Stefano Ventura, Vogliamo viaggiare non emigrare. Le cooperative femminili dopo il terremoto del 1980, Avellino, Officina Solidale, 2013

Di Sara Zizzari

Copertina_recensione_ZizzariVolumetto prezioso  Vogliamo viaggiare, non emigrare (Fondazione di comunità Officina Solidale, 2013)  recentemente scritto da Stefano Ventura, dottore di ricerca in Storia Contemporanea che, sebbene giovane, sono diversi anni che si occupa di tematiche legate al terremoto del 1980 in Irpinia.

Il libro analizza e descrive in maniera certosina ed esauriente la nascita di Cooperative, femminili, sorte dopo il terremoto del 1980 in Irpinia e in Lucania, grazie anche agli interventi della Caritas Internazionale e della Germania, nonché al Comitato Olandese di sostegno CRESM (Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione) per aver donato due prefabbricati.

Le zone dove sono sorte le Cooperative sono quelle in cui il sisma ha provocato notevoli danni nell’avellinese: Teora, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni ed anche quelle in quelle in cui era forte la presenza di movimenti di sinistra, e in ogni modo, da quanto emerge dalla ricerca, anche le più povere sia economicamente che culturalmente.

E’ interessante l’approccio alla ricerca operata da Ventura, in quanto rende conto di un fenomeno nuovo nel Sud, ossia la cooperazione, con un metodo induttivo, facendo emergere le problematiche ad esso connesse, tramite le voci delle dirette protagoniste, riportate fedelmente nel libro, accompagnate da riferimenti ad altre ricerche e ad altri studi in proposito, con alcune valutazioni personali verso la conclusione del libro.

Ne emerge un quadro piuttosto omogeneo per vicinanza geografica, per affinità antropologica, culturale, di problematiche incontrate e di soluzioni adottate;  le Cooperative, infatti, sono state una modalità di approccio al lavoro per donne giovani, a volte minorenni, nuovo e  pieno di ostacoli, posti sia dall’ inesperienza, sia dalla mentalità arretrata e a volte sospettosa della gente di quei posti.

Al contempo però ne viene fuori una forza di volontà, un coraggio ed un coinvolgimento totali, non solo delle protagoniste, ma, col tempo, anche dei parenti più vicini, mariti, madri.  Ma ciò che, a mio avviso, emerge con forza è la graduale presa di coscienza di queste donne, della grande opportunità offerta da tale intrapresa attività di emanciparsi da condizionamenti e quant’altro, e raggiungere una piena autonomia e una piena coscienza di sè, dei propri diritti e del proprio valore.

Le Cooperative, durate vent’anni,  massimo trenta una o due, non hanno economicamente arricchito nessuna delle lavoratrici, anzi spesso ci hanno rimesso di propria tasca e nè hanno ricevuto sussidi regionali o statali, ma sono comunque state testimonianza di grande tenacia, enormi sacrifici, amore per la propria terra e desiderio di emancipazione affettiva e sociale, hanno fatto da traino a tutto un tessuto sociale e culturale verso un nuovo modo di concepire la donna, la società, il lavoro.

E’ significativo in tal senso il titolo del libro “Vogliamo viaggiare, non emigrare”, che rimanda ad una citazione di Troisi, nel film “Ricomincio da tre”, allorché afferma che un meridionale che viaggia, non lo fa necessariamente per emigrare, ma anche per un piacere personale.