di Saverio Battente
Lo scorso 11 novembre si è svolto a Siena, presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’ateneo cittadino, la giornata di studi sul tema Sport e società nell’Italia del Novecento, organizzata all’interno delle attività del Cirap.
Recentemente l’attenzione per lo sport, come oggetto di interesse per una riflessione storiografica, ha trovato una sua dimensione anche in Italia. In tal senso, di recente, sulla scia della ormai consolidata impostazione metodologica, decollata negli anni Ottanta in modo pionieristico nel nostro paese con risultati originali, in grado di contribuire a dettagliare e meglio definire il processo di costruzione dello Stato nazione e della modernità, l’interesse per lo sport è tornato ad essere elemento di ricerca e di approfondimento, come il recente convegno sul Giro d’Italia, organizzato dal Ciscam del professor Maurizio Degl’Innocenti sta a testimoniare.
Proprio sulla scia di quel filone di studi, quindi, sono nati lo stimolo e la volontà di tentare di organizzare questa giornata di studi, che, allo stesso tempo, servisse per fare un bilancio sullo stato della storia dello sport e, contemporaneamente, ne approfondisse ulteriormente alcuni snodi essenziali, gettando le basi per future ricerche di più ampio respiro.
Lo sport come oggetto di studio, infatti, come si evince, peraltro, dal titolo stesso del convegno, non viene inteso come mero e semplice, per quanto importante, evento agonistico, legato alle gesta dei singoli atleti delle varie discipline, ma piuttosto si tratta di analizzarne i tratti sociali, culturali, economici e politici che, direttamente o indirettamente, lo collocano in seno alla società, in modo talmente intrinseco ed organico, da renderlo un elemento altamente significativo per comprenderne le dinamiche. L’evento sportivo, quindi, ha una sua valenza descrittivo esplicativa in ambito storiografico, tanto che venga considerato in senso generale, quanto attingendo alle singole discipline agonistiche. Lo sport, infatti, rappresenta uno dei fenomeni di massa di maggior impatto all’interno delle società contemporanee. In tal senso, quindi, l’evento sportivo consente di contribuire alla comprensione dei cambiamenti sociali e culturali in fieri, in un contesto in cui da spettatori passivi ci si è progressivamente trasformati in praticanti attivi. Lo sport, infatti, rappresenta qualcosa di più di un elemento del “tempo libero”, altro concetto collegato con la modernità, finendo per apparire come una sorta di caleidoscopio, in cui valori, stili di vita, comportamenti, relazioni sociali, si formano e si trasformano, assorbendo talora elementi propri di altri ambiti sociali, tal’altra anticipandone dei propri, capaci di assurgere a modello. Un’analisi diacronica e comparata, quindi, di questi fenomeni sociali della galassia sportiva, per la rilevanza ed i numeri che lo sport ha raggiunto, costituisce un laboratorio originale per contribuire allo studio della società. Allo stesso tempo, senza esulare dal rigore metodologico della ricerca storiografica, lo sport permette e favorisce una collaborazione interdisciplinare per una sua più capillare analisi. Accanto all’aspetto socio culturale, tuttavia, il fenomeno sportivo, per la dimensione raggiunta, rappresenta un interessante elemento di studio anche in prospettiva economica. Fin dalla sua fase pionieristica, lo sport, infatti, nel suo insieme, ma soprattutto in alcune sue discipline, ha rappresentato un elemento collegato con il mondo economico, come traino verso i consumi, fino ad assurgere a voce autonoma dell’economia. In seno al mondo dello sport, pertanto, è possibile osservare la concreta applicazione di filoni di cultura economica, oltre, talora, l’elaborazione di originali modelli, poi imitati, al di fuori del contesto sportivo. Infine lo sport ha da subito assunto una valenza più o meno direttamente riconducibile con le ideologie politiche. Del resto, lo sport è stato capace di permeare tutte quante le società contemporanee, al di là dei loro valori e dei relativi modelli ideologico politici, economici e socio culturali di riferimento, finendo per rappresentare un elemento tanto di confronto e contatto, quanto di scontro e conflittualità.
Lo sport e la sacralità epica, che all’evento sportivo si connette, quindi, risultano un luogo ed un osservatorio privilegiato ed originale per contribuire a dettagliare e comprendere gli snodi della modernità.
La memoria dell’evento sportivo, pertanto, rappresenta un momento importante da salvaguardare e ricostruire, a partire, secondo Massimo Bianchi, dalla valorizzazione degli archivi sportivi, come una fonte preziosa per gli storici contemporanei, in linea con la rilevanza assunta dallo sport.
