta nella Costituzione Repubblicana. Ne è chiaro esempio la definitiva formulazione delle norme che, pur esprimendo palesemente il compromesso che le generarono, mantiene inalterata nel tempo la propria forza, mercè l’elasticità dei precetti e la solidità dei principii: il riconoscimento della famiglia come realtà pre e meta giuridica; il conseguente riconoscimento (e non l’attribuzione) dei diritti della famiglia nel momento in cui quella società naturale emerge sul piano del diritto attraverso la solennità del matrimonio; l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi; l’equiparazione dei figli nati al di fuori del matrimonio con i figli legittimi, entro i limiti di compatibilità con le prerogative della famiglia legittima.

In un’ottica di interpretazione sistematica, inquadrando il tutto nella prospettiva segnata dal principio personalistico e solidaristico, l’Autore agevolmente svela le tracce del percorso che ha poi condotto alle principali e più recenti evoluzioni giurisprudenziali e normative in tema di diritto di famgilia: il riconoscimento del lavoro domestico e la tutela della maternità, la disciplina dello scioglimento del matrimonio, la profonda riforma del 1975, sino ai recenti approdi dell’unicità dello stato di filiazione e le riflessioni in ordine ai diritti civili dei conviventi ed alle differenze di genere.