Il ciclismo, in particolare, ha rappresentato uno degli sport più diffusi e popolari in Italia, ben prima del calcio, sin dall’età liberale. La bicicletta riuscì a penetrare nell’immaginario collettivo degli italiani, unico sport latino non di derivazione anglosassone. Il ciclismo, infatti, bene incarnava la natura povera dell’Italia, nel suo binomio fatica e sudore, esasperato in un lirismo epico quasi eroico dei suoi protagonisti. Inoltre il pedale rappresentò un primo elemento in grado di far muovere gli italiani, prima dell’auto, creando un legame tra sport, impresa e consumi. Nel secondo dopoguerra, secondo Daniele Marchesini, negli anni della ricostruzione, a suo modo, la bicicletta tentò di contribuire a restituire una nuova identità, tra passato e futuro, agli italiani, proprio a partire dalle gesta di Garibaldi, preso a spunto dagli organizzatori del Giro d’Italia del 1949.
Insieme alla bicicletta, inoltre, anche gli sport motoristici riuscirono ad infiammare i cuori degli italiani. Anche in questo caso si creò un legame sensibile tra il mondo produttivo e la pratica agonistica. Tale legame, tuttavia, come ha specificato Stefano Maggi, rappresentò un banco di prova importante per le innovazioni tecnologiche e per tentare di compattare, per il suo tramite, quel processo di nazionalizzazione dei ceti medi, come l’esperienza del Touring Club stava a ricordare.
Tra le due guerre e soprattutto nel secondo dopoguerra, invece, il calcio finì per assumere una valenza centrale nel panorama degli sport italiani, interagendo in modo sempre crescente con la vita degli italiani. Da un punto di vista identitario, infatti, nelle trasformazioni legate al duplice ruolo di spettatori e praticanti, il calcio incise profondamente sul tessuto sociale del paese, come ha evidenziato John Foot, intercettandone i risvolti economici, politici, ideologico-culturali e geografici.
Benché durante il ventennio fascista l’attenzione iniziasse a rivolgersi verso gli sport di squadra, in linea con lo spirito organicistico del nazionalismo, con particolare riguardo alle sfide tra nazioni, tuttavia, l’atletica continuò ad avere un ruolo importante, in sintonia con la ginnastica liberale di cui era la naturale prosecuzione. L’atletismo, infatti, secondo Sergio Giuntini, oltre a stimolare il valore, era un requisito emblematico, essenziale per quella cura del corpo, necessario per forgiare il fisico e lo spirito del milione di baionette.
Lo sport, tuttavia, rompendo il monopolio di un ambito esclusivamente maschile, riuscì, secondo Maria Canella, a contribuire all’emancipazione della donna, come il percorso non solo agonistico ma anche sociale del tennis al femminile stava a testimoniare, nel coso degli anni.
Certi sport, tuttavia, rimanevano esclusivo appannaggio degli uomini, tanto nella pratica quanto nella visione, come ad esempio il pugilato. La nobile arte, inoltre, come il ciclismo, bene incarnava lo spirito di un paese povero e desideroso di emergere attraverso la fatica, il sudore ed il dolore. Per Daniele Radaelli, infatti, la boxe fu in auge in modo crescente fino agli anni Sessanta, iniziando poi un lento ma progressivo declino, peraltro, non solo italiano, in parte ascrivibile a motivi legati al cambiamento socio-economiche, in parte riconducibile a logiche prettamente di mercato.
Uno sport su tutti, al contrario, il basket, proprio per la sua origine a stelle e strisce, poteva, negli anni del miracolo economico, contribuire nel suo piccolo a creare una diversa impostazione della cultura imprenditoriale ed economica legata all’evento sportivo, pur innestandosi sul tronco di una cultura etica dello sport del tutto italiana tra età liberale e fascismo. Al contrario, lo spirito etico che vedeva nello sport un momento di formazione morale, proprio tanto della tradizione cattolica che social comunista, sebbene con intonazioni diverse, finì per prevalere sulle logiche del professionismo, secondo Saverio Battente. Questo senza impedire che si avviasse una propedeuticità ai consumi di massa, attirando l’interesse di quella media e piccola impresa che dello sviluppo italiano era stata uno de pilastri insieme alla grande industria. Per Eleonora Belloni, proprio nel calcio, invece, il legame con i grandi padroni del vapore era stato un binomio essenziale, che aveva legato ai principali marchi italiani le più importanti squadre di club cittadine, restituendo in seno alla Lega una piccola Confindustria, interessante osservatorio per la cultura economica dominante nel paese.
Le istituzioni pubbliche, al contrario, ebbero un ruolo centrale nell’organizzare lo sviluppo dello sport in Italia, talora influenzandolo, talora favorendone la crescita. In tal senso il Coni rappresenta un elemento essenziale per comprendere la storia della cultura sportiva italiana, come ha spiegato Mimmo Cacciuni (negli atti).
Furono le Olimpiadi, paradossalmente, attraverso la tecnologia innovativa, quali la televisione, ad aprire nuovi scenari nell’impostazione dell’evento sportivo, non solo a livello giornalistico, come ha ricordato Elio Trifari, ma in generale nelle dinamiche proprie dello sport stesso. Al contrario, era stata la carta stampata ad aprire in modo pionieristico una nuova dimensione per l’evento sportivo narrandone le imprese. Donatella Cherubini ha ricordato come “La Gazzetta dello sport”, in tal senso, rappresentava uno snodo essenziale, ripercorrendone le vicende che dalla sua genesi accompagnarono lo sport italiano per tutta l’Italia liberale, passando per il fascismo, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Tra stampa e televisione, tuttavia, vi era un anello di congiunzione rappresentato, di nuovo per il tramite della tecnologia, dalla fotografia, capace di immortalare e descrivere la magia dei più evocativi momenti dello sport, rendendoli immortali ed accessibili a tutti, come ha spiegato Luigi Tomassini.
Ma lo sport, secondo Stefano Pivato, da un punto di vista identitario, ha lasciato un segno visibile anche nella toponomastica delle vie delle principali città italiane, che sempre più spesso portano nomi riconducibili ad eventi o protagonisti di gesta sportive nazionali ed internazionali.
Più profonda, del resto, è stata l’impronta che più o meno direttamente lo sport ha lasciato nelle identità collettive degli italiani in chiave politica. Dopo l’esperienza significativa del ventennio fascista, infatti, la pratica agonistica segnò profondamente l’immaginario degli italiani nel secondo dopoguerra, coerentemente con le divisioni proprie della guerra fredda, come ha segnalato Fabien Archambault.
Altrettanto forte è stato nel secondo dopoguerra il legame fra l’ascesa della società dei consumi di massa, a traino del boom economico, e le varie attività sportive, secondo Emanuela Scarpellini.
In primo luogo come vettore verso i consumi in senso generalistico, rivolto alle crescenti platee di spettatori, accresciute a dismisura dalla tv, successivamente come avviamento all’utilizzo degli strumenti tecnici necessari alla pratica diretta di massa dello sport.
In termini sociologici, inoltre, Tito Menzani ha ricostruito il passaggio da spettatori a praticanti, con il persistere di ulteriori cambiamenti in seno alla prima categoria con la genesi del fenomeno ultras.
Del resto lo sport, a partire dagli anni del miracolo, era divenuto un fenomeno di costume, i cui protagonisti attiravano l’interessa della stampa rosa come i divi del cinema o della musica, finendo per assumere la valenza di icone nel bene e nel male, secondo Elena Gelsomini, nell’immaginario collettivo italiano.
Ma lo sport aveva iniziato ad attirare l’attenzione anche della cronaca nera, con il suo elevato potenziale di pathos, legato alle vicende luttuose o drammatiche di questi eroi moderni, come il caso di Superga e del grande Torino stavano a testimoniare, capaci, secondo Gianni Silei, di segnare l’immaginario collettivo di intere generazioni.
La storiografia sullo sport, quindi, ha segnato un campo pionieristico e innovativo, estremamente utile ed originale, capace di uscire dalla nicchia di una storia circoscritta, per aprirsi, secondo Guido Panico, verso la volontà di portare il proprio contributo verso le principali problematiche contemporanee legate alla modernizzazione.
Per concludere lo sport, come oggetto di riflessione storiografica, rappresenta un elemento originale e innovativo, capace di contribuire a delineare molti ambiti della storia contemporanea, nei suoi risvolti collegati con i temi propri della modernizzazione. Lungi dal doversi chiudere in uno spazio di nicchia, infatti, questo ambito può a pieno titolo inserirsi negli snodi della principale storiografia. Molto è stato fatto in tale direzione ed il convegno di Siena, nel suo piccolo ha confermato tale indicazione, lasciando intravedere, accanto agli originali risultati raccolti, soprattutto le ancor maggiori pagine che devono, in tal senso, essere scritte